RAMPINELLI Giulio

RAMPINELLI Giulio

Sec. XVII. Di Gardone V.T. Come lo definisce il podestà di Brescia Giovanni Capello in una relazione a Venezia, fu «capo fationario della Valtrompia» solito girare «armato di terzette col ganzo all'arzone (arcione) del cavallo e con la scorta di due bravi». La sua presenza è segnalata la prima volta in un sanguinoso scontro avvenuto il 21 maggio 1646 nel quale viene coinvolto con Girolamo Franzini, Alfonso Ferraglio e il fratello Gian Antonio che vede il ferimento del Franzini e l'uccisione di tre poveri contadini. In seguito, per redimersi, prende parte alla compagnia detta "La Rampinella" , che combattè contro i Turchi. Ma nel 1650 è già talmente attivo che il capo delle guardie, il conte Martinengo Cesaresco, incaricava in esecuzione di un ordine degli Inquisitori di Stato, tal Maffeo Piccinardo di ucciderlo; egli lo fece seguire da due sbirri descrivendo loro "la gabbana che aveva indosso". Senonché il Rampinelli, subodorando un tranello, fece indossare la gabbana ad un altro che venne ucciso in suo luogo. Pur avendo sbarrato al Rampinelli i confini del Bergamasco e del Milanese, egli riuscì a uccidere un altro, mandato per ammazzarlo. Per toglierselo di mezzo la Serenissima offrì a lui la salvezza purché formasse una compagnia che prese il nome di "Rampinella" inviata a combattere i Turchi, ma alla quale ancora si sottrasse. Nel febbraio 1661 veniva accusato di un attentato contro Lorenzo Chinelli, sospettandolo di aver favorito la fuga di una sua figlia naturale, Lucia e che sebbene fosse stato assicurato di esserne estraneo e lo stesso Rampinelli avesse giurato sul Crocifisso di non cercare vendette, decise "avvezzo com'era d'assassini e scelleratezza" di eliminare il Chinelli. Fatta della sua casa "un nido di pubblici ladri e di continue violenze alle vergini" continuò nelle angherie, nei ferimenti e anche nei delitti. Il suo più accanito avversario, il Chinelli, sosteneva che Giulio Rampinelli «era uso a commettere ogni sorta di misfatti, provocando la fuga di intere famiglie con l'aiuto "di vinti o trenta sicarij" ». Contrasti, zuffe, ferimenti si infittirono, coinvolgendo autorità locali e bresciane (pacieri i più vari), pattuglie di sbirri e masse di persone nel tentativo di pacificare gli animi e di evitare pericolosi scontri e improvvisi patti di pace. Nel giugno 1667 il Rampinelli venne arrestato a Brescia. Incarcerato, gli vennero contestati numerosi delitti; contrabbando di sale, falsificazione di licenze d' armi, l'uccisione di Antonio Gatello, incesto con una sua figlia naturale. Che Giulio Rampinelli non fosse un agnello pare certo, ma non vi è modo di sapere quante di queste accuse vennero ad arte esagerate dai suoi numerosi nemici. A suo favore intervennero anche l'Imperatore Leopoldo I e la sua consorte Maria Teresa, prova eloquente dell'influenza che lo "scellerato" riusciva ad esercitare. Purtroppo non sono stati ritrovati gli atti che ci possano informare sull'esito del processo e della sorte del Rampinelli. Il figlio di Giulio, Giovanni Battista, fu ucciso in una sparatoria avvenuta il 26 agosto 1681. L'ipotesi più probabile è che, come era accaduto e come ancora accadrà nei turbolenti rapporti dei Rampinelli con la Serenissima, il processo sia stato insabbiato.