SOPRAPONTE

SOPRAPONTE (in dial. Suèr-pont, in lat. Suprapontis)

Frazione di Gavardo a NO del capoluogo, nella XV zona morenica del Garda. È a 23 km. da Brescia, a 2 km. da Gavardo verso Vallio. Si stende dalle pendici del Monte Magno sino all'imbocco di un'angusta valletta che poi si apre in altre diramazioni o vallecole confluenti verso il Colle di S. Eusebio. Il nucleo più antico si stende su un'ampia ansa del Chiese, allo sbocco del torrente Vrenda (ultimo affluente del suddetto fiume), che si supera mediante un ponte. L'abitato si snoda su un erto pendio, fino a raggiungere la strada che conduce prima a Quarena, chiusa tra vecchie dimore medioevali; poi a Casalicolo, ridente gruppo di case aggrappate alla collina. Lungo la strada per Vallio Terme, che segue la valletta del Vrenda, sono dislocate le contrade di Soseto, Caderusso e Fostaga, quest'ultima posta al di là del torrente a formare un compatto abitato. È a m. 230 s.l.m.; 212 l'altezza minima, 901 (Selvapiana) la massima. Non vi sono dubbi sul toponimo "sopra il ponte" se non quello riguardante il dialettale "suer pónt" dove "suer" viene interpretato sia come "sopra" sia, come è più probabile, "vicino" "appresso", essendo la frazione a poca distanza dal vecchio ponte di Gavardo. Si discute, invece, a quale ponte il nome si riferisca. In luogo si ritiene che riguardasse un ponte a metà strada fra Sopraponte e Gavardo del quale decenni fa si vedevano i resti: altri vogliono invece che si riferisse ad avanzi di un'opera di difesa. Silvio Nabacino pensa che «è più probabile che il nome abbia riferimento a un ponticello in legno gettato sul Vrenda dal quale si accedeva al paese». Si contano nel territorio sette frazioni: Soseto, Caderusso, Fostaga, Villa, Vrenda, Quarena, Casalicolo.




ABITANTI (Soprapontini): 340 nel 1493; 800 nel 1566; 650 nel 1578; 700 nel 1580; 650 nel 1593; 490 nel 1658; 466 nel 1702; 337 nel 1727; 459 nel 1775; 478 nel 1791; 659 nel 1805; 530 nel 1819; 573 nel 1835; 586 nel 1848; 624 nel 1858; 625 nel 1868; 640 nel 1875; 750 nel 1887; 790 nel 1898; 790 nel 1908; 790 nel 1913; 1200 nel 1926; 1405 nel 1939; 1500 nel 1949; 1414 nel 1963; 1750 nel 1971; 1500 nel 1978;1750 nel 1981; 1485 nel 1991; 1485 nel 1997.




La consistenza economica di Sopraponte nei confronti di altri della zona è riassunta in tre forme rimate: «Gaàrd per criticà, Suerpont per strascinà, Vai per segà», perché Gavardo è il centro della Quadra e sede del mercato, Sopraponte era ricco di legna e di legnaiuoli, Vallio ubertoso di prati e di erba. Curiosi i nomignoli delle singole località: piasaröi, de Vrenda; cornaröi de Terègn; pritùr de Vila; malègn de Quarena; prepotèncc de Casaleco; spie de Sosét; lader de Fostaga; malfédècc de Rompenaga; maja-gacc de Bursina; saltimbanch de la Madona de Santalucia.


Pur gravitando in un certo senso su Gavardo, Sopraponte ebbe una sua storia autonoma come comune fino al 1928 e come parrocchia dal 1588 in poi. Molto interessante il territorio sotto l'aspetto speleologico specialmente per alcune grotte. La spaziosa, profonda grotta del Coalghés, si dice che sprofondi dalla cima di Selvapiana alle rive del Chiese... ma i forestieri, con buona grazia dei boscaioli, preferiscono ritornarsene pel sudato sentiero. L'altra grotta «él büs de l'urs» era abitata da un orso spelèo che un giorno venne in lite col toro, ed ebbe la peggio perché il rivale lo sollevò con le corna contro il fusto di un albero e lo finì a cornate. Il toro, infuriato, non voleva lasciare il campo di battaglia perché ogni volta che ritirava le corna sentiva il corpo pesante dell'orso cadergli addosso e lo credeva vivo, così che un mandriano dovette legare l'orso morto, ritto come era, alla pianta, per indurre il toro a desistere dall'eccessiva fatica. Più in basso, sul versante Tre Cornelli, si trova «él büs del sguèrs Marinèl» cioè la grotta del guercio Marinelli, ritenuto, riferisce la voce popolare, nella seconda metà dell'800, un "segnato da Dio". L'ingresso è sopra Fostaga e nell'interno, oblungo e piano al suolo, si levano tre pareti che si congiungono a soffitto triangolare. In una di queste sono ancora scolpiti l'oliera, l'armadio e lo sgabello del guercio che viveva sulle fatiche altrui, pagava con busse e minacce e vantava l'onore di una grossa taglia. Una notte la grotta fu assalita dai gendarmi di Salò. Il guercio, sempre vigile e desto, invece di affrontarli li eluse e scese dove i gendarmi avevano lasciati i cavalli incustoditi. Tagliò ai cavalli i garretti e li fece inginocchiare, poi tagliò le labbra e le povere bestie così tormentate mostravano i denti in un beffardo sogghigno. Terminata l'operazione si nascose poco discosto per godersi lo scherzo giocato ai suoi bracconieri che dovettero tornarsene a piedi scornati e delusi. Il popolo lo credeva indemoniato e disse che per colpirlo a morte, fosse stata necessaria una palla di fuoco, d'oro e benedetta dal curato, poiché le altre cadevano in terra lasciando l'uomo incolume come se fossero state di burro. Ancora oggi questa grotta, posta nel punto più ripido e fitto del monte, è creduta maledetta e da pochi visitata. La piccola e poco profonda grotta che trovasi sulla strada Sopraponte-Vallio, è abitata dagli spiriti delle bèle pöte: queste, si dice, escono nude di notte fra il ponte del Lazzaretto e il Camposanto per accompagnare, ballando e pregando, il viandante notturno. Sottile satira popolare contro le belle sdegnose! Nella grotta del Büs del Coalghés, a Monte Croce di Selvapiana in Val Quarena, in scavi del 1928, e specialmente in quelli del 1955-1956, come ci avverte la Carta archeologica della Lombardia, sono venuti alla luce materiali ceramici associati a resti ossei, pertinenti a tre sepolture ad inumazione, in fossa terragna, datate al Neolitico e all'Eneolitico; urne cinerarie e olle con decorazione a cordonature e ad unghiate, una fibula in bronzo ad arco semplice, uno spillone in osso, riferibili a tombe della seconda età del Ferro sec. a.C.); materiali ceramici, vitrei, ossei ed una moneta di Marco Aurelio, emessa fra il 161 e il 166 d.C. I materiali sono conservati in parte presso il Museo di Scienze Naturali di Brescia, in parte presso il Museo di Gavardo. Reperti preistorici vennero rinvenuti anche in località Quarena, lungo la strada per il Monte Magno e in Valle della Pule, sempre a Monte Magno. Nella stessa località, nel 1930 emersero frammenti ceramici decorati con motivi «a cordicella», una fibula in bronzo ad arco semplice, un giavellotto in ferro, seconda età del Ferro: fase gallica. Il tutto è conservato presso il Museo di Gavardo. L'esistenza di una frazione chiamata Vela, Ela (Villa), poi scomparsa, a quanto vuole la tradizione, a causa di una frana, farebbe supporre un insediamento esistente sino dai tempi di Roma magari accanto ad un vicus. A Monte Magno, nel 1958, è stata trovata una tomba alla cappuccina con sepoltura ad incinerazione; il corredo era costituito da una piccola olpe (fine del I - inizio II sec. d.C.). Materiali ceramici di età romana fra i quali un'anfora e una lucerna Loescke con bolla U.G.C. sono venuti alla luce nel 1965 lungo la strada per la colonia della Madonna di Fatima. Altri materiali, fra cui urne con orlo estroflesso, alcune decorate a cordonature e unghiate, ciotole a fondo piatto d'impasto bruno-rossiccio; un cucchiaio in bronzo con manico a sezione quadrangolare sagomato desinente a protome di ariete, databili tra la seconda età del Ferro e la romanizzazione, sono stati trovati, sempre a Monte Magno, nel 1955 e 1974. Nella stessa località sono venuti alla luce, in ricerche del 1955-1956 e 1967, numerosi frammenti di ceramica romana, di balsamari in vetro, di sigillata nord-italica, probabilmente pertinenti a tombe di età romana. Per un largo tratto di territorio vennero portate in superficie terrecotte e tegole romane. Dietro la chiesa di S. Lucia è venuta alla luce una moneta dell'imperatore Costantino o Costante (IV sec. d.C.). Un secolo o due dopo quel periodo sorse probabilmente una diaconia della pieve, come indica una lapide a S. Lorenzo. La tradizione vuole che sia esistito in loco anche un castello; di esso, però, non esistono tracce. Una leggenda vuole che, nel luglio 1158 Federico Barbarossa si ritirasse dall'assedio di Brescia verso le montagne di Sopraponte. Quando giunse in via bëla sulla strada di Magno, però, il carro che trasportava i forzieri dell'imperatore cadde da un dirupo e perse tutto il carico senza che si potesse recuperare una sola moneta. In documenti del 1300 sono citate le «Deganie de Subponte et de Superponte» e gli «Homines de Sopraponte». Al toponimo Subponte corrispondevano le contrade di Strambiana, Marzatica, Monte, Stratholis, Bolina, Zovano, Spernatica, Suncerina, Contrella. Ma solo il toponimo di Sopraponte sopravvisse.


