VERZIANO

VERZIANO (in dial. Versià o Arià; in lat. Vertiani)

Frazione (m. 111 s.l.m.) di Brescia a SO e a 4 km dal centro cittadino. Fu parrocchia autonoma. Nucleo principale è una grossa tenuta agricola di 490 piò bresciani ora di proprietà degli Spedali Civili, ma il nome si estendeva specie sul piano ecclesiastico, ad un territorio più vasto che comprese fino al 1816 anche l'attuale territorio delle Fornaci. Fino a pochi decenni fa Verziano rimase un complesso abitato con una chiesa e alcuni cascinali il principale dei quali è quello di proprietà degli Spedali Civili del quale furono affittuali i Platto.


ABITANTI. 400 (da comunione) nel 1540; 700 c. nel 1565; 800 nel 1572; 900 nel 1784; 752 nel 1791; 752 nel 1805; 260 nel 1819; 200 nel 1834; 260 nel 1848; 298 nel 1858; 300 nel 1868; 260 nel 1875; 300 nel 1897; 443 nel 1898; 450 nel 1908; 450 nel 1913; 796 nel 1926; 795 nel 1939; 795 nel 1949; 600 nel 1965; 200 nel 1971; 274 nel 1981.


Si suppone che il toponimo sia derivato dal nome classico Vergilianus contorto e storpiato poi, come scrive Paolo Guerrini, nei documenti medioevali, nelle forme Vigliano, Vergiano e poi fissato in quella italiana di Verziano. Vergilianus, come la topografia del luogo decantata dal poeta nell'Egloga IX ("i colli discendono, si spianano, si stendono placidi sulle pigre e magre sponde di un torrente") ha fatto dubitare a Paolo Guerrini di trovarsi di fronte "alla fattoria paterna del poeta dove il piccolo Virgilio aveva passato meditabondo i primi tristi anni della sua giovinezza". Ipotesi naturalmente scartata dai più che, al massimo come il Braunholtz e il Couway hanno supposto patria del poeta, in alternativa ai mantovani Andes o Pietole, la campagna di Calvisano. Sembra indubitabile ai più il riferimento del toponimo se non a Virgilio, ad una voce romana. Qualcuno ha fatto riferimento all'aggettivo romano "viridius", altri ad un verzana, nel senso di verzura, verziere; altri, ancora, addirittura alla voce "verzag" per colza, arbusto oleifero.


La presenza umana in luogo, tuttavia, deve essere anteriore all'epoca di Roma. Infatti, a poca distanza dal Monte Netto, che fu una delle prime stazioni preistoriche, nel 1934 a SO delle prime case vennero scoperte selci ed altre cose che indicano l'insediamento databile tra il neolitico e l'età del Bronzo. Il materiale fu scoperto dal cav. Carlo Bonalda e parte di esso è finita nel Civico Museo di storia naturale. Ma soprattutto, sono numerose le testimonianze romane che qualcuno calcola più di una decina.


La carta archeologica della Lombardia elenca un'ara funeraria in calcare locale eretta a proprie spese dal collegio dei dendrofori ad Aemilia Synethia, alla sua patrona Aemilia Agrestina, a sua madre Aemilia Prosoche. Era reimpiegata nella costruzione della chiesa presso l'acquasantiera, attualmente è conservata a Brescia presso i Civici Musei. Elenca pure: un'ara votiva frammentaria in calcare locale dedicata a Minerva da Primio, figlio di Esdrius Mancillus; un'ara in pietra di Botticino, con pulvino frammentato nelle volute, eretta a Gaius Cominius Successor dai lavoranti del feltro; una base in pietra di Botticino, lacunosa in varie parti, eretta da Publius Matienus Exoratus Valerianus a Publius Matienus Sextius Secundus, da lui allevato, reimpiegate in una casa colonica di proprietà dell'Ospedale e attualmente conservate a Brescia presso i Civici Musei; un'ara funeraria in pietra di Botticino eretta da Publius Valerius Euphemus e Valeria alla figlia Valeria Trophime, figlia di Lucius, reimpiegata in un torchio, attualmente conservata a Brescia presso i Civici Musei. Già nel 1713 era stato rinvenuto in un podere di proprietà dell'Ospedale il monumento funerario eretto da Mefanatia Nympha al padre Gaius Mefanas Diaconus, alla madre Mefanatia Auge, al fratello Gaius Mefanas Arion, tutti i liberti di Gaius, e al fratello Serotinus, ancora schiavo, probabile patrono di Gaius Terentius Bassus Mefanas Etruscus (I sec. d.C.). Il reperto fu trasportato prima presso la chiesa parrocchiale, poi a O di questa, in un'aia presso il mulino; attualmente risulta disperso. Un'epigrafe votiva con dedica a Mercurio, posta da Constans, schiavo di Acutius Comina era stata reimpiegata nella fronte del muro che circonda il cimitero, presso la chiesa; è dispersa. Lungo la strada per Flero venne trovato un frammento di epigrafe che menziona Valer (ius o ia). Reimpiegato in un'edicola andò poi disperso. Una grande pietra sepolcrale venne trovata presso il fabbricato Caselle, in un campo verso le Fornaci; era stata posta da un Marcello sul sepolcro della sorella Bitulla.


