MAGGI Berardo
MAGGI Berardo
(Brescia, n. tra il 1240 e il 1245 m. il 16 ottobre 1308). Figlio di Emanuele che fu podestà di Genova e senatore romano. Canonico della Cattedrale di Brescia, viene dal Malvezzi indicato come uomo di vasta erudizione. Il 21 settembre 1275 succedeva a Martino nella sede episcopale di Brescia attraverso una delega affidata dai rappresentanti del clero secolare e regolare ad una commissione di sei membri e cioè l'arciprete, un canonico della cattedrale, gli abati dei monasteri di S. Faustino Maggiore e di S. Pietro in Monte Ursino e i prevosti delle canoniche regolari di S. Pietro in Oliveto e di S. Giovanni de foris . L'elevazione alla cattedra episcopale fu probabilmente poco gradita a Carlo D'Angiò, cui dal 1270 Brescia si era data e che certamente non ignorava il grande prestigio dei Maggi e a cui forse non sfuggivano le simpatie della famiglia per i Visconti di Milano. I motivi di dissidio non tardarono comunque a manifestarsi. Nel 1277 re Carlo nel riformare gli statuti della città vi faceva inserire alcune norme chiaramente sfavorevoli all'episcopato ed al clero bresciano in una materia delicata quale quella delle decime. La controversia durò alcuni anni fino al 1281 quando si cercò di trovare una soluzione al contrasto, con una convenzione tuttavia sfavorevole al Comune poichè l'accordo stabiliva tra l'altro che nelle questioni riguardanti gli affari di decime, venisse esclusa la testimonianza di ecclesiastici che fossero parte in causa e che l'unico tribunale competente a giudicare della materia fosse quello del Comune. Per di più, contro la sentenza pronunciata dal giudice non era ammesso alcun ricorso in appello; veniva consentita soltanto la presentazione di una supplicatio tale da far sperare che la causa venisse riesaminata. Si trattava di condizioni imposte al Vescovo molto dure: risultato della lotta condotta dai Comuni per estendere le competenze dei tribunali civili a scapito di quelli ecclesiastici. Nella grave crisi seguita alla caduta nel 1282 dell'oppressiva signoria degli Angioini, il vescovo Berardo andò acquisendo una larga esperienza in materia di affari ecclesiastici e civili che lo resero quasi assoluto signore della città. Intensa fu anche la sua attività episcopale. Nel 1286 egli dava il via alla costruzione della chiesa di S. Barnaba, con l'annesso convento, per ospitare gli Eremitani; nel 1287 partecipava al concilio provinciale indetto dall'arcivescovo di Milano; nel 1291 prendeva parte al sinodo convocato da Ottone Visconti e assumeva l'incarico di esaminare le proposte che venivano presentate; nel medesimo anno convocava un'assise sinodale diocesana allo scopo di rafforzare la disciplina ecclesiastica, minacciata dalle discordie civili e dalla corruzione. In tale occasione confermava i decreti sull'ordinamento del clero, emanati dai predecessori Alberto, Guala e Martino. Con proprio provvedimento, confermato dal pontefice l'1 giugno, interveniva a moderare le prebende di alcuni membri del capitolo della cattedrale, stabilendo che al visdomino ed al cantore non si dovessero assegnare più di sei libbre imperiali annuali. Il 14 novembre 1294 disponeva il trasferimento delle monache cistercensi di Manerbio ad una nuova sede cittadina, presso la chiesa urbana dei Santi Felice e Fortunato che già dipendeva dal loro monastero. Inoltre si occupò con gran cura dell'amministrazione dei possessi e della tutela dei diritti feudali e signorili della sua Chiesa: a questo scopo fece dirigere tutta una serie di registri di censi e di livelli nel quadro di una "designatio possessionum episcopatus in Bagnolo et in eius territorio", da lui voluta nel 1295. Incline per natura a ricondurre tutto al vaglio della sua volontà ed al controllo della sede vescovile, si mostrò diffidente nei riguardi di iniziative o