EMANUELI Giovanni

EMANUELI Giovanni

(Brescia, 1816 - Milano, 30 novembre 1894). Scultore. Imparò i primi rudimenti dell'arte dal padre Dionisio(v.). Studiò poi all'Accademia di Brera a spese del Municipio della sua città. Di precoce ingegno, dimostrò il suo talento: ebbe fin da fanciullo, non ancora tredicenne, premi, incoraggiamenti dall'Ateneo di Brescia. A 14 anni eseguì un busto dell'imperatore Francesco I d'Austria. Nel 1831 presentava all'Ateneo di Brescia una statua di sacerdote egizio, nel 1832 presentava un busto in gesso di Vincenzo Monti. Nel 1833 un busto in gesso del pittore Giuseppe Bossi, nel 1834 un modello in creta della "Poesia piangente", come parte del monumento a Vincenzo Monti. I "Commentari dell'Ateneo" commentavano il dono: "Non è da potersi dire quanto la creta rispondesse obbediente all'artifizio delle mani e al concetto della mente del giovinetto Prometeo". Ma gli diede soprattutto la prima fama un rassomigliantissimo busto in marmo del feldmaresciallo Radetzky con l'epigrafe "Pietate insignis et armis" - Phidiae dignus fingi" conservato nella Galleria Belvedere a Vienna e un altro di un Napoleone I giovane. Con un gruppo "I pifferai" ottenne un premio in una delle esposizioni di Brera e sue opere vennero esposte a Vienna, Monaco, Parigi ecc. Nel 1845 l'Ateneo segnalava con ampie lodi il busto del prevosto di Bedizzole, Febbrari, le statue di un fanciullo che contempla l'amore materno, in un nido di passeri che ricevono l'imbeccatura, e un modello dell'Immacolata. Nel 1836 aveva scolpito la graziosa statuetta che sta sopra la fontana del cortile di casa Maggi ora Benasaglio di via Musei a Brescia.


Si indirizzò poi verso l'arte sacra e funeraria. Della prima diede un esempio ammirato nella statua del Salvatore collocata sulla piazza maggiore di Almenno (Bergamo), nelle statue dell'altare di S.Carlo (1865) e del Duomo di Milano. Sono sue (1838 - 1840) le cinque grandiose statue della facciata della parrocchiale di Calcinato, raffiguranti, quelle del frontone la Fede, la Speranza e la Carità, e quelle delle balaustre gli apostoli, S.Pietro e S.Paolo. Sue opere sono anche nella sua città natale. Per l'altare del SS.Sacramento del Duomo di Brescia scolpì la statua della Speranza che scontentò il Vantini che gli era stato un tempo amico, ma che ora gli preferì ìl Seleroni fino ad opporsi che gli fosse commissionata la statua al Beat Cüradì (don G.B.Bossini) che il conte voleva donare alla cappella eretta nel Vantiniano al santo sacerdote. Nonostante queste contrarietà eseguì il monumento. Nel 1855 finiva per il duomo di Brescia, il monumento funerario del vescovo Ferrari con una statua della Fede o della Teologia e un medaglione del vescovo, l'opera sua più complessa che rivela, scrive Bianca Spartaro, un tenace attaccamento al formalismo classicheggiante, in una composizione ispirata ai più noiosi schemi accademici che trionfano nella statua della Fede. Nell'ottobre dello stesso 1855, eseguiva per il Vantiniano il monumento della famiglia Rovetta, di stile gotico, con una ammirata statua della Madonna, un medaglione di una fanciulla Pellegrini, per il quale Luigi Mazzoldi, che era un suo caldo ammiratore, si sentiva in dovere di pubblicare sulla "Sferza" versi laudatori intitolati "una Madre". Per molti anni aveva tenuto studio in via S.Primo a Milano dove aveva lavorato il Marchesi. B.Spartaro lo ha definito "sostanzialmente fedele al linguaggio neoclassico", incline "più tardi al naturalismo accademico che accompagna i modi dei puristi e perfino dei romantici, come possiamo vedere negli scultori milanesi del tempo, dal Puttinati allo Strazza e al Tantardin".