Da Verziano passava, in epoca romana, parallelo a quello della "Contrada di Sotto" uno dei decumani della centuriatio (divisione di terre fra i legionari di Roma), decumano segnato non da una strada ma da limiti di campo ben definiti. La centuriatio indica la presenza di quel fundus del quale si discute il proprietario. Durante le invasioni barbariche il territorio passò forse al demanio pubblico e fu poi abbandonato fino a quando, nel 1084, venne affidato all'ordine cluniacense che vi costruì un monastero. Il 18 gennaio di quell'anno, infatti, a Pontida, il chierico Sala dona a quel monastero cluniacense numerosi beni dislocati in diverse località, fra le quali quella di Verziano. Il fatto poi che dietro una copia del documento di donazione deposta a Cluny, si trovi scritto "charta Vergiliani" benché l'atto di fondazione fosse stato redatto a Pontida e per Pontida, ha fatto pensare ad Alberto L'Huillier che probabilmente la fondazione monastica ebbe il suo centro naturale di irradiazione più che a Pontida, a Verziano. È opinione poi di Paolo Guerrini che il titolo di S. Nicola di Bari sia un'indicazione sicura dell'esistenza di una scuola tenuta dai monaci poiché S. Nicola fu nel medioevo il Santo protettore della scuola, e i monaci del priorato di Verziano alternavano il lavoro manuale della bonifica agraria del territorio, col lavoro intellettuale dell'insegnamento. Secondo lo stesso Guerrini: "Il piccolo monastero di Verziano, ricco di molte proprietà fondiarie era, dopo quello di Rodengo, il più importante monastero cluniacense del territorio bresciano". Con privilegio concesso il 2 aprile 1125 da papa Onorio II all'abbazia di Cluny, il priorato di Verziano passa dalla dipendenza da Pontida a quella del grande monastero francese.


Tempi difficili furono per il monastero di Verziano e per gli altri, quelli del sec. XIII. Nel 1236-1244 un visitatore deputato dal Capitolo Generale di Cluny, approfittò dei suoi poteri per spillare danaro a parecchi priori. A quello di Verziano rubò 44 libbre. Nel 1254 il visitatore destituiva il priore di Verziano e comandava che vi venissero mandati un priore e monaci che celebrassero i servizi divini, dato che per due anni non vi veniva più celebrata la messa e il priore si era dimostrato disobbediente e ribelle. Ma, a distanza di pochi anni, nel 1270, la situazione si rivela ancora più grave. Il 14 marzo di tale anno infatti, frate Pellegrino della Torre, priore del monastero di Pontida e visitatore dell'Ordine, riceve nel Monastero dei SS. Faustino e Giovita in Brescia, don Oliviero e don Pietro monaci del monastero di Verziano. Costoro, sotto pena di scomunica qualora nascondessero la verità, gli confessano di non star sicuri a Verziano a causa della guerra e delle discordie che si riscontrano in città e nell'"episcopato di Brescia". Raccontano di avere perduto, sempre a causa della guerra e delle discordie, molti beni, redditi e vettovaglie. Non denunciano debiti, ma sostengono che circa le vettovaglie non possono contare che sui nuovi raccolti. Il monastero non possiede che sette libri e cioè due antifonari per il giorno e per la notte, un salterio, un libro delle Epistole, un messale, un manuale e un libro dei Vangeli. Il visitatore impone ai monaci di vivere secondo la regola di S. Benedetto e dell'Ordine Cluniacense e di celebrare il divino ufficio. Inoltre, constatato che non vi è un numero sufficiente di monaci in proporzione alla capacità del luogo, invita il "camerario" della Lombardia ed aumentarne il numero. Nelle visite che seguono, si ripete ancora la disposizione dato il buono stato economico del monastero. Nel 1281 il priore, benché abbia trent'anni, non è sacerdote per cui nel 1283 il visitatore invita il camerario della Lombardia ad ammonire il priore di Verziano ordinandogli di intervenire, l'anno seguente, al capitolo nel corso del quale avrebbe dovuto farsi promuovere al sacerdozio.


