LUZZAGO

LUZZAGO

Molte fantasie sono state sovrapposte alla storia di questa famiglia che ebbe un posto eminente nella storia bresciana. Ottavio Rossi, affidandosi a un trattato della Nobiltà Bresciana di un certo Cosma de' Lauri (sec. XVI) e ad altri manoscritti dello stesso tempo, mise innanzi per primo, e dubitativamente, l'ipotesi che i Luzzago fossero discesi dai longobardi Conti d'Altafoglia, soggiungendo però di ignorare chi fossero questi Conti. Malgrado la sua confessione «che reputò questo principio una favola, di quelle ordinarie hereditarie, che si ritrovano ne gli ignoranti manoscritti plebei, che ingombrano le menti idiote con quelle vanità che sono contrarie alla maestà delle historie», egli continua a narrare le fantastiche imprese di Luzzago conte di Roncagnana, dei suoi figli Verzerio, Oldino Giudice e Luzzaghino nel tempo degli Ottoni e di Enrico IV, imperatore di Germania e re d'Italia, come se si trattasse di vera storia e non di fiabe uscite dalla fervida fantasia di cronisti screditati, come Paolo e Angelo Borelli, Angelo Curno, il Ronchi e altri dello stesso valore. Bernardino Faino ha esagerato in fantasia facendola esistere nei primi tempi cristiani e affibbiando alla famiglia Luzzago due martiri della turba leggendaria dei martiri bresciani usciti dalle catacombe di S. Latino o S. Afra: Costanzo e Luzzaghino de' Altafolia sive de Lucciaghis. Nel Faino appare per la prima volta la identificazione dei leggendari conti d'Altafoglia e di Roncagnana coi conti Del Torso di Udine, identificazione che ha fatto assegnare ai Luzzago anche il Card. Giacomo del Torso, del titolo di S. Maria Nuova, morto a Rimini nel 1415. La somiglianza dello stemma gentilizio delle due famiglie (tre verze per i Luzzago, tre foglie grasse per i Del Torso) è stata argomento più che sufficiente per accostarle in una stessa origine e per scambiarsi reciprocamente le tradizioni famigliari. La fantasia inventiva e semplificativa di leggende raggiunge il suo colmo nella "Fortezza illustrata" del cav. Giulio Cesare de Beaziano, il quale intorno alla famiglia Luzzago «chiamata già d'Altafoglia, Torsa e Vergeria» sfoggia una sbalorditiva erudizione, mescolando insieme i Luzzago di Brescia, i Del Torso di Udine, i Vergerio di Capodistria (e perché non i Verzeri di Bergamo e di Verona?) «tutti oriundi di Brescia, dell'antico sangue dei conti di Costanza»! Le supposte relazioni dei Luzzago col Friuli e con la Marca Trevigiana ebbero nuovi ipotetici contributi quando un ramo della famiglia, il più potente e fastoso, acquistò dal Governo di Venezia il feudo comitale di Cesana nel Veneto; alcune carte antiche appartenenti all'amministrazione di quel feudo fecero credere ad alcuno che i Luzzago fossero originari della Marca Trevigiana e forse emigrati a Brescia nel secolo XIII durante il dominio di Ezzelino da Romano. P. Guerrini ha individuato come capostipite della famiglia il notaio Fiorino qd. Giovanni de Luciago, che appare in documenti del 1360-1370 in rapporti con la curia vescovile di Brescia che li infeudò di beni in Manerbio e col monastero di S. Maria di Pace per i beni di Manerbio. Il notaio prese il cognome da Luciago, piccola frazione del comune di Muscoline-Soprazocco, nella Riviera di Salò; forse la sua famiglia vi teneva alcuni possedimenti livellari del monastero di S. Faustino Maggiore, e forse egli stesso vi nacque intorno al 1310 o 1320, poichè appare nella piena virilità nel decennio 1360-1370 ed era ancora vivo nel 1396. In più è l'unico che appaia nell'estimo visconteo della città di Brescia del 1388; dunque la sua famiglia era unica in Brescia in quell'epoca e già fra le prime del patriziato bresciano, poichè vediamo i suoi figli