MASPERI Antonio

MASPERI Antonio

(Brescia, 19 gennaio 1894 - Sarnico, 25 aprile 1945). Di Francesco, avvocato civilista e di Corinna Fattori, figlia del garibaldino Antonio Fattori. Secondogenito di una agiata famiglia di proprietari terrieri, con ascendenze nobili, compì gli studi presso il Collegio Arici, iscrivendosi poi alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Padova. Qui aderì subito al gruppo nazionalista universitario, ispirato dal rettore Alfredo Rocco e, nel 1915, fu uno degli animatori delle manifestazioni interventiste studentesche, sia a Padova come a Brescia, dove il 14 gennaio 1915 guidava quella davanti al Monumento di Garibaldi. Ufficiale, partecipò alla I guerra mondiale al comando di una batteria di bombarde sul Piave e sul Grappa. Passò poi al Cavalleggeri Aquila dove fu ferito. Per il coraggio e lo sprezzo del pericolo ebbe due medaglie d'argento, una di bronzo ed una croce di guerra e molti altri riconoscimenti. Congedato, nel 1919 si iscrisse alla Associazione Nazionale Combattenti del cui Consiglio direttivo fece subito parte. Poco dopo tuttavia raggiunse D'Annunzio a Fiume, seguito poi dalla madre e dalla sorella minore Bianca, crocerossina (che sposerà il legionario Federico Pinna Berchet). Creato da D'Annunzio ufficiale degli Arditi della Guardia, Masperi gli fu al fianco sulla macchina FIAT nella marcia sui Ronchi, svolgendo molte missioni speciali a Vienna e in diverse città italiane e partecipando ad audaci colpi di mano oltre le linee delle truppe regolari accerchianti la città. Nominato ufficiale di collegamento, oltre a tenere i rapporti tra il Comandante e le Legioni condusse fino al 19 dicembre 1920 anche le trattative con i Comandi militari e specie con il gen. Caviglia. Fu in prima linea nel "Natale di Sangue". Particolarmente il 24 dicembre contribuì a contenere, a Zamer, il primo urto: fu in prima linea con le autoblindo da combattimento. Il 26 mattino in Valscurigne riuscì a mantenere le linee di difesa e, con tenacia, riuscì a contenere lo sfondamento nemico. Ferito seriamente ad un ginocchio, "rimase, come ha scritto D'Annunzio, sulla linea di fuoco intonando il canto degli Arditi e conducendo il coro di battaglia", abbandonando il combattimento solo dietro le insistenze del Comandante. Ritiratosi a Brescia per curare la ferita, ricevette presto la visita di D'Annunzio e ospitò in casa sua l'ufficio della corrispondenza del Comandante delle Legioni dei Ronchi, tenuto da Riccardo Frassetto. Fece inoltre da tramite tra il poeta e le autorità provinciali, e con i suoi seguaci sostenne l'intransigenza dannunziana contro la partecipazione alle elezioni politiche; ma sostenne l'avvicinamento al fascismo, tanto che nel maggio 1921 trattava in nome dei fascisti con i partiti liberali per la costituzione del Blocco Nazionale. Nello stesso 1921 e poi per alcuni anni fu comandante della Legione di Brescia dei Legionari fiumani. Considerato come il "custode della clausura" del Comandante e suo accompagnatore nelle apparizioni in pubblico, si interessò di varie questioni fra cui l'appoggio come conduttore del fascismo bresciano ad Augusto Turati; la restituzione ai "tedeschi" delle proprietà di Gardone dalle quali erano stati esclusi agli inizi della guerra; le condizioni della Società Metallurgica Tempini di Brescia. Godeva dell'incondizionata fiducia del poeta-soldato, tanto che questi il 23 marzo 1923 faceva pubblicare sul "Popolo di Brescia" il seguente comunicato: "Nel presente periodo di clausura severissimo gli amici per ogni occorrenza possono rivolgersi ad Antonio Masperi via Fratelli Porcellaga, 3". In seguito, con Giovanni Giuriati, Costanzo Ciano, Carlo Del Croix, fu tra i firmatari dell'atto di donazione, da parte di D'Annunzio, del Vittoriale allo Stato Italiano. Nel 1923 si alleò all'on. Viotto, socialista, e al dott. Bianchi nel tentativo di fondare un "partito delle persone oneste". Per questa sua presa di posizione si scontrò duramente, su posizioni dannunziane, con i fascisti. Particolarmente dura divenne la polemica con Alfredo Giarratana e alti esponenti del fascismo bresciano. Alla fine dell'estate 1923 si interessò al "patto marino", facendo da tramite fra D'Annunzio, Mussolini e gli armatori, manifestando i primi dissensi verso il fascismo, accentuatisi nel mese di ottobre. Mentre si risollevava (23 febbraio 1924) la questione del patto marino, Masperi concludeva (d'accordo con l'onorevole socialista Viotto) l'acquisto, da parte di D'Annunzio, della Casa del Popolo palazzo Zoppola, per sottrarlo ai fascisti. Nel frattempo si avvicinava a Italia Libera, mentre continuava l'alleanza con Viotto, tanto che nel luglio 1924 "Il Popolo di Brescia" si riteneva in dovere di accusarlo di volere promuovere in vista delle elezioni una lista con i socialisti e con il prof. Bianchi. Nello stesso mese incontrato in Corso Zanardelli l'on. Giarratana veniva con lui alle mani. Lo scontro finiva in una sfida a duello. Si mise poi a capo di Italia Libera, un' organizzazione antifascista formata da Luigi Fiumani e il 5 gennaio 1925 venne arrestato con il ventenne Collina, Arrigo Magni, Enrico Brichetti arditi del popolo. Sempre più in disgrazia presso il fascismo e in parte anche presso D'Annunzio, fino a vedersi precludere l'accesso al Vittoriale. Nel frattempo era divenuto l'animatore della vita sociale, culturale e sportiva bresciana. Nel luglio 1922 entrò a far parte del Consiglio Direttivo di Arte in famiglia e nel dicembre era, con Giannetto Vimercati e Virgilio Vecchia, animatore della Terza Mostra annuale degli artisti bresciani. Automobilista appassionato, vinse su OM nel 1922 e 1925 due secondi premi al Circuito del Garda; nel maggio 1923 vinceva il Circuito di Cremona; nel 1924 la Coppa delle Alpi. Inoltre vinse un Circuito di Mantova. Nel 1924 si interessava alla Cooperativa Edili. Fu inoltre acceso sostenitore della squadra di calcio di Brescia e fece parte della direzione del Brescia Football Club. Il 7 dicembre 1931 fu vittima di un grave incidente automobilistico dal quale si riprese a fatica, risentendone tuttavia in seguito. Alla fine ridivenne fascista convinto, anche dopo l'8 settembre 1943, e incontrò traversie anche giudiziarie. Nei giorni della liberazione, mentre si trasferiva da Brescia a Bergamo per difendere alcuni imputati a Sarnico, avendo invitato l'autista a proseguire nonostante l'ordine di un drappello partigiano di fermarsi, venne ucciso da un colpo di fucile.