SAIANO

SAIANO (in dial. Shaià, in lat. Saiani)

Centro agricolo e in parte industriale della Franciacorta orientale. Comune autonomo fino al 1927 e poi unito a Rodengo formando il comune di Rodengo Saiano; parrocchia autonoma; si stende a 12 km. a NO di Brescia, in zona pianeggiante e collinare. È a 187 m. s.l.m., ed ha una superficie di kmq. 4,10. Le principali località sono: Castello, Delma (a m. 500 s.l.m.). Muraga, Corneto, Cantarana, Cobattola, Bettole.




ABITANTI (Saianesi): 870 nel 1493, 500 nel 1567 e nel 1573, 627 nel 1590, 800 nel 1610, 427 nel 1637, 545 nel 1658, 569 nel 1727, 670 nel 1736, 522 nel 1760, 570 nel 1775, 555 nel 1791 e nel 1805, 618 nel 1819, 619 nel 1835, 630 nel 1848, 679 nel 1858, 680 nel 1868, 630 nel 1876, 700 nel 1887, 815 nel 1898, 925 nel 1908, 1.007 nel 1913, 1.040 nel 1926; 1.116 nel 1939, 1.300 nel 1949, 2.000 nel 1963, 1.871 nel 1966, 2.297 nel 1971, 2.297 nel 1981, 2.550 nel 1991, 3.143 nel 1997.


Il nome viene ritenuto da qualcuno come un aggettivo derivato dal vocabolo "Seju" di origine etrusca e di incerto significato. Secondo altri il nome si riferirebbe ad un insediamento di Franchi "salii", popolazione di origine germanica, e indicherebbe "campi seminati", un complesso rurale della Franciacorta o aree rurali libere concesse ai monaci dell'abbazia di Rodengo. Per qualcun altro deriverebbe dal nome romano della famiglia Seiana (il nome Seius compare in una lapide trovata a Saiano e quello di Seia compare in altra lapide); secondo altri ancora da un supposto "fundus Sallianus dal gentilizio "Sellius". Tutto ciò indicherebbe un'origine romana. Su tale origine hanno scommesso scrittori come Gabriele Rosa, Cesare Cantù ecc. Il luogo è citato anche come Sachiani o Siano nel sec. XII, Sayano nel sec. XIII, Saiano in seguito.


In località Bettola sul torrente Livorna vennero trovati nel 1970, nel corso di lavori stradali, i resti di un ponte romano e tombe di epoca incerta. Reperti analoghi vennero trovati in una località imprecisata fra Rodengo e Saiano. Presso la chiesa parrocchiale venne inoltre rinvenuta un'iscrizione funeraria di un "Secundus Strabo". Secondo P. Guerrini il territorio fu un fundus rustico di una famiglia romana nell'ambito della circoscrizione del "pagus" di Gussago, del quale costituì l'estrema parte occidentale, parallelo al vicino Valenzano appartenente al pagus di Bornato. Tuttavia il più antico documento che si abbia del castello è l'Istromento, 3 aprile 1019, rogito di Aldo notaio del sacro Palazzo alla presenza dei testimoni Giselberto, Wazo e Giraldo. Ermengarda Azzanelli, vedova Poncarali, così nell'Istromento, dona alcuni suoi beni con una cappella dentro e fuori il castello di Saiano al prete di Acqualunga D. Gerardo. L'atto notarile dice: «intra et extra castrum Saliani». Per Saliani si interpreta Saiano, e vi si scorge la modificazione del nome primitivo Seiano in Saliano, forse per imitazione di altre località come Sale di Gussago, Sale Marasino, ecc.


Probabilmente nel sec. X-XI sorse un castello o un recetto o un piccolo borgo fortificato a forma rettangolare di 120 m. x 80 m. circa poi recuperato in parte da una villa e del quale esisteva fino a qualche decennio fa parte del fossato che la cingeva. Nel castello venne eretta anche una cappella ufficiata da un sacerdote. A quanto afferma il Lechi fu di proprietà del vescovo e passò poi alla famiglia Turriceni e via via ai Bettoni Cazzago che eressero una bella villa, chiamata Villa Paolina. La villa fu poi dei Pirozzi, dei Giro, dei Manfredi e infine dei Bettoni. Dove esistono i resti della primitiva chiesa parrocchiale esistette una rocca o castello o meglio un largo fortificato con funzione di rifugio coincidente (su un'area di 120 x 80 metri) con l'isolato prospiciente la chiesa stessa e che il Da Lezze nel 1610 descrive come "una rocca cinta di mura con le fosse dove s'attrova la chiesa di S. Salvador".


Il Lechi scrive che la Rocca sorse forse "fra quegli edifici che prospettano l'odierna chiesa parrocchiale fra i quali vi è l'ingresso a mattina del castello e a sera della Villa Paolina". Sempre il Lechi sostiene che quanto alla "storia del castello non vi è molto da dire se non che esso ha seguito le sorti dei vicini castelli di Paderno e di Passirano". Ovviamente falsa la tradizione fissata in una lapide posta sull'ex chiesa di S. Dionigi di una sosta di Carlo Magno prima di occupare la Valcamonica. Presente soprattutto sul territorio la Badia di Leno che vi lasciò la sua impronta nel titolo del S. Salvatore dato alla chiesa o cappella primitiva di Saiano. A nome della Badia leonense vi esercitò predominio feudale la famiglia dei Capitani di Gambara, i potenti feudatari che nei secoli XII e XIII usurparono gran parte dei beni monastici di Leno nel territorio bresciano. Nel territorio fino al sec. XVI ebbe possedimenti anche la pieve di Bovegno. Saiano sentì più tardi l'influenza del vicino monastero cluniacense e olivetano di Rodengo, al quale erano passati i beni fondiari della Badia di Leno in questo territorio ma, di fronte a Rodengo, Saiano mantenne sempre la sua indipendenza civile ed ecclesiastica come Comune. Fra le famiglie più antiche sono da segnalare quella dei Saiani che presero il nome del paese e quella dei Masperoni il cui capostipite fu un Pasino e già presente agli inizi del millennio. In un contratto monastico del febbraio 1192 che fa riferimento a Rodengo figura il primo saianese di cui si ha notizia: il "notaro" Ottone. Poi c'è un tale Cuppa, che nel 1201 ricevette l'investitura di un fondo ugualmente conventuale, ma di Santa Giulia, a Brescia. Alla primitiva Vicinia subentrò il Comune che risulta già costituito almeno nel sec. XIII. In un documento del 16 dicembre 1280 il "comune et homines de Sayano" vengono infatti obbligati a concorrere alle spese di ricostruzione del Ponte Crotte sul Mella. Il castello fu al centro delle lotte fra Guelfi e Ghibellini, nel 1439 fu devastato dal Piccinino; nel 1512 subì l'incursione dei Francesi. Il Da Lezze ricorda, nel 1610, che Saiano è «terra picciola con la rocca cinta di mura, con fosse, dove s'attrova come già s'è detto, la chiesa di S. Salvador, officiata da un prete, con entrada de 1.200 bresciane». Il comune (appartenente alla Quadra di Gussago e dal sec. XIX al mandamento di Rovato) è presente in documenti del 1491 per livelli di terre ed altri ancora per varie ragioni nel 1525, 1527, 1530 e 1532 . Per un certo periodo nel sec. XVI fu unito al comune di Rodengo. In Saiano si andarono poi distinguendo oltre ai nob. Provaglio, i Martinengo, i Rodengo, i Violini (che con Lodovico Marco Antonio eressero nella chiesa parrocchiale nel 1606 il sepolcro), i Bettini, i Benaglio, ecc. Vi possedevano tra gli altri beni il Convento di S. Francesco di Brescia (1418, 1532, 1547).


