GAMBARA Cesare

GAMBARA Cesare

(Pralboino, 1516 - Tortona, 1591). Vescovo - Figlio di Gianfrancesco e di Corona Martinengo, nipote del cardinale Uberto e secondo cugino del cardinale Gianfrancesco. Ancora giovane fu introdotto nella corte papale e fu assai caro a Clemente VII per le referenze dei notabili suddetti, evidentemente. Il suo primo incarico prestigioso fu quello di presentare, in Bologna, a Carlo V il progetto di un Concilio Ecumenico. Nel 1546 fu governatore di Perugia e due anni dopo fu creato Vescovo di Tortona (1548), succedendo allo zio cardinale Uberto che aveva retto la diocesi in commenda e standosene lontano per adempiere alle sue molteplici mansioni politiche ed ecclesiastiche. Cesare Gambara, prima ancora di recarvisi, sapeva qual era la reale situazione della diocesi, in che modo e in che stato di abbandono la stessa si trovasse. Avrebbe potuto optare per altra sede più tranquilla e meno gravosa, ma andò a Tortona e vi rimase per 43 anni, fino alla morte che lo colse nel 1591 in Pralboino. Egli assunse l'onere gravissimo della cattedra tortonese in tempi difficili, travagliata da mali di ogni genere, ma seppe condurre a termine il suo compito con grande dignità, qualificandosi vero pastore d'anime. Abbandonò ogni attività politica a differenza di Uberto, poco concedendo all'amministrazione temporale quale senatore del ducato di Milano. Malgrado ciò ebbe rampogne da S. Carlo Borromeo allorquando si recava, in estate, a Milzano e per il suo nepotismo e perchè si allontanava dalla sede trascorrendo molto tempo dell'estate a Milzano. Malgrado ciò il Gambara, dopo aver partecipato, dal 1561 alla sua chiusura, al concilio di Trento ed ai cinque concili provinciali tenuti da S. Carlo in Milano, nel suo episcopato si applicò a mettere in pratica le riforme della Disciplina Ecclesiastica, spesso trovando resistenze di ogni genere, specie fra gli ordini religiosi. Al tempo di S. Pio V che molto apprezzava il Gambara, costruì il Duomo, il palazzo Vescovile vicino al Duomo, la Basilica di S. Croce, il monastero di S. Domenico. Nel 1550 ebbe particolari privilegi dalla Repubblica Veneta; mentre il fratello Lorenzo, poeta bresciano, gli dedicò il carme "Anguis" e l'ode "Ad Venerum et Hanchisem". Fu lo stesso Pio V, che gli aveva concesso lunghe soste a Milzano e Pralboino per curare la sua salute (era diventato pressoché cieco), a creare, su sua indicazione suo successore il nipote Maffeo Gambara. S. Carlo ricreduto lo esalterà anche perchè i tortonesi, alla sua morte, reclamarono il suo corpo che vollero inumato in quella cattedrale che aveva fatto costruire. Lo stesso progettista di questa cattedrale ebbe l'incarico di progettare anche la parrocchia di Milzano (infatti è del tutto identica al duomo tortonese, eccetto la facciata, postuma, costruita dall'architetto Tombola, allievo del Vantini, nel 1899) ma però non riuscì a vederne il sorgere, perché fu costruita dopo dal nipote Maffeo, pure vescovo di Tortona, cioè nel 1606. Qualcuno muta il luogo della morte in Milzano, poichè qui vi aveva fatto costruire un bellissimo palazzo nella seconda metà del '500, essendo proprietario delle terre locali e frequentemente vi sostava. In Milzano a ricordo dei Vescovi Cesare e Maffeo, una via è ancora denominata "vescovado" fra il Palazzo e la biolcheria. Di Cesare Gambara si conservano molte lettere nella Biblioteca Barberiniana di Roma utili a capire la sua personalità.