ISEO

ISEO (in dial. Isé, in lat. Isoei)

Nome dato ad una borgata bresciana e al lago di cui essa è uno dei principali centri. Il Rosa, riprendendo l'opinione di altri prima di lui, fece derivare il nome da Iside, di cui suppose un culto locale. Opinione rifiutata poi quasi da tutti, anche se non si può fare a meno si osservare che "Iseum" è la denominazione latina (anche Isidos oppidum in Plinio; in greco 'Iseiov) prevalsa nei bassi tempi su quella egizia ntri.t (letteralmente la divina) dell'antico centro occupato oggi dalla cittadina di Behbet el-Hagar, nella porzione centrale del Delta, nei pressi dell'odierna Mansura; e ancora, che può significare l'esistenza di un tempio eretto al culto della dea Isis nelle principali città marittime e commerciali del Mediterraneo orientale e occidentale, nelle metropoli e nei centri del mondo antico, in seguito alla diffusione irradiatasi, con il favore dei Tolomei, da Alessandria d'Egitto. In Italia il più antico I. ebbe sede in Pompei. Famoso l'I. di Roma, eretto da Caligola nel Campo Marzio (I. Campense), i cui resti monumentali sono visibili nel Museo Capitolino. Bisogna anche rilevare che la radicale Is indica presenza d'acqua. Il prof. Carlo Salvioni, per spiegare i nomi di Sebino e di Iseo, per lui correlati, è ricorso al termine Isevo, trasformatosi per scambio intervocalico della b in v, in Isebo, da cui Isebinus = Sebino. Lo stesso Iseo sarebbe derivato dallo stesso etimo arcaico Sebum, Sebo, da cui sarebbe venuto In-sébo, poi In-sevo, Isevo e infine Iseo, Ise. Giuseppe Toppino, seguendo pure il Salvioni, così scrive: «Si parte da Insebo, cioè Sebum (donde è venuto l'aggettivo Sebinus) col quale è concresciuta la preposizione In: da esso poi derivò Isevo (cfr. Insula, Isola) e, da ultimo Iseo, e, nel dialetto, Isé (cfr. Rivus, rio; lomb. Ri; bergam. Re)». Una interpretazione etimologica è fornita dal geografo ed archeologo tedesco Filippo Klver o Cluverio (1580-1623) in due passi del suo «Italia Antiqua» e precisamente nel capitolo 15° «De Euganeis» e nel capitolo 35° «De fluviis ac lacubus in Padum defluentibus» del libro I. Nel primo passo il Cluverio, dopo avere ricordato due piccoli brani della storia di Plinio il Vecchio nei quali si accenna al «Sevinus» o «Sebinus» formato dall'«0llius» (Oglio), soggiunge (traduciamo in italiano): «Il lago, che il fiume Oglio attraversa, comunemente ora è chiamato Lago d'Iseo dal castello di tal nome, che sorge presso le sue acque, il quale giustamente deve essere lieto ed orgoglioso anche per la sua antichità, perchè un tempo si chiamava Sebum e Sevum. Il lago poi fu denominato Sebinus e Sevinus. Dalla forma Sevo dell'ablativo derivò il vocabolo dialettale Seo. E poichè il lago si chiamava Lago di Seo, il volgo profano, da quella denominazione trasse Lago d'Iseo. E poi tale vocabolo alterato rimase al castello». L'ipotesi del Salvioni è seguita dall'Olivieri. Per Bernardo Sina (1899) e poi per Paolo Guerrini (1932) invece Sebinus deriverebbe da Sinusbinus (v. Sebino lago) e, analogamente, Iseo (dial. Isé) ancora da sinus, ma preceduto dall'aggettivo imus, cioè Imussinus, donde sarebbe venuto un Im-se, e quindi I-se, che vorrebbe dire insenatura inferiore, come difatti mostra all'evidenza la postura di Iseo, collocato nell'ansa inferiore del lago. Singolare è anche il fatto che in dialetto I-sé significa i seni, cioè le insenature i golfi. Altri hanno pensato che derivi da due radici celtiche: "Is" = basso, e "see" = lago. M. Gramatica è ricorso ad una radice celtica nel senso di un' area lacustre. Altri sono ricorsi a Isen da eisen (ferro) di origine germanica. C'è anche chi ha pensato che derivi da Sebino, console romano, contemporaneo di Pompeo. Un'altra opinione è stata espressa da Bianca Lorenzoni Beghin, la quale, dopo aver elencato numerosissimi nomi che incominciano per Is, annota come in bretone (celtico) anche attualmente seilh o seilb vale secchio: così si avrebbe