Presente dal 1583 circa il "Monte di pietà de biave" e almeno dal 1598 il "Pio luogo della Carità" per confezionare e distribuire pane. L'abitato nel 1610 contava 800 anime, di cui 157 utili. Il rettore veneto ci offre nel Catastico altre interessanti informazioni: «Nobili Bresciani, li ss.ri Fenaroli, li ss.ri Rodenghi. Contadini principali gli Avosti con grossa entrata; li Violini, li Calzini, gli altri lavorano le terre. Chiesa della Madonna fuori della terra mezo miglio a mezo il monte detto de Berta oficiata ogni giorno da tre Padri dell'ordine di S. Giosef in Brescia. Nel territorio vi sono piò di terra n. 800 essendo la campagna fertile, che ogni piò è di valuta di 100 scudi. Sei molini di molte rode posti sopra la Seriola, che passa per la terra et è acqua sortiva di fontane di ragion de particolari. Et anco alcuni mercanti da biava, che la comprano per il territorio Bresciano, et la portano a Gardone. Quanto al governo fanno Consuli, Sindici et Massaro». Devastatrice fu la peste del 1630 per cui la popolazione da 800 abitanti nel 1610 nel 1637 era ridotta a 427. Uno spaccato di vita saianese è negli scritti del Cocchetti che racconta come «nel 1726 a Saiano, Passirano, Bornato, Adro ed altre terre s'era formata una lega di malviventi, che rapivano donne, molestavano i paesi, ecc. Erano casi frequenti a quei tempi, sì che nel giugno 1723 usciva un ordine che obbligava le terre a mantenere delle guardie sui campanili onde fossero pronte a toccare a martello; molte terre avevano obbligo inoltre di far battere le strade da armati». Nei secoli XVI e specialmente nei seguenti XVII e XVIII la proprietà agraria passò in mano a famiglie nobili che costruirono ville e case di villeggiatura.


Anche il piccolo ma antico castello feudale venne poi trasformato nella VILLA PAOLINA della contessa Bettoni-Pirozzi che conteneva la vecchia chiesa parrocchiale. Nascevano inoltre la VILLA FENAROLI a Corneto, edificata nel primo '700 ma radicalmente "rivista" alla fine dell'800 dall'architetto Antonio Tagliaferri, che disegnò la cancellata sulla strada e la casa del custode, secondo il gusto neo-barocco eclettico di quel periodo; la VILLA PROVAGLIO; VILLA MOLINARI del Seicento, ma ristrutturata in chiave neoclassica; CASA MONTICELLI, di fine Ottocento, ecc. Nei secoli XVII-XVIII si aggiunsero alle famiglie segnalate quella dei Torriceni ai quali subentrarono i Bettoni, dei Soncini, dei De Micheli, dei conti Martinengo, dei nobili Provaglio ai quali si aggiunsero le distinte famiglie Agosti, Felicina, ora spenta, Antonelli, Ballerini, Benaglia, Borgondi, Bonoris, Borghetti, Mangano, Montini, Salvi, Vivenzi, Novali, Belleri, Gelfi, Chinca, Piotti, Ranieri, Contrini, Piardi, Rocca, Lumini, Ragnoli, Danesi e altre.


Lenta l'evoluzione sociale culturale del paese della quale fu un passo importante il richiamo da parte del vescovo in visita nel 1669 al rettore della chiesa di S. Maria degli Angeli, di dedicarsi all'istruzione dei fanciulli. Nell'ex convento di Saiano venne aperta nel 1787 una specie di accademia nella quale gli alunni venivano istruiti nella grammatica, nelle lettere, nell'aritmetica e nell'agricoltura. Pochi anni dopo, nel 1792, l'arciprete don Palmerino Fattori comperava una casa presso la chiesa parrocchiale per sistemarvi la scuola, raccogliendo inoltre in un legato un capitale per il mantenimento del maestro, in quel tempo don Stefano Fattori, con la disposizione che mancando gli scolari, il frutto venisse dal parroco distribuito ai poveri. Dal 1812 al 1816 il comune venne unito a quello di Rodengo, riacquistando poi la sua autonomia. Il primo Risorgimento vide attivi assieme ad altri l'avv. Leonardo Mazzoldi che nel 1823-1826 venne dalla polizia austriaca inquisito e poi prosciolto per difetto di prove legali. Echi vivi suscitò la morte, avvenuta il 31 marzo 1849 nell'ex convento di S. Maria, del ven. Lodovico Pavoni, che vi si era riparato con i suoi giovanetti durante l'infuriare dell'insurrezione delle Dieci Giornate. Ad una spedizione dei Mille partecipò il saianese Stefano Antonelli (20 agosto 1841 - 24 aprile 1867) ferito a Calatafimi. Più accelerato il ritmo dell'evoluzione sociale negli ultimi cento anni segnato dalla fondazione da parte del parroco don Giuseppe Garbelli dell'asilo infantile, la cui vicenda è raccontata da Rinetta Faroni nel libro "Cent'anni per i bambini". Pur chiuso in secolari tradizioni, sulla fine dell'800 il paese contava un attivo gruppo di repubblicani. Ma ancor più a Saiano prese vigore un Circolo della Franciacorta che nei primi decenni del secolo XX promosse iniziative di rilievo sul piano economico, logistico, culturale, ecc. Nel 1919 il parroco don Salvi fondava la Cooperativa di Consumo "Le Famiglie" che nel 1920 veniva occupata dai fascisti, che poi ritorneranno alla carica con ancor più forti opposizioni nel 1929 imponendo la chiusura delle attività oratoriane e del teatro parrocchiale. Negli ultimi anni di esistenza del Comune venne realizzato il parco delle Rimembranze (1923), veniva inaugurata contemporaneamente la sede del Fascio, si provvide all'ampliamento del Cimitero e alla costruzione di un acquedotto (1928). Nel 1927 il comune veniva soppresso e unito a Rodengo sotto la denominazione di Rodengo Saiano. Durante la seconda guerra mondiale il paese si riempì di sfollati e terribili momenti visse nei giorni della Liberazione specie nella notte tra il 26 e 27 aprile 1945 quando dieci ostaggi vennero fucilati dalle SS tedesche cui seguirono altrettanto dure rappresaglie partigiane. Fra i personaggi di rilievo si deve contare Giovanni Battista Nazari, letterato ed erudito, autore di opere apprezzate. Un pittore, Giacomo da Saiano è nominato nell'estimo della P quadra di S. Faustino.




