RAMPINELLI, Rampini, De Rampinis

RAMPINELLI, Rampini, De Rampinis (già De Gardono, De Schinchis)

Probabile ramo degli Avogadro disceso da un Ottolino da Gardone padre di un Marchesio, soprannominato "Rampino", individuabile nell'Ottolino Avogadro documentato verso la metà del 1300, come infeudato delle decime vescovili a Concesio ivi abitante dove è pure documentato anche Marchesio. Via dei Rampinelli veniva chiamata sino a non molti anni fa una strada che dalla Stocchetta conduceva a Bovezzo ove gli Avogadro ebbero il Castello e particolare prestigio militare ed economico. Il registro di Fano di Pandolfo Malatesta nel 1404 estima come nobile un Marchesius o Marchesino de Schinchis qd. Ottolini de Gardono. Da questo Marchesio deriva la linea documentata dei Rampinelli di oggi.


L'origine avogadresca spiega anche l'apparire improvviso sui documenti dei Rampinelli, già provvisti di tutti i prefissi d'onore propri della nobilità originaria. A questa origine "generosa", cioè di nobiltà non conferita ma originaria del genus, tennero sempre molto i Rampinelli. Tanto che nel diploma rilasciatogli da Stanislao di Polonia, Ottavio Rampinelli viene ripetutamente e insistentemente indicato come generosus. Marchese Avogadro de Rampinelli diede probabilmente il nome alla roggia Marchesina che conduce l'acqua del Mella ad irrigare i campi di Bovezzo.


Quello dei Rampinelli fu inoltre il ramo degli Avogadro che si dedicò alla produzione del ferro e alla lavorazione delle armi, legandosi per secoli, fino alla fine del sec. XVIII, a Gardone. E a Gardone V.T. i Rampinelli ebbero la loro culla tanto da essere denominati "De Gardono", chiamati anche "De Schinchis" per lo stemma che porta in punta uno schinco, cioè una gamba al naturale alla quale si accompagneranno una quercia con rampini incrociati al capo, che divenne poi lo stemma dei Rampinelli. È lo stemma che compare in un documento del 1562 di Gardone V.T. che registra un accordo tra i Comuni di Sale ed Inzino, il cui stemma è il medesimo di quello dei Rampinelli, citati del resto come "notabili" in un atto rogato l'11 marzo 1585 riguardante Magno di Inzino. Lo stemma con i rampini compare sempre più e fa bella mostra di sè nella pala del Romanino raffigurante lo "Sposalizio della Vergine Maria" e in altri stemmi come a Iseo, Ome, Gardone V.T., in S. Giovanni a Brescia e a Venezia in campo S. Apostoli, dove i Rampinelli acquistarono una casa dagli eredi del disgraziato doge Marin Faliero. Da un atto di vendita rogato in Gardone V.T. il 12 maggio 1466 compare un Cristoforo qd. Marchexii Rampini De Schinchis de Gardono. Questo Marchesio padre di Cristoforo e già defunto nel 1466 è evidentemente una stessa persona con quella di egual nome ricordata nel codice di Fano, come è pure una stessa persona con quel "Marchexius Rampini" che in atto del 9 agosto 1447 del notaio Bontempo Bossi de Le viene indicato come confinante ad un appezzamento di terra situata in territorio di Gardone. Il cognome "de Schinchis" non è subito dimenticato, ma viene usato sulla fine del sec. XV insieme con quello "de Rampinis" o "de Rampinellis". «Così tutti i Rampinelli di Gardone, scrive lo storico Cesare Manaresi ("I nobili della Bresciana, descritti nel codice 42 di Fano", in Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 1930), famiglia che fu sempre trattata alla stregua delle nobili, come appare dai prefissi d'onore, dalla vastità dei possedimenti, dalle cospicue alleanze matrimoniali e dall'uso antichissimo dello stemma, derivano dal predetto Marchesio soprannominato Rampino de Schinchis del fu Ottolino de Gardono, nobile della bresciana estimato in Bovezzo al tempo della dominazione di Pandolfo Malatesta».