istituzioni che, per spirito d'indipendenza o per privilegio d'esenzione, sfuggissero alla sua autorità; particolarmente significativi furono, in questo senso, i difficili rapporti con gli Umiliati. La saggezza del governo e il prestigio assunto convincevano Tebaldo Brusato, l'uomo più influente del guelfismo bresciano, interprete del generale desiderio di pace vivo soprattutto negli ambienti artigiani e professionali della città a proporre nel marzo 1298 che il vescovo venisse acclamato Signore di Brescia per un periodo di cinque anni. Berardo, che già era riconosciuto duca di Valcamonica, marchese di Toscolano e conte di Bagnolo, assunse in tal modo da quell'anno anche la responsabilità di guidare i destini politici dei suoi concittadini. Forte del ruolo assunto egli promosse subito una generale riconciliazione ordinando il rimpatrio di molti esuli già oppositori degli Angioini e proponendo ai partiti un patto di pace, solennemente giurato nella cattedrale di S. Pietro Maggiore. Con ciò non smise durante gli anni del suo mandato di mantenere strette relazioni con i Visconti non esitando quando, nel 1302, a Milano si affermò la signoria Torriana a decretare l'esilio per Tebaldo Brusato, già suo grande elettore, reo di nutrire simpatie per i nuovi signori. Ciò nonostante nel 1303 riusciva a farsi riconfermare nel governo della città per altri cinque anni: assumendo con sempre più ferma determinazione e grande efficacia il potere civile e religioso assieme. Del vasto suo programma importa segnalare alcuni importanti interventi in materia di edilizia religiosa e di disciplina amministrativa ed urbanistica: il 13 aprile 1298 egli otteneva dal pontefice Bonifacio VIII il permesso di demolire l'antica chiesa e l'annesso convento benedettino femminile dei Santi Cosma e Damiano facendoli ricostruire ad occidente della città, nella zona detta dei 'Campi Bassi' e riuscendo con la distruzione del complesso monastico, posto a nord del Broletto, a rendere più vasta la piazza del palazzo comunale e delle cattedrali. Con la costituzione del 18 aprile 1300 Berardo fondava presso la Basilica dei Santi Nazaro e Celso un collegio canonicale di cinque sacerdoti con a capo il prevosto assegnando alla collegiata le rendite previste nel testamento di Ottonello Martinengo, canonico della cattedrale, del quale il vescovo Maggi era esecutore testamentario, non dimenticando di porre il collegio canonicale alle dirette dipendenze del Vescovo. Allo scopo di lasciare durevole impronta del proprio governo anche in alcune strutture della città e del territorio, il vescovo promosse taluni grandi lavori idraulici, quali la sistemazione del Naviglio, tratto dal Chiese e la costruzione di due corsi d'acqua fatti derivare dal Mella, intendendo con la prima realizzazione di fornire l'acqua all'industria laniera di Brescia; e con la seconda di sviluppare la rete d'irrigazione delle campagne. Nel 1304 tuttavia nuovi avvenimenti distolsero il vescovo dalle opere di pace: l'esule Tebaldo e Torriani da un lato; i Maggi, fedeli ai Visconti, dall'altro, tornarono a costituire due fronti opposti ai quali si andarono aggregando il rispettivo seguito di fuorusciti e alleati. Ancora una volta i Bresciani vennero in tal modo trascinati in lunghe e funeste operazioni di guerra cui s'accompagnarono manifestazioni di ribellione nel territorio: a Ghedi, nella Valcamonica, sulla riviera le sommosse vennero represse con severità. E ciò fino al settembre 1308 finalmente stipulando un compromesso pacifico con Milano che il vescovo potè sancire prima di morire poco dopo il 16 ottobre, disponendo pii legati soprattutto alla chiesa di S. Giovanni de foris. Venne sepolto nel duomo vecchio e il fratello Matteo gli fece costruire il sarcofago in marmo rosso che tuttora si ammira, da qualcuno attribuito a Rigino di Enrico.