ECONOMIA. L'economia fu quasi del tutto agricola. Una ricchezza era costituita specialmente dai boschi, particolarmente folti sui "Monti d'Elma". Il Da Lezze nel 1610 sottolineava come la campagna fosse "fertile, ogni piò valutato 100 scudi". Elencava 60 paia di buoi, 20 cavalli da soma, 18 carri. Segnalava alcuni mercanti di "biave" fra il territorio bresciano e Gardone V.T. Apprezzato il vino rosso già nel '500 e in seguito anche lo spumante. Nel 1615 Giulio Rodengo ne offriva tre zerle per il matrimonio di Ottavia Lana con Carlo Fisogni.


Vini, grani, gelsi sono i prodotti segnalati nell'800. Ma grande è la povertà essendo poche le proprietà in mano a poche famiglie. A sollevare in parte l'economia venne incontro lo sviluppo della viticoltura che agli inizi del secolo ebbe nuovo incremento specie da quando nel settembre 1906 venne costituita, dal Consorzio Antifillosserico Bresciano, una delle tre Distillerie Agrarie Cooperative per la Franciacorta. Ma già nella seconda metà dell'800 Saiano conobbe uno sviluppo artigianale. Nel 1875 Egidio Novali apriva in Saiano una cereria e "stearineria" che verso il 1882-1883 si trasformava in uno stabilimento a vapore che nel 1889 e in seguito ebbe notevole sviluppo. Nel 1917 si trasferiva con Livio Novali in piazzetta Vescovado a Brescia. Un certo sollievo portò l'assunzione da parte della filanda Serlini di Ospitaletto di parecchie operaie anche di Saiano. Nel tentativo di rallentare tale flusso don Salvi nell'ottobre 1909 apriva presso la Casa Operaia S. Giuseppe una scuola di cucito e di ricamo, in bianco, seta ed oro, affidandola poi alle Suore di S. Marta che ospitò un numero crescente di orfane oltre che operaie esterne fino a raggiungere il numero di una sessantina di operaie. In seguito la Casa S. Giuseppe divenne una filiale del Calzificio di Roberto Ferrari che ingrandì il laboratorio che nel 1930 ospitava circa 200 operaie e si serviva del lavoro a domicilio di molte famiglie del luogo. Di un certo rilievo anche il pastificio aperto da Egidio Pelizzari. Negli anni '20 venne aperto anche uno sportello della Banca Piccolo Credito Bergamasco. In frazione Delma esiste una delle non poche trattorie quale il Gallo, vecchia di 150 anni. L'11 aprile 1999 è stata inaugurata la Residenza per anziani "Tilde e Luigi Colosio" sita in via Biline in località Delma.




ECCLESIASTICAMENTE il territorio appartenne probabilmente alla pieve della cattedrale di Brescia, gravitando poi su quella di Iseo e infine su Gussago. Scartata la tradizione che la vita religiosa si sia poi incentrata intorno alla chiesa di S. Dionigi che, secondo una tradizione raccolta dal Caprioli, sarebbe stata fondata da Carlo Magno nel 779, il primo documento che si conosce è il rogito redatto il 3 aprile 1019. Nel sec. XIV dovette sorgere una chiesa più ampia eretta in parrocchia. Le origini della parrocchia vengono fatte risalire al sec. XIV quando la chiesa era affidata ad un rettore-parroco. La prima investitura di cui si abbia documentazione è un atto del notaio Jacopino di Ostiano del 5 aprile 1379 col quale il prevosto di Gussago conferisce la rettoria di S. Salvatore al sacerdote Ranuzio di Todi, destinato a succedere a don Lorenzo de Lagaimaro. Passano alcuni decenni e in un documento del 6 febbraio 1461è registrato un cambio di terreni del beneficio fra il rettore di Saiano don Guidone de Scaribiis de Parma con certo Nicolino Botteri di Saiano. Di notevole rilievo la costruzione dal 1588 accanto alla chiesa di S. Maria degli Angeli di un convento di Terziari Regolari Francescani sostituiti poi dai Minori Francescani Osservanti. Nel territorio sorgono chiese come quella di S. Dionigi già ricordata nel 1355 e nel 1461, di S. Rocco (1513). Nel 1534 viene terminata la chiesa di S. Maria degli Angeli, accanto alla quale sorgerà il convento francescano, mentre nella frazione di Muraga sorgeva l'oratorio di S. Antonio abate. La parrocchia assume sempre più precisi connotati pastorali dopo il Concilio di Trento. Nel 1581 è presente la Confraternita del SS. Sacramento; nel 1583 viene eretto il Monte di Pietà; nel 1648 è presente la Confraternita della Madonna del Rosario. Non mancano momenti di crisi. Il 5 dicembre 1601 il rettore parroco viene decapitato sulla pubblica piazza di Brescia con l'accusa di "monetario" (cioè usuraio) ed altro. Superato il tempo del disgraziato parroco, agli inizi del sec. XVII, la parrocchia conta in don Giov. Francesco Fiorentini un sacerdote zelante, studioso e poeta, autore di opere apprezzate. Del resto il prestigio della parrocchia è confermato dall'erezione in vicaria foranea, che nel 1611 abbraccia le parrocchie di Rodengo, Ome, Ronco, Gussago, Sale di Gussago e Cellatica. Nella prima metà del sec. XVII i nobili Fenaroli costruiscono accanto alla villa di Corneto l'oratorio di S. Teresa, ma soprattutto ciò che più conta è la ricostruzione della chiesa parrocchiale. Un segno considerevole della loro presenza lasciarono i Padri della Pace, che ebbero a Saiano "la più diletta" loro villeggiatura con casa padronale, abitazione del massaro e 35 piò di terra, lascito disposto in data 23 luglio 1641 del fratello laico Marco Rizzini (m. 4 gennaio 1650) già notaio prima di entrare in Congregazione. I beni vennero ingranditi con acquisti in contrada Muraga fatti dal 1651 al marzo 1688. I Padri aiutarono con generosità la vita della parrocchia, collaborando alla vita pastorale ed eressero l'oratorio di S. Filippo Neri. A premio di tanta attività e di così intenso lavoro pastorale il 2 febbraio 1686 veniva chiesta e ottenuta l'erezione dell'arcipretura di Saiano e ciò in vista del fatto, come scriveva il vicario foraneo del tempo, che la terra di Saiano "è competentemente grande, nella quale vi sono diverse Famiglie Nobili e numerose, e la chiesa Parrocchiale della medesima terra è assai bella, ed à quattro altari, e tra i confini della medesima parrocchia vi sono tre Oratori, oltre la chiesa e convento dei Padri Minori Osservanti di San Francesco, nel quale vi abita continuamente buon numero di Religiosi Sacerdoti". Da parte sua don Pio Martinelli ancora nel 1887 testimoniava: «che la popolazione è buona nella sua gran maggioranza, piena di fede... Questo paese poi ha la fortuna d'avere buoni e cristiani Signori nelle rispettabilissime famiglie conti Francesco Bettoni, sindaco e nob. Lelio Fenaroli, i quali colla parola e coll'esempio sono di comune edificazione». Dopo decenni di quiete e di ordinaria amministrazione la vita parrocchiale ebbe un rapido risveglio sulla fine dell'800. Infatti nel 1887 la parrocchia visse momenti difficili con la nomina ad arciprete di don Giacomo Mazzoldi. Contestato dalla popolazione questa venne convinta ad accettarlo dal beato don Giovanni Piamarta. Il sacerdote, morto il 18 giugno 1893, fu poi in venerazione sia in vita che in morte. Particolarmente attivo il parrocchiato di don Giuseppe Garbelli (1893-1906) al quale si deve la nascita della Congregazione delle Madri Cattoliche, delle Figlie di Maria, degli oratori maschile e femminile e dell'asilo infantile. L'8 ottobre 1899 p. Bonaventura Ghitti da Borno erigeva una Congregazione conventuale del Terz'Ordine Francescano che andò aumentando raggiungendo nel 1926 il suo "periodo aureo" per la commemorazione del centenario francescano. Parallelo al risveglio della vita religiosa e devozionale fu quello sociale assistenziale. Si deve a don Garbelli, aiutato da famiglie del paese, la fondazione nel 1898 dell'Asilo infantile a reggere il quale assieme all'oratorio chiamava le Suore Poverelle. Il 1° settembre 1900 l'istituzione viene intitolata a Re Umberto I. Collocato in un fabbricato del beneficio, ampliato nel 1908, dotato di uno statuto nel 1906, quando fu eretto in Ente Morale, statuto modificato nel 1938 e nel 1991; venne costruito un edificio nuovo per l'intervento delle sorelle Anna e Maria Fenaroli nel 1956, poi a loro dedicato. Nel 1909 il parroco don Salvi dava vita alla Casa S. Giuseppe gestita dalle Ancelle di S. Marta più conosciute col nome di Suore Bianche di Saiano. A cinquant'anni dalla fondazione la casa accoglieva ancora ben 83 ospiti interne e più di 90 collaboratrici esterne. L'apostolato sulla fine dell'800 e, specialmente nei primi decenni del '900, si adeguava a nuove esigenze. Già nel 1915 era efficiente sotto la direzione di don Callisto Raineri un oratorio maschile, che si sviluppò nel 1944 sotto il parroco don Domenico Rossini. Larga beneficenza svolse la parrocchia in momenti difficili organizzando aiuti durante rigidi inverni (come quello del 1911) e in anni seguenti quando venne allestita una cucina gratuita presso l'Asilo infantile per 120 giorni l'anno a favore dei bisognosi. A Saiano si stanziarono anche le Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria.


