MORTIROLO

MORTIROLO (in dial. Mortaröl o Mortiröl)

Passo (a m 1892) a NO di Monno, che mette in Valtellina; lago (m 1784) a SE del Passo. Il Mortirolo appartiene al gruppo dei monti «Serottini», e segna, nel suo punto più elevato (Cima Verde), quota 2409 s.l.m. In carte dei sec. XVI-XVII è chiamato Mortirol, Mortarolo o anche Martirolo. Si dice che in origine il suo nome fosse «Selva Bella» e infatti i suoi pendìi sono ancor oggi ricchi di boschi prevalentemente di conifere. Altro nome sarebbe stato quello di Cala per la funzione strategica assunta . Il nome secondo lo Gnaga significherebbe «altipiano acquitrinoso» da mortariolo. È zona soprattutto di pascoli, ma è abbastanza sviluppato il turismo estivo. Il naturalista R. Tommasi ha indicato sulle pendici di destra del Passo, a m 1700 c., su un dosso pascolativo, un unico e isolato esemplare di "Pinus Cembra C.L." associato al micete «Boletus plorans Rolland». Molte le malghe e le cascine sparse nella zona, dalle quali escono apprezzate formagelle e «boscaine». Salendo da Monno lungo una comoda strada asfaltata, attraversata la pineta, la valle si allarga in pascoli e baite. Superato il ponte Palù, si raggiunge la chiesetta e l'albergo S. Giacomo (m 1705 s.l.m.), dopo alcune curve l'Albergo Belvedere (m 1764 s.l.m.) e poco oltre l'Albergo Alto (m 1800 s.l.m.). Più in alto la strada forma un bivio: prendendo a destra e attraversata la valle di Varàdega, si raggiunge il Col di Val Bighera, sulla testata di Valle di Grom, dove in Valle Andrina vi sono tre laghetti: di Grom superiore (lung. m 100, largh. m 52, prof. m. 5,50, mq. 2880); di Grom (2412 s.l.m., oggi tutto intorbato); di Grom inferiore (lung. m 168, largh. m 48, profond. m 4,90, mq 5920). Sulla destra si apre la conca e la cresta del Pianaccio (m 2180), e la vetta di monte Pagano (m 2348), sulla quale sorgono i ruderi del forte o Motto del Pagano con ampie feritoie e due porte di accesso. Da esso si gode uno spettacoloso panorama su tutti i paesi dell'Alta Valle, da Edolo a Pontedilegno e sull'intero gruppo dell'Adamello, cima Varadega, i monti Serottini e la Val Grande. Invece, dal bivio sopra l'Albergo Alto deviando a sinistra, si può raggiungere la Foppa e, ancora, il lago del Mortirolo (m 1779), dove sorge un bar ristoro. Dal Passo della Foppa (m 1852) si può scendere a Mazzo in Valtellina; oppure, costeggiando le creste di cima Verda (m 2409), Cadì (m 2449), del Motto della Scala (m 2333), riprendere sempre sulla sinistra la strada che raggiunge il laghetto di Guspessa o Lagazzuolo (m 1820), dove, aggirando il Monte Padrio (m 2153), si può rientrare in territorio bresciano per scendere a Corteno, oppure proseguire per Trivigno (m 1696) e raggiungere l'Aprica, dopo circa 30 km.


Numerose le leggende che riguardano il Mortirolo. Ne basta una. A metà strada da Monno al Mortirolo, veniva indicata una fontana con l'acqua della Madonna. La leggenda vuole che un sasso porti impressa l'impronta del ferro di cavallo che trasportava la Beata Vergine Maria, di passaggio fra queste montagne. Il nome primitivo sarebbe stato quello di Passo di Cala. Fu occupato dai Romani, che vi posero capisaldi a Motto Pagano e a Motto della Scala, e costruirono una strada che staccandosi dalla Valeriana si spingeva verso il Passo per scendere in Valtellina. Secondo la leggenda, raggiunto nel 773 d.C. il monte, re Carlo avrebbe ingaggiato una grande battaglia con i pagani, nella quale perirono molti cristiani, ma ancor più infedeli. Lo stesso Carlo Magno, a ricordo della carneficina, impose al monte il nome di «Mortarolo», diventato poi Mortirolo. Altri però fanno derivare il nome da «mortèra», dalla forma concava della Piana del Mortirolo. Altri ancora sono ricorsi alla voce «Mortarium» voce del basso latino che significa stagno.