Sopraponte fu per secoli, come Gavardo, feudo vescovile e pagò le decime fino al '700. Affrancamenti di livelli vennero concessi dal vescovo Bollani nel 1579, ma beni vescovili sono registrati nel sec. XVII e, ancora nel 1701, i Rettori di Brescia denunciano con un proclama i livellari del vescovo residenti a Sopraponte perché renitenti a pagare il dovuto. Mentre la popolazione si andava emancipando dal potere feudale vescovile, il Comune acquisì più vaste proprietà. La tradizione vuole che la primitiva sede del Comune fosse nella già ricordata fraz. Ela e Vela (cioè Villa) che poi sarebbe stata travolta da una frana e della quale non si parla più dal 1400 in poi. Il Comune fu retto da 12 Consoli, che si alternavano ogni mese, un massaro e un notaro. Il patrimonio comunale si basava su di un mulino e su alcuni boschi montani «da' quali, scriveva il Da Lezze, si raccoglie quantità di legna da bruzar et da operà». Sopraponte fu per secoli, come ad esempio nel 1441, una valvola di sicurezza per le truppe viscontee del Piccinino per sfuggire alla peste. Nel 1526, in novembre, Sopraponte venne investita da 25.000 lanzichenecchi che, provenienti attraverso Monte Magno da Sabbio, agli ordini di Giorgio di Frundsberg, seminarono terrore ovunque incendiando e saccheggiando.


Più tranquilla fu la vita della popolazione nei sec. XVII-XVIII, durante i quali presero rilievo famiglie ora scomparse quali: Marinelli, Bertozzi, Berardi, Pinzardi, Gaidoni, Bagozzi, Baldassari, Pederzoli, Arrighi, Piceni, Sossi, Ronchi, Arici, Bertoni, Pirlo, Zelli, Viviani, Ruzzo, Zanolino e Minchioni. Nel 1600 si trovano: Bergamo, Zaffiro, Bazoni; nel 1700: Pasini, Buz, Caffa, Brolo, Savoldi, Sandrini, Bianchini da Mazzano, Salvadori da Vobarno, Bettini da Rovereto, Colla, Ce, Piovanelli, Dubbini, Modesti; nell'800 Lucchini da Castello (Condino), Corradini da Castello (Condino), Catturana, Borra, Alberti, Bazoli ecc. Fra le famiglie che si distinsero si ricordano: Bertuetti, Chiodi, Quarena, che ebbero ininterrottamente sacerdoti, dottori, letterati e notai. Tra quelle che durarono più a lungo notiamo i Bertuetti (già presenti nel 1458 e nel 1500 già divisi in quattro ceppi), Chiodi, Dallavilla, Bertoli, Belli, Molinari, Quarena, Ragnoli, Mora. Molti i racconti di banditi fra i quali famoso fu Marcotto di Fostaga, ucciso dal suo stesso padre il 9 maggio 1786, e il citato "Sguèrs" Marinelli, abbattuto con una palla d'oro zecchino da un archibugio, sparata da un ignoto. Leggendarie nella zona sono le gesta del fratelli Peri, i "buli" di Gavardo. Ma il rifiorire della vita civile ha il suo riscontro nel '700 anche per la presenza di cinque notai oltre a quella di commercianti e artigiani. La strada per Vallio e per le Coste di S. Eusebio rappresentò a volte la valvola di sicurezza per ripiegamenti o diversivi strategici. Nel dicembre 1704 le truppe imperiali di Eugenio di Savoia passarono da Sopraponte e raggiunsero Vallio e le Coste di S. Eusebio. L'8 dicembre i "tedeschi si fanno allegrezze per le posizioni raggiunte". A Sopraponte alloggia un intero reggimento Bagni. Il cronista scrive di «indici funesti di lunga permanenza». Solo nel giugno 1705 i soprapontini vedono allontanarsi dal territorio le truppe imperiali. Nel maggio 1796 Sopraponte registrò nuovi passaggi di eserciti: quello austriaco in ritirata e quello napoleonico che occupava i territori conquistati. Nel luglio 1796 il Comune veniva aggregato al Cantone del Benaco. L'anno dopo, registrava il passaggio delle truppe della Rivoluzione bresciana e di quelle napoleoniche. Nel 1807 a quello di Sopraponte venivano aggregati i comuni di Vallio e di Prandaglio che poi riacquistavano di nuovo l'autonomia nel 1815. Dal 1810 al 1815, nel distretto e Cantone I di Salò, Sopraponte era uno dei più importanti Comuni con Vallio e Prandaglio. Nel giugno 1859 Sopraponte vede le camicie rosse, al comando di Garibaldi stesso, ripiegare attraverso Vallio e il Colle di S. Eusebio verso Nave. Tra il 1892 e il 1895 fu costruita una passerella tra Sopraponte e Villanuova sul Clisi facilitando in tal modo i primi movimenti di crescenti stuoli di operai verso gli opifici gavardesi. Qualcosa si andava muovendo: l'1 dicembre 1879 veniva costruita la strada da Gavardo a Sopraponte. Il ponte in legno sul Vrenda, travolto da una piena nel 1882, veniva riedificato in pietra nel 1884.