CHIESA PARROCCHIALE VECCHIA. Alla prima cappella registrata nei documenti del 1019 ne venne costruita una nuova forse nel sec. XV. È nominata negli atti della visita del vescovo Bollani (16 ottobre 1567) come dedicata al SS. Salvatore e a S. Giacomo. Il visitatore ordina tra l'altro di "costruire i gradi all'altare maggiore, la predella presso la mensa, le secrete di legno sull'altare, rinnovare i due altarini ai lati dell'altare maggiore, imbiancare la chiesa, mettere il pavimento all'altare di S. Dionigi e chiudere la cappella con cancelli. All'altare di S. Brigida si sostituisca il battistero". S. Carlo B. (1581) da parte sua ordina una nuova pala dell'altare maggiore, di terminare la cappella di S. Bernardino da Siena poi dedicata anche a S. Lodovico e posta sotto il patronato di Lodovico Violini. Ad essa venne aggiunta la cappella del SS. Sacramento in seguito scambiata con la prima mentre nel 1648 compare anche l'altare del S. Rosario. La chiesa venne poi ricostruita nelle attuali linee di stile barocco a tre navate verso la metà del Seicento e in seguito consacrata. Il Faino nel 1658 segnala la chiesa di Saiano come dedicata alla Trasfigurazione del Signore e dice che aveva quattro altari. Mons. Gradenigo nel 1686, elevando la chiesa parrocchiale in arcipretale, dice che è elegantemente costruita e con tre altari, oltre, ben inteso, la cappella maggiore. L'altare della B.V. Addolorata lo troviamo eretto nel 1766 dalla comunità di Saiano. Per la chiesa di Saiano la bottega dei Fantoni a Rovetta (Bg) eseguiva un Crocefisso forse colorato, poi nel 1697 una statua dell'Addolorata della quale nel museo di Rovetta esiste una terracotta verniciata, nei 1707 un crocefisso "pieghevole con filetti d'oro da riporre in un baule" (opera dispersa). La statua della Madonna Addolorata alta 1 m. e 70 cm. ricomparve alla luce nel 1992 riscoperta dal parroco don Marini che la fece restaurare dalla bottega Poisa di Brescia. Tra le pale della chiesa spiccava quella dell'altare maggiore, raffigurante la Trasfigurazione. Restaurata nel 1993 per iniziativa del parroco don Marini da Leonardo Gatti la pala (159x219) raffigurante l'Ultima Cena si rivelò opera di Gerolamo Ferabosco e da lui firmata e racchiusa in una cornice barocca restaurata da Pietro Serlini di Padergnone. Solo nel 1986 venne avanzato un piano di recupero, perseguito a partire dal 1992 dal parroco don Angelo Marini, dal Consiglio comunale, ecc. Fin dagli anni '20 del sec. XX la chiesa si rivelava inadeguata. Il parroco don Salvi nel 1929 scriveva: «L'attuale chiesa ha tre navatine, le due laterali sono basse e senza luce; ha un solo ingresso laterale, manca di adiacenze che ci necessitano per catechismi e custodia robe; l'apparato del triduo - classico barocco dorato - è riposto sotto i tetti; dinnanzi la porta maggiore non vi sono che quattro metri di spazio e vi si erge il palazzo Bettoni, più alto de la facciata della chiesa, palazzo che prosegue al lato S a distanza di un metro (...) sicché la povera chiesa, oltreché essere barricata da ogni lato, a S non piglia mai il sole...».


Realizzata la nuova chiesa e da essa sostituita nell'ottobre 1945, la vecchia chiesa venne utilizzata come magazzino, deposito, garage ecc. Il patrimonio della "vecchia" chiesa (Madonna in legno del Fantoni, crocifisso ligneo, candelabri, reliquiari in argento) venne fatto restaurare dal parroco Angelo Marini.