In documenti dei sec. XV e XVI questi Rampinelli vanno acquistando posizione di prestigio specie economica come dimostrano oltre gli appellativi e prefissi d'onore (nobilis vir dominus, nobilis et prudens vir, magnificus dominus etc.), le alleanze matrimoniali, le situazioni, documentate queste, del '500 e '600, che evidentemente, non nascono all'improvviso. Il prestigio dei Rampinelli è tuttavia rilevabile nel sec. XVI dalla figura di Scipione, consigliere dell'Imperatore Ferdinando il Cattolico e di Marchesio, Francesco e Modesto che nel 1511-1512 si schierarono in favore di Venezia contro i francesi partecipando, come "caporales" degli armati triumplini, alle insurrezioni della notte 21-22 gennaio e del 2-3 febbraio 1512, domata il 19 febbraio dalla spietata repressione, saccheggio e strage di Gastone di Foix. Sfuggiti all'ira francese, i Rampinelli aumentarono sotto le ali della Serenissima il loro potere. Modesto, più probabilmente cugino degli altri due, sposa Fiordispina Oldofredi dei signori della Rocca di Montisola estendendo il potere dei Rampinelli alla Riviera iseana. A loro infatti passarono proprietà degli Oldofredi. Nel 1600 i Rampinelli consolidano la loro potenza edilizia e terriera. Sono di loro proprietà i più importanti edifici di Iseo, già degli Oldofredi; il passo di Polaveno, che congiunge il lago d'Iseo alla Valtrompia, è perfettamente controllato dalle case Rampinelli di Polaveno, dalla Palazzina, oggi Moretti, e dall'antichissimo castello di S. Giorgio della Corna, o del Crocifisso, sopra Iseo, ove i Rampinelli hanno anche il loro sepolcro di famiglia. Nella pianura hanno possedimenti a Calvisano e a Travagliato. Ma soprattutto a Gardone V.T. i Rampinelli possedettero dal 1600 fin dopo la metà del '700 fuochi grossi, fucine di ferro. Ed ebbero tale potenza da ingaggiare bande di bravi in grado, oltre che di scorrazzare ovunque, di assediare il Castello dei Lodrone, anche se poi il conte Nicolò Lodrone sarà il 6 maggio 1638 padrino di Giovanni Antonio Rampinelli.


Mentre membri della famiglia Rampinelli costruiscono cappelle e altari e sono a capo di confraternite, altri vengono coinvolti in risse ed episodi di violenza in contrasto con i Ferraglio, meno potenti ma non meno pugnaci, e che con Girolamo e i suoi due figli, Giulio e Giovanni Francesco, devono soccombere con i loro sostenitori. Per tutto il Seicento si susseguono fatti di sangue fra i quali l'uccisione in un agguato il 21 luglio 1630 di Giuseppe Chinelli, alfiere generale della Ordinanza delle tre valli bresciane e del quale viene accusato, con una dozzina di altri, Ludovico Rampinelli. Si susseguono, nel settembre 1635, scontri sanguinosi fra i Chinelli e i Rampinelli e loro seguaci quali i Savoldi e i Bertoglio, che si ripetono nel 1614, e il 21 maggio 1646 quando vengono coinvolti assieme a Girolamo Franzini, Alfonso Ferraglio ed altri, fra i quali tre poveri contadini ed anche Giovanni Antonio e Giulio Rampinelli. In rivalità con i Ferraglio, furono, nel 1647 assieme a loro, banditi dal territorio veneto per aver compiuto omicidi, "assaltamenti", ricatti. Nell'ottobre 1647 si arruolarono nell'esercito veneto dietro garanzia di aver rimesso ogni colpa, e vennero mandati al quartiere di Chiari. Per salvarsi i Rampinelli organizzarono una compagnia detta "la Rampinella" che per vent'anni combattè contro i Turchi. Fatta poi pace, anzi, entrati in collaborazione con i Chinelli, durante il sec. XVII la potenza economica e sociale della famiglia cresce. Con i Chinelli e gli Acquisti i Rampinelli costituiscono un'importante asse portante del commercio e dell'attività manifatturiera gardonese. Le tre famiglie sono infatti proprietarie di tutte le fucine in attività. In un solo appalto del 17 agosto 1658 Agostino Rampinelli e Lorenzo Chinelli si impegnarono ad offrire a Venezia per cinque anni una fornitura di 250.000 libbre di proiettili l'anno. La commessa si ripeterà per parecchi anni. Ed è tradizione di famiglia che nelle forniture delle artiglierie che il 26 novembre 1687 bombardarono l'Acropoli di Atene ci fossero proiettili bresciani, forniti alle artiglierie veneziane del Morosini.


