AIGUINE

AIGUINE

Cioè "figlie dell'acqua". Secondo una leggenda diffusa fra i pescatori e le popolazioni del Garda erano esseri mitici con sembianze umane, al pari delle sirene, senza però la coda e con le dita delle mani congiunte da una membrana come fossero zampe d'anitra. Cantavano fra i canneti nelle notti di luna, si tuffavano e rituffavano, diguazzavano allegre e invitavano anche i pescatori ai loro giochi. Ma di quelli che avevano ceduto alle loro grazie, non s'era più saputo nulla. Le aiguine crebbero a tale potenza da ingelosire perfino i demoni che però, per quanto s'affannassero, non riuscivano mai a ghermirle e ad annientarle senza l'aiuto degli uomini i quali a loro volta si guardavano bene dal prestarlo per il risaputo rischio di patti del genere. Il Gratarolo però racconta che un cacciatore andando una notte in giro per campi e orti, avendo sentito un tramestio fra le siepi di rosmarino e pensando che si trattasse di cani che avevano stanato una lepre, prese a incitarli col grido dei cacciatori: "Tòla, tòla! " e non udì più nulla. Il mattino, il cacciatore, trovò inchiodata sull'uscio di casa una zampa palmata: era la mano di una aiguina che un diavolo aveva catturato nella notte grazie anche all'aiuto involontario del cacciatore e che gli aveva inviato in omaggio. La leggenda vuole che fu proprio in seguito a questo fatto che fino a qualche decennio fa, specie nel desenzanese (a Capolaterra) si usò inchiodare sull'uscio di casa le zampe palmate d'anitra per scongiurare la vendetta delle aiguine che in quella lontana notte erano state sconfitte.