Una preminenza del monastero di Verziano sugli altri emerge dal Regesto delle investiture vescovili sotto la data 1310. In esso si legge che «Il Priore del monastero cluniacense paga 1. imp. 86 e 17 e 6 per i monasteri di Verziano, Rodengo, Provaglio, de Teziis (Capodiponte) e Quinzano pro quadam Dacia CCCC flor auri impositorum clero tantum exempto». Sempre nello stesso XIV secolo viene unito a quello di Verziano il priorato di S. Ambrogio di Quinzano.


In una delle ultime visite registrate nel 1378, il monastero viene trovato ancora, almeno in parte, in uno stato discreto, in confronto ad altri ormai in completa rovina. La rovina, però, piomba anche sul monastero di Verziano nei primi travagliati decenni del sec. XV, durante le guerre fra Spagna, Francia e Impero e continua poi tanto che nel 1452, mentre è priore del monastero l'abate Giovanni da Tolentino, il rettore generale dei Canonici Lateranensi di S. Salvatore, alias de Frisonara (al quale era unito anche il priorato di S. Maria Maddalena) situato fuori porta Torlonga, pressoché distrutto dalle guerre e da inondazioni che l'avevano reso insalubre, chiede al Papa Nicolò V che vengano concessi ai canonici le case e i terreni che i monaci di Verziano posseggono in città per fabbricarvi un nuovo monastero con chiostri, dormitori, chiesa, campanile, campane, ecc. Nicolò V, ricevuta l'istanza, incarica gli abati di Leno e di S. Faustino Maggiore in città di approfondire la domanda e di accertarsi sullo stato delle cose. Siccome tuttavia l'abate di Verziano Giovanni da Tolentino è impegnato a riunire tutti gli ospedali, gli xenodochi e gli ospizi in un unico Ospedale che sarà chiamato Maggiore, viene avanzata la richiesta che i beni di Verziano passino a questo ospedale. Appurato, attraverso il prevosto di S. Nazaro Manfredino di Ferraris, lo stato delle cose, il Papa dispone che il monastero di Verziano sia unito all'Ospedale ora condotto a termine "non senza gravissime spese", accollando però a questo l'obbligo di mantenere sempre i monaci, i quali dovevano continuare nell'esercizio della cura a vantaggio degli abitanti di Verziano. Il 13 ottobre 1452 veniva formalizzata l'annessione del convento di Verziano all'Ospedale.


Nel 1460 i documenti ufficiale dell'Ordine cluniacense registrano la continuità del priorato di Verziano nel quale dimorano tre monaci compreso il priore e vi si deve elargire ogni giorno l'elemosina. A Verziano è unito anche il priorato di S. Ambrogio di Quinzano con due monaci. Nei documenti consultati, L.F. Fè d'Ostiani ha rinvenuto i nomi di alcuni di quei monaci, cioè: «1284, don Angerio Sala o de Salis per la grazia di Dio priore dei monasteri di Verziano e di Rodengo; 1306, don Venturino qui fuit de Iseo, e don Ugone di ... ; 1400, Tommaso Sessa di Piacenza priore vicario vescovile di Brescia dal 1404 al 1409, morto ai 14 luglio 1412, sepolto in s. Francesco in Brescia e ricordato colla seguente iscrizione: Hic jacet venerabilis presbiter dominus Tomas de Sessis de Placentia olim prior monasterii Sancti Nicolai de Vertiano de Brixia qui obiit M CCCC XII die XIV julii».