Nel 1906 nasceva una fanfara che si svilupperà per decenni sotto la guida del maestri Chiara, Francesco Bergomi, Nestore Baronchelli, Luigi Antonioli, Pastorella, Giacinto Ranzenigo, Camillo Flocchini, Marco Zanaglio, Mario Mabellini, ecc. Nel 1908 i Padri della Pace offrivano un'ala del loro fabbricato da adibire ad aule scolastiche comunali. La prima guerra mondiale richiese giovani vite, tre delle quali furono insignite di medaglia di bronzo (Miro Scandella, Costanzo Taiola e Silvio Zani) e una di croce di guerra (Giacinto Tagliani). Ai caduti venne dedicato, nell'aprile 1923, il viale della Rimembranza. Nell'agosto 1925 l'asilo infantile veniva eretto in Ente Morale. Nel 1928 Sopraponte perdeva la sua autonomia amministrativa e veniva aggregato a quello di Gavardo. Tappa importante degli anni '30 fu l'inaugurazione, il 19 novembre 1934, dell'edificio delle scuole e della nuova sede dell'asilo infantile Regina Elena. Il 13 giugno 1949 veniva inaugurata, dopo tre anni di lavoro, la sala teatrale "S. Antonio". Agli spettacoli diede la sua attività di regista e offrì una sua ricca collezione di costumi Mimì Gmür. Appoggio, tra gli altri, all'attività teatrale venne dato prima che emigrasse altrove, da Eugenio Bertuetti. Nel 1961, per sveltire il traffico veniva demolito il caratteristico "voltone" di Sopraponte. Un grave problema per il paese, ancora negli anni '60, fu il ripetersi di inondazioni procurate dalle acque del Chiese. Nel dicembre 1964 veniva dedicata una piazza alla medaglia d'argento Costantino Pasini; nel 1970 veniva ampliato il cimitero. Davanti alla chiesetta di Monte Magno, il 27 luglio 1969 gli alpini erigevano un monumento ai Caduti consistente in una stele di granito dominata da un'aquila in bronzo fusa nelle fonderie Mora. Ancora gli alpini si impegnavano con costanza a valorizzare monte Magno, costruendovi, nel 1976, anche un rifugio. Nel 1980 veniva sistemata la strada da Doneghe a S. Lucia, facilitato il deflusso delle acque del Chiese, e ristrutturate alcune case in piazza G. Anderloni. Nello stesso anno, il 16 novembre, veniva inaugurato, in piazza S. Lucia, un monumento al Combattente ad opera di Angiolino Aime. Nel dicembre 1980 fu collocata, all'ingresso della scuola elementare del paese, una lapide per ricordare il maestro Arturo Bazoli, insegnante per 20 anni e morto a 45 anni. Nel 1982 fu inaugurata la nuova scuola materna. Nel frattempo riprendeva l'attività del "Gruppo teatrale" con il proposito, non ancora realizzato, di ristrutturare il teatro parrocchiale "S. Antonio". Il 23 ottobre 1988 fu inaugurato un nuovo "Parco della rimembranza" e nello stesso anno un grafico bresciano, Paolo Mucciarelli, realizzava sulla parete di una cava abbandonata in loc. Borzina un grandissimo murale, raffigurante un sasso, una fune metallica, ombre. Negli anni '90 Sopraponte era il primo centro a creare una scuola di alfabetizzazione per extracomunitari. Nel 1997 veniva affacciata l'idea di realizzare una "bretella" per evitare la strettoia nel centro di Sopraponte, onde raggiungere Vallio.