Importante è anche il loro ruolo pubblico. Alcuni sono notai, molti sono i sindaci e i massari della Comunità, gardonese. Notevole la loro presenza anche nelle confraternite religiose come quella del S.S. Nome di Dio. I Rampinelli si fanno promotori nei primi decenni del '600 di una cappella della S.S. Trinità, che resta in piedi nonostante il vescovo Giustiniano nel 1634 ne decreti la demolizione. Nel novembre 1630 in tempo di peste un Nicolò Rampinelli è tra i promotori della festa votiva di S. Carlo B. I Rampinelli sono inoltre tra i promotori del beneficio della chiesa di S. Maria di Gardone che è la premessa dell'autonomia parrocchiale dalla pieve di Inzino, ottenuta nel 1687. Girolamo Rampinelli è nel 1689 tra i gardonesi che più si adoperano ad arricchire la chiesa parrocchiale delle reliquie insigni di S. Prospero. Pietro Rampinelli (sec. XVIII) teatino, ebbe notevole influsso a Brescia. Rampinelli suore nel monastero di S. Caterina a Brescia sono tra le protagoniste (suor Vittoria è tra le denuncianti, suor Silvia tra le denunciate e condannate) dei gravi scandali venuti alla luce nel 1682. Giovanni Antonio Rampinelli accoglie, compiacente o no non si sa, nella casa contigua al monastero due suore fuggitive. Numerosi sono in casa Rampinelli, specie nel sec. XVI-XVII, i matrimoni di rango. Nel 1592 Evangelista qd. Marchesino sposa Paola Beati, figlia del Magnificus Dominus Giovanni Antonio di Brescia; nel 1649 Giovanni Antonio qd. Marchese sposa Margherita Pizzoni, Girolama Rampinelli qd. Tranquillo sposa nel 1653 il nob. Battista Rosa; Marchese qd. Giovanni Antonio prende in moglie nel 1689 Angelica Chinelli qd. Ottavio. Nel sec. XVII i Rampinelli si espandono fuori dalla Valtrompia. Nel 1610 è menzionato come abitante a Iseo, dove però erano già presenti nel sec. XV gli Schinchis, il «magnificus dominus» Giulio qd. Ludovico Rampinelli. Come si è detto Iseo è presto saldamente presidiata da proprietà Rampinelli. A cominciare dal castello di S. Giorgio della Corna o del Crocifisso, costruito da Giacomino Oldofredi, nel 1300, che domina dall'alto il borgo, il lago e l'ultimo tratto della strada che dalla Valtrompia giunge a Iseo. Con ogni probabilità la rocca di S. Giorgio fu il primo avamposto Rampinelli in Iseo sin dal '500, eredità forse di Fiordispina Oldofredi. A Iseo ancora i Rampinelli sono proprietari del "casamento" dell'Arsenale, già degli Oldofredi, probabilmente una testa di ponte del commercio del ferro con il Bergamasco, la Valcamonica, la Svizzera e l'Europa. Loro è pure il "casamento" già dei Griffoni sotto i Portici presso il Piazzolo, da individuare in quella piazzetta, detta ancora dei Rampinelli, chiusa a monte dal bel palazzo già loro e poi dei Nulli. Dei Rampinelli fu il fabbricato che definiva a N la via del porto Oldofredi. Da Iseo i Rampinelli espandono la loro presenza a Ome (dove possiedono in Valle la casa che fu poi degli Zigliani e dei Dotti), a Monticelli Brusati (con una casa-forte contrassegnata con uno stemma e oggetto di vicenda giudiziaria continuata per decenni tra i Rampinelli e l'Ospedale Maggiore), a Provezze, dove possedettero probabilmente la villa poi dei Soncini. Un Soncini Virginio sposò Gerolama Rampinelli, effigiati da Pietro Scalvini sullo scalone di palazzo Soncini in Contrada Soncin Rotto a Brescia, costruito, secondo una leggenda familiare, dallo sposo vendendo i gioielli della sposa.


