PRESEGNO (2)

PRESEGNO (in dial. Preségn, in lat. Presegni)

Villaggio a NO di Lavenone, giace nella ristretta vai Ponticello sul fianco destro della valle dell'Abbioccolo tributario del Chiese. È situato a m. 977 di altezza e dista 11 Km da Lavenone. Ha una superficie agraria di 1339 ettari. Sono avvertiti nel territorio, sotto il profilo geologico, sovrascorrimenti fra Avenone, Ono, Presegno e Pezzeda, in corrispondenza con le anticlinali di Levrange, Vestone, Nozza, Barghe. A Vaiale si gode un'ampia vista su quelle che sono chiamate le Piccole Dolomiti (Dosso Alto, Corna Blacca, Cima Caldoline).


GLI ABITANTI (nomignolo "avocacc") sono 300 nel 1658, 278 nel 1771, 257 nel 1792, 275 nel 1851, 252 nel 1861, (134 maschi, 118 femmine) 321 nel 1894, 250 nel 1925, 321 nel 1928, 400 nel 1932, 25 nel 1995.


Il nome era Prezeno nel 1286, Presigno nel 1356 e poi nei sec. XVI-XVIII.


La più tradizionale etimologia è latina: "praeter signum" cioè "sopra, oltre il segno o il confine" perchè ritenuto al limite di territorio. L'Olivieri rifiuta di farlo derivare da pratum o presa nel qual caso avrebbe un suffisso mal determinabile. Ricorre invece al gentilizio romano Percennius. A "prato" e a "presa" pensa lo Gnaga. E a predium (podere, fondo) ricorre N. Bottazzi, mentre Paolo Guerrini avvicina il nome a quello di Preseglie (presei) facendo derivare ambedue i nomi da "pratisei" = praticelli. Le più antiche abitazioni (con quelle di Bisenzio) sorsero lungo sentieri preistorici. Scavi archeologici effettuati in Vaiale hanno consentito di individuare tracce di insediamenti preistorici degli ultimi cacciatori raccoglitori del periodo mesolitico e degli allevatori agricoli dell'età del bronzo (VI - VII millennio a.C.). Singolare è la tradizione (rimasta per ora tale) dell'esistenza nel territorio di anelli mitici, di cui vi è ricordo anche in Valcamonica, che qualcuno riporta all'esistenza di invasi d'acqua o laghetti percorsi da natanti, ma che altri considerano una specie di ex voto, scegliendo come luoghi le più alte rupi. C'è stato anche chi ha pensato che un anello indicasse il luogo di precisi confini del dominio di Roma, il che avvalorerebbe l'interpretazione del nome di Presegno come "praeter signum". A parte ogni interpretazione toponomastica sta il fatto che tra Presegno e Bagolino esiste una località chiamata Romanterra e che sempre in terra bagolinese si trova una località "Romà". Qualcuno ha individuato la colonizzazione romana nel II sec. a.C., altri l'hanno messa in corrispondenza con giacimenti di galena (piombo e argento). Alfredo Bonomi accenna alla mulattiera che conferma la via commerciale che raggiungeva Bagolino e da qui si inoltrava nel Trentino, in Valtrompia e Valcamonica la quale via, secondo il Bonomi, spiega "l'origine e lo sviluppo di Presegno e di Bisenzio, altrimenti di difficile spiegazione". La tradizione locale fa risalire ai tempi di Roma il ponte che porta da Lavenone nella valle dell'Abbioccolo. Su tale via sorse con tutta probabilità un ospizio per viandanti pellegrini che divenne diaconia della pieve di Savallo affiancato poi da una chiesetta diventata parrocchia. Per probabile donazione di Carlo Magno (768-814) con Pompegnino, Levrange, Presegno veniva ceduto all'abbazia di Leno sulla quale Presegno gravitò per secoli nell'ambito della Comunità o Comune della Pertica. Fu uno dei singoli vici di questa comunità e sebbene sorga isolato su un lontano pendio della montagna in capo alla valle dell'Abbioccolo fece parte del consiglio. Una mulattiera lo allacciava a Forno d'Ono, Bagolino e Lavenone. Con Bagolino dal quale è diviso dai monti Bergna e Dosso Alto ebbe fin dal sec. XIV lunghe contestazioni a causa dei confini non bene determinati; contestazioni documentate in atti del 1356, 1451 e 1796. Nel 1621 il Comune di Bagolino acquistava da Presegno parte del Dosso Alto. Problemi di confine ebbe anche con Ono e Levrange. Singolare è la presenza su una casa della piazza di un Leone di S. Marco a testimonianza della fedeltà alla Serenissima di queste remote popolazioni. Nel 1440 Presegno risultava uno dei comuni della Quadra di Valsabbia. Da Presegno partirono i Bontempelli, Bartolomeo e Grazioso, che, stabilitisi nel sec. XVI a Venezia, divennero commercianti di fama europea accumulando favolose ricchezze. Da Presegno venne una famiglia di stampatori che ebbe come capostipite Giacomino da Presegno. Sembrava invece non documentabile la presenza di ebrei a Presegno che una tradizione vuole lapicidi. La stella, infatti, scolpita su una porta (con l'iscrizione Adi 2 giugno 1555) non sembra corrispondere alla stella di Davide anche perchè, come sottolineano Michela Bonardi e Gianfausto Salvadori, la porta accanto porta la sigla di S. Bernardino (IHS). Tuttavia, come sostiene Alfredo Bonomi, è singolare la presenza agli inizi del '500 di un certo Maria, lapicida che scolpì porte e finestre. Furono sempre protetti i boschi. Nel '600 il taglio doveva avvenire ogni 18 anni. Alfredo Bonomi fa risalire al sec. XVII il più fortunato periodo di sviluppo economico sociale. Appartato e isolato, Presegno fu anche rifugio di "buli" e banditi. Uno di questi, Maffeo Suppini di Lavenone veniva ucciso l'8 giugno 1772 da una archibugiata sul monte di Piazzuole. Il 6 giugno 1788 in un'osteria veniva ucciso tale Giov. Maria Zanni. Il paese godette fino al sec. XVIII di una laboriosa agiatezza che poi andò scomparendo.