ECCLESIASTICAMENTE appartiene sin dalle origini alla pieve di Gavardo. Assistita da sacerdoti di Gavardo, la prima chiesa di Sopraponte, nel 1509, acquisiva una sua qualche indipendenza, anche se relativa. L'"Universitas et homines" di Sopraponte costituivano una Cappellania che permettesse la presenza di un sacerdote in luogo. Ciò venne concesso purché il titolare intervenisse a Gavardo il Sabato Santo per partecipare alle funzioni ed ai riti pasquali. All'atto della visita del vescovo Bollani (28 settembre 1566) la chiesa non è ancora consacrata, il curato è mantenuto dal Comune e riceve cinquanta ducati. Esiste già la Confraternita del SS. Sacramento, senza beni, e nel territorio non esiste altra chiesa. Il Comune deve pagare all'arciprete di Gavardo 9 libre di cera "cum dimidia planet" e dodici tordi ogni anno. Che sia una chiesa povera lo si deduce ancor più negli atti della visita di mons. Celeri (1578). La parrocchia ha sì ora a disposizione qualche campicello dal quale ricava soltanto tre ducati; ma d'altro canto non vi è beneficio e non esistono legati, non esiste una canonica, non vi è altro sacerdote o chierico e nemmeno si vede l'ombra di un predicatore, mentre è ancora stretto il legame con la pieve di Gavardo, dalla quale il rettore curato ritira gli Oli Santi, ma è anche obbligato ad intervenire oltre che alle funzioni del Sabato Santo, a quelle del Corpus Domini, della notte di Natale e della festa dei SS. Giacomo e Filippo. Due anni dopo, il 18 marzo 1580, il visitatore in nome del card. S. Carlo B. trovava la chiesa di San Lorenzo sufficientemente ampia con tre altari, il battistero inadeguato ed il cimitero inesistente. La chiesa non aveva propri redditi ed il Comune provvedeva al sostentamento del curato "mercenario" che era Francesco Bettolino. Il visitatore stabilì che: gli altari fossero muniti di cancelli, le finestre fossero coperte con tela cerata, si scavasse un fossato intorno alla chiesa per evitare le infiltrazioni di acqua piovana, fossero eseguite altre opere di ristrutturazione all'interno dell'edificio della parrocchiale al fine di renderlo più adatto ad accogliere i fedeli. Particolari disposizioni venivano date per la scuola del SS. Corpo di Cristo. Trovata poi già la chiesa con un suo battistero ed una certa quale struttura, è probabile che lo stesso S. Carlo avesse auspicato la nascita di una parrocchia autonoma. Ciò si avverò a distanza di pochi anni. Difatti al 28 gennaio 1588 Andrea Marinelli, Bartolomeo Zelli e Comino Chiodi, sindaci e procuratori della «Universitas et homines», recatisi a Brescia, avanzarono al Vescovo la prima domanda. Assicuravano in essa che esisteva da tempo immemorabile la Chiesa di S. Lorenzo, decente e capace, officiata da un curato di Gavardo, mantenuto in parte dalla Comunità di Sopraponte; chiesa con sagrestia, fonte battesimale, cimitero, campanile e campane, croci, calici ecc. Si lagnavano che la parrocchia fosse troppo lontana, facendo presente che la strada era attraversata da un torrente rapido, che quando era in piena impediva di recarsi a Gavardo. Lo stesso giorno il Vescovo dava assicurazione in senso favorevole. In seguito a ciò veniva compilato il decreto vescovile emanato l'1 aprile 1588 che istituiva la nuova parrocchia con il titolo di S. Lorenzo. Al parroco di Gavardo come pure alla comunità di Sopraponte fu riservato il diritto di Patronato. Il comune dal canto suo si obbligò a provvedere «all'olio per lampade, al cero pasquale, ai mobili di Sagrestia, paramenti e suppellettili ad uso del culto divino, alla cera, ai messali, e calici, ecc. Ai primi di maggio di ogni anno doveva dare al parroco di Gavardo una torcia lavorata, di tre libbre e un bel capretto (satis congruum) in ricognizione di dipendenza». In decorso di tempo l'obbligo del Comune verso la chiesa verrà poi permutato in un canone annuo alla fabbriceria di L. 100. Il cammino della parrocchia è lento. Ancora a non pochi anni dalla visita di S. Carlo B., nel 1597, la chiesa non è consacrata, il cimitero, sebbene utilizzato col permesso di superiori, non è benedetto, il reddito parrocchiale è sempre di 50 scudi a tutto carico del Comune. Specie nel '600 c'è tutto un fiorire di iniziative. Vengono erette chiese nelle frazioni. Nel 1609 il Da Lezze riferiva che esisteva la Disciplina di S. Rocco "dove li confratri concorrono, in numero di 12, vestono di verde, senza entrada». Nel 1684 quella di Sopraponte era tra le parrocchie gratificate da una speciale indulgenza plenaria papale, dopo essere stata colpita «da diversi infortuni e disgrazie, essi e le loro terre, benché coltivate con cura». Particolarmente attivo è il parrocchiato di don Andrea Baronio (1725-1743) che arricchisce la chiesa di nuovi altari e fa ristrutturare la canonica. In parrocchia sono presenti sei e più sacerdoti delle famiglie più distinte: Quarena, Bertuetti. Il parroco don Domenico Bertoni (1743-1740) riesce a dotare la chiesa dell'organo e lascia, morendo, un grande rimpianto nella popolazione. Cugino di don Andrea Baronio è don Michele Baronio (1760-1789) attivo, colto, che il 21 luglio 1785 durante una visita pastorale del vescovo Nani, viene nominato arciprete. Nel 1760 si moltiplicano i legati di Messe e le cappellanie. Nel 1770 vivono in Sopraponte 6 sacerdoti oltre il parroco. La situazione religioso morale rallenta agli inizi del sec. XIX. Nel 1819 vi vengono registrati diciotto inconfessi dei quali cinque si giustificano. Zelante è l'arciprete Pietro Bologna (1789-1799), che apre in parrocchia un piccolo collegio di 10-15 studenti. Il successore, don Antonio Zanardi (1799-1840) estende la sua attività anche a Gavardo dove apre un orfanotrofio e, nel 1831, vi fonda un convento di Orsoline al quale lascia le sue sostanze. Fra i sacerdoti si distinsero, durante l'800, il cappuccino p. Giuseppe Bertuetti, morto in concetto di santità; p. Angelo Arrighi che, morendo, lasciò nel 1832, ai Padri della Pace le sue sostanze; don Vincenzo Gaffuri che sarà poi vicario generale della Diocesi di Brescia.


Durante il lungo parrocchiato (1873-1922) di don Francesco Ghirardi e quello di don Silvio Nabacino (1922-1932), la vita parrocchiale compì passi decisi sotto i più diversi aspetti. Fiorirono confraternite e compagnie religiose, istituite devozioni e feste. Nel 1893 risultavano erette la Confraternita del SS. Sacramento (26 uomini, 35 donne), l'oratorio femminile (78 iscritte), il "Rosario vivente". Quasi tutte le famiglie erano consacrate alla S. Famiglia di Nazareth. Venne data mano alla costruzione di una nuova chiesa parrocchiale (poi sospesa), per cui nel 1911 venne restaurata quella esistente. Vennero acquistate le nuove campane, benedette il 15 febbraio 1920, realizzato l'apparato delle Quarantore e acquistati paramenti e suppellettili. Fu restaurata la chiesa di S. Maria di Terni (ottobre 1921 - aprile 1922). Grazie all'attività del curato don Ermenegildo Nabacino, nel 1911 nasceva il Circolo della Gioventù maschile e nel 1915 l'oratorio con un centinaio di iscritti. Provvidenziale fu la presenza dei Padri della Pace e specialmente di p. Antonio Cottinelli che agli inizi del 1900, dopo aver disposto del suo patrimonio per la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale, dovette ripiegare, nel 1909, con rilevante somma a far eseguire opere di restauro della chiesa vecchia. Contemporaneamente veniva migliorata la canonica e adattato un ampio locale a sala di ritrovo per la gioventù maschile. Nell'ambito della parrocchia ebbe rilievo l'apertura, nel 1924, della Villa Pace a convegni, corsi di esercizi spirituali e di formazione per dirigenti dell'Azione Cattolica femminile fino ad accogliere una buona media di ospiti l'anno. La villa fu ampliata ed abbellita nel 1927 e arricchita di una cappella dedicata a Cristo Re. Nell'agosto 1932 la villa ospitò per un breve periodo di riposo mons. Giovanni B. Montini, il futuro Papa Paolo VI. Fecondi furono e sono poi i parrocchiati di don Panizza, don Andreassi, don Festa. Don Silvio Nabacino, oltre che avviare l'ampliamento della chiesa parrocchiale intervenne nei restauri di chiese delle frazioni di Fostaga (1927, con nuove campane), di Soseto (1927), di Quarena (1928). Nel 1926 venne innalzata in Selvapiana una monumentale Croce. Don Celestino Panizza (1935-1945) realizzò la ristrutturazione e l'abbellimento della chiesa parrocchiale, creò la filodrammatica, sviluppò apostolato giovanile e l'attività catechistica. Il 20 agosto 1944 veniva di nuovo eretta la Congregazione del Terz'Ordine francescano. I beni di don Panizza, stroncato da tragica morte sotto il bombardamento di Gavardo del 29 gennaio 1945, vengono ereditati dal suo curato don Antonio Andreassi. Sotto il parrocchiato di don Andreassi viene costruito il nuovo teatro S. Antonio (1945-1949), nel 1950 viene costruita la colonia B.V. di Fatima in Monte Magno (1953); sorge pure il campo sportivo. Nel 1954 viene acquistata dalla parrocchia (un poveraccio dona la sua casa), Villa Pace che ospita famiglie senza casa. L'oratorio si arricchisce sempre più di iniziative. Singolare è l'acquisizione di una splendida collezione di "gioppini" (burattini) donata da Mimì Gmürr. Ma di rilievo straordinario è la creazione, per impulso del parroco don Serafino Festa, di un nuovo oratorio, inaugurato il 3 dicembre 1994.