La montagna fu spesso alla ribalta per fatti d'armi, come avrebbero confermato armi di diverso genere trovate sul posto. Fu inoltre luogo per le segnalazioni fra le due vallate (come suggerisce il toponimo «moti a ségn», che è il Dosso Signeul della cartina militare) sia per il valico, molto usato ai tempi in cui le strade, specie in montagna, erano poche e di difficile percorribilità. Il Mortirolo, infatti, per mezzo dei due passi, quello omonimo e quello della «Foppa», collegava il Terziere superiore della provincia di Sondrio alla provincia di Brescia. Sul Mortirolo si rifugiò pure il famoso Corrado Venosta, Conte di Matsch, Signore di Pedenale e di buona parte della Valtellina superiore, quando, fatto prigioniero dall'Inquisitore frate Pagano di Lecco, venne liberato dai suoi fidi, presso Ruina nel 1277. La tradizione vuole che nel 1580 S. Carlo sia salito al Mortirolo, dove una santella ricorda il suo passaggio, e per la mulattiera detta «priaala» avrebbe raggiunto Corteno e poi, attraverso gli «Zappelli d'Avriga», Tirano, per visitare il celebre santuario della Madonna. La Repubblica veneta costruì sul Mortirolo il Casello della Sanità e le Foppe, depositi in muratura per custodirvi il sale, utilizzati ampiamente negli scambi commerciali con la Valtellina. Il Casello della sanità, poi abbandonato, venne restaurato nel 1880-1882 e adattato a ristorante. Attraverso l'antica strada i mercanti della Repubblica veneta passando per il Mortirolo e poi risalendo la Valtellina sino alle Torri di Fraele, si spingevano sino a Monaco di Baviera. Dal Mortirolo transitavano i bergamaschi per la transumanza delle greggi verso i pascoli del bormiese; viceversa gli abitanti di Grosio se ne servivano per recarsi a Venezia, dove avevano ottenuto dal Doge il monopolio dello scarico delle merci al porto. I Valtellinesi passavano il Mortirolo per recarsi alla «pelanda» dei gelsi per i «cavalér», cioè i bachi da seta che rifornivano del prezioso bozzolo le filande della bergamasca e del bresciano, e, in tempi più recenti, per andare in cerca di farina da polenta nella Bassa bresciana ed anche per il commercio del bestiame.


Anticamente la zona era infestata dai briganti (come testimonia il toponimo «bosch del banditu»), i quali assalivano le comitive ed i singoli viaggiatori, nascondendosi poi negli anfratti della montagna, dando così origine a numerose leggende, alcune delle quali sono giunte fino a noi. L'esistenza di un tesoro in località Salve Regina, frutto di rapine banditesche, sarebbe stata rivelata, secondo una leggenda ricorrente a Mazzo, da un vecchio prigioniero delle carceri di Breno ad una giovane guardia carceraria. Appena la piana del Mortirolo e della «Salve Regina» furono ripulite dai briganti, il Mortirolo venne utilizzato in parte come alpeggio dalla Magnifica Comunità di Mazzo, che a cura del Decano era messo annualmente all'asta con un pubblico incanto il 24 «mis aprilis nel qual corre la festa di S. Giorgio» di ogni anno, per scudi 14 «con che chi levarrà dette montagne (Mortirolo e Salina) debba sborzar immediatamente li dinari effettivi in argento» come è scritto nel verbale dell'anno 1718. Vi erano nei Capitoli della Comunità apposite norme ed all'occorrenza venivano emanate specifiche «gride» per evitare abusi di sorta. Soltanto nel 1920 venne stilato un regolamento per la gestione in economia, mediante nomina, di Capi Alpe che continuò sino al 1964. Il Mortirolo è ricordato non poche volte: nei primi anni del 1500 ci fu un continuo transito di eserciti stranieri che scendevano attraverso la Valcamonica. Temendo discese di truppe dai Grigioni o dall'Austria, ma specialmente paventando il passaggio dei Lanzichenecchi, come poi avverrà nel 1522, assieme ai passi dell'Aprica e del Tonale, anche quello del Mortirolo venne rinforzato e si tengono Deputati e guardie a Pontedilegno, a Monno e a Corteno. Nell'aprile del 1509 Vincenzo Ronchi si stanziò in Mortirolo con 300/500 uomini armati. Nella carta