Nel secolo XIX si scorgevano ancora non pochi avanzi di case e la signorilità del luogo ancora ben visibile in portali, finestre, affreschi. Ancora nel 1876 circolava la voce che decenni prima la popolazione possedesse 700 bovini ridotti in tale anno già a 127. Nel 1747 poi la Tansa e il campatico venivano corrisposti da 24 malghesi e pastori, mentre nel 1876 i malghesi erano solo la metà e i pastori erano del tutto scomparsi. Nella seconda metà dell'800 vennero abbandonati dai livellari i boschi che tornavano di proprietà comunale e si determinò una situazione che spinse gli abitanti ad emigrare specialmente verso Vestone, Odolo e altrove. Appartato geograficamente, lo fu anche per la storia. Nel giugno 1859, tuttavia, Presegno vide le truppe del gen. Cialdini risalenti da Ono per il valico delle Furche (m. 1223) e che puntando su Bagolino erano in marcia per avvolgere la Rocca di Anfo e scendere nella valle per chiudere agli austriaci. L'avvenimento fu talmente straordinario da essere ricordato in una scritta dipinta sulla piccola piazza e che costò al comune una multa di lire 2,75 austriache: «Nel 1859 / il generale Cialdini / qui sostò / con 6000 (sic) fanti e cavalli». Nel 1861 aveva una sua guardia nazionale di 26 militi attivi. Ma quello raccontato fu probabilmente l'unico avvenimento del secolo. Infatti agli inizi del '900 la valletta veniva definita da Carlo Brusa "diletta agli uccellatori, sede tranquilla di pastori" . A soccorrere la popolazione povera rimase la beneficenza del Pio Soccorso della Pertica che con la riforma del 1863 venne destinata alla somma da distribuire ai più bisognosi. Già appartenente fin dal 1440 alla Quadra della Valsabbia, passato poi nel 1790 nell'ambito del Distretto delle Fucine, nel 1860 Presegno apparteneva al Mandamento di Vestone. Un tentativo di rompere l'isolamento venne compiuto quando il comune di Presegno si unì a quello di Onodegno, Levrange, Avenone e Livemmo per la sistemazione della strada intercomunale della Pertica. La I guerra mondiale vide la presenza di militari. Il progresso delle comunicazioni, rendendo quasi inservibili vecchie mulattiere e sentieri, portò grosse novità. Con R. Decreto del 20 settembre 1928 il Comune di Presegno veniva aggregato a quello di Lavenone che si impegnò a rivitalizzare il remoto paesello che fu tra gli ultimi paesi rimasti senza illuminazione elettrica. Pochi gli accenni, tuttavia alla vita politica ed amministrativa. Il fascismo lo sfiorò soltanto con convocazioni a Lavenone. Frequentato più da partigiani che da turisti il 6 febbraio 1945 anche Presegno subì un duro rastrellamento.