CHIESA PARROCCHIALE. La chiesa parrocchiale dedicata a S. Lorenzo, venne probabilmente edificata su di una cappella precedente forse nel sec. XV o, secondo altri, nel sec. XIV. Infatti lo stile della chiesa segnava una transizione dal romanico al gotico. Esisteva già nel 1509 quando veniva eretta una cappellania per la celebrazione delle funzioni sacre. Le «fondamenta che sporgono, perché più ampie, sotto le pareti dell'abside attuale in forma di arco a tutto sesto» hanno fatto pensare, a Silvio Nabacino, a due ipotesi: «o c'era un'altra chiesa, o probabilmente quella che oggi esiste si prolungava longitudinalmente con uguale altezza e larghezza fino al Coro terminante in un semicerchio. È probabile, sostiene ancora il Nabacino, che abbiano ridotto poi il Coro, per fabbricare la volta (a crocera) sopra l'altare. Nella visita di S. Carlo (1580) era dichiarata non consacrata, ma abbastanza ampia, con tre altari. La chiesa venne consacrata, come ricorda una lapide in onore della B.V. Maria e di S. Lorenzo M., la prima domenica di maggio 1629 da mons. Vincenzo Bucchia, vescovo di Cattaro, con licenza del vescovo mons. Marino Giorgi. La chiave della ricostruzione o ampliamento della Chiesa è nell'epigrafe che si legge dietro l'altare maggiore: «BARONIUS I. FUNDAVIT / LEVRANGI EREXIT PERFECIT BARONIUS II» a meno che l'iscrizione si riferisca al solo altare. La ricostruzione dell'una o dell'altra è iniziata da don Andrea Baronio, continua con don Lorenzo Levrangi e termina con don Michele Baronio. «L'esterno dell'abside, ove sono dipinti grossolanamente gli stemmi del Comune e della parrocchia, porta la data del 1776; è però facile scorgere che tale data riguarda un rifacimento postumo del solo ultimo tratto di abside, allo scopo forse di adattarvi nell'interno la soasa in legno, stile barocco e di buon valore». Lavori di restauro e di abbellimento vennero compiuti nel 1909-1911 grazie anche al sostegno economico dei Padri della Pace di Brescia e specialmente di p. Antonio Cottinelli. Il 14 marzo 1920 il vescovo ausiliare mons. Bongiorni consacrava le nuove campane che suonarono per la prima volta il Sabato Santo seguente. Fin dagli anni '20 si presentò il problema di un ampliamento e di una ristrutturazione della chiesa. Lanciò l'idea don Silvio Nabacino in un opuscolo di "Notizie storiche di Sopraponte" del 1929. La prospettiva si fece proposito che ebbe attuazione nel 1935-36 approfittando dei consigli dell'arch. Tagliaferri, del pittore V. Trainini, dello scultore Zanelli e di mons. Guerrini. In pratica, là dove prima esisteva l'abside e l'altare maggiore venne innalzata una nuova facciata in pietra, in stile romanico. Ampliata, la chiesa venne anche decorata e riconsacrata il 30 giugno 1936. A coronamento delle opere di ristrutturazione e di decorazione venne posta la seguente epigrafe: «QUESTO TEMPIO/A S. LORENZO MARTIRE DEDICATO/SULLE VETUSTE FONDAMENTA/IN DOPPIA AMPIEZZA RISORTO/DI NUOVE FORME A NUOVO EFFETTO RISPLENDE/PER FORTE COSTANTE VOLERE/DEL REV. PARROCO DON CELESTINO PANIZZA/CON GENEROSO CONCORSO/ DI TUTTE LE FAMIGLIE SOPRAPONTINE/SEGNALATI ANCORA I DISCENDENTI/DI CASA BERTUETTI/PERCHÈ BENEMERITA DELL'ANTICA CHIESA/AD. MCMXLIII». Nel 1982 venne rifatto il tetto. La facciata fu ricostruita nelle linee gotiche. Le decorazioni interne vennero eseguite nel 1935-1936 ad opera di giovani artisti quali Oscar di Prata, Enrico Ragni, Battista Trainini. Due affreschi riguardanti aneddoti della vita di S. Lorenzo m. furono dipinti sulle pareti dell'altare maggiore da Giuseppe Mozzoni e Vittorio Trainini. Affreschi ed ampliamento furono lodati da un intenditore quale fu Pietro Feroldi. Egli infatti ebbe a sottolineare che «Pitture e decorazioni aderiscono perfettamente alla architettura, senza ripetervi una derivazione di stile. Le decorazioni della navata, sopra un fondo di ocra giallo-dorata, o rosso geranio sonante, sono quanto di meglio poteva trarsi dalla evocazione di quegli antichi misteriosi fondi che sembrano raccogliere e tramandare lembi di cielo: ricchi e preziosamente cercati i particolari, fermati da suggerimenti romanici e quattrocenteschi. In alto, nel fregio che corre fino al catino, sono i dodici apostoli dipinti con assoluta padronanza del fresco, in toni fondi (che potrebbero in apparenza aversi per scuri), interpretati idealmente da immagini quali ci furono tramandate dall'opera dei trecentisti (riferimenti visibili ma che nulla tolgono alla nobiltà della esecuzione), fra i quali emergono le immagini di S. Giacomo e S. Simone, quest'ultima notevole per rara potenza espressiva». Circa la figura centrale del Cristo Redentore che campeggia nell'abside fra i SS. Lorenzo e Lucia ha rilevato come «si affacci all'ingresso della chiesa; l'opera parla d'un tratto la sua unità espressiva ed inspirata. Vuol dire che un equilibrio ne regge le varie parti, di forma e di contenuto, il che avviene soltanto dell'opera d'arte. La figura del Cristo offre passaggi a tonalità piene, veramente encomiabili. Dolce nella fissità ieratica dello sguardo illuminato da una luce interiore, pare che tutto investa della sua fiamma caritatevole. Dipinte con rara sensibilità e magistralmente chiaroscurate dalla luce che penetra per le ampie finestre, le figure laterali stanno fra il sacro e l'umano, con fermezza di contorno e squisitezza contenuta di toni che le fanno emergere spiritualmente dal fondo. Sull'altare maggiore campeggia una bella pala raffigurante il Martirio di S. Lorenzo attribuita da qualcuno al Gandino e raccolta in una grande soasa in legno, attribuita ai Boscaì. Questa reca in alto una statua di S. Lorenzo, mentre la base è stata rifatta negli anni '40 dalla bottega Poisa di Brescia. Il bel tabernacolo è opera di Alessandro Bombastone di Rezzato al quale veniva commissionato con la seguente singolare clausola: «Deve essere di marmo di Carrara con una colonna per parte di diaspro di Sicilia coi suoi rimessi secondo il disegno e tanto i rimessi come quanto il marmo siano lustrati bene. Come pure restano accordati i due gradini per parte li quali devono essere di pietra di Botticino». Nel 1763 il tabernacolo fu posto su di un altro, meno bello, che fa da base. Due gli altari laterali: quello del SS. Sacramento eretto negli anni '20 del sec. XX e quello della Madonna del Rosario realizzato nel 1735. E questo fu realizzato seguendo precise indicazioni contenute nel contratto del 26 marzo secondo il quale «L'Ancona deve essere di pietra di Botticino a riserva delle colonne che devono essere di giallo di Torri e delle macchie che devono essere di rosso di montagna ed altri colori verdi... con obbligo a fare la nicchia con le ponte dove deve stare la statua della B.V.». La tela raffigurante S. Carlo B., S. Luigi, S. Francesco di Sales, S. Giovanni è stata assegnata a Nicola Richelmini di Sabbio che in tarda età si fece religioso col nome di fra Michele Arcangelo, e che morì a Gargnano. L'organo, a quanto scrive Silvio Nabacino, risaliva al 1735. Contratti con l'organista esistono nel 1824, 1866. Nel 1935, nella ristrutturazione della chiesa, vi viene trasferito l'organo del santuario di S. Maria de' Terni trasformato, come ricorda una targa, da Paride Fancini. Sulla sua tastiera eseguì opere con maestria, per anni, Nestore Baronchelli. Il 16 giugno 1991 veniva inaugurato un nuovo organo, costruito dalla ditta Ruffati di Padova. Tra gli arredi è notevole un grande stendardo per la processione del Corpus Domini, ricamato e donato nel giugno 1971 da Bruna Cortini.




