ISTITUTO Medico Psicopedagogico Co. Gaetano Bonoris

ISTITUTO Medico Psicopedagogico Co. Gaetano Bonoris

Venne avviato per iniziativa della Congrega della Carità Apostolica con i mezzi della Fondazione Co. Gaetano Bonoris, nata grazie ad un cospicuo lascito del conte Gaetano Bonoris, deceduto a Montichiari il 19 dicembre 1923. Poichè tra gli scopi della Fondazione, oltre a sussidiare, fu fissato anche quello di promuovere iniziative per la fanciullezza abbandonata nelle Provincie di Brescia e di Mantova, nel 1937 la Congrega, in conformità con lo Statuto, deliberò di avviare direttamente un istituto per minori handicappati psichici di ambo i sessi, in età evolutiva, socialmente recuperabili e parzialmente scolarizzabili, con precedenza per i residenti nelle Province di Brescia e Mantova. Il disegno di tale struttura nacque dalla constatazione che molti ragazzi e ragazze, affetti da ritardo di varia origine, venivano ricoverati negli ospedali psichiatrici, senza che si tentasse in alcun modo un loro recupero personale e sociale. Perciò, grazie alla sensibilità di alcuni membri della Congrega e di loro amici, si studiò l'avvio di un istituto apposito con tale scopo. Per la realizzazione di tale iniziativa, venne acquistata dai fratelli Veronesi (con atto 17/7/1938 n. 9887-7769 di Rep. del notaio Gerolamo Bettoni) la loro dimora di Mompiano, la Cappella e gli annessi terreni, ubicati alla periferia nord della città, in amena posizione ai piedi delle colline, con accessi da via Fontane e da via S. Antonio. Proprio nella casa Veronesi prese corpo il primo nucleo dell'Istituto Bonoris. Esso fu ufficialmente inaugurato, fra i primi in Italia, il 28 ottobre 1940, ed ottenne l'autorizzazione al funzionamento con Decreto n. 18772/1941 della Divisione Sanità della Regia Prefettura di Brescia.