Il rapido declino dell'Ordine cluniacense in Italia nello spazio di pochi anni compromise anche l'esistenza della comunità di Verziano. Perciò, come registra L.F. Fè d'Ostiani: «Il comune e l'abbazia di Rodengo, governatori dell'Ospedale Maggiore di Brescia, ricorsero nel 1480 al Pontefice, esponendo che il monastero di Verziano, in tempo di guerra, rimaneva quasi inabitato, che gli stessi abitanti del paese si ritiravano in città e che pochi Monaci Cluniacensi si rinvengono, che vogliano abitare quel monastero. E chiesero perciò di poter fare esercitare la cura delle anime in quel luogo a due preti secolari da mantenersi dallo Spedale stesso. Il Pontefice, al 1 marzo 1480, delegò per l'informazione prima il vescovo di Brescia Paolo Zane, poi il suo vicario e luogotenente conte Carlo de Boselli vescovo Ariense, il quale il 17 giugno 1488 eseguì la pontificia volontà col concedere che ai monaci venissero in Verziano sostituiti due preti secolari mantenuti dallo Spedale per l'esercizio della cura delle anime». In tal modo Verziano finì col diventare sempre più una parrocchia indipendente, mentre la chiesa venne affidata in amministrazione a "sindaci e presidenti".


Passando all'Ospedale Maggiore di Brescia i beni di Verziano, si riversava in esso una ricca dote di sedicimila ducati annui che servirono, come determinava la Bolla Papale del 17 giugno 1488, confermata da altra del 19 aprile 1584, a sostenere le spese per l'edificazione dell'Ospedale con riserva a quest'ultimo del diritto di patronato. Accanto al monastero rimase una comunità civile, cioè un piccolo comune, nel quale si muovevano proprietari ed affittuali del monastero i beni del quale, nel sec. XIV, passarono in enfiteusi agli Emigli assieme a quelli di Maclodio.




LA COMUNITÀ. La zona più occidentale, dove si svilupperà la frazione delle Fornaci, sembra sia stata di proprietà privata già in secoli lontani. Nel sec. XIV sono proprietari i Soldo, i Belasi, ecc. Non mancarono a Verziano momenti particolarmente difficili. Il Malvezzi narra che durante la signoria di Carlo d'Angiò a Brescia (1270-1282), tra la primavera del 1270 e l'autunno del 1272 si verificarono a Verziano, come in altri centri della provincia, episodi di sangue connessi alla persecuzione degli avversari della parte angioina, dispersi per il territorio e che non sapevano adattarsi alla perdita di Brescia. Nel 1429 il piccolo comune appartiene addirittura alla Quadra di Mairano come molto più tardi entrerà a far parte del Comune di S. Nazaro.


Alla fine dell'Ottocento non mancò un certo progresso indicato dall'andamento dell'istruzione pubblica: in confronto alle due scuole "uniche" in locali angusti esistenti nel 1882 a Verziano e S. Faustinino, nel 1915 i gruppi scolastici erano saliti a quattro dislocati in locali spaziosi ed esistevano due impianti refezione, capigruppo, una scuola festiva e la mutualità scolastica. Contemporaneamente, altro segno di sensibilità verso i problemi del tempo, è l'istituzione per Verziano e Fornaci di una locanda sanitaria per pellagrosi mantenuta dal Comune e della Commissione provinciale contro la pellagra, con somministrazione di pasti giornalieri, di medicinali e organizzazione di cure balneari. Decenni più tardi il nome di Verziano avrà il suo momento di notorietà soprattutto per il depuratore e per la costruzione di un nuovo carcere. Le denunce di inquinamento messo in evidenza fin dal 1965 e sempre più ripetute, specie dagli anni '70, portarono alla creazione nel 1982 di un depuratore delle acque in grado già agli inizi del funzionamento di servire 50 mila abitanti, di produrre biogas e concime. In seguito fu sempre più potenziato, fino a triplicare nel 1988-1991 la sua capacità comprendendo 150.000 abitanti. In seguito il depuratore venne collegato con il Mella, passando in gestione all'ASM. Il nome di Verziano viene conosciuto anche per la costruzione in luogo di un carcere realizzato intorno al 1984. Destinato dapprima ad ospitare minori, venne trasformato in una sezione della Casa circondariale di Canton Mombello. Sport e teatro sono entrati nella struttura quasi di norma nello sforzo di fame un carcere modello.