contrarre matrimoni cospicui con fanciulle dell'alta aristocrazia, come vedremo. La famiglia teneva poi le sue tombe primitive nella chiesa di S. Domenico, dove vennero rinnovate dai discendenti nel 1621. Dagli estimi civici di Brescia del sec. XIV e XV risulta che i Luzzago ebbero la loro prima dimora nella Cittadella Vecchia, nella antica e ora soppressa parrocchia di S. Giovannino (S. Zanì), e sembra quindi che il loro nido primitivo sia stata quella casa Luzzago, passata poi al ministro Giuseppe Zanardelli, nei giardini e orti della quale si scoprivano, nel 1824-27, gli avanzi della Basilica di Vespasiano, Forse da queste memorie archeologiche della loro casa di Brescia tolsero i Luzzago i nomi classici di Vespasiano, Tito, Costanzo ecc. che vediamo ripetersi nei vari rami. Nei secoli seguenti, moltiplicandosi e suddividendosi la famiglia, i vari rami ( 25) si sparsero in altre case della Cittadella Vecchia, nelle parrocchie di S. Maria Calchera, di S. Clemente e di S. Zeno, come a Manerbio si diffusero dalle case primitive del Castello e del Castelletto al Mella, in molte altre case acquistate o edificate, come il palazzo ora comunale, il palazzo Di Rosa a S. Faustino, il palazzo Ruggeri in Breda, il palazzo Boninsegna vicino alla parrocchia, il palazzo Brusinelli in Insciano basso, il palazzo del Portone e altri. Fiorino ebbe cinque figli: Manfredo, Verzerio, Pietro, Giovanni e Filippo, dai quali derivarono diversi rami. Manfredo ebbe due, figli: Tomaso e Giustiniano. Essi e i loro discendenti si schierarono per il partito ghibellino e furono poi favorevoli ai Visconti. Nel 1428 ebbero il riconoscimento di Venezia. Aperti anche alla vita culturale, alcuni di loro ebbero rapporti con l'umanista eretico F. Spinola. Abitavano in Brescia nel palmo di via Carlo Cattaneo, passato poi al barone Monti, quindi ai conti Masetti-Zannini, dove fu ospite del ven. Alessandro, S. Carlo Borromeo. Manfredo aveva sposato Orsina di un ramo cadetto della casa Gonzaga. Possedeva molti beni in Bassano, passati poi assieme al palazzo ora sede del Municipio, ai conti Cigala. Il figlio dott. Tomaso (che fece testamento il 6 febbraio 1510) aveva avuto due mogli, certa Monica e la nob. Paola Pizzamano di Venezia, dalle quali nacquero Orsina, sposa nel 1499 al conte Lodovico Galeazzo qd. Maffeo Gambara, Monica Serafina, suora fra le Agostiniane di Crema, Francesca sposata al nob. Michele Suriano, e la naturale Girolama. Suo figlio, Alessandro, ebbe dalla nob. Ginevra qd. Girolamo Riva due maschi: il dott. Tomaso (morto nel 1568) e Girolamo. Delle figlie, Maria sposò il nob. Ottaviano Ugoni, Paola sposò il nob. Ludovico Suraga, Marta il nob. Giovita Coccaglio, Ippolita il nob. Annibale Lantana, mentre Lucia rimase nubile. Girolamo (che nel 1570 fu cancelliere della spedizione bresciana a Cipro e partecipò alla battaglia di Lepanto) ebbe un unico figlio, il venerabile Alessandro (1551-1602) (v.) e le figlie Ortensia, Cecilia e Ginevra. Di esse solo Cecilia si sposò al parente nob. Giulio Luzzago. Il ramo si spense con il ven. Alessandro, e i beni di Bassano passarono, come si è detto ai conti Cigala. Giustiniano, di Manfredo, dottore in legge e cultore di belle lettere ebbe diversi figli (Angelo, Marco, Pietro, Alessandro e Lodovico). Continuò la discendenza Pietro che ebbe Camilla (sposa al nob. Scipione Bocca) e Lodovico detto Lodovigetto che da Caterina Marzola ebbe quattro figlie (Olimpia, Ippolita sposa al nob. Alessio Brunelli, Eleonora e Barbara). Morto nel 1580 a 81 anni, venne sepolto nel chiostro di S. Pietro in Oliveto. Aveva beneficato nel suburbio della Volta una Cappella dei S.S. Pietro e Paolo. Verzerio o Vergerio di Fiorino ebbe da Bartolomea