Nel II Dopoguerra e specie dagli anni '60, con la drastica crisi dell'economia agro-silvo-pastorale, andò diminuendo la popolazione che si ridusse sempre più negli anni '70. Per arrestare o contenere lo spopolamento specie nel 1975 venne terminata la strada (12 km) Lavenone - Presegno, mentre le amministrazioni comunali andavano completando le fognature, l'acquedotto e veniva potenziata la linea elettrica. Nuovi interventi di restauro di strade, piazze e fognature sono state avviate nel 1997. Del periodo di splendore di Presegno rimangono ancora segni di grande rilievo quali la bella piazzetta di intonazione rinascimentale circondata da case non spaziose, dai portali scolpiti, ballatoi in legno, ringhiere e finestre con inferriate con motivi di particolare eleganza. Sui portali si notano motivi devozionali e date. Il paese fu e in parte è ancora un piccolo museo non solo architettonico ma anche pittorico. Un pregevole affresco del '500 raffigurante la Madonna in trono con bambino era in casa Guerra. Un "S. Giorgio", del '700, si trova all'ingresso del paese. Su una casa è stata dipinta nell'800 una Madonna con S. Domenico. Casa Campagnoli ha una stanza completamente affrescata fra il '700 e l'800. Fausto Lechi segnala a Presegno come degno di rilievo un portalino che definisce "espressione commovente di un'arte paesana di un villaggio sperduto delle nostre valli. L'artigiano scultore è sì commovente, ma anche bravo e originale nell'inventiva di quei festoni di pomi che si rincorrono nei pilastrini e lungo tutto l'arco".


Non mancano santelle a volte con immagini molto belle come quella della Madonna con il Bambino, S.S. Lorenzo e Giovanni, della Madonna del Rosario con il S.S. Antonio e Lorenzo (1843) in Vaiale, dell'Incoronazione della Madonna della Natività. Singolare in Piazza l'affresco della Madonna di Caravaggio.


ECONOMIA. Con il declino demografico è andata declinando anche l'economia. Nel 1608 si basava, secondo la relazione del Soldo, su "bestiame, latticini e carboni" mentre nell'Abbioccolo si pescava pesce "bonissimo" e soprattutto "mignaghe" . Ancora nell'800 venivano decantate le formaggelle che gli intenditori paragonavano a quelle famose di Vezza d'Oglio. Ora la pastorizia e l'allevamento del bestiame sono quasi scomparsi. Resistette invece alquanto a lungo ed era ancor vivo agli inizi del '900 il piccolo artigianato dei rastrelli che vennero esposti anche all'Esposizione di Brescia del 1904. Tramontate le vecchie tradizioni fra le quali quella della richiesta di matrimonio, esaudita solo se ripetuta tre volte, è rimasta quella dello spiedo e della polenta tiragna. Il nome di Presegno è rimasto affidato negli ultimi anni al Team Presegno vincitore di gare di calcio-basket-pallavolo.