LA PARROCCHIA. Una notizia registrata dal Gelmini nella sua "Raccolta di iscrizioni" avvisa che nel 1441 l'abate di Verziano riedifica la chiesa sotto il titolo di S. Nicola nelle case del monastero di Verziano nel Borgo di S. Nazaro. Con la scomparsa del monastero, alla chiesa venne aggiunto o anche sostituito il titolo con quello di S. Croce. Essa compare negli atti della visita compiuta nel 1540 da mons. Annibale Cristoni. Il vescovo Bollani (1565) oltre a disposizioni sugli arredi e i paramenti, ordina che venga abbellito il tabernacolo, dipinto il presbiterio, rimossa la pala dell'altare maggiore, soppresso l'altare di S. Antonio e sostituito con il Battistero, rimosso il pulpito e imbiancate le colonne. Negli atti della visita, Paolo Guerrini ha rilevato una significativa traccia: «tra le altre ordinazioni date dal vescovo si trova anche quella di far restaurare un vecchio gonfalone di S. Orsola, che doveva avere certamente dei pregi artistici, ma anche un'importanza religiosa in rapporto alla vita parrocchiale, se ha richiamato l'attenzione del visitatore. Siamo a trent'anni di distanza dalla fondazione della Compagnia; quel gonfalone sdruscito, che interessava il vescovo, doveva essere il labaro di un'associazione parrocchiale femminile, e probabilmente di giovani che costituivano un drappello locale di seguaci di S. Angela Merici. Sarebbe la prima sezione suburbana della Compagnia, che già appena costituita avrebbe incominciato a diffondersi anche fuori della città e a conquistare a poco a poco le piccole e le grandi parrocchie suburbane e rurali».


I registri canonici risalgono al 1572. Si riferisce al 1644 un impegnativo intervento sulle strutture, del quale tuttavia non rimane documentazione. Ma si tratta probabilmente della riedificazione della chiesa nelle forme attuali: la data del 1664 che si legge sopra il portale e sotto la finestra «D.O.M./MDCLXIIII» potrebbe far pensare alla conclusione della costruzione. Succinta descrizione della chiesa e cenno alle sovraesposte vicende si rilevano nell'opera di Bernardino Faino che nel secolo XVII così scrive: «Ecclesia Verziani S. Nicolai protectione munita, cum tribus altaribus, alias erat Abbatia Parochialis Monachorum Cluniacensium, quae Hospitali maximo postea unito, ab eodem ibidem Parochus amovibili mantenetur». Nel 1816 la parrocchia, che aveva raggiunto 752 anime nel 1809, viene notevolmente ridimensionata. Con decreto vescovile dell'11 giugno di tale anno infatti viene staccata dalla parrocchia suburbana di S. Croce di Verziano la nuova chiesa di S. Rocco e la frazione di Fornaci viene eretta in parrocchia. La parrocchia di Verziano è ridimensionata in modo tale che nel 1819 conta 260 anime. Continua tuttavia il suo iter. Nel 1819, nella visita pastorale, il vescovo Nava trova cinque altari: l'altar maggiore, l'altare del SS. Sacramento, l'altare della B.V. del S. Rosario, l'altare del SS. Redentore, l'altare di S. Anna, dei quali non vi è documento che provi la consacrazione. In parrocchia, oltre al parroco, vi è un altro sacerdote. Il visitatore dispone che sia migliorato l'aspetto della chiesa, dei cinque altari, con lo spostamento del Battistero "dall'altra parte laterale alla Porta ed abbia l'Immagine di S. Giovanni che battezza il Redentore". Il 5 dicembre 1865 festa patronale, parroco don Giuseppe Caldana, come ricorda un'iscrizione latina in fondo alla navata, la chiesa veniva consacrata dal vescovo Verzeri. Nel 1873 vi era un oratorio "di certa Catterina ved. Crescini".


Fra i più attivi parrocchiati si registra quello di don Giovanni B. Albini (1896-1936). La parrocchia si arricchisce di confraternite ed associazioni. Nel 1901 compaiono quelle del SS. Sacramento, del Triduo, del S. Rosario, del Terz'Ordine. Molto attiva è la Società Operai cattolici. Si sviluppa poi nell'ambito della parrocchia una forte organizzazione dei contadini che nel 1905 veniva indicata fra le migliori. Soppressa la parrocchia nel 1984, il territorio venne, con decreto vescovile, inglobato in quella delle Fornaci.