S. MARIA DE' TERNI o S. LUCIA o NATIVITÀ DI MARIA SS. Si trova sul ponte del Chiese, che congiunge Bostone di Gavardo con Sopraponte. Fu dapprima una santella o cappelletta, detta "la Maestà" che venne poi trasformata in un piccolo santuario. Ciò avvenne in seguito ad una serie di guarigioni delle quali c'è un ampio resoconto steso in seguito di un'accurata inchiesta condotta da mons. Cristoforo Medici, vicario foraneo di Gavardo. In seguito alla notizia da questi inviata al vescovo Marino Giorgi il 25 dicembre 1603, che «un'Immagine della Vergine Madre del Figliolo d'Iddio, sita in una sacella qui vicino sopra gli confini della terra di Sopraponte fa gratiae, et segni di miracolo» e dopo l'autorizzazione del 29 dicembre, data dal vicario generale al cancelliere vescovile Camillo Guida, sia mons. Medici che questi eseguirono un'accurata inchiesta (interrogando numerosi testimoni) dalla quale risulta che «tale Lazzarino del Gel, brav'uomo di Sopraponte, da lungo tempo afflitto da "vertigini perniciose" ed oramai quasi cieco da un occhio, decide di far un voto alla Madonna per ottenere la guarigione e il 13 di dicembre, festa di Santa Lucia protettrice della vista, si reca alla cappelletta della «maestà» che si trova lungo la strada per Gavardo, e si raccoglie in preghiera. Ad un tratto, alzando la testa si accorge che l'effige di Maria «aveva gran quantità di lacrime agli occhi, sudava nella faccia ed era assai più bella del solito; pareva che fosse viva, et era bagnata anco la faccia di nostro Signore che ha in braccio detta Madonna...». Come sospinto da una forza misteriosa, Lazzarino si bagna le dita con quelle lacrime, poi si tocca l'occhio malato che prodigiosamente riprende a vedere. Dell'evento sono testimoni due passanti, i quali non mancano di verificare come lo stesso non possa attribuirsi ad umidità o ad infiltrazioni, essendo il muro per il resto perfettamente asciutto» Nei giorni seguenti la lacrimazione continua attirando un sempre più folto numero di fedeli che ottengono le più svariate guarigioni. Di queste, nella relazione, vi sono particolareggiati riferimenti e testimonianze. Lo stesso Giovanni da Lezze in viaggio nel territorio bresciano per completare il suo Catastico annotava che la Madonna «da alcuni giorni in qua, fa miracoli». In seguito a questi fatti il 6 agosto 1604 Ambrogio Marinelli, Gio. Francesco Quarena, Gerolamo de' Zelli, Antonio de' Chiodi Sindaci con istrumento a rogito notaio Raimondo di Gavardo chiedono di erigere un tempio nel luogo, obbligandosi in nome proprio e del Comune di farlo fabbricare e dotarlo dei necessari paramenti e arredi. Il 23 agosto ciò viene concesso con decreto vescovile e il 16 maggio 1605 viene celebrata con concorso e processioni di sacerdoti vicini e di fedeli la posa della prima pietra, nella quale si legge l'epigrafe: «ECCLESIA SINE PASTORE: / MARINO GEORGIO EP. BRIX. / ANDREA BERTONO ECCL. S. LAURENTI RECTORE / ANNO DOMINI MDCV MENSE MAI DIE XVI / TEMPLUM HOC. S. MARIAE TERNORUM SUPRAPUNTE / AD HONOREM B. M. V. NOMINI/ CREBRISQUE MIRACULIS IN LOCO CLARESCENTIE / PIORUM ELEMOSINIS / A FUNDAMENTIS ESTRUI CEPTUM / MARZAN MARINÈL - GIROLEM DEL ZEL / ANTONIO CHIODO - IMELVE DE ARICI / FRANCESCO QUARENA - DEPUTATI». La chiesa è terminata in breve tempo e nella primavera del 1606 viene eretto l'altare sul quale è posta una nuova immagine della Madonna con Bambino, contornata da angeli musicanti. Il 26 aprile 1608 il vescovo Marino Giorgi, in visita pastorale, vi erige la Confraternita del Suffragio, aggregata a quella di Roma, sotto la direzione del parroco. Il tentativo della Confraternita e dei cappellani, di sottrarsi alla giurisdizione del parroco, costringeva, nel 1633, il vescovo Giustiniani ad ordinare entro 8 giorni la rimozione dei confessionali e nel 1667 il vescovo Giovanni Marino Giorgi a consegnare una chiave della cassetta delle elemosine al parroco. Altri interventi si susseguono: nel 1730 il Card. Querini ordina che siano rimossi i confessionali e che non vi si celebri avanti la Messa Prima in parrocchia sotto pena di sospensione a divinis. Consimili decreti vengono emanati l'1 aprile 1766 e il 17 settembre 1768 fino a quando il 17 maggio 1770 «sopra la loza del Nodaro Bertuetti Girolamo in contrada Villa» i rappresentanti del Comune e quelli della Confraternita stabiliscono «che la confraternita non ha diritto né sui capitali né sulle elemosine, e si stabiliscono altre modalità per funzioni e solennità in rapporto ai giusti diritti del parroco». Ciò spinse i confratelli a deporre tonache, collari e cordoni e ad andarsene, scornati e offesi, per cui il parroco scrisse che la confraternita era finita «tra i morti». La lunga vertenza venne raccolta in una «Stampa del Comune di Sopraponte contro li Confratelli del Suffragio». L'altare maggiore e ancona vennero costruiti da Ercole e Francesco Peduzzi. L'altare laterale di S. Lucia venne eretto con una buona tela nel 1690. La decorazione barocca della volta del presbiterio rivela una mano esperta. La chiesa conserva alcune tele, una delle quali è di buona scuola veneziana (è attribuita al Celesti). Vi esisteva anche un organo che subì notevoli danni forse nel 1919 e che, trasformato da Paride Fancini, venne trasportato, nel 1935 nella chiesa parrocchiale. Utilizzato come alloggio di truppe militari durante la prima guerra mondiale, il santuarietto venne restaurato nel 1921-1922 decorato con l'organo da Angelo Tognoli e dai fratelli Gennari di Brescia. Fu inaugurato il 30 aprile 1922. Nel 1960 il santuario venne di nuovo restaurato, per iniziativa del parroco don Andreassi. Nel 1969 venne posta una nuova porta, con al centro S. Lucia e la Natività e, attorno, i dodici apostoli, scolpita da Giovanni Fiorini.




