SCOPPIO delle polveri
SCOPPIO delle polveri
Venne così chiamato un gravissimo fatto definito dai testimoni del tempo "uno dei più lacrimevoli che accader possano a terrore e rovine accorse in questa città". Poco prima dell'alba del 18 agosto 1769, durante un furioso temporale, sembrava che la pioggia fosse per cessare e ritornare il bel tempo, da un gruppo di nubi parte un fulmine che va ad abbattersi sul Torrione vicino alla porta di S. Nazaro (alta 47 braccia, larga 12 braccia) al di dentro che conteneva 234.822 libbre in 2800 barili di polvere. Vi fu uno scoppio, quasi fosse un terremoto e quando la nube si disperse apparvero demolite 190 e più case, 500 gravemente danneggiate con 300 e più morti e 500 feriti. Perirono intere famiglie come quella dei nob. Onofri sulla cui casa, presso il Santuario dei Miracoli, piombò una vera grandine di macigni uno dei quali di oltre 80 pesi, o la famiglia di G.B. Gnaga della quale perirono padre, madre, cognata e due figli; una terza figlia, Orsola, di 18 anni, trovandosi ignuda rifiutò di venire salvata. Alle Chiusure si ebbero 6 morti e 50 feriti. Colpite le chiese della Mansione, dei SS. Nazaro e Celso, la Casa di Dio, il Pio Luogo del Soccorso, i monasteri di S. Maria degli Angeli e di S. Croce, i palazzi Fe', Lechi e altri. Rotti quasi tutti i vetri e finestre della città. I danni vennero accertati in 490.366 scudi bresciani. Finita la procella corse voce che due fanciulli dimoranti in castello, nell'atto della caduta del fulmine, videro due bellissimi giovani in aria di maestà, comparire sulla porta del magazzino delle polveri, in atto di ributtare con forte mano il fulmine. In essi vennero visti i SS. Faustino e Giovita intervenuti a salvare la città da più terribili disastri. Attivissimi furono nell'assistenza i deputati alla sanità e il prevosto di S. Nazaro mons. Alessandro Fe', instancabile nel visitare famiglie.
Dopo l'orrenda catastrofe, la Serenissima repubblica costruì nuovamente la porta di S. Nazaro con parte della fossa, e sul riattato edificio fece porre una lapidaria iscrizione latina che si può tradurre così: "In questo luogo la polvere pirica in antica torre accumulata, tocca da un fulmine del cielo il giorno 18 di agosto dell'anno 1769, con grande eccidio dei cittadini e della città incendiò e distrusse le interne ed esterne fortificazioni. La porta di S. Nazaro in miglior stato fu ricostruita da Antonio Marino Prioli Vice Prefetto, nell'anno 1773". Altra lapide venne posta sulla casa attigua al palazzo Lechi in corso Vittorio Emanuele. Don Giovanni Cecina, canonico di S. Nazaro nel 1769, ricorda con reboanti frasi latine lo stesso fatto.