il lago Is-seib da cui l'aggettivale latino sebinus per elisione dell'i iniziale (ricordarsi Isonzo -Sontius) e qui ci è vicina la tesi del Salvoni eliminando ogni arcaico ermetismo. Iseo invece resterebbe il sostantivo come ad indicare una località posta sulle rive del grande e naturale «secchio d'acqua», mentre sull'opposta sponda e a termine del largo Sarnico da Is-arch-vicus (il vicus per posteriore latinizzazione) da cui, per la facile elisione dell'i iniziale dei romani, si ha Sarcvicus e quindi Sarnico che vorrebbe dire: «vicus difeso dalle acque con argini». La sua tesi sembra confortata dall'etimologia data dal prof. Vaglia al Benaco dal celtico "bena" che corrisponde a "carro con letto concavo", vocabolo ancora in uso nei monti bresciani, per cui il grande "Benaco" sarebbe «un carro d'acqua», e il piccolo Sebino «un secchio d'acqua». Interessante anche annotare come col nome di Valle d'Iseo venisse chiamata gran parte del territorio poi denominato Franciacorta. Iseo (in dial. Isé, in lat. Isei) è un rosso centro sulla sponda SE del lago omonimo. È a 23 Km. da Brescia, a 186 m.s.m.. Ha una di Km2 17,18. Comprende i centri abitati (da S a N) Clusane (da Iseo Km. 4), Cremignane (da Iseo Km. 3), Iseo, Pilzone (da Iseo Km. 3), Covelo (da Iseo Km. 1,50). L'abitato principale di Iseo si stende su un pianoro delimitato a SE dai primi rilievi dell'anfiteatro morenico a S dalle Torbiere; a O è delimitato dal lago. Clusane sorge a SO nel promontorio formato dalle ultimi pendici del m. Alto; Pilzone è a NE sulla strada nazionale. È sede di Pretura che comprende 12 centri comunali con più di 50 mila abitanti. Ha scuola media, un Istituto Professionale per l'industria e l'artigianato. Ha una Azienda autonoma di soggiorno. Il nome è Ises nell'862, Isex nel 1000, Hisegies (837), Yses, Isé. Abitanti (iseani): 1400 nel 1493, 1300 nel 1505, 1631 nel 1557, 2000 nel 1610 (di cui 350 abili al lavoro), 1400 nel 1658, 1399 nel 1727, 1299 nel 1764, 1492 nel 1771, 1779 nel 1805, 2156 nel 1836, 2006 nel 1839, 2228 nel 1861, 2401 nel 1871, 2562 nel 1881, 3114 nel 1901, 3617 nel 1911, 3766 nel 1921, 3993 nel 1931. Con Pilzone e Clusane: 5823 nel 1933, 6789 nel 1951, 7188 nel 1961 (pop. att.1745, agr. 262, ind. 1316).


Storia. Primi segni di presenza umana sono stati rinvenuti in ricerche operate specialmente nel 1862 e nel 1901 nelle torbiere. Altri sono affiorati casualmente nella escavazione stessa della torba. Vi si sono cimentati G. Rosa, il prof. Castelfranco (1887), il nob. Francesco Ruffoni, e più recentemente De Marinis, Biagi e altri. I più recenti ritrovamenti hanno accertato la presenza nelle torbiere dell'uomo mesolitico. La ricca collezione, ha scritto il Biagi, comprende bulini principalmente semplici grattatoi frontali lunghi, corti e a muso; troncatura anche con "piquant trièdre"; becchi atipici; rari dorsi su lamella; pochi trapezi; microbilini; lame denticolate; molti incavi e moltissimi nuclei principalmente poliedrici ma anche prismatici e piramidali. Altri ritrovamenti di lame precedenti, hanno rivelato una presenza nell'età del bronzo. Sempre nell'ambito del territorio iseano sono stati trovati analoghi resti della stessa età al Büs del Quai, a Monte Covelo, alla Rocca Oldofredi, alla Lametta tra Iseo e Clusane. Alcuni reperti fra i più antichi hanno fatto pensare ad una loro connessione con un probabile rito di propiziazione delle acque. Il toponimo celtico Sambrico, dato al centro della borgata che vorrebbe significare un insieme di palizzate e di ponti, fa pensare che esistesse una specie di isola sopraelevata dove poi sorse il borgo vero e proprio. Fin dai tempi preistorici il porto servì agli scambi commerciali fra i popoli reti, camuni e cenomani. Nell'età di Augusto, intorno al 16 a.C. l'espansione di Roma raggiunse anche il Sebino come dimostrano i numerosi rinvenimenti e lapidi. Già p. Rinaldi accenna ad un manufatto che esisteva nella chiesa