Avogadro di Lumezzane, due figli: Antonio e Bartolomeo. Da Antonio derivò una numerosa discendenza che si estinse nella prima metà del sec. XVII, riversando il proprio patrimonio nel ramo dei Luzzago conti di Cesana. Claudia Veronica, primogenita di Verzerio sposò nel 1558 il notaio Ippolito Cocciano di Rosa e non avendo avuto figli lasciò i suoi beni del Castelletto di Manerbio, di Isorella e di Calvagese ai figli della sorella Aurelia, sposa a Camillo Lodrino, alla condizione che essi dimettessero il loro cognome e assumessero quello dei Cocciano di Rosa. Matteo, di Antonio, fondò nel 1507 il beneficio di Ognissanti di Manerbio. Il ramo discendente da Pietro, qd. Antonio, ebbe dimora in Brescia nella parrocchia di S. Afra ed ebbe, nella persona di Giacomo, dal doge Paolo Renier l'11 gennaio 1781, la conferma per sè e per i suoi discendenti del titolo di conte. Il ramo ebbe esponenti nelle persone di: Giacomo Ignazio (n. 27 marzo 1706) qd. G. Battista, Giampaolo qd. Giacomo (n. 1717) fatto erede dai due fratelli Lodovico e Dr. Ottavio qd. Giov. Paolo nob. Zaniboni, ne assunse il cognome unendolo al suo. Ambedue questi rami si sono estinti nel sec. XIX. Giov. Paolo di Ippolito, giureconsulto di molta fama, fu ambasciatore del conte Bartolomeo Martinengo di Villachiara a Venezia per l'incoronazione del Doge Antonio Priuli; fu allora creato Cavaliere e Consultore di S. Marco. Morì a 90 anni. Suo fratello Antonio appartenne all'Accademia degli Erranti e fu letterato di qualche merito, come il prozio Giov. Battista qd. Paolo. Meritevoli di ricordo sono pure i due Carlo Antonio; il primo figlio di Giov. Paolo, nacque nel 1618, studiò legge all'Università di Bologna, e si trovava ancora agli studi quando nel 1642 fu nominato Canonico coadiutore di mons. Paolo Aleni, al quale succedette. Poi fu Arcidiacono della Cattedrale e Vicario Generale; il secondo, figlio di Giov. Battista, fiorì nel secolo XVIII e coltivò le belle lettere. Dalla discendenza di Bartolomeo qd. Antonio (già morto nel 1517) si distinsero il figlio don Lodovico prevosto di Manerbio (dal 1491 al 1527), Camillo (che fece testamento nel 1532), don Silvio qd. Annibale, arciprete di Manerbio (nel 1532) che commise al Moretto il bellissimo quadro che si vede nella chiesa parrocchiale, nel quale egli stesso venne raffigurato. Longevo fu il ramo del notaio Valerio qd. Bartolomeo che dura fino ad oggi. Vi si distinsero il cav. Pompilio gentiluomo molto stimato, suo figlio Aiace, beneficiario di S. Martino di Manerbio, di non edificante condotta. Alcuni rami di questa famiglia decaddero in estrema povertà e forse furono completamente estinti; esularono da Manerbio nella seconda metà del sec. XIX. Così p. es. Valerio (1772-1836) di Camillo, che dalle due mogli Angela Dossi di Brescia (1764-1829) e Degnamerita Giacometti (m. 1838) ebbe i figli Annibale Antonio (1797-1870), Camillo (1801-1816), Annibale Francesco (1802 - morì bambino), Adriano (n. 1804) oltre cinque femmine. Da Annibale Antonio e Stella Marelli (sp. Manerbio 1843) nacquero Girolamo e Valerio Camillo (n. 1847) la cui discendenza continua a Ghedi. Da Giulio qd. Giov. Valerio nacque Lodovico, che fu Abate Benedettino e morì, secolarizzato dalla rivoluzione, a Manerbio il 5 ottobre 1824. Molto folto fu il ramo discendente da Pietro di Fiorino che nel 1429 otteneva in feudo il latifondo delle Gozzole di Bagnolo, cessione ratificata da papa Eugenio IV con bolla da Bologna del settembre 1437. Il Luzzago operò un'ampia bonifica agraria, difendendo il proprio latifondo dalle rivendicazioni della curia di Brescia. Di questo ramo si distinsero il francescano p. Giambattista di Pietro che nel 1487 fondò l'oratorio e il piccolo convento