IL MONASTERO E LA SUA CHIESA. Dell'antico monastero rimane il piccolo chiostro quadrangolare dalle colonne in marmo reggenti archi a sesto ribassato, il ligneo soffitto con travi a vista: un complesso architettonico modesto, ma antico, oggi in evidente stato di degrado. Sulla destra doveva esistere la sala capitolare, con affreschi, ora ridotta a cantina, mentre negli ambienti del piccolo ma raccolto chiostro è stata ricavata la canonica. La facciata è tipicamente secentesca, mentre il portale è stato aggiunto più oltre. R. Lonati ("Le Chiese di Brescia", II, p. 732) dell'edificio scrive: «Nel diffuso grigiore dell'intonaco, il portale si eleva per l'evidente lunetta sormontata a sua volta da semplice cimasa a capanna. Lateralmente due finestre contornate da fasce marcate ottenute mediante sovrapposti spessori di malta delineanti pure i riquadri, le lesene che tornano nel comparto superiore, più stretto, ad affiancare l'ampio finestrone. A doppio spiovente, dotato di pinnacoli estremi e sommitale croce vi è il timpano nel cui centro è posto il plastico busto del Redentore.


A tre navate l'interno: la maggiore è delineata da due file di tre colonne marmoree alte, su basi cubiche e dotate di capitelli lievemente modanati sui quali impostano archi a pieno centro; a botte la volta, proiettata nel presbiterio. A piccole crocere i soffitti delle navate laterali, la destra con una sola cappella, con due l'opposta. Prossimo all'ingresso un bel Crocifisso ligneo del tardo Cinquecento. Immediatamente dopo v'è la marmorea vasca battesimale cui fa da sfondo una soasa affrescata ov'è posta la Natività di Maria, di autore ignoto: alla centrale culla convergono S. Anna e S. Gioacchino, una pia donna genuflessa. L'unica cappella della navata destra ha pilastrate e sottarco d'ingresso finiti a stucco, una successione di ovati dal fondo uniformemente colorato. Marmoreo l'altare e finemente intarsiato il paliotto dalle estreme volute giallo S. Ambrogio. Il fondo nero traspare fra il fitto intreccio di foglie lobate o dentate sul quale risalta il centrale ovato col candido simbolo dell'Eucarestia. Di marmo pure la soasa, di semplice fattura. Notevole la cinquecentesca pala: opera di scuola bresciana (Moretto?) rappresenta l'Ultima cena. La testa della navata è incisa da nicchia con modesta statua policroma di S. Nicola, al di sotto l'epigrafe evocante la consacrazione della chiesa.


Quadrangolare l'area dell'altar maggiore dominata da ampio copricelo ligneo e dorato; seminascosta dalla lesena di base all'arco santo una figura di Santa, resa in affresco: brano di più vasta composizione appartenente a precedente fabbrica, così come lo è l'arco in cotto che affiora dall'intonaco della parete destra del presbiterio. Modesto l'altar maggiore in marmo, dal paliotto uniformemente venato e terminante in volute; sul tabernacolo, un minuscolo Crocifisso argenteo. ANO-SAL MDLXXX: è quanto si rileva nel cartiglio di base della pala maggiore con la "Madonna col Bambino in gloria, i SS. Sebastiano, Luca, Rocco e un Vescovo" nel quale v'è chi identifica S. Nicola e chi il vescovo Domenico Bollani. Notevole dipinto dai chiari accenti veneti». Nel 1990 il prof. Piero Merletti, attraverso riscontri con altre pale del pittore, ha avanzato l'ipotesi che sia stata dipinta dal Veronese e dalla sua scuola. Nel sommitale lunettone è invece una "Pietà" affrescata da artefice locale del primo Novecento. «Ligneo, con fondo verdastro e ornati color oro, scrive sempre il Lonati, anche l'altare post conciliare, costruito utilizzando elementi dell'apparato per Triduo risalente al Settecento; della stessa epoca i laterali angeli reggi candela (cm. 70 circa) in legno, le ali spiegate e i vivi accordi policromi.


