ZANINO, s., chiesa

ZANINO, s., chiesa

Ora sconsacrata, ebbe vari nomi quali: S. Giovanni "ad intus", S. Giovanni Evangelista, S. Giovannino (per distinguerla dalla più grande chiesa omonima presso il quartiere del Carmine), S. Zanì, S. Zanino. Di essa restano ancora in parte le strutture e il campaniletto, nel vicolo omonimo di S. Zanino al n. 7. Paolo Guerrini la ritiene di origine longobarda, inserita nella costellazione delle chiese che sarebbero via via sorte sulle falde del colle Cidneo. Opinione condivisa da G. Panazza che si basa sulla denominazione "ad intus". Una ricostruzione viene fissata al sec. XII, tempo al quale dovrebbe riferirsi quello che resta dell'abside evidentemente romanica. Paolo Guerrini ritiene che si riferisca a S. Zanino una epigrafe, solo in parte decifrabile, registrata da Giovanni Gelmini nella quale si accenna all'erezione di una cappella o chiesa fissata per testamento da un Marco Lavellongo, erezione compiuta dal suo esecutore testamentario, Lorenzo Bona. Sempre dalla chiesa di S. Zanino il Guerrini pensa che provenga un grosso mattone di terracotta con una lunga iscrizione nella quale si ricordano il nobile cittadino milanese, Marcolo Petroni o Pedroni da Bagnoregio e le opere da lui compiute nel 1375 dedicate a S. Giovanni Battista.


La chiesa divenne, forse nello stesso secolo, parrocchia, la più piccola probabilmente fra quelle urbane fuori delle mura della Cittadella, perciò isolata dalla cattedrale. Come ha sottolineato L. F. Fè d'Ostiani ("Storia, tradizioni ecc.", p. 228), «dacché il governo veneto finì di demolire le mura ed empir le fosse che separavano la Cittadella Nuova dalla Vecchia i parrocchiani di S. Zanino poco o nulla si curavano di quella chiesa, accedendo la maggior parte di essi alla Cattedrale, ed i parroci non risiedevano e trasandavano la difesa del patrimonio e dei diritti di quella chiesa, ove dopo la metà del secolo XVI non celebravasi che una messa». In tale stato la trovava nel 1580 S. Carlo Borromeo, il quale si affrettava a sopprimere la parrocchia e a consegnare la chiesa all'arciprete della Cattedrale «in perpetua unione» ordinando che si continuasse a celebrarvi la messa. In verità la chiesetta rimase una piccola enclave nella parrocchia del Duomo tanto che Giovanni Da Lezze nel Catastico (1609) la iscrive ancora come parrocchia con «anime utili 46, vecchi, putti et donne 120» pur dichiarandola «posseduta» dall'arciprete del Duomo.


Nel 1639 vi venne trasferita da S. Tommaso la confraternita di S. Giovannino. A metà del secolo XVII deve aver subìto restauri e registrato una specie di rilancio grazie alla presenza di una confraternita mariana di adolescenti i quali vi si trovavano il sabato a recitare l'officio della Madonna. La chiesetta, che ha sempre avuto un solo altare, venne abbellita della pala di Pietro Ricchi detto il Lucchese (1606-1675) raffigurante, in contrapposto alla sua dedicazione, la nascita di S. Giovanni Battista, ora in Duomo nuovo.


Nel 1712 la chiesa divenne punto di riferimento delle "Figlie della Beata Maria Vergine", più comunemente dette "Sorelle Franzoni", sorte per impulso di Giacinta Franzoni (1678-1744) (v. Franzoni o Franzone Giacinta), che poi si trasferirono nel 1720 nel quartiere della Badia, conservando però la proprietà della canonica e della chiesa. Nel 1740 sono ricordati nuovi restauri.


Confiscati i beni della confraternita dalla Repubblica bresciana del 1797, la chiesa venne chiusa al culto. Non vennero, invece, toccati i beni delle cosiddette "Sorelle Franzoni" perché tramandati come proprietà privata. Erminia Panzerini, ultima superiora delle "Sorelle Franzoni" che abitava nell'antica canonica di S. Zanino, fece riaprire, il 2 luglio 1818, la chiesetta, pur rimanendo di proprietà demaniale. Divenuto arciprete del Duomo, mons. Faustino Pinzoni rivendicò la proprietà di S. Zanino, che tuttavia venne messa all'asta. Fu allora che la Panzerini comprò S. Zanino con tutti gli arredi sacri.


Nella rifioritura degli oratori sotto l'episcopato di mons. Nava nel 1825-1830 l'oratorio di S. Zanino passò sotto la direzione di don Gaetano Faroni e del chierico Giovanni Scandella. Alla fine la Panzerini, con testamento del 14 agosto 1841, stabiliva che S. Zanino fosse destinato in uso dell'arciprete della cattedrale "pro tempore" mentre le sue coeredi, Maria Buffali e Giacomina Formentelli, disponevano che passasse in proprietà all'arciprete del Duomo. Da allora S. Zanino divenne il punto di riferimento oratoriale della parrocchia del Duomo, affidato a ottimi sacerdoti quali don Santo Mola e don Tomaso Soncini, al quale i giovani vollero erigere un ricordo marmoreo inaugurato il 26 agosto 1923.


Nel 1898 la chiesa venne privata delle suppellettili e dell'altare, trasferiti in S. Benedetto.


L'attività dell'oratorio, sotto il titolo di S. Luigi, continuò intensa. Nel giugno 1912 inaugurava la propria bandiera, mentre continuava l'attività del circolo ricreativo promotore di attività sportive e culturali.


Nel 1921 la chiesa venne ceduta ad un omonimo circolo di S. Zanino e trasformata in una sala del circolo stesso inaugurato il 21 maggio. Negli anni Sessanta e Settanta venne utilizzata come falegnameria. Nel 1977 la chiesa, ormai sconsacrata, venne restaurata con cura e adibita a laboratorio d'arte. Ospitò in seguito la compagnia filodrammatica "San Zanino", fondata da Aldo Luzzardi.


Come ha scritto Riccardo Lonati, «la zona absidale, profonda e semicircolare, dalla volta a crociera, è fiancheggiata da ridotta e curva nicchia recante brani di antiche decorazioni; si intuiscono un angelo, poco discosto un motivo tratto dall'Antico Testamento, una scritta: A.R.L.F. Agli archi di cotto delimitanti l'abside si contrappongono lisci capitelli coronanti alcune mozze lesene disposte lungo le pareti della navata. V'è pure una finestrella, dalla gotica linea, alla base dell'elegante, muta cella campanaria, il cui prospettico innalzarsi si può osservare attraverso una "botola"». Antico il piccolo campanile. Il Fè d'Ostiani ricorda l'esistenza di «un grazioso monumento eretto nel XVI secolo al cav. Giulio Luzzago».