di S. Bernardino, in contrada delle Rose nel suburbio di Brescia, Battista qd. Giovanni, che ebbe nel 1452 privilegi dal duca di Milano, Francesco Sforza, sui suoi beni in Manerbio. Fondò in Manerbio la cappellania di S. Giorgio e lasciò eredi i nipoti; Ottaviano, dottore e cavaliere che fece testamento il 27 luglio 1515 e volle esser sepolto in S. Eufemia in Brescia, dove si fece erigere un mausoleo; Giulio di Pietro, dottore in legge, giureconsulto collegiato e cavaliere dello Speron d'Oro (che fece testamento il 16 luglio 1517 nel convento di S. Cristo), che morì nel 1542 e venne sepolto in S. Giuseppe in Brescia nella cappella di S. Michele da lui fatta costruire, arricchita da un pala del Moretto; Giovanni Mario di Scipione, arciprete di Manerbio, dove ospitò S. Carlo; Giulio di Ottavio qd. Scipione che fu al servizio del duca di Mantova Carlo Gonzaga e prese parte alla guerra di Monferrato; Galeazzo di Ercole (che fece testamento il 5 luglio 1561). Giovanni Pietro di Pietro qd. Fiorino la cui discendenza molto prolifica ebbe fondi a Offlaga, Fiesse, Gambara e Boldeniga e casa in Brescia nella parrocchia di S. Maria Calchera. Ad essa appartenne il can. Vincenzo Giuseppe Luzzago (v.) provicario generale, mentre un ramo continuò con Enrico in Francia. Giovanni, di Pietro, i cui pronipoti Vespasiano e Tito qd. Galeazzo, qd. Vespasiano, qd. Giovanni, furono dal Governo Veneto con ducale del 27 aprile 1678, creati conti di Cesana. La linea comitale si estinse poi nei marchesi Guidi di Bagno attraverso la marchesa Bianca Luzzago (m. a Mantova 22 gennaio 1868). Giovanni, di Fiorino, che nel 1426 trattò a nome del Comune di Brescia, i capitoli della dedizione della città alla Repubblica Veneta; Gabriele, di Giovanni, che percorse la carriera militare e sposò la contessa Taddea Martinengo; Giacomo, di Gabriele, dottore in legge, dal quale discesero sacerdoti e monaci e il cui ramo si estinse a Manerbio nel sec. XVII, Nicola, di Giovanni, il cui figlio Adriano seguì la carriera militare. Il ramo si estinse nel sec. XVII. Filippo, di Fiorino, il cui ramo ebbe fondi a Seniga, Alfianello, Calvisano e Flero e che si estinse nelle quattro figlie del nob. Agostino, che fu Nunzio di Brescia a Venezia. Del ramo di Verzerio una sola branchia, quella di Antonio, qd. Giovanni, ascritto al Consiglio generale di Brescia sulla fine del '400 è continuato fino ad oggi. Dalla nob. Caterina Bona egli ebbe Verzerio, Pietro e Bartolomeo. Secondo la ricostruzione di F. Lechi da quest'ultimo, morto nel 1517, marito di Veronica Prandoni, sino ad oggi, attraverso le generazioni di padre in figlio discendono: Valerio, notaio, già morto nel 1526, marito di Laura dei Gentili; Pompilio nato attorno al 1520, cavaliere, marito di Lodovica Borghini; Aiace (n. 1546) marito di Bartolomea Lana; Giovanni Valerio (n. 1589) marito di Ortensia Serramonti; Giulio Francesco (n. 1623) che sposò la nob. Silvia Fisogni; Camillo (n. 1650) marito in primi voti della nobile Ginesia San Gervasio e in secondi di Lodovica Spallenza; Giulio Gaetano ( 1717-1783) che sposò la nob. Domenica Martinengo; Costanzo (n. 1772) che sposò in primi voti Teresa Tibaldi e in secondi la nobile Maria Truzzi. Patriota, fu tra i sospettati dalla Polizia austriaca come liberale. Carlo, figlio di Costanzo o Costantino, (1800-1879) da sua moglie, la nob. Giulietta Pontoglio, ebbe cinque figli: Ettore (1829-1888), Ireneo (n. 1830), Teresa in Dusi, Costanzo (n. 1834) ed Alessandro ( 15 agosto 1837-3 nov. 1903). Da questi, marito della nob. Marianna Gorno (1853-1912), nacquero i figli che oggi continuano in Brescia la famiglia e più precisamente: 1) Cesare (Manerbio, 19 ottobre 1881 - Brescia, 7 dic. 1963) cavaliere della Corona d'Italia, decorato al valore civile. Da Teresa Michovich (sposata il 16 dicembre 1912) ebbe Maria Anna (n. a Molinetto, l'1 ott. 1913 che sposa, il 18 nov. 1942, il dott. Edoardo Carini, da cui Alessandro (n. a Castenedolo, il 15 dic. 1946 che aggiunse al proprio nome quello materno). 