Alla crisi dell'industria armiera, che monta nel '700 e che colpisce, parallelamente a quella della Serenissima in Valtrompia anche i Rampinelli, corrisponde il loro radicamento in città, dove hanno casa e tomba in S. Giovanni, e, oltre che in Iseo e in Franciacorta, a Travagliato (dove costruiscono la bella casa poi Cadeo con la relativa cappella), a Calvisano, dove acquistano grosse proprietà già dei Gonzaga. A Brescia nasce, da una Chinelli e da Marchesio Rampinelli, Lodovico che poi prese il nome di Ramiro entrando nell'ordine olivetano e che fu considerato tra i più grandi matematici del suo tempo.


Il cuore dei Rampinelli rimane tuttavia Gardone dove don Lodovico (al quale nel 1704 viene dedicata "La passione di Gesù Cristo" rappresentata in tale anno e stampata dal tipografo G.M. Rizzardi) e il fratello Girolamo con testamento del 25 settembre 1721, lasciano numerose messe sia all'altare di S. Antonio di P. e in S. Francesco a Brescia, sia in S. Maria degli Angeli in Gardone V.T. Ma nel '700 i Rampinelli alienano loro proprietà in Valtrompia (nel 1738 Ottavio qd. Marchese per sè e i suoi fratelli vende a Francesco Morandi un quarto del forno di Tavernole, due carbonili, due veniali, attrezzi, "piazze, acque, acquedotti" , ecc.). Del resto già negli stessi anni alcuni dei Rampinelli lasciavano Gardone. Giovanni Antonio Giuseppe (n. a Gardone nel giugno 1692) si trasferiva a Travagliato, dove accanto all'abitazione, nel 1731, edificava una bella chiesetta. Nato a Brescia nella parrocchia di S. Giovanni, Ottavio otteneva il I agosto 1770, grazie probabilmente ad un illustre ecclesiastico bresciano, mons. Andrea Archetti, legato pontificio presso la corte di Varsavia e ad un mons. Ghigiotti, dal re di Polonia Stanislao Poniatowski il titolo di conte. I suoi discendenti si installarono a Travagliato mentre a Gardone nasce Francesco che godè di notevole prestigio, poichè risulta che nel 1734 era stato "honorato di posto nobile nella corte di sua Eccellenza il Signor Simon Contarini destinato bailo a Costantinopoli" . Nato a Brescia il 21 aprile 1761, Giovan Battista qd. Francesco vive la maggior parte del suo tempo a Gardone e sposa la nob. Giulia Barboglio qd. Pietro. A Gardone nascono tutti i suoi cinque figli, fra i quali Francesco Biagio nato il 3 febbraio e tenuto a battesimo, secondo consuetudini del tempo, dalla comunità di Gardone. Fedele a Venezia, Giovanni Battista nel 1796 è comandante delle truppe venete contro quelle francesi e giacobine. A Gardone V.T. i Rampinelli conservano tuttavia posti di prestigio meritati od usurpati. Don Marco (1710-1765) vi è parroco zelante e caritatevole; Ignazio (v.) è una singolare figura di signorotto, prima prepotente e crudele, poi una specie di cavaliere dell'ideale; Agostino (m. nel 1780) fu, a quanto scrive Marco Cominazzi, "gran politico", i cui costumi furono "noti in tutto il Bresciano maledetto da qualcuno, benedetto da altri". Ma i Rampinelli si andavano sempre più ritirando dalla Valtrompia fino alla sfortunata battaglia di Sarezzo, quando i controrivoluzionari furono sconfitti. Giovanni Battista ebbe fama di scialacquatore, così da vendere tutti i suoi beni oltre quelli distrutti dai giacobini e dai francesi, lasciando come ricordo della sua stirpe il nome della via principale di Gardone quella "contrada illorum de Rampinellis" che dopo oltre 300 anni venne poi chiamata via XX Settembre.