topografica della Bresciana, datata 1597, il Pallavicini segnò torri in vari passi, compreso il «Monterol». Nel 1620 vennero messi sul Mortirolo posti di guardia Grigioni e poi Spagnoli; nel 1628-1629 vi vennero costruite fortificazioni. Nel 1693 lo Sprecher, nella sua operetta «Pallas Rhaetica» definiva «via battuta» quella che da Tirolo (Grossotto) porta, attraverso il Mortirolo, in Vallecamonica. «Di molto grido» la indicava nel 1694 p. Gregorio di Valcamonica. Nel 1799 le truppe napoleoniche ebbero presso il Mortirolo uno scontro vittorioso con gli Austro-Russi e seminarono distruzioni nelle foreste e a Monno. Lo scontro più sanguinoso avvenne fra il 21 e il 26 aprile 1799, per di più con un tempo pessimo: neve altissima, nebbia molto fitta e freddo intenso. Nel suo diario il parroco di Pontedilegno, Gregorio Ambrosi, afferma che «gli Austriaci avevano perduto circa trecento uomini tra morti, feriti, prigionieri e dispersi; e che la perdita de Francesi era stata assai maggiore». Un certo rilievo il Mortirolo ebbe durante i moti insurrezionali in Valle Camonica nel 1809, per i rinforzi provenienti dalla Valtellina alle truppe del Regno d'Italia, mandate in valle a fronteggiare la calata dei Tirolesi. I primi ad intuire, dopo l'unificazione d'Italia, l'importanza del Mortirolo, nel quadro del mercato nazionale e dello sviluppo commerciale, furono i Valtellinesi, e specialmente gli abitanti di Mazzo, che nel 1867 decisero di costruire una strada che collegasse il Mortirolo, la Valtellina e la Valcamonica. A scoprire, invece, il valore turistico della zona furono i bresciani. Don Bortolo Rizzi nel 1870 attestava che «nell'estate moltissime famiglie dimorano sul Mortirolo ove risiede un cappellano per gli esercizi religiosi, stipendiato dal Comune e dai privati». Dalla fine dell'800, generali bresciani, ne decantarono le bellezze turistiche, indicando il Mortirolo come «conca deliziosa» e il laghetto come «l'attrattiva migliore della zona». L'estate del 1890 il Mortirolo era preso d'assalto dagli edolesi e da forestieri ospitati nell'albergo Melotti e in cascine e fienili circostanti. Nel 1906 veniva riassestata la strada per Mazzo, Grosotto e Grosio, e poco più tardi la mulattiera di Monno-Mortirolo.


Un ruolo di rilievo assunse il Mortirolo nella I guerra mondiale, quando fu uno dei principali capisaldi delle retrovie italiane. Nel piano strategico dello Stato Maggiore italiano, in caso di rottura del fronte dell'Adamello il Mortirolo avrebbe costituito la seconda linea di difesa per impedire al nemico l'invasione della Valtellina. In ragione di ciò, vennero qui truppe di fanteria e alpini, aiutati da uomini di Mazzo e dintorni (che ricevevano il rancio e la paga come i militari) che scavarono trincee nella roccia e camminamenti. Per trasportarvi i viveri ed il materiale necessario, costruirono anche una teleferica che dalla località «Sujch» giungeva sino ai «pianasci» con una stazione intermedia in località «Pergula». Tre caserme vennero costruite vicino alla chiesetta di s. Giacomo, rifornendole anche di acqua potabile attraverso un acquedotto con presa in Varadega. Altri accampamenti e ricoveri dei muli furono costruiti in prossimità del Pianaccio, mentre una lunga rete di strade venne tracciata per collegare Monno, l'Aprica, il Castelletto, il Pianaccio e il Motto Pagano. Sul monte Castelletto venne posto il cannone a guardia del Tonale. Al Mortirolo, in quel periodo, salì anche l'allora Re d'Italia, Vittorio Emanuele III, che visitava i vari insediamenti militari della Valtellina. Finita la guerra, il Mortirolo fu di nuovo meta di truppe per manovre militari, e nel 1931 venne di nuovo raggiunto, in tali circostanze, dal re Vittorio Emanuele III e dal duca di Bergamo. La «Guida illustrata della Valle Camonica» del 1926 si dilunga nel descrivere «il pianoro popolato da cascine: buona osteria con alloggio: chiesina», fornendo una lunga serie di passeggiate possibili. Altra attrattiva viene indicata