2) Giulio (1883-1920); 3) Ettore, qd. Alessandro, (n. a Manerbio, il 10 maggio 1885) sposa, il 20 agosto 1912, Enrichetta Filippini, qd. dott. Corrado, da cui: a) Giulio Carlo (n. a Brescia 26 dicembre 1922) sposa Giuliana del co. Calini Carini da cui: Elisabetta (n. a Brescia il 26 giugno 1950, sposa il 10 giugno 1972 il dott. Fausto Montini; Beatrice (n. a Brescia il 7 dic. 1952), Lodovica (n. a Brescia il 22 nov. 1955); b) Mariano (n. a Brescia il 3 giugno 1925) dottore in medicina, sposa, il 29 maggio 1955, Wilma Biaggi, da cui: 1) Federico (n. a Brescia il 10 maggio 1956), Alessandra (n. a Brescia il 5 nov. 1957), Alberto (n. a Brescia il 27 sett. 1964), Corrado (n. a Brescia il 7 marzo 1931),dottore in medicina, sposa il 7 ott. 1958 la dott. Giovanna Pittiani, da cui: 1) Alessandro (n. a Brescia il 27 luglio 1958), 2) Francesco (n. a Brescia il 29 gennaio 1961), 3) Camilla (n. a Brescia 19 nov. 1967). Enrico Valerio (Manerbio 5 marzo 1888 - 8 nov. 1936), sposa, il 7 gennaio 1915, la nob. Maria Mazzola ( Brescia 21 nov. 1894 - sett. 1956), da cui: a) Alessandro (n. il 5 marzo 1917), dottore in medicina, cav. d'onore del Sovrano Militare O. di Malta, sposa, il 26 ott. 1942, Renata Nizzi, da cui: 1) Alessandra Dilara (n. il 18 apr. 1943), 2) Donata (nata e morta il 29 ott. 1944), 3) Valerio Ernesto (n.il 3 nov. 1945), 4) Cristiana (n. il 22 nov. 1958); b) Giovanni Battista (n. il 30 agosto 1920), geometra, sposa, il 5 marzo 1946, Maria Paola Bresciani, da cui: Maria Adelaide (n.il 16 dic. 1946); c) Enrico Alessandro Giov. Batt. (n. il 23 luglio 1923), perito agrario. I Luzzago ebbero come stemma «D'oro a due fasce: la prima di rosso, sostenente un'aquila di nero; la seconda di nero, accostata da tre gambi di verze, di verde, due e uno». Motto: «Patientia et Abstinentia». Cimiero: la figura di un vecchio pellegrino nascente al naturale. Il ramo comitale portava: «Inquartato: nel primo e terzo di Luzzago; nel secondo e quarto, d'oro alla fascia abbassata, caricata da tre crocette pomellate d'argento, e sormontata da una croce potenziata, di rosso». A Brescia oltre che nel palazzo accennato di via C. Cattaneo, oggi Masetti-Zannini, abitarono anche in via Monti, nel palazzo passato poi ai Cantoni Marca, e in via Martinengo da Barco, che fu poi dei Campini. Nel Seicento i Luzzago conti di Cesana, costruirono un palazzo in via Crispi, 3 passato poi ai Di Bagno. Nel primo Seicento costruirono un palazzo a Manerbio che poi nel Settecento venne ristrutturato come è ancora oggi. È ora sede del Comune di Manerbio. Sempre a Manerbio furono in possesso di una villa settecentesca ora dei Cantoni, e del cosiddetto Castelletto edificato da loro nel Seicento. Una bella villa ebbero a Bassano Bresciano, e i busti del Gallo e del Tarello che la adornano sembrano indicare un particolare rapporto con l'agricoltura. Nel Cinquecento i Luzzago diventarono proprietari a Boldeniga, compresa una bella casa padronale. Nella seconda metà del sec. XVI attraverso il matrimonio di Vespasiano Luzzago con la nob. Cecilia Rodengo, qd. Ulisse, i Luzzago entrarono in possesso del castello di Solaro. Da loro passò ai marchesi di Bagno di Mantova. Ai Luzzago attraverso il matrimonio del conte Galeazzo Luzzago con la contessa Dorotea Uggeri passò anche l'antico castello di Milzanello che poi passò pure ai marchesi di Bagno. I Luzzago ebbero proprietà a Bagnolo, Alfianello, ecc.