STABIUMI, famiglia

STABIUMI, famiglia

Famiglia distintasi in campo imprenditoriale in diversi settori. Fa capo a Domenico Stabiumi (1881-1950) che svolge attività edilizia nei primi decenni del Novecento coadiuvato dai figli Giacomo (1908-1984), Benvenuto (1910-1967) e Severino (Azzano Mella, 12 marzo 1912 - Gussago, 24 marzo 1995). Nel 1936 per non perdere un prestito, Domenico rileva l'attività di un piccolo caseificio, che affida al figlio Giacomo e che trasferisce dopo poco ad Azzano Mella nella vecchia casa, già di proprietà Stabiumi, di fianco alla Casa di Dio, che poi negli anni Ottanta viene acquisita con annessa azienda agricola. Nel 1950 i fratelli Stabiumi dividono l'eredità del padre: a Benvenuto viene data in gestione una grossa azienda agricola degli Spedali Civili (in affitto), che è passata presto, per prematura morte, in conduzione al figlio Domenico, poi al nipote Marcello; mentre Severino, con un'attitudine particolare nel campo dell'edilizia, assume la gestione dell'impresa edile con sede in città, che si è poi ulteriormente evoluta e sviluppata con il figlio Giovanni (n. nel 1940), geometra. Molte sono le opere significative realizzate dall'Impresa Stabiumi: alla fine degli anni '50, numerosi palazzi in viale Piave, come il "Complesso Riviera", di circa trecento appartamenti; a partire dagli anni '60, il "Complesso Residenziale Paradiso" in via San Zeno, il "Palazzo Globo" di viale Stazione, la costruzione di interi Stabilimenti Fiat in varie città italiane e a Brescia (oggi IVECO di via S. Polo). Per arrivare all'ultimo decennio del Novecento che vede la realizzazione del "Symbol", complesso residenziale in Brescia Due, lo stabilimento "Mondine" in Pontevico per conto di una multinazionale americana, diversi centri commerciali in città e provincia di Brescia, il complesso residenziale "Pieve del Santolino" in Gussago, la ristrutturazione dello stadio Rigamonti, la "Galleria Kennedy", e la "Torre Kennedy" a Brescia, in fase di ultimazione.


Prosegue l'attività del piccolo caseificio. Giacomo con la sua intraprendenza fa di tutto: commercia prodotti agricoli e con l'utile compera qualche appezzamento di terreno. Negli anni della guerra Giacomo deve chiudere il caseificio perché la Centrale del Latte di Brescia requisisce la produzione locale del latte. Può solo raccoglierlo e conferirlo direttamente alla Centrale come menalatte. Intanto sono nati i quattro figli: Rina (nel 1935), Ginevra (nel 1937), Onorato (nel 1940) e Amato (nel 1942), che gli permettono di non partire per la guerra. Giacomo nel 1945 ridà vita al caseificio: acquisisce dai Vimercati un brolo con annessa abitazione, dove costruisce le prime porcilaie e una piccola stalla per 8-10 vacche. Col passare degli anni aumenta l'allevamento dei suini e dei bovini, incrementa la proprietà dei terreni di oltre 600 ha e consolida l'attività del caseificio che si allarga e che viene ad occupare uno spazio considerevole nell'attività casearia privata a Brescia. Nel 1954 Giacomo diventa socio rilevante dell'Alfa Acciai, tuttora gioiello della siderurgia bresciana. Dopo la sua morte, nel 1984, il figlio Amato prosegue con l'attività dell'acciaieria, il figlio Onorato nel settore agroalimentare e la figlia Ginevra nelle aziende agricole.