Nell'immediato dopoguerra, con l'aumentare delle richieste di accoglimento, l'ente amministratore curò l'ampliamento del primo nucleo di fabbricati che venne adibito a reparto femminile; nel 1957 venne costruito, ex novo, su via S. Antonio, il reparto maschile-alti; nel 1961 venne edificato il reparto maschile-piccoli, collegato col reparto femminile; nel 1966 sorse, con elementi prefabbricati, la scuola materna, mentre, da ultimo, nel 1969 venne completamente rifatto un vecchio fabbricato rustico per installarvi la centrale termica, le cabine elettriche, la lavanderia, lo stenditoio, il guardaroba e l'appartamento del cappellano. Gli spazi liberi da costruzioni erano occupati da campi per il gioco (calcio, pallacanestro, pallavolo), da una piccola piscina scoperta, parco Robinson, cortili di ricreazione e varie zone verdi, in modo che, tempo permettendo, gli ospiti potessero trascorrere all'aperto buona parte della giornata. Il complesso edilizio, una volta completato, era articolato in sei corpi, che accoglievano rispettivamente: il reparto maschile-alti (per ospiti dai 10/11 ai 14/15 anni); il reparto femminile (per ragazze dai 5 ai 16/18 anni); il reparto maschile-piccoli (per bimbi dai 5 agli 11 anni); la scuola materna, con apposite aule, piccola palestra e sale di terapia (psicomotricità, ortofonia, musica, ecc.); il corpo destinato ai servizi generali ed abitazione del cappellano ed infine il corpo di fabbrica destinato a magazzini, ufficio economato, calzoleria e scuola di economia domestica. Il reparto maschile alti, sorgente su quattro piani, era attrezzato per ospitare al meglio almeno 70 ragazzi ed era strutturato in modo tale da essere utilizzato da otto gruppi-famiglia, ciascuno col proprio "appartamento" (comprendente: aula, ricreazione coperta, soggiorno, camera e saletta da pranzo). In tale reparto vi erano pure tre laboratori (falegnameria, meccanica ed aggiustaggio), una palestra attrezzata per la ginnastica medico-correttiva, l'aula di musica, il teatro, la cucina, la cappella, aule per le attività espressive, una infermeria con reparto di isolamento, l'alloggio del personale religioso, addetto al reparto. Il padiglione femminile, dove la vita delle ragazze era pure organizzata in "gruppi-famiglia", ciascuno col proprio appartamento aveva sede nell'antica casa Veronesi opportunamente adattata ed era articolato su quattro piani con ampie sale da pranzo per ospiti e personale, portineria, gabinetto medico, uffici dell'assistente sociale e della direzione, due cappelle, sale per riunioni, teatro, ufficio della capo-reparto, laboratori di maglieria, taglio, cucito e ricamo, alloggi delle suore, infermeria, sale di isolamento e servizi generali. Il reparto maschile-piccoli, collegato con quello femminile, anche per utilizzarne alcuni servizi generali, constava di una ricreazione coperta, refettorio, aule, soggiorni, camere da letto, reparto isolamento, infermeria e alloggi per il personale religioso. La costruzione prefabbricata adibita a scuola materna era dotata di due aule scolastiche appositamente attrezzate, una piccola palestra, ricreazione coperta e servizi generali. Negli anni di maggiore affluenza, l'istituto ospitò fino a 350 minori, ma nel 1968, in omaggio alle migliori tendenze psicopedagogiche, si attuò una radicale riorganizzazione interna e si modificarono i criteri di accoglimento, fino a giungere all'istituzione di un vero e proprio centro ortopedagogico, quale rimase fino alla chiusura. Nel 1971 il centro ottenne il riconoscimento di idoneità "nei riguardi tecnici, economici e morali" da parte dell'Opera Nazionale per la protezione della Maternità e dell'Infanzia (O.N.M.I.), col solo limite di contenere in un massimo di 220 unità il numero dei convittori. La vita degli ospiti era organizzata a "pieno tempo" e nel centro funzionavano due sezioni di scuola materna speciale, venti classi elementari speciali parificate, nonchè laboratori di pre-addestramento al lavoro di recupero. Alla scuola erano addette insegnanti specializzate ed i gruppi in cui erano suddivisi gli ospiti erano affidati, durante le ore della giornata libere dagli impegni della scuola e dei laboratori, ad educatori specializzati. Venivano inoltre curate l'educazione ortofonica e psicomotoria, la ginnastica correttiva, le attività espressive, di musica e di canto, nonchè corsi esterni di nuoto. Oltre agli educatori, agli insegnanti e ai terapisti, tutti specializzati, operavano presso il centro anche un medico pediatra, due équipes medico-psico-pedagogiche (formate ciascuna da neuropsichiatra, psicologo, assistente sociale e ortopedagogista), nonché maestri di laboratorio. L'educazione religiosa e morale erano garantite dalla presenza del personale religioso convenzionato, residente nel centro, e da un cappellano, pure residente, che curava in modo particolare la preparazione ai sacramenti. Secondo gli indirizzi psicopedagogici più validi, veniva attuata, compatibilmente con la qualità dei nuclei familiari di provenienza, la "settimana corta", in modo che gli ospiti mantenessero i maggiori rapporti possibili con le famiglie e nello stesso tempo un costante contatto con la realtà esterna all'istituto, contatto che veniva favorito anche con frequenti uscite (visite a supermercati, centri sportivi, ecc.) e gite. Poichè con l'aggiornamento costante dei servizi e delle terapie, si aveva ovviamente una lievitazione di costi, con conseguente riflesso sull'entità delle rette, si registrò negli anni Sessanta una costante flessione nel numero dei convittori, per cui venne avviato su vasta scala il semiconvitto o esternato e si diede impulso alle terapie specialistiche (psicomotricità, ortofonia, ecc.), alle quali potevano accedere anche minori non ospiti del Centro. Col sorgere di vari consorzi medico-psico-pedagogici in provincia, si riscontrò via via una fortissima flessione non solo nel numero dei convittori ma anche dei semiconvittori, tanto che nel 1974, per contenere le spese di gestione, compatibilmente con la validità e l'efficienza dei servizi prestati, si concentrarono nel solo padiglione maschile-alti tutte le attività, occupando la sezione maschile-piccoli per la scuola e la ex scuola materna per le terapie specialistiche. In tal modo rimase completamente vuoto il reparto femminile, con conseguente risparmio di spese per il personale generico, il riscaldamento, la cucina, l'energia elettrica, ecc. Nonostante le misure adottate, per l'affermarsi dell'indiscriminato inserimento degli handicappati psichici nella scuola normale vennero meno gli ospiti del Centro, per cui, prima che divenisse irrimediabile la situazione economico - finanziaria, si decise nel giugno del 1976 la chiusura totale, considerata anche l'impossibilità per la Fondazione Bonoris di ripianare i disavanzi con le sue entrate patrimoniali, dopo la promulgazione della nota legge n. 11/1971 sull'affitto dei fondi rustici, che falcidiò letteralmente di circa il 60% le entrate della Fondazione. Ovviamente prima di decretare la cessazione di ogni attività, l'Amministrazione ebbe tutta una serie di contatti con i responsabili del settore assistenziale comunali, provinciali e regionali, formulando un ventaglio di proposte che potevano portare all'utilizzo delle strutture del Bonoris e dell'esperienza culturale e professionale dei suoi operatori, assicurando la copertura di quegli spazi della politica di recupero degli handicappati psichici che rimanevano scoperti con l'attuazione del loro ingresso nella scuola elementare normale, ossia scuola materna preparatoria di tale inserimento, e corsi di addestramento professionale per favorire l'accesso al mondo del lavoro, una volta terminata la scuola dell'obbligo. Solo dopo il fallimento totale di questi tentativi si decise la definitiva chiusura del Centro con la conseguente dimissione degli ultimi ospiti ed il collocamento in disponibilità di tutto il personale dipendente.