nel «laghetto omonimo ricco di trote». La zona del Mortirolo divenne, dal novembre del 1944 all'aprile 1945, uno dei capisaldi dell'attività partigiana dell'alta Valcamonica. La posizione strategica e l'esistenza di fortificazioni risalenti alla I guerra mondiale spinsero i distaccamenti C.15 e C.19 della Brigata "Antonio Schivardi", appartenente alla Divisione Fiamme Verdi "Tito Speri", a sistemarsi a 2000 m. di quota, dove i due gruppi di circa trenta uomini, comandati da Luigi Tosetti (ex maresciallo dei carabinieri di Edolo) e dal commissario politico Nolfo Di Carpegna (Gabrielli) si fusero, dando vita al Gruppo Alta Valle-Sciatori . Gruppo che andò poi rafforzandosi, richiamando il 7 febbraio 1945 rifornimenti di materiale bellico e missioni alleate attraverso aviolanci. Infoltitesi le schiere partigiane fino a 150 uomini, vennero compiute incursioni su centri abitati e vie di comunicazione provocando la reazione dei fascisti, che ordinarono alla I Legione G.N.R. d'assalto «Tagliamento», comandata dal col. Zuccari, di annientare le posizioni partigiane. Il primo attacco ebbe luogo il 22 febbraio 1945, quando 110 camicie nere della II e della III Compagnia del 63° Battaglione della Legione «Tagliamento», attaccarono le postazioni partigiane, subendo, dopo un'intera giornata di combattimenti, una piena sconfitta, così da lasciare sul terreno sette morti e abbondante materiale bellico. Dopo una continua pressione esercitata nei giorni seguenti, il 27 febbraio due colonne di 150 uomini ciascuna ripresero l'attacco al Mortirolo, ma subirono nuove gravi perdite. Unico successo fu la cattura di un prigioniero, il partigiano Vittorio Negri, fucilato a Edolo l'11 aprile 1945, insieme a Gregorio Canti, Giovanni Scilini (Jack), Vitale Ghiroldi e Giovanni Venturini (Tambìa), arrestati in precedenza. Aumentate di numero nei giorni seguenti, fino a raggiungere, il 20 marzo, i 220 uomini, sfuggiti ai rastrellamenti, le Brigate Schivardi e Tosetti subirono il 10 aprile un nuovo attacco della Legione «Tagliamento», chiamato «Azione Mughetto». Ad essa parteciparono 3 battaglioni e 2 compagnie di camicie nere, più un reparto di S.S. tedesche, per un totale di 2000 uomini, con artiglieria, che, partiti all'attacco su 4 direttrici, dovevano convergere sul Mortirolo da vie diverse: Monno, Aprica, Mazzo e Vezza d'Oglio. Dopo accanito bombardamento, vennero lanciati, per lunghi giorni, continui assalti, ai quali le Fiamme Verdi, rifornite da frequenti aviolanci alleati, risposero con azioni diversive e di disturbo, sabotando linee di comunicazione, attaccando salmerìe nemiche e disseminando mine lungo strade e sentieri. Il 28 aprile le truppe nazifasciste, pur superiori come numero e come armamento, furono costrette a fuggire, abbandonando sul terreno armi, munizioni e materiale vario ed a riconoscere pure la perdita di numerosi uomini. A ricordo di queste, che sono ritenute vere battaglie, venne posta sull'Albergo Alto la seguente epigrafe: «Fra queste cime / nido delle Fiamme Verdi / arse la lotta / trionfò il perdono / Mughetto Divisione "Tito Speri" , Brigate Schivardi e Tosetti, 10 aprile 1946». Un"altra epigrafe posta sulla chiesetta di S. Giacomo suona: «Su questi monti / le Fiamme Verdi / della "Tito Speri' / in memorabili battaglie / vinsero / e travolsero le forze / dell'oppressione e della tirannia / qui per la Patria / e per la libertà caddero / Tosetti Luigi maresc. dei C.C. / Algieri Giuseppe / Calvi Luigi / Danesi Alessandro / Duard Charles / Fioletti Bortolo /Gazzoli Mario / Manciana Ersilio / Marconi Giovanni / 1945 Mortirolo 1965». Al Mortirolo, e più particolarmente alle battaglie partigiane, venne dedicata a Brescia, nella zona di S. Bartolomeo, la via congiungente via Stretta con la traversa V di via Casazza. Un ricordo particolare del Mortirolo risuonò durante la visita in Valcamonica dell'8 settembre 1985 del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, in occasione del 40° della Liberazione.


