VIE della Città di Brescia

VIE della Città di Brescia

Da un primo sentiero preistorico che passava sulle alture per evitare la pianura paludosa e in gran parte incolta e che ebbe una sua sosta e poi un suo punto di riferimento abitato sul Colle Cidneo, si sarebbero, secondo alcuni studiosi, con l'accentuarsi dell'urbanizzazione, aperte a ventaglio vie sempre più inoltrantesi al piano corrispondenti alle attuali vie S. Urbano, Giovanni Piamarta, Gabriele Rosa, dirigendosi poi verso SO sulle direttrici di Orzinuovi-Quinzano. Altre arterie si svilupparono verso E in coincidenza con le attuali via Boifava e nella zona urbana, via Avogadro, o secondo altri via Musei. Tutte si andarono sempre più delineando e precisando con la costruzione di edifici pubblici e di abitazioni costituendo in epoca romana un vero e proprio quadrilatero murato compreso a N dal colle Cidneo, a E da quella che diventerà via Avogadro, a S da via Antiche Mura, a O dall'attuale via Dieci Giornate: un reticolo di vie condizionato oltre tutto da numerosi corsi d'acqua.


A mano a mano che la città andò espandendosi, specie nel sec. XIII, altre vie si aggiunsero, tracciate da una specie di piano regolatore come quello progettato nel 1237 da Alberico da Gambara con variazioni poi più o meno importanti e rimaneggiamenti imposti da costruzioni di palazzi e chiese che inglobarono o chiusero vicoli, condizionarono precorsi già tracciati. Interventi rilevanti vennero compiuti nella prima metà dell'800, con la spinta di modernizzazione verificatasi dopo l'Unità nazionale e specialmente dal 1927 in poi con la costruzione del nuovo centro cittadino con piazza Vittoria. Nuovi interventi poi seguirono negli anni Cinquanta del XX sec. Con l'aggregazione alla città nel 1880 di cinque comuni limitrofi e con i piani regolatori del 1887 e del 1897, il tracciato delle vie particolarmente nelle zone di nuova urbanizzazione precedette addirittura la costruzione degli immobili.


Gli studiosi concordano nel fissare la prima significativa serie di nomi di luoghi della città al Duecento, legandoli a famiglie notabili, chiese, conventi, a condizioni topografiche e climatiche o anche soltanto a un'insegna, una fontana, una colonna e più spesso ad un'attività artigianale, commerciale (beccai, costruttori di mastelli, calzolai, conciatori, ecc. ecc.).


La prima mappa delle vie cittadine, finora conosciuta, è della metà del '500, disegnata da un ingegnere militare della Repubblica Veneta che qualcuno ritiene Gian Girolamo Sammicheli. Si tratta di una carta di precisa descrizione di vie e di piazze con tracciato inoltre anche il reticolo di strade extraurbane, oggi vie cittadine, compresi i cantoni nelle mura. Del 1556 vi è, nel Catastico del Da Lezze, una descrizione altrettanto precisa dei confini delle quadre connessi con quelli delle parrocchie.


Sono rare le novità riguardanti il nome delle vie fino al '700 dovute, per lo più, alla scomparsa di alcune famiglie e all'estinguersi di alcune attività.


Il 18 aprile 1797 un Decreto del Governo Provvisorio prescriveva di scrivere il nome sugli angoli delle contrade. Una prima rivoluzione nell'ordinamento del territorio cittadino si ebbe agli inizi dell'800 quando questo venne diviso in Cantoni, in settori e in rioni, con la numerazione delle case, con cambi dei nomi delle vie e delle piazze e con la novità della scrittura, sui muri delle case, dei nomi delle vie. Interventi sulla rete viaria con alcuni cambi di nome vennero decisi nel 1835, mentre nel 1837 venne rinnovata la numerazione unica e progressiva delle case, mentre alcuni vicoli vennero chiusi con cancelli per sicurezza o decenza.


Una vera rivoluzione dei nomi delle vie venne da una commissione nominata dal Consiglio Comunale nel 1861 con una nuova intitolazione a date storiche, a personaggi del Risorgimento con l'intento dichiarato di «consacrare i fasti della Nazione affinché sempre viva ne sia la memoria nei cittadini [...] rammentando le battaglie combattute per la nostra indipendenza tanto nella settentrionale che nella parte meridionale della penisola». Seguirono nuove disposizioni nel 1871, polemiche e appelli, fino a quando nel 1896 vennero introdotte radicali innovazioni che Franco Robecchi ("Le strade di Brescia", p. XLIII) definì una «soluzione "tecnica", ma disastrosa, con la perdita in quell'anno di un'immensa quantità di documenti toponomastici. L'eliminazione del nome di tutti i tratti intermedi di una via cancellò un'interessantissima serie di nomi, un'ottantina, che erano ancora immagine della città medievale. Il colpo di spugna fu drastico perché anche i vicoli che davano sulle vie maggiori presero il nome di quelle. Si privilegiarono i termini di via e corso, abbandonando le contrade, le rue, le tresande, i tresandelli e i cantoni». Nel 1909, cambiato il clima politico con la prevalenza di forze laico-socialiste nella maggioranza in comune, venne compiuta una nuova vera rivoluzione con l'intitolazione a personaggi della storia bresciana. Nuove denominazioni vennero introdotte nel 1917. L'andazzo continuò sotto il fascismo con nuove intitolazioni a date e personaggi connesse con lo stesso. Una riforma con un ritorno all'antico venne perseguita nel 1935 dal podestà Fausto Lechi, mentre solo sulla carta si consumò un nuovo cambio di nomi sotto la Repubblica Sociale Italiana (1943-1945). Correzioni vennero poi apportate, su incarico dell'Ateneo di Brescia, a liberazione avvenuta. Seguirono i più diversi interventi affidati a Commissioni che finirono di saturare di nomi vecchi e nuovi, a volte improvvisati, tutte le vie, lasciando, come lo sono tuttora, ancora intonsi toponomasticamente i villaggi da poco nati nei quali i riferimenti sono vie e traverse numerate.