ECCLESIASTICAMENTE Presegno, contrariamente all'opinione di L. Fossati secondo la quale appartenne alla pieve di Idro, gravitò invece su quella di Savallo nella Pertica alta, rimanendo per secoli sotto la giurisdizione dell'arciprete di Mura Savallo. Della pieve fu, come si è accennato, e come rivela la dedicazione a S. Lorenzo, una diaconia con chiesa e ospizio a servizio dei pellegrini e viandanti. Più tardi come opina P. Guerrini staccatasi, nei sec. XIII e XIV, S. Andrea (o i Morti) di Barbaine da Savallo su essa gravitarono camminando per dirupi e balze i pochi fedeli di Presegno, che passarono sotto la parrocchia di Ono Degno. Intanto probabilmente nel sec. XV, veniva costruita una nuova chiesa che diventò il centro di un'autonomia anche ecclesiastica. Infatti già all'atto della visita del vescovo Bollani nel 1565 il parroco di Presegno con quelli di altri paesi era obbligato ad essere presente nella chiesa matrice il Sabato Santo, per ritirare gli Oli Santi. Tuttavia da Presegno i fedeli intervenivano a Barbaine in certe occasioni speciali nelle quali le fanciulle di Presegno erano particolarmente ammirate per la voce intonata ed armoniosa. Nel 1565 vi si amministravano già i Sacramenti, anche se non si conservava ancora il S.S. Sacramento. La chiesa era in non buone condizioni, per cui il vescovo ordinava che venissero riparate le pareti, il pavimento, si mettessero ferrate ecc. La chiesa, che aveva "poche suppellettili" e non aveva beneficio alcuno, era amministrata dagli "uomini" del luogo. In pessime condizioni era la canonica. Il visitatore trovò assente il parroco. Ma gli altri visitatori trovarono sacerdoti diligenti. Non mancavano usanze di solidarietà. A Presegno nei giorni delle Rogazioni veniva distribuito pane in abbondanza «tanto per i poveri quanto per i ricchi». Nel 1650 la chiesa fu arricchita di ancone lignee dei Boscaì, cioè i Pialorsi di Levrange che arricchirono tre altari, il maggiore, quello del S.S. Sacramento e della Madonna del Rosario. Giovanni Vezzoli ritiene più antica la chiesa del Rosario e cita la seguente descrizione: «struttura classica, colonne scannellate, capitelli ionici, fregio leggermente convesso con fasci di fiori e frutta, che con la trabeazione sporge a mensola sui capitelli per reggere un timpano rettilineo senza la base: nel triangolo si affaccia il Padre che lo occupa tutto. Sui lati del timpano due angeli: al vertice un putto; porta calzoni aderentissimi, più bassi davanti. Ha le mani alla cintola e sembra ricordare, con un po' di buona volontà, qualche putto del rinascimento toscano (l'Attis di Donatello?) naturalmente con approssimazione. Un poco più recente la soasa che incornicia un'Ultima Cena. Cariatidi affiancate, più innanzi l'una, l'altra arretrata, un po' tozze, un po' piatte, con movimenti delle braccia e del corpo simmetrici e artefatti, spenta l'espressione. Migliori i putti che uniscono le cariatidi alla base: con le gambe incrociate quelli esterni, quasi un moto di danza. Dal complesso però, per il gioco dei colori e dell'oro, per le cadenze del panneggio e dei gesti, ne segue un ritmo non privo d'eleganza. Opera forse di collaboratori. La soasa dell'altar maggiore si distacca per la ricchezza e la finezza della cimasa, essendo piuttosto usuali le coppie di colonne, pur con un vivace movimento di tralci e di putti. Sugli spezzoni del timpano, ricurvi, stanno due angeli addossati alle concavità del gran trapezio che sorge dietro a loro, come generato dagli spezzoni stessi. La cornice del trapezio si spande in ornati che ricordano il gotico, e culmina con un profilo mistilineo. Ai lati estremi su volute dorate ed espanse, due angeli con le palme del martirio, si collegano con il centro. In mezzo alla cornice San Lorenzo, di tutto tondo: una figura mossa, elegante, di buona fattura nel panneggio ondeggiante della dalmatica e del camice. Da notare, nel dado del piedistallo, unico per ogni coppia di colonne, i putti messi in diagonale nel quadrato, in bilico sugli ornati, espansi con le braccia e le gambe quasi a formare, tra l'oro, un roseo rombo. Ricciuto, il capo biondo, nere le sopracciglia e gli occhi: pastoso e sicuro il modellato. Una vera meraviglia d'invenzione, quasi un'iniziale da messale miniato».