Per una valorizzazione economica della zona, nel 1971 veniva avviato un piano FEOGA che dal 1979 al 1984, attraverso l'apporto decisivo del BIM di Valcamonica e dei comuni interessati, vedeva realizzati 70 km di strade fra le quali la dorsale congiungente il Pianaccio con la rotabile per Corteno-Golgi, la carrozzabile per la Valtellina, quella che scende alle cascine di Incudine, e la strada della Mola Bassa ed Alta. Inoltre ci fu il restauro e la costruzione di nuove baite e cascine, il miglioramento dei pascoli, l'installazione di gruppi elettrogeni, la costruzione di acquedotti. In questa occasione vennero completamente ristrutturate le tre caserme del 1915-18, con l'intento di adibirle a strutture di sostegno dell'attività agro-turistica della zona. Il Comune di Monno aveva infatti provveduto ad acquisirle dal demanio. Il Consorzio Turistico dell'Alta Valle Camonica, intravedendo la possibilità di sviluppo del comprensorio del Mortirolo, affidava ad uno studio specializzato di Milano, Società TEKNE, l'incarico di individuare forme possibili di valorizzazione turistica. Nel 1987 veniva fatto un progetto anche per lo sfruttamento invernale della zona, attraverso nuove e più ampie valorizzazioni della zona, contemplanti l'elettrificazione del comprensorio, la realizzazione di strutture ricettive e di piste di risalita e l'accentuazione dello sfruttamento turistico. In effetti, la conca divenne sempre più meta di manifestazioni sportive di vario genere. Da ricordare specialmente la cronoscalata podistica Monno-Mortirolo, iniziata nel 1957 e che negli anni '80 verrà sostituita con il Trofeo «Giacomo Mazzoli» a ricordo della Resistenza. Dal 1988 si svolge annualmente il «Raduno Sci-Alpinistico» nella prima domenica di marzo.


Sul Mortirolo è circondata di devozione la chiesetta dedicata a S. Giacomo, patrono dei pellegrini. Sarebbe stata eretta a cavallo dei sec. XIII-XIV, in stile romanico. Venne rifatta nel 1820, per iniziativa della famiglia Melotti, e sull'architrave del portale si legge: «M.P.F. 1894». In quella data infatti Melotti Paolo la ingrandiva ed abbelliva. La chiesetta, con la dote di un piccolo terreno prativo, è sempre stata «pubblica», ma di diritto della famiglia Melotti, che però non poteva farvi celebrare la messa senza il permesso del parroco. La chiesa ha un semplice altare in legno con ancona e piccola pala raffigurante S. Giacomo. Nel marzo 1990 la pala fu trafugata da ignoti ladri, per cui i partigiani delle Fiamme Verdi ne commissionarono una nuova al pittore Giuliano Prati. La chiesetta venne restaurata nel 1981 per iniziativa del Consorzio dei Comuni BIM di Valle Camonica, a ricordo dei caduti della Resistenza. La prima domenica di settembre del 1981, a conclusione del ciclo di manifestazioni per il 35° anniversario della Liberazione, la chiesetta ottenne la benedizione fra una folla di partigiani e di cittadini. Il ricordo delle battaglie del Mortirolo e la commemorazione dei ribelli morti per la libertà vennero affidati al generale Romolo Ragnoli (il comandante «Vittorio») e al sen. Giacomo Mazzoli, il quale ha pure dettato le parole incise su un masso che viene posto nel piazzale antistante la chiesetta: «S. Giacomo in Mortirolo / nel silenzio solenne dei monti / vide feroce battaglia di giovani / nella bianca neve della morte / poi fu libertà / Le Fiamme Verdi / (segue l'elenco dei 9 caduti come riportato più sopra) raccolte nel tempio antico / pregano con il nemico / fratello caduto / la pace degli uomini / nella luce di Cristo / 6 settembre 1981». Ogni anno, nella stessa domenica, viene ripetuto l'incontro dei partigiani. Particolare importanza ha assunto nel 1990 per la celebrazione del 45° della Liberazione. Vi hanno partecipato i Labari di molte sezioni partigiane e di gruppi Alpini, con i gonfaloni di vari Comuni. Toccante il discorso dell'on. Martinazzoli. Falò e manifestazioni varie accompagnano la festa di S. Giacomo, celebrata l'ultima domenica di luglio con grande folla. Il 25 luglio, già da trent'anni si rinnova la «Festa dei pastorelli», voluta dal parroco don Giuseppe Figaroli per riunire durante l'estate tutti i ragazzi dispersi nelle varie cascine per il duro lavoro in aiuto della famiglia contadina. Pochi ormai sono i ragazzi «pastorelli», ma la festa continua come occasione di incontro per tutti i ragazzi e le ragazze. Il 26 luglio 1977 al "Pian di cop", sul versante valtellinese, per iniziativa del gruppo «An Pitt de Mazz» veniva inaugurata una statua al "Cristo della Montagna". Un grande impulso turistico ha offerto il 3 giugno 1990 il passaggio del Giro d'Italia che per la prima volta ha affrontato i tornanti del Mortirolo. È allo studio il traforo del Mortirolo collegato con quello dello Stelvio per la creazione di un «sistema Mortirolo-Stelvio» promosso da una Società di enti pubblici costituitasi nel 1968.