Un colpo decisivo alla presenza economica dei Rampinelli venne dalle inondazioni del Mella. Solo quella del 1761 rovinò mezza dozzina di fucine dei nob. Ignazio Mario e Agostino Rampinelli, come risulta da documenti dell'Archivio di Stato di Venezia. Nel 1816 i fratelli Gaetano e Ludovico Rampinelli chiesero al governo austriaco il riconoscimento del titolo del quale era stato insignito il padre loro, Ottavio, allegando copia del diploma reale e il loro atto di nascita. Ma l'Austria richiese che i Rampinelli dimostrassero d'essere già iscritti tra la nobiltà, cosa, come dichiaravano i due fratelli, resa impossibile dalla distruzione degli atti comprovanti l'avvenuto riconoscimento al tempo della Rivoluzione giacobina. Rifugiatisi a Brescia, ove da circa due secoli avevano case, i Rampinelli non riemergono che raramente con Bartolomeo (o Bortolo) (Brescia, 20 febbraio 1819), abitante nella casa cinquecentesca d'angolo tra via G. Rosa e via Trieste. Sposatosi nel 1857 con Adele Maria Damioli di Pisogne, figlia dell'industriale Silvio, l'attività dei Rampinelli si andò orientando verso intense attività commerciali, oltre che finanziarie e minerarie. Il figlio Francesco (1859-1937) con il figlio Bortolo (1893-1984) avuto da Chiara Passerini (ed erede della fortuna del sen. Angelo Passerini (v.)), ed il figlio di questi Angelo (vivente) si sono distinti tra i protagonisti della vita economica, sociale e culturale bresciana.


Un D.M. del 24 luglio 1936 riconosceva loro il titolo di nobili. Essendosi estinta poi la discendenza diretta del conte Ottavio Rampinelli riconosciuto da re Stanislao di Polonia nel 1770, con Regio Decreto del 14 giugno 1941 venne ripristinato il titolo di conte per i discendenti di Francesco qd. Bartolomeo e cioè il conte Bortolo Rampinelli fu Francesco e fu Chiara Passerini. Questi, come risulta dal "Libro d'oro della nobiltà italiana", da Lucrezia Rota, sposata l'11 settembre 1933 ebbe (ed ereditarono il titolo) i figli:


1) Angelo, avv., n. a Brescia 24 ottobre 1934, sp. 6 luglio 1968 Piera Regé, da cui: a) Francesca Paola, n. a Brescia 8 aprile 1969; b) Lucrezia, n. a Brescia 17 giugno 1970; c) Lodovica, n. a Brescia 7 giugno 1978;


2) Maria Clara, n. a Brescia 24 dicembre 1936, + 14 giugno 1955;


3) Silvia, n. a Brescia 17 giugno 1938;


4) Carla, n. a Bovezzo 2 marzo 1944, sp. 7 settembre 1974 dott. Adolfo Ferrata;


5) Pierfrancesco Ramiro, avv., n. a Brescia 24 novembre 1946, sp. 4 ottobre 1976 Grazia Beccaria da cui: a) Bartolomeo, n. a Brescia 2 dicembre 1978; b) Giampiero, n. a Brescia 16 dicembre 1980; c) Bruno Carlo, n. a Brescia 6 aprile 1989.


Acquisirono il titolo di nobili anche la sorella germana Maria Clara (n. a Brescia l'1 luglio 1891, sp. G.R. uff. Antonio Ferretti (v.), cav. del lavoro); i consanguinei (nati dal matrimonio del padre, Francesco, con Anna Maria Almici m. nel 1951):


1) Vincenzo, dott. cav. Cor. d'It., (n. a Brescia 4 gennaio 1899), sp. 10 giugno 1925 Adelaide Mocinelli, da cui: a) Francesca (n. a Brescia, 19 maggio 1926); b) Silvio, medico, (n. a Brescia, 7 novembre 1932), sp. a Bergamo 9 settembre 1964 nob. Cecilia Mondella, (S. Maria Ghedi / Brescia), da cui: Paola (n. a Brescia l'1 luglio 1965); Emma (n. a Brescia l'11 aprile 1968); Vincenzo Luigi (n. a Brescia il 2 marzo 1970); c) Marisa (n. a Brescia il 14 gennaio 1936).