NUOVA CHIESA PARROCCHIALE. È intitolata a Cristo Re. L'idea di una nuova chiesa parrocchiale venne a don Salvi durante un pellegrinaggio per la ritrovata salute compiuto a Lourdes nell'ottobre del 1927. Pensò ad una chiesa nuova «che avesse ad assomigliare ne la facciata, per la torretta ornamentale a quella, per collocarvi nelle tre campate da praticare, la statua di Cristo Re ne la superiore, de l'Immacolata ne la seconda, di S. Giuseppe ne l'inferiora». L'idea si andò concretizzando nel 1929 attraverso difficoltà ma sostenuta dall'entusiasmo della popolazione che prestò manodopera, si sottoscrisse per oblazioni e lavoro gratuito, nonostante l'avversione delle autorità politiche del tempo che proibirono il lavoro gratuito delle operaie della Casa di S. Giuseppe. Il disegno della nuova chiesa (abbandonata l'idea di don Salvi di un'imitazione del Santuario di Lourdes) venne steso dall'ing. Mario Piotti. Il progetto di stile romanico lombardo che il 29 agosto 1930 l'autore tracciò aiutato da Beniamino Andreis, che avrebbe assunto i lavori di costruzione, iniziò con le fondamenta della chiesa, che furono gettate a partire dal settembre 1930 mentre il 4 ottobre 1930 veniva benedetta dal vescovo ausiliare mons. Bongiorni la prima pietra. I lavori procedettero a ritmo serrato, sorvegliati dal geometra Valerio Ricci, dell'Ufficio Tecnico di Brescia che assecondò in ogni modo la costruzione. Nonostante il fallimento dell'Unione Bancaria Nazionale presso la quale don Salvi aveva depositato tutti i suoi risparmi e quelli della parrocchiale, dei quali venne ricuperato circa il 25 per cento, l'opera continuò grazie ad aiuti crescenti di imprenditori, lavori di disoccupati sfamati in parrocchia, di offerte di beneficenza, superando gravi difficoltà. Pur con modifiche al primitivo progetto avvalorate da mons. Polvara della Scuola Beato Angelico di Milano e nuove iniziative di finanziamento, la chiesa veniva completata grazie a crescenti offerte, forniture di materiali, pesche, acquisti facilitati oltre che a modifiche di progetti affidate all'ing. Angelo Buizza. Nel frattempo nel settembre 1934 le opere di completamento procedettero con rapidità mentre venivano eseguiti lavori di abbellimento come il portale affidato allo scultore Vincenzo Vinatzer della Val Gardena, il rosone e il cornicione ad opera dello scultore Dante Gatti di Virle Treponti, la statua di Cristo Redentore, commissionata nel 1935 al cesellatore Riccardo Politi, da porsi poco sotto il timpano della facciata consegnata nell'agosto 1940, ecc. Al contempo venivano eseguite suppellettili fra le quali un ostensorio opera dello scultore Ippoliti. Nel 1937 la prosecuzione dei lavori venne assunta dall'ing. Angelo Buizza che completò l'abside mentre nei primi mesi del 1938 veniva ultimata la navata il cui soffitto venne dipinto con motivi divisi e squadrati geometricamente da Vittorio Trainini. Nello stesso 1938 vennero realizzati il pavimento, le due torri delle quali una campanaria ed una destinata all'orologio pubblico finita nell'estate 1939, attivata solo nel 1946. Sempre nel 1938-1939 la, chiesa venne decorata da Vittorio Trainini, e completata da Eligio Agriconi mentre lo stesso Trainini dipingeva sul frontone del presbiterio il Cristo Crocifisso, la Madonna e S. Giovanni fra una teoria di angeli con una frase musicale che negata dal Perosi venne scritta da mons. Giuseppe Gallizioli. Mentre iniziative di ogni genere venivano incontro al finanziamento dei lavori, dal 1940 venivano realizzate, adiacenti alla chiesa, la sagrestia e le aule di catechismo. Al contempo venivano ultimate opere di completamento alla chiesa quali le balaustre ricche di simboli, eseguite da Giuseppe Cedroni di Cazzaniga (Bergamo), la Via Crucis terminata dallo scultore Vinatzer nel maggio 1941, le porte laterali e quella maggiore proveniente dalla parrocchiale di Botticino, il Battistero disegnato dall'ing. Buizza e con coperchio del cesellatore Giuseppe Cedroni. Nel gennaio 1943 veniva affidato al pittore Giuseppe Volpini il grande affresco dell'abside raffigurante Cristo Re. L'occupazione da parte delle truppe tedesche, la morte di don Salvi il 21 febbraio 1944 e le vicende belliche rimandarono fino all'ottobre 1945 l'inaugurazione della chiesa che venne poi consacrata il 19 ottobre 1946 da mons. G. Tredici. Nella chiesa il 15 novembre 1970 veniva inaugurato un monumento a don Giovanni Salvi. Nel novembre 1989 qui veniva inaugurata la cappella dei combattenti affrescata, a ricordo di Beppino Andreis, da Giacomo Gelfi con la collaborazione di Francesco Andreis e Carlino Bonometti con al centro la figura di Cristo che ha ai piedi le bandiere di guerra. Nel 1993-1994 Giacomo Gelfi realizzava scene bibliche. Sempre nel 1994, per iniziativa dell'arciprete don Marini veniva restaurato, dalla bottega Poisa, il grande Crocefisso del Fantoni e posto dietro l'altare maggiore. Nel 1995 nell'abside della parrocchia O. Di Prata aggiunse due episodi della vita del ven. Lodovico Pavoni. Tra le santelle è notevole quella dedicata alla Madonna, edificata in viale dei Tigli nel 1937, restaurata poi da Davide Piubeni.


S. MARIA IN COLLE, chiesa e convento. La chiesa sorge, con il convento, sulle pendici del monte Delma su una piccola altura che per l'esistenza (dal 1690) di una cappella modellata sulla basilica del Calvario di Gerusalemme venne perciò chiamata "il Calvario". A E della chiesa e del convento si stende una fuga di collinette; a O il terreno degrada con piccole alture e in terre pianeggianti fino a Rovato. Vi si accede per due vie: una, a sera, comoda e asfaltata, l'altra a SE che prosegue con una gradinata di 215 gradini in cemento costruita da p. Bartolomeo Balduzzi che ha fatto erigere anche una serie di 14 cappelline in stile gotico che accolgono una Via Crucis e finisce nell'ampia gradinata sulla quale si ergono la chiesa e il convento. La chiesa venne costruita agli inizi del '500, come denotano le iscrizioni su una colonna ("Hoc opus f.f. MDX"), dal conte Scipione Provaglio che ne affidò il progetto al maestro Marco da Gandino. Lo stesso conte Provaglio disponeva, con testamento del 16 marzo 1534, che venisse terminata, mettendola sotto il patronato perpetuo della sua famiglia e disponendo una dotazione di 20 scudi d'oro per la celebrazione perpetua di una S. Messa. Allo stesso conte si deve la costruzione della torre. Alla morte del conte Scipione (13 giugno 1534) la costruzione continuò per intervento del nipote Camillo mentre gli altri coeredi Francesco, Battista, Lodovico si dimostrarono restii a continuarla obbligando l'11 marzo 1538 il podestà di Brescia a imporne la continuazione. Proseguita quest'ultima dai nobili Camillo e Cesare, la chiesa venne coperta il 22 agosto 1579 e terminata, sotto la sorveglianza del conte Cesare Provaglio che largheggiò in sovvenzioni, nel 1582. Nonostante i circa cinquant'anni impiegati nella costruzione della chiesa (1534-1581 c.) come sottolinea Francesco De Leonardis «L'impianto architettonico di Santa Maria degli Angeli (così è anche titolata la chiesa) è particolarmente interessante, perché, nel nostro territorio, è un raro esempio di edificio rinascimentale a croce greca, di classico equilibrio nella disposizione dei volumi e di linee armoniose. All'esterno è preceduto da un portichetto a tre arcate, sostenute da due colonne in pietra grigia, rigonfie in basso e lavorate a fogliami (ricordano le colonne interne di Santa Maria dei Miracoli a Brescia), poggiate su due pilastrini finemente decorati con candelabri e motivi vegetali e con due tondi, al centro, raffiguranti i profeti. L'interno - la decorazione moderna è alquanto ingenua - ha i bracci voltati a botte ed un'abside semicircolare, la cupola centrale è impostata su un alto tamburo, diviso da lesene. Sull'altar maggiore, è una pala tardocinquecentesca di autore ignoto, ma di area bresciana, che raffigura la "Madonna con il Bambino e San Giovanni Battista contornata dagli angeli", si tratta di un dipinto vivace e piacevole che nasconde un affresco sottostante con la "Natività di Gesù"» ed una scritta che indica che fu restaurato nel 1890.