Nel 1689 venne eretta su una precedente costruzione una nuova chiesa che il Bonomi definisce: «particolarmente bella, non grande ma così proporzionata da sembrare quasi imponente. La torre campanaria snella in pietra grigia gareggia con i picchi rocciosi. Il resto della chiesa chiaro, con lesene di pietra più scura, è di una nobiltà tutta montanara. E la misura di ciò è il portale della facciata, certamente opera di artisti locali. Si può assumere a simbolo della cultura contadina. Datato 1734, in stile barocco ma con richiami di elementi gotici, mescolati a motivi di arte popolare semplici e quasi fantasiosi. L'insieme è così strano e la sua vista merita di aver percorso molti chilometri perchè è una pagina umana, sulla pietra. È un documento così raro che meraviglia la sua poca conoscenza: certamente è il portale più particolare di tutta la valle Sabbia perchè il risultato di schemi artistici importanti e di genuina anima popolare». Anche la nuova chiesa che A. Bonomi ha definito "nel complesso una piccola cattedrale fra i monti" oltre che arricchita dalle opere dei Boscaì trasferite dalla precedente, divenne come è stato scritto un "autentico scrigno d'arte". Le soase scolpite dai Boscaì arricchirono gli altari del S.S. Sacramento, della Madonna e quello maggiore che ebbe anche una splendida settecentesca mensa di marmi policromi. Il tempio venne dipinto con significativi affreschi barocchi e belle tele. Nella chiesa è conservata una bella Madonna che allatta il Bambino su una piccola tela della seconda metà del sec. XVII che sembra di ambiente padovano-ferrarese. Un testamento riportato da Bontempi e Salvadori, riferisce di un quadro raffigurante la "Madonna con il bambino lattante". Un quadretto venne ritrovato recentemente dietro l'altare del SS. Sacramento. Veniva esposto in occasione di particolari ricorrenze, l'ultima nel 1947. Ricche le suppellettili fra le quali tre calici d'argento del '500 un ostensorio del '700, un bel tronetto per l'esposizione del SS. L'altare maggiore venne arricchito di un bel palio in cuoio. Particolarmente bello il portale in pietra locale. Un organo venne sistemato nel marzo 1757, mentre nel 1761 veniva costruita la cassa. Venne di nuovo rinnovato, probabilmente, nel 1794. Un nuovo strumento venne costruito nel 1897 dalla Fabbrica d'organi Bianchetti e Facchetti di Brescia. Con lo spopolamento anche la chiesa andò declinando, per cui nel 1960 venivano denunciate (come per la chiesa di Bisenzio) crepe compromettenti. Intanto nel 1955 la parrocchia veniva staccata dalla vicaria di Mura e aggregata a quella di Vestone. Più tardi la parrocchia veniva soppressa. La festa del paese è quella di S. Lorenzo (10 agosto). La soppressione della parrocchia, l'abbandono del paese, aprirono la strada ai ladri che nel settembre 1990 rubarono in una sola notte sei tele, le stazioni della Via Crucis, mobili, suppellettili. Nell'ambito del Comune e della parrocchia gravitò da sempre Bisenzio (v.) con il suo santuario di S. Maria della Neve.