Analogamente a quella opposta, in testa alla navata sinistra, risalta la nicchia con la statua di S. Agnese; anche qui vi è un ramo della balaustra originariamente cingente il presbiterio. La vicina cappella della Madonna del Rosario ha ingresso (lesene e sottarco) in stucco con 15 ovati un tempo ornati con i SS. Misteri; qualche traccia di decorazione permane nel soffitto a botte. Pressoché uguale a quello frontale l'altare, preziosamente intarsiato, la mandorla centrale del paliotto ravvivata dalla candida figuretta della Vergine. L'ancona, lignea e dorata, può esser definita un "trittico": la compongono infatti le estreme lesene lievemente bugnate e le colonnette mediane dagli evidenti rilievi di rami fioriti; su di esse si distende la trabeazione dotata di pinnacoli e centrale anfora lobata. Maggiore la nicchia con la statua della Madonna, più piccole le laterali con quelle di due santi monaci. Un insieme annoverabile fra gli arredi settecenteschi dovuti ad abili intagliatori locali. Assai modesto invece l'altare in legno dipinto della prima cappella, strutturalmente consonante con la precedente, ma meno profonda; l'altrettanto semplice soasa accoglie la statua del Sacro Cuore. Nella parete terminale della navatella è posto un anonimo quadro con "S. Antonio" affiancato da quattro ottocentesche stazioni della Via Crucis dipinte su tela e in discreto stato. Le restanti sono: quattro accanto al Crocifisso cinquecentesco, tre e tre sulle porte laterali prossime al presbiterio. In stucco le testine di putti poste in chiave agli archi, un'altra orna l'architrave del finestrone sull'ingresso».


L'ORGANO. Nel 1705 i Sindaci e presidenti della parrocchia decidono di costruire l'organo per cui viene approntata in Cornu Evangeli l'apposita nicchia. Lo strumento viene costruito da don Cesare Bolognini (1673-1746). Dopo aver interpellato nel 1861 Francesco Marchesini per un urgente restauro, questo e ancora Giuseppe Zamboni di Ospitaletto offrono in sostituzione un organo degli Antegnati restaurato. Lo strumento viene alla fine fornito nel 1894, nuovo, da Egidio Sgritta. Viene poi riparato e restaurato nel 1907, 1926, 1933, 1944, e vincolato nel 1964. Viene restaurato di nuovo nel 1970 dalla ditta Bartolomeo Formentelli di Pedemonte (Verona). «Nella sacrestia, prosegue il Lonati, restano un piccolo "Battesimo di Gesù", olio del secolo XIX, e un altrettanto piccolo Crocifisso scolpito; modesto anche se d'epoca l'arredo ligneo. Nella base della cella campanaria, fatta deposito, è ammassato l'apparato per triduo o quello che di esso rimane. Nel 1950 la famiglia Toninelli ha offerto il nuovo pavimento della chiesa, occasione per ritinteggiare anche le pareti e realizzare l'assai scadente "Madonna col Bambino" in trono in controfacciata; dello stesso autore i sei tondi simbolici nell'imposta della volta centrale. Alla chiesa di S. Nicola di Bari o al convento di Verziano fanno riferimento altri studiosi, da Mario Mirabella Roberti ad Alfredo Bosisio ad Antonio Fappani, senza trascurare le annuali Guide diocesane, e due "noterelle" di mons. Guerrini utili comunque a cogliere meglio vari aspetti di così lontani tempi e vicende».




PARROCI. Francesco Caprari di Bagnolo (1564); Giovanni Zanardis (promosso 1760 arciprete di Mompiano); Pietro Antonio Zani di Brescia (1760-morto nel 1781); Giovanni Musati di Brescia (ex Min. Osservante di S. Giuseppe, parroco di Civine, nominato nel 1781 rinuncia 1812); Pietro Quadri di Borgo Pile (1812- m. 1840); Giuseppe Caldana di Brescia (nom. 26 giugno 1840 - m. 1873); Giovanni Gabardi di Bagolino (nom. 1 settembre 1873 d'a. 62 - m. maggio 1884); Giacomo Galli (nom. 4 febbraio 1885 - 1891 prom. a Urago Mella); Giov. B. Ghitti di Marone (nom. 18 agosto 1891, trasferito curato a S.M. Calchera); Giov. Battista Albini di Virle (nom. 19 ottobre 1896 - m. 1936); Primo Bordiga di Sabbio Chiese (nom. 1936); Giovan Battista Graziotti di Capovalle (nom. 1944 - cessa nel 1984).