Affidata dapprima ad un cappellano per il quale venne costruita una piccola residenza con un orto adiacente, la chiesa venne con bolla di Sisto V del 20 maggio 1589 affidata ai Terziari Regolari di S. Francesco di S. Rocco alle Fornaci, i quali dalla bolla venivano autorizzati ad accettare la donazione, insieme con un appezzamento di terreno per costruirvi anche il convento: «unam dicti ordinis domum». I Provaglio tuttavia dichiararono di conservare in perpetuo il giuspatronato sulla chiesa e sul convento, per cui i frati "in segno di tale ricognizione gli mandavano ogni anno alla Festa della Ceriola un candelotto da due lire". Preso possesso nell'agosto 1589 i Terziari poterono usufruire del capitale predisposto dai Provaglio. Risultando angusta l'abitazione dei Terziari, sotto la custodia del priore fra Stefano da Chiari, considerato il fondatore del convento venne posta la prima pietra di un nuovo convento che venne iniziato nel marzo 1590 grazie anche al sostegno del conte Cesare Maria Provaglio e per intervento particolare del tagliapietre Santo Salvi di Ome, dei muratori maestro Antonio di Bornato e del figlio Lelio o da parte di Francesco Bianco che nel febbraio 1598 terminavano la fabbrica. Col tempo anche la chiesetta fu ingrandita e dipinta, come ne fa fede l'iscrizione interna all'ingresso: "Comes Caesar Provaleus hanc Ecclesiam in honorem Dei et SS. eius Matris instauravit et ornavit 1592". Anche la moglie fece apporre sot to il dipinto della Madonna che sta sull'alzar maggiore le sue iniziali "O(ctavia) A(vogadra)" con l'anno 1590. Notiamo che sul davanti a destra si legge anche la scritta: "Inst(auratum) Anno MDXC", da cui risulta evidente che quello è l'anno del restauro e pertanto il dipinto è molto più antico. Oltre l'altar maggiore con detta pala, vi erano due altari laterali, l'uno a sinistra dedicato a S. Francesco raffigurato in abito di Terziario Regolare e l'altro a destra con S. Antonio di Padova, tele scomparse.


Da parte loro i Terziari aggiunsero nel 1640, a loro spese, una piccola fabbrica, costruendo il cortile d'ingresso al convento a volta, sostenuto da otto colonne di pietra di Sarnico con capitelli dorici, ed il corridoio superiore a mattino della chiesa, che conduce nella stanza, che guarda ad est, a mezzogiorno ed a sera, presentando all'osservatorio tre splendidi panorami. Proprio in quella stanza morirà il 31 marzo 1849 il ven. Lodovico Pavoni.


A sostegno del convento non mancarono legati supportati da interventi anche del Terz'Ordine stesso. In seguito alla soppressione dei Terziari Regolari, disposta da Innocenzo X con bolla del 15 ottobre 1652, il convento venne chiuso e i suoi beni passarono alla Repubblica Veneta per finanziare la guerra contro i turchi, mentre la chiesa rimaneva aperta al culto anche per interessamento dei Padri della Pace. Dopo lunghe trattative con la Repubblica Veneta, la contessa Maddalena Avogadro vedova Provaglio, ricomperò il convento il 27 marzo 1669 e insieme col comune di Saiano iniziò le pratiche per introdurvi i Frati Minori dell'Osservanza con caloroso sostegno del Comune stesso. Così una piccola comunità di religiosi francescani con il Guardiano p. Giuseppe Maria da Gardone Riviera il 30 luglio 1671 ridava vita a quel centro di vita religiosa, al quale guardavano e confluivano molti fedeli dei dintorni. Si formò la nuova famiglia di 12 o 14 religiosi, 8 dei quali sacerdoti. Ma negli anni seguenti aumentarono i religiosi ed i sacerdoti raggiunsero il numero di 10 come appare dal decreto vescovile di elevazione della Parrocchia di Saiano in chiesa Arcipretale. Un'intricata questione sorse fra i conti Provaglio, questione che il 20 giugno 1672 si concluse con l'investitura dei Padri. Anche l'altra questione circa la riduzione della messa quotidiana perpetua finì il 13 maggio 1686 con una convenzione. Dietro il convento, sulla cima di uno scoglio, i religiosi edificarono nel 1690 circa un'altra chiesina simile a quella eretta sul Calvario a Gerusalemme: da ciò venne il nome di "Calvario" dato al colle e al convento, come ancor oggi viene chiamato dalla gente. Essa doveva concludere l'itinerario della Via Crucis con le altre stazioni o cappellette lì d'attorno. Ma in seguito, anziché costruirle qui, si preferì erigerle lungo la scorciatoia che sale al convento e alla chiesa, a cui si aggiunge, come già s'è detto, anche una scalinata di oltre 200 gradini per chi vuol salire a piedi, e una strada asfaltata per i mezzi celeri. Sempre con l'intento di diffondere la devozione alla Passione e alla Morte del Redentore fin dal 1711 i religiosi costruirono nella chiesa accanto all'altare di S. Francesco un'edicola del S. Sepolcro con la scritta: "Vera S. Sepulchri Domini Nostri Jesu Christi Forma" e una pietra con la presunta impronta dei piedi di Gesù colla scritta: "Vera pedum D.N.J.C. forma - in Monte Oliveti impressa ab Ipso in sua Ascensione - 7 novembre 1711". Il convento accolse ordinariamente 15-17 frati, dieci dei quali sacerdoti. Senonché con la legge del l° giugno 1769 Venezia sopprimeva diversi conventi, tra questi anche Saiano, per cui il 7 settembre i frati dovettero andarsene. Rivendicati i propri diritti, fra i quali la sorveglianza sull'obbligo della messa festiva, ne rientrarono in possesso i Provaglio, che nel 1791 lo vendettero a don Agostino Arrighini di Brescia (morto nel 1819). Della gestione della chiesa si fece garante lo stesso sacerdote che con un fratello sacerdote fece rivivere la vita religiosa del Calvario. Morto don Agostino il 9 aprile 1819 il complesso passò alle sue sorelle e nipoti e parenti e poi a Giuseppe Chinca, mentre la famiglia Provaglio rinunciava a tutti i diritti di giuspatronato. Data l'impossibilità degli eredi di provvedere alla manutenzione e alla conservazione del complesso questi andò sempre più deteriorandosi disattendendo agli obblighi imposti dai legati. L'esenzione il 18 settembre 1840 da oneri e obblighi da parte del vescovo di Brescia portò la chiesa e il convento il 12 febbraio 1841 nelle mani del canonico Lodovico Pavoni. Questi si impegnò a restaurare tutto il complesso e le adiacenze adibendolo a colonia agricola e all'assistenza ed educazione dei sordomuti. Poco dopo il Pavoni fabbricava la residenza del noviziato della sua congregazione ultimata nel novembre 1845. La rinascita del convento venne compromessa dalla morte, il 10 aprile 1849, del ven. Pavoni che vi si era rifugiato come già s'è detto negli ultimi giorni delle Dieci Giornate di Brescia.