S. GIOVANNI EVANGELISTA IN QUARENA. Sorge nell'antica frazione Quarena, ai piedi del monte Selvapiana. Ne venne decisa la costruzione nell'aprile 1784, nella vicinia del luogo, su esortazione di don Alessio Leali di Odolo. Se ne fece iniziatore Paolo Quarena che stese domanda al Serenissimo Principe e al Vescovo. In esse è detto che Paolo Quarena e abitanti si assumono di fabbricarla a proprie spese. Il Vescovo concesse con decreto 21 aprile 1784 e appoggiò anche presso il «Serenissimo Principe», che non tardò a concedere con Decreto ducale 11 settembre 1784. Animatore era certo il Rettore Michele Baronio. Come sottolinea Silvio Nabacino, la costruzione venne incominciata, ma, già compiuti il presbiterio, la volta e le pareti della navata, venne interrotta. Ripresa nel 1819, l'opera venne nuovamente interrotta per contrasti fra fabbriceri e abitanti e condotta a termine solo nel 1928, con la modifica della volta, ridotta ad arco a tutto sesto e con l'abbassamento degli archi corrispondenti alle lesene. Come scrive don Nabacino «Fu mirabile lo slancio dei terrazzani che tutto fecero da sé, volta, cornici in gesso, intonaci (ad eccezione della decorazione) rubando le ore di riposo alla festa e alla notte per tre mesi circa (20 settembre - 8 dicembre). Alla vigilia dell'inaugurazione si volle procedere alla ricognizione della prima pietra e fu trovata la iscrizione «D. O. M. / IO. NANI EP. BRIX. / IN HONOREM S. IO EVANG. / PRIMUM HUNC LAPIDEM / B. ET P. / XI KAL. AUG. 1785 / RECTORE M. BARONIO / R. D. PAULO QUARENA PATRINO / PAULO MORA RECURRENTE» che fu riposta con l'aggiunta di una targa di bronzo inciso a memoria dei restauri e finitura. La grande festa fu allietata da una solenne processione che portava nella Chiesa due nuove statue: S. Carlo e S. Lucia; con grande concorso di popolo, buon programma di canto e musica». La chiesa venne di nuovo restaurata e abbellita nel 1989, per iniziativa del parroco don Andreassi. Nella chiesa di Quarena è venerata la Madonna della Mercede o, più popolarmente la "Madonna dei osèi" in un'immagine rimasta intatta dopo la distruzione avvenuta nel 1780 circa di una santella esistente in località Vela e travolta da un'alluvione. Trasferita con il muro sul quale era dipinta fu tenuta sempre in grande venerazione. La chiesa venne restaurata nel 1983 e abbellita con un nuovo altare offerto dal marmista locale Tagliani.




PATROCINIO DI S. GIUSEPPE IN FOSTAGA. Di belle linee architettoniche settecentesche venne eretta con il benestare espresso dal parroco don Domenico Bertoni del 2 maggio 1745 perché si fabbrichi un pubblico oratorio «attesa la distanza della frazione e la difficoltà di venire alla parrocchia se il torrente ingrossa; con facoltà di avere la S. Messa anche in festa salve le prescrizioni sinodali». In seguito un decreto vescovile del 5 maggio 1745 concedeva l'erezione. Fabbricata a tutte spese degli abitanti, venne arricchita di una pala di Giovanni Dusi (1750) e, con contratto del 26 aprile 1772, veniva dotata della porta dal tagliapietre mastro Benedetto Ghidinelli di Paitone. Compromessa, in seguito, da vandalismi e da un terremoto venne restaurata nel 1928 dagli abitanti della zona e dotata di due nuove campane.




