LUZZAGO Alessandro

LUZZAGO Alessandro

(Brescia, ottobre 1551, battezzato in S. Maria Calchera l'8 novembre - Milano, 7 maggio 1602). Di Girolamo e della nob. Paola Peschiera. Il padre, bizzarro e dissipatore del patrimonio familiare, compromise il buon nome della famiglia. Il ragazzo fu educato dalla madre Paola Peschiera, intima confidente e collaboratrice di Sant'Angela Merici, ed ebbe la prima istruzione in Gavardo da Marcantonio Roccio, per passare poi nel 1570 alla scuola dei Gesuiti che nel 1568 erano venuti a Brescia nel convento di S. Antonio. Il 25-26 ottobre 1573 egli sosteneva, nella chiesa di S. Antonio, settecentotrentasette conclusioni di filosofia che furono poi stampate nello stesso anno 1573, dal tipografo Vincenzo Sabbio. Nel 1578 otteneva dal padre l'autorizzazione di studiare teologia a Milano presso il Collegio di Brera e grazie a interventi del card. Carlo Borromeo riuscì a rimanervi per tre anni. Dopo lunghe parentesi dovute a gravi necessità familiari, riuscì ad addottorarsi in filosofia e teologia a Padova nell'ottobre 1586. Ritornato a Brescia si adoperò con molta energia per riassestare il patrimonio familiare, rinunciando tanto al matrimonio, verso il quale lo spingevano i familiari, quanto alla vita religiosa nella Compagnia di Gesù da cui si sentiva fortemente attratto, ma che non poteva abbracciare per gli impellenti bisogni finanziari della famiglia. Liberatosi con fatica da gravi preoccupazioni incominciò a partecipare attivamente alla vita pubblica, diventando membro del Consiglio di Brescia e facendosi promotore di un istituto di studi superiori per «l'istruzione dei giovani nelle lettere e nelle armi, a lustro e difesa della città»; e di provvedimenti «per stabilire una prammatica circa le pompe ed i banchetti il cui uso smodato rovina le famiglie»; per «porre un freno alle liti collo stabilire un giusto termine, sì al diritto sì al merito; per erigere un Magistrato coll'autorità di comporre le parti discordi prima di iniziare alcuna causa»; per «dare compimento all'opera cominciata per la difesa delle cause giuste dei poverelli»; per «procurare lo svolgimento di qualche arte meccanica e massime lavori di ferro e di lana e simili; affinchè il popolo possa trovar lavoro e guadagnarsi onestamente il necessario» e ciò attraverso finanziamenti privati e pubblici; per «introdurre il traffico di qualche merce necessaria e mettere ordine affinchè non si vada a comperare fuori città quello che può aversi in essa» ecc. e perfino per «levare la preminenza di camminare per le vie contro il muro affinchè ognuno possa andare tranquillo per la sua strada tenendo la mano destra». Intensa la sua lotta contro la bestemmia per cui a Manerbio promosse una Lega di giovanetti da lui raccolti nell'Oratorio dedicato al S.S. Nome di Gesù, ancora esistente e popolarmente chiamato "Il Gesù". Lottò contro la pornografia e la stampa erotica, contro le ingiustizie sociali, contro ogni sopruso pubblico e privato. Svolse un'ampia azione in campo caritativo e sociale, contribuendo dal 1590 alla fondazione ed al funzionamento della «Casa di Dio», grandioso ricovero per mendicanti, e della «Casa delle zitelle»; si fece promotore dei Monti di Pietà cui diede nuove regole e nuova vita. Fu attivo membro della Confraternita della Misericordia per i giustiziati e con la sua assistenza nessun condannato a morte morì senza pentirsi; volle che funzionasse il patrocinio legale gratuito per i poveri ed assistette senza posa i carcerati. Nel 1595 venne nominato conservatore del Monte di Pietà e nel 1597 protettore delle "Dimesse di S. Orsola".