2) Giovanni, dott. (n. a Brescia, 14 luglio 1900), sp. 14 novembre 1940 nob. Lucia Mondella, morto il 23 novembre 1972, da cui: Gianfranco (n. a Brescia, 24 settembre 1941), sp. 8 settembre 1975 Anna Olian Fannio, da cui: Alessandro (n. 23 agosto 1976).


3) Adele (n. a Brescia, 24 gennaio 1903) sp. 30 luglio 1935 gener. Carlo de Capoa.


4) Lodovico (n. a Coccaglio, 5 giugno 1904), sp. 14 maggio 1930 Maria Ferrazzi, da cui: a) Maria Laura (n. a Pavia, 24 marzo 1932); b) Francesco (n. a Brescia, 5 luglio 1937); c) Gian Carlo (n. a Coccaglio, 25 dicembre 1942) sp. 21 giugno 1969 Clara Cimaschi da cui: Francesco (n. 15 dicembre 1973); Andrea (n. 28 dicembre 1976).


5) Pier Angelo (n. a Brescia, 17 novembre 1907). Stemma: «D'azzurro, all'albero di quercia sradicato, a due sbarre uncinate poste in decusse, attraversanti, il tutto d'oro». Motto: «Memor Esto».


RAMO DI TRAVAGLIATO. Le proprietà dei Rampinelli in Travagliato furono acquistate da Tranquillo (n. 1589) qd. Ludovico. Nel 1731 Giovanni Antonio Rampinelli ed i suoi fratelli, figli di Marchese qd. Giovanni Antonio qd. Marchese qd. Lodovico, dotarono il palazzo (atto notaio Guarneri) di una chiesetta dalle graziose forme architettoniche e con piccola cupola, dedicata a S. Gaetano. Molto probabilmente il costruttore del palazzo Rampinelli fu Marchese (n. 1658) o l'avo Giovanni Antonio (n. 1613). Il palazzo di Travagliato restò al figlio quartogenito di Marchese, Ottavio (1700-1771) che fu creato conte da re Stanislao di Polonia. Ottavio da Giulia Zubani ebbe Gaetano (n. 1755) e Lodovico (1749-1835). Lodovico lasciò il palazzo al figlio Giovanni Antonio detto Antonio (1797-1875), che sposò Camilla Tonelli ed ebbe Lodovico e Tranquillo. Tranquillo (1834-1907) sposò Giulia Tonelli dalla quale non ebbe figli. Lodovico (1830-1892) fu dottore in legge e partecipò come volontario nella legione degli studenti lombardi alla campagna del 1848 sulla quale scrisse un diario già pubblicato da Giuseppe Bonelli; sposò nel 1858 la nob. Emma Klepeczka di Ulmerfeld, dalla quale ebbe quattro figlie (solo Cecilia si sposò nel 1891 col cav. Eugenio Cadeo, Sindaco di Berlingo) ed Alberto (1867-1956) che dalla moglie Carolina Brasi non ebbe figli. Il conte cav. Alberto, che fu presidente delle Opere Pie di Travagliato e Sindaco di Provezze dal 1895 al 1906, lasciò il palazzo di Travagliato al nipote cav. Enrico Cadeo (1898-1981) qd. Eugenio. Alla sua morte il palazzo passò ai nipoti Sergio Cadeo q. Lodovico ed Eugenio Cadeo q. ing. Luigi.


I Rampinelli possedettero in Brescia la casa secentesca già dei Porcellaga d'angolo tra via Trieste e via G. Rosa. Dai Passerini ereditarono poi il palazzo Valotti poi Saiani, indi Passerini di via E. Capriolo.


A Bovezzo i Rampinelli possiedono la bella casa secentesca costruita dalla famiglia Salvi, ingrandita nel '700 dai Bordogni, dai quali passò poi per eredità alle famiglie Passerini e Rampinelli.


A Gardone V.T. i Rampinelli, attraverso il matrimonio con una Chinelli, ne ereditarono il palazzo che poi cedettero nel 1797 al Comune del quale è ancora oggi sede.