S. FILIPPO NERI. Sorge ai piedi dei Tre Cornelli e venne edificata in seguito alla richiesta da parte di don Girolamo Bertuetti, del 25 maggio 1680, di edificare una "edicola o oratorio" per comodità dei contadini e dei carbonai. Fu concessa dal Vicario Generale previo il consenso del parroco. Nel 1691 vi si celebrava solo con il consenso del parroco. Nel 1809 p. Umiliato vi benediceva la Via Crucis.




S. GIOVANNI BATTISTA DI SOSETO. Soseto, luogo delle prugne (susinus), è una frazione posta a cavalcioni della strada per Vallio. Con istrumento 1 aprile 1750 dai fratelli Battista e Bartolomeo Berardi è «sapientemente e benignamente conceduto gratis e per puro amor di Dio tanto di terra et orto necessario ad esservi fabbricato il Capitello per il quale ha disposto oblazione il defunto G. Battista Bertozzo». Fu benedetta il 2 febbraio 1760 dal Rettore Lorenzo Levrangi dedicandola all'Immacolata, a S. Giovanni Battista e S. Lorenzo. Piccola, ma di uno stile 700 agile e grazioso, venne quasi del tutto rovinata nel periodo della I guerra mondiale. Nel 1927 fu alla meglio restaurata e ribenedetta con festa solennissima, poiché la gioventù maschile amò qui riporre alla pubblica venerazione la nuova statua di s. Luigi, donata da don Martino Zanetti, curato di Gavardo. Distrutta nel 1970 circa, per l'allargamento della strada provinciale, venne ricostruita poco lontano dalla precedente, da volontari, su progetto del geom. Armando Tartari. Tutta in pietra a vista con campanile rotondo sempre in pietra, finestrelle e portico in legno lavorato che porta la firma, come per l'altare regalato ed abbellimento interno, dello scultore concittadino Enrico Mora coadiuvato da Mario Zucchetti. Venne inaugurata il 24 giugno 1982.




S. MARIA DELLA SALUTE IN BORZINA. Venne eretta su richiesta avanzata il 20 settembre 1804 da Angelo Chiodi al parroco don Zanardi. Sostituiva una santella che secondo uno strumento del notaio Zini del 26 giugno 1728 era stata edificata dai fratelli Giovanni B. e Girolamo Chiodi e donata al parroco. La chiesetta, in seguito a decreto del vescovo di Brescia dell'1 ottobre 1804, doveva rimanere di giuspatronato del parroco pro tempore, mentre Angelo Chiodi si impegnava di farla costruire a sue spese con l'aiuto di alcuni devoti, «assumendo l'obbligo per sé e successori di provvedere alla manutenzione del fabbricato e degli arredi». Nel 1819 la chiesa risultava un oratorio pubblico nel quale si celebrava rare volte.




CRISTO RE. Benedetta dal vescovo mons. Gaggia nel luglio 1926, fu affrescata da Vittorio Trainini. A Monte Magno, nel 1954, venne eretta una chiesetta fabbricata dagli alpini.




CHIESE SCOMPARSE: B.V. ANNUNCIATA SUL MONTE MAGNO. Venne eretta nel luglio 1785 dietro domanda di Giovanni Battista Ce e col permesso del Senato Veneto del 23 settembre 1785. Edificata a tutte spese del Ce, venne benedetta il 29 settembre 1786 dal parroco don Baronio a condizione che non avesse campane, confraternite, cassette di elemosina. Distrutta non si sa per quale motivo o in quale circostanza, venne riedificata nel 1805 dal conte Vincenzo Martinengo Colleoni e solennemente benedetta l'1 ottobre dello stesso anno, col titolo della B. V. Annunziata, dal parroco Zanardi assistito dal Cappellano di Casa Martinengo. Di nuovo distrutta, rimanevano le tracce di un affresco nel fienile di proprietà Quarena.


Singolare l'EDICOLA incastonata nel 1971 nella roccia, lungo la strada per Monte Magno a quota 510, in loc. Peardèl, con l'effigie di papa Paolo VI, fusa nelle fonderie Mora a ricordo di un soggiorno a Sopraponte del papa nell'agosto 1932.


In sostituzione di una santella e a poca distanza dal luogo in cui esisteva la cappella dell'Annunciata, in ricordo della Conciliazione fra Stato e Chiesa, Carlo Bertuetti fece costruire un'edicola con la copia di una Madonna robbiana, benedetta nel settembre 1929.




ECONOMIA. Viti, castagni, prati e qualche tratto di coltivazione di cereali, ulivi, allevamento del bestiame furono per secoli il patrimonio di Sopraponte. Particolarmente ricercati i funghi e specialmente gli ovoli (in dial. "cucù"). Il Da Lezze (1609) dichiarava "sterile" la campagna «per esser in monte, et li piò migliori vagliono cento ducati l'uno per esser buoni di vino». «Vi sono, soggiungeva il Da Lezze, anco delli boschi in quantità di ragione de' particolari, et anco del Comune, e puono esser di piò n. 800 in circa et li monti sono eminenti, e di altezza di dui miglia. Si fanno delli carboni assai, portandosi in diversi luochi del territorio». Il carbone di legna veniva utilizzato in quattro fucine del luogo «dove si fan broche et chiodi in quantità et si mandano per molti paesi». Vi esistettero mulini, allo sbocco del Vrenda, all'Isola e a Soseto. Sempre allo sbocco del Vrenda esistette una fucina. A cavallo del sec. XIX-XX esistette a Sopraponte una succursale del pastificio Bertuetti. Con l'industrializzazione della zona, la popolazione gravitò sugli stabilimenti di Bostone e sugli altri complessi industriali della zona.




RETTORI, PARROCI E CURATI: Cristino Mora (1554-1573); Giacomo Maiolo (1573-1575); Cristino Mora (1576-1577); Francesco Bertolini (1578-1581); Andrea Bertoni curato-rettore (1582-1610). Rettori: Andrea Botaini (1611-1616); Giacomo Martinoni (1617-1663); Giovanni Bertuetti (1664-1681); Bartolomeo Gaidoni (1681-1708); Giovanni Zanini (1709-m. 9 aprile 1725); Andrea Baronio (1725-1743); Domenico Bertoni (1753-1748); Lorenzo Levrangi (1748-m. 26 febbraio 1760); Arcipreti: Michele Baronio (1760-1789); Pietro Bologna (1789-1799); Antonio Zanardi (1799-1840); Giovanni Filippini (1840-1873); Francesco Ghirardi (1873-1922); Silvio Nabacino (1922-1932); Enrico Gosio (1932-1934); Celestino Panizza (1935-1945); Antonio Andreassi (1945-1993); Serafino Festa (1993-2002); Gian Mario Tisi (dal 2002).