Ma l'opera cui egli dedicò con maggior zelo la sua attività fu quella della «Dottrina cristiana» di cui nel 1590 era diventato gran priore. Imitando le iniziative di S. Carlo Borromeo, curò la stampa degli statuti distribuendoli a quasi quattrocento parroci della diocesi, visitando in qualità di gran priore anche le più sperdute parrocchie di montagna. Per i giovani delle famiglie ricche fondò la Congregazione di S. Caterina onde toglierli dall'ozio. Per i gentiluomini maturi, aiutato dal conte Francesco Gambara, promosse l'Accademia di lettere e di musica «dei rapiti»; fu il pacificatore di famiglie in lotta fra di loro. L'opera più importante del suo apostolato è tuttavia la Confraternita dello Spirito Santo in cui buoni laici sotto la guida del clero si dedicavano alla propria santificazione e ad opere buone, fondando così una vera Azione Cattolica "ante litteram". Fu talmente caro a S. Carlo Borromeo che questi lo voleva vescovo, suscitando in lui la più energica ripulsa. Durante un soggiorno a Roma, come elemosiniere di Gian Francesco Morosini, vescovo di Brescia, creato cardinale e poi nunzio in Francia, divenne amico del card. Federico Borromeo e conobbe s. Filippo Neri, il Baronio ed il Gallonio. Nel ritorno si fermò a Prato per conoscere s. Caterina de' Ricci e visitare piamente Loreto. Fu in rapporti anche con il cardinale Gabriele Paleotti, Nicola Sfondrati (poi Gregorio XIV), Agostino Vallier ecc. La morte lo colse il 7 maggio 1602, fra le braccia del card. Federico Borromeo nella casa di S. Fedele dei Gesuiti a Milano, dove si era recato a visitare col padre, ormai pienamente convertito, la tomba di S. Carlo. Un mausoleo sepolcrale gli venne eretto nel 1612 nella chiesa di S. Barnaba dalla sorella Cecilia. Il decreto di introduzione della causa veniva firmato il 13 febbraio 1658 ma la causa veniva introdotta presso la Congregazione dei Riti solo nel 1751. Ripresa sulla fine del sec. XIX, Leone XIII promulgava il 2 luglio 1899 il decreto sulle virtù. In molte occasioni venne proposto come modello dell'azione cattolica moderna. Al Luzzago vennero inoltre dedicate opere cattoliche come collegi, case di spiritualità, ecc. Giovanni Carra scolpì un busto del Luzzago per il salone del palazzo del conte Venceslao Martinengo. Da esso Giovanni Battista Carboni trasse numerose copie sparse un po' dovunque e una delle quali si trova ancora nell'atrio della sagrestia della chiesa della Pace, sopra un armadio nel quale furono conservati gli Atti della causa e altre carte riguardanti il Venerabile. Numerose le raffigurazioni dello stesso sia in ritratti su tela sia in incisioni e numerose le iscrizioni sparse un po' dovunque.


Pubblicò: "In Universam Philosophiam tum practicam tum speculativam, nec non in logicam veterum quoque ac recentiorum Philosophorum sententiae et teoremata varia publica discendiae proponuntur ab Alexandro Luciago Brixiensis. (Brixia, apud Vincenzo Sabium, 1573, in 4°). I suoi biografi attestano che egli scrisse alcune operette "tutte piene di pietà cristiana" ma che volle anonime. Lasciò anche dei manoscritti fra i quali: "Errario Cristiano di Alessandro Luzzago D.re in Filosofia et Teologia ripieno di preghiere e documenti santi utilissimi ad ogni stato di Persona". (Apografo di Bernardino Faino in Biblioteca Queriniana, E.I.13 en. 8 bis. q. a 20); Vita di S. Anatalone, di S. Latino e di S. Apollonio, ritrovate nelle scritture del Venerabile Alessandro Luzzago, raccolte e riunite da B. Faino colle "Memorie intorno ai Vescovi di Brescia" nel vol. manoscritto intitolato "Collectanea de Episcopo Brixiae"( Cod. Queriniano E.I.8 ); "Concetti e sentimenti morali ed ascetici" (manoscritto un tempo di proprietà del conte Sebastiano Maggi).