Anche dopo la morte del Pavoni il Calvario continuò ad ospitare il noviziato della sua Congregazione assieme ai sordomuti come dimostra un raro opuscolo dal titolo «Esercizio pubblico sulle materie studiate nell'anno scolastico 1852 dagli alunni sordo-muti gratuitamente educati in Saiano dalla Congregazione dei Figli di Maria di Brescia [con l'elenco dei sordomuti educati]» (Brescia, tip. Pio Istituto 1852, pp. 30 in 8°). Del resto la Congregazione pavoniana anche dopo la morte del fondatore conservò a Saiano le stesse prerogative della casa di S. Barnaba fino a quando con l'apertura l'8 dicembre 1855 della casa di Bussolengo divenne villeggiatura dei Figli di Maria. Soppresse nel 1866 le Congregazioni religiose, gli ex componenti della Congregazione e specialmente p. Riviera riuscirono a conservarne le proprietà, attraverso l'intervento nel 1880 di p. Antonio Cottinelli mentre gli ex pavoniani attraverso p. Turelli ne mantennero l'amministrazione fino almeno al 1886 quando il convento ospitò l'Istituto degli Artigianelli fondato da mons. Pietro Capretti, il beato don Giovanni Piamarta e lo stesso p. Turelli. E ciò fino al 1895. Dopo aver tentato di collocare una casa dei Frati Minori Francescani prima a Castegnato e poi a Villanuova sul Clisi un incontro fortuito del pavoniano p. Andrea Mazza con il francescano p. Antonelli li portarono a Saiano, nell'ex loro convento grazie alla decisione del Definitorio Provinciale del 15 settembre 1895. Ottenuta il 28 gennaio 1896 la concessione della Congregazione dei Religiosi, il 28 luglio 1897 veniva deciso il trasporto del Probandato o Collegio Serafico per le vocazioni dell'Ordine da Cividino a Saiano, che vi veniva inaugurato il 12 agosto 1897. Nel 1902 soprattutto per iniziativa del padre provinciale del tempo, il bresciano p. Ludovico Antonelli, oltre ad un generale restauro fu aggiunto al convento un nuovo grandioso edificio e una nuova Cappella, su disegno dell'architetto Ugo Zanchetta di Milano, dedicata a S. Antonio di Padova. L'opera, che richiese imponenti lavori di sterro nella viva roccia, adibita poi nella costruzione, fu per la gran parte compiuta dai frati stessi fattisi muratori. Venne inaugurata il 31 gennaio 1933. I religiosi si affrettarono a rimettere in onore l'altare del S. Cuore, opera della ditta Nardini di Milano, a costruire la Grotta di Lourdes, a far rivivere nel 1899 la Congregazione del Terz'Ordine, la devozione a S. Elisabetta d'Ungheria (1903), a S. Lodovico di Francia le cui statue vennero collocate in nicchie create dall'intagliatore Rivetti di Rovato. Venne inoltre rimesso in onore il Presepio, la chiesa fu arricchita di paramenti. Feste riuscitissime si tennero per il 50° della Definizione del Dogma dell'Immacolata (1904), del centenario della fondazione dell'Ordine Francescano (novembre 1909) e di altre significative circostanze. Vissero, nel convento, religiosi esemplari fra i quali p. Bonaventura Ghitti di Borno, fra Cornelio Pisoni, fra Ildebrando Boifava. Luminosa la presenza nel convento di un giovane aspirante e poi novizio, Callisto Carmelo Pasini, in religione fra Tomaso, morto di spagnola nel 1918 in fama di santità. Il convento si arricchì inoltre di una consistente biblioteca. Nel 1926 venne terminato per iniziativa di p. Ermenegildo Bianchini e sotto la direzione di fra Vito Manti un nuovo grande fabbricato su due lati a porticato e con vasto cortile, grandi aule, terrazza, torricella ecc. destinati ad accogliere gli apostolini. Nell'ambito di un'"apoteosi francescana" nel centenario di S. Francesco, il 23 agosto 1926 veniva consacrata la chiesa di S. Maria degli Angeli. Nel 1928 il Collegio ospitava più di 50 "fratini". Ristrutturato e ampliato, dal 1929 i fratini salirono a circa 200. Il collegio-convento pubblicò per alcuni anni un mensile intitolato fratini di Saiano". Dal 1937 in poi il grande complesso ospitò il Collegio serafico per le missioni estere. Nel 1982 noti pittori decorarono, per interessamento oltre che della Comunità francescana del poeta Piero Polesini, il corridoio grande del Convento con affreschi inaugurati l'8 dicembre. Nel 1985 il Convento ospitava per iniziativa di p. Eligio e di Mariolina Mazza "Mondo X", comunità di ex tossicodipendenti.


S. TERESA, poi S. MARIA, poi S. ANNA e S. MARIA. Costruita dalla famiglia Fenaroli accanto alla loro villa di Corneto esisteva già nel 1648. Nella pala dell'altare assieme a S. Teresa figuravano i S.S. Filippo, Ignazio, Francesco e Isidoro. Aveva un cappellano e gli atti delle visite pastorali la registrano in perfetto ordine. Nel 1731 veniva concesso il confessionale; nel 1732 la custodia del SS. Sacramento. Restaurata, più volte e specialmente agli inizi del '900 e "tenuta con grande decoro". P. Paolo Sevesi nel 1918 così ne diceva: "Nei quattro angoli sono in venerazione, presso il presbitero, le statue di Maria Immacolata e di S. Giuseppe, presso la porta d'ingresso, le statue in pietra di S. Anna e di S. Giovanni Battista. Vi è di speciale l'altare tutto di marmo, con tabernacolo riccamente lavorato e con balaustre di marmo bianco grigio finemente lavorato".


CASA S. GIUSEPPE. Il 22 marzo 1924 veniva inaugurata dalle Suore di S. Marta una cappella e vi veniva benedetta e posta la statua di S. Giuseppe. Nella cappella venne collocato un altare proveniente dalla villa Lechi in Valenca di Coccaglio.




CHIESE SCOMPARSE.


S. DIONIGI. Tralasciando la tradizione secondo la quale sarebbe stata fondata da Carlo Magno, la chiesa compare, come scrive P. Sevesi, in un istromento di locazione in data 19 giugno 1355, fra il priore del monastero di Rodengo e Ghidino q. Zanchis Bergamasco, in cui figura da testimonio il sac. Giovanni de Coffanis, beneficiato di S. Dionigi di Saiano. L'atto notarile 6 febbraio 1461, rogito Stefano Larini, ricorda la chiesa di S. Dionigi, posta nel territorio di Saiano. Nella visita del Bollani (1567) la chiesa veniva aperta al culto solo la festa di S. Dionigi; nel 1581 gli atti della visita di S. Carlo B. attestano come l'oratorio minacciasse rovina e fosse in qualche parte già crollato, ordinando che "si risarcisca e debitamente si orni entro sei mesi, oppure si demolisca ed il materiale si usi per la chiesa parrocchiale, ciò che il Rev. Curato curerà di adempiere". Venne in effetti restaurata e continuò ad essere officiata. Nel 1658 il Faino la collocava nel territorio di Rodengo e nel 1696 il conte Camillo Medici donava alla chiesa le reliquie dei S.S. Martino, Illuminato, Giustino, Vittoria e Fortunato. Era ancora officiata nel 1771, anno nel quale in un inventario si legge: "L'oratorio di S. Dionigi con un quadro rappresentante il Santo, con tutto ciò che occorre per dir messa con campanile ed una campana". Indemaniata dalla Repubblica giacobina e passata in proprietà dell'Ospedale Maggiore di Brescia fu trasformata in bottega. Negli stessi anni venne posta l'iscrizione che ricorda la falsa fondazione di Carlo Magno.


S. ANTONIO ABATE, in contrada Muraga. Costruita probabilmente nel sec. XVI non era ancora completata all'epoca della visita del vescovo Bollani (1567) che ordinava di ornare l'altare di tutto il necessario, di fare il pavimento, d'imbiancare le pareti, di tenerlo chiuso per impedire l'ingresso agli animali, aggiungendovi altre prescrizioni. Nel 1581 gli atti della visita di S. Carlo B. ripetevano ordini già dati e ne predisponevano di nuovi. Nel 1598 il vescovo Marino Giorgi ordinava il recupero dei beni usurpati, i cui redditi dovevano essere utilizzati per il restauro e per la celebrazione almeno nei giorni festivi. In caso che ciò non si fosse verificato entro un anno la chiesa doveva essere abbattuta, il materiale doveva essere utilizzato per la chiesa di S. Rocco e la campana doveva essere destinata alla parrocchia. Ordini analoghi ripeteva il vescovo nella visita pastorale del 1611. Rimasta ancora cadente nel 1621, la chiesa nel 1638 era scomparsa.


S. ROCCO. Sorgeva ai piedi della salita al monte Berta e presentava un'architettura elegante. Venne condotto a termine, come rivela la data che si legge nel soffitto, nel 1513. Nel 1567 il vescovo Bollani, ordinava che venisse collocata "la pala all'altare maggiore, di ornare l'altare di candellieri, croce, pallio, tovaglie, ecc.". Così pure all'altare della SS. Trinità, aggiungendo di dipingere il gradino. Aggiunse, il visitatore, di fare il pavimento e di tener chiusa la chiesa. Per conservare il culto dell'oratorio, Abramo Federici aveva fatto un legato di tre messe settimanali. Nel 1581, nella visita apostolica di S. Carlo Borromeo venne ordinato di ridurre gli altarini in forme più grandi, di mettere l'inferriata all'altare maggiore, imbiancare le pareti, chiudere la finestra al lato della facciata, riparare la finestra, dove vi era la campana, coprire le finestre con vetri ovvero con tela, fare il pavimento ed il soffitto. Nel 1621 era officiato dai padri del Terz'Ordine di S. Maria. Ad un legato di tre messe settimanali predisposto da Abramo Federici, altri se ne aggiunsero per testamento (2 luglio 1631) di Bernardino Caprioli di Brescia. La chiesa, che apparteneva al comune, veniva officiata da un rettore e venne dedicata anche a S. Nicola da Tolentino. Veniva anche utilizzata per la dottrina delle donne. Agli inizi del '900 vi si celebrava una volta l'anno.


S. FILIPPO NERI. Eretta dai Padri della Pace che avevano a Saiano un luogo di villeggiatura venne costruita tra il 1670 e il 1686. Nel 1792 era officiata dai Padri solo l'estate. Soppressa la congregazione passò in mano di privati e nel 1854 era di patronato della famiglia Chinca.




PARROCI: Lorenzo Lagaimara (1379), Ranuzio di Todi (5 aprile 1379), Pecino Cattaneo di Rodengo (1381-1382), De Partezinerus (?) (1385), Guidone de Scarybiis di Parma (1473), Bonino Bonini (1526), Francesco Modesto, di Rimini, nominato con bolla di Altobello Averoldi (1528), Francesco Firmini di Cevo (1566, rinuncia a 70 anni circa nel 1590), Maffeo Firmini (chierico cremonese nipote del precedente, che rinuncia nel dicembre 1601), Francesco Marone (chierico bergamasco che rinuncia nell'agosto 1604), Giovanni Battista Ardesi, maestro di teologia (15 ottobre 1604 agosto 1608), Antonio Magistrali di Leno, maestro in teologia (28 febbraio 1609 - nel 1624, promosso parroco a S. Agata in Brescia), Gabriele Gennari già rettore di Cellatica (11 aprile 1624 - 9 luglio 1630), Francesco Fiorentini, già prevosto a Gottolengo (30 marzo 1631 m. nell'agosto 1637), Ottavio Raici (7 febbraio 1638 m. nell'agosto 1646), Francesco Capitanio, già rettore di Lodrino (17 dicembre 1646 - m. il 20 giugno 1685), Pietro Margarita, dottore in teologia di 31 anni (2 agosto 1685 - 1692), Domenico Sandrini che prende il titolo di arciprete (17 settembre 1692 - rinuncia 1727), Andrea Rinaldini di Gussago (17 settembre 1727 - ...), Palmerino Fattori, di Montichiari, di 39 anni, dottore in teologia, professore di filosofia (2 gennaio 1748 - m. l'1 novembre 1795), Gaetano Cornali di Brescia, di 46 anni (14 gennaio 1796 - m. il 28 febbraio 1811), Giorgio Morelli, di Ghedi, di anni 52, professore di filosofia in Seminario (9 marzo 1811 - ?), Giov. B. Nicolini (29 maggio 1849), Pio Martinelli (17 novembre 1872), Giacomo Mazzoldi (2 ottobre 1887), Giuseppe Garbelli (6 ottobre 1893 - m. 29 gennaio 1906), Pietro Piccotti (7 marzo 1906, rinuncia), Grazioso Ducali (15 maggio 1906), Giovan Battista Salvi (1 marzo 1907 - m. 21 febbraio 1944), Domenico Rossini (10 giugno 1944 m. 2 agosto 1983), Giovanni Codenotti (1 luglio 1971, rinuncia), don Angelo Marini (dal 1991).