plebana di S. Andrea raffigurante un'impresa di Ercole. Il Rosa ricorda, nello stesso luogo, lapidi romane, P. Rinaldi ricorda ancora un' ara funeraria agli dei Mani. Inoltre vennero trovate altre stele onorarie, lapidi, oggetti. Embrici e mattoni vennero trovati nel 1883 nei lavori di sterro per la costruzione della linea ferroviaria Brescia-Iseo, tombe e altri elementi vennero rinvenuti in seguito. Un forte presidio (praetorium) venne posto nell'attuale Predore dove ebbe vaste proprietà il bresciano Mucius. Iseo fu soprattutto porto militare e commerciale, rafforzato poi da un notevole sviluppo di strade ristrutturate su quelle antiche. La strada principale detta strada Romana o Iseana e nel medioevo strada di Franza-Curte seguiva il tracciato Brescia (Porta Pile o di San Faustino) - Ponte delle Grotte - Cellatica - Gussago - Ronco (attuale frazione di Gussago) - Rodengo-Saiano - Valenzano - Bettole di Camignone - Provaglio di Iseo - Iseo. La strada si inoltrava poi nel pago di Sale M. per salire verso Zone e la Valcamonica. Il Rosa sostiene che i romani fondarono il culto di Iside proteggitrice dei naviganti, e lì presso quello di Mitra simbolo persiano del sole fecondatore. Iseum i romani chiamavano il sacello d'Iside, onde il nome a questa stazione lacuale, che diventò Pago ossia mercato, tribunale e sacrario romano, indi, nel secolo quinto, una delle primitive pievi cristiane battesimali». A tale culto attribuiti idoletti in bronzo ritrovati nel 1827. Il Pago di Iseo si estese anche a buona parte della Franciacorta. La scoperta avvenuta nel 1980 di tre strati successivi di pavimentazione, di cui una con mosaico nero e con stelline bianche, e tra un strato ed un altro di cocci di anfore romane, durante i lavori per la costruzione di un garage in un vicolo sotto il santuario della Madonna della Neve, di epoca romana, conferma la permanenza di un centro abitato della tarda età romana. Il rinvenimento poi nell'aprile 1981 in un campo adiacente alla ferrovia di tombe alla cappuccina dal 5° all'8° secolo d.C. allineate in direzioni est-ovest può far pensare alla continuità romana anche in tempi di invasioni barbariche e di grave decadenza. Ciò spiega la tradizione che vuole che il vescovo di S. Vigilio, fuggendo ai barbari, non abbia trovato di meglio agli inizi del VI sec. che riparare a Iseo, dove vi avrebbe fondato la prima comunità cristiana, dalla quale venne poi la pieve sovrappostasi al pago romano, edificandovi, sempre secondo la tradizione, su un luogo di culto pagano, il primo tempio dedicato a S. Andrea apostolo, patrono dei pescatori e delle acque. La pieve, una delle più antiche del bresciano, estendeva la sua giurisdizione su un vastissimo territorio comprendente le attuali parrocchie di Polaveno, Brione, Ome, Monticelli Brusati, Provezze, Provaglio, Timoline, Colombaro, Clusane, Pilzone e l'isola di San Paolo. Fu anche economicamente potente fino al XII secolo quando, quelli che erano i feudatari da essa dipendenti e che rispondevano al nome degli Oldofredi, dei Della Corte, dei Brusati si impadronirono di parte del suo patrimonio. Parte di questi beni passarono poi ai monaci cluniacensi che fondarono un po' dovunque fiorenti priorati. Poi ai piccoli monasteri, al tempo della loro decadenza, si sostituisce la parrocchia che si avvia a vita sempre più ristretta ed unitaria. La Pieve ebbe due diaconie, una dedicata a S. Stefano situata fra le casupole che coprivano la collina sulla quale sorse poi la rocca Oldofredi; l'altra a S. Lorenzo, nell'attuale entrata Duomo, che il Guerrini crede derivata appunto da "domus". A Iseo vi era anche uno xenodochio, probabilmente dedicato a S. Giacomo, che ospitava pellegrini della Germania e della Svizzera diretti a Roma e che, provenienti da Edolo, avevano la possibilità di essere ospitati a Cividate, Pisogne e Iseo. Con fortilizi i pellegrini e i mercanti venivano difesi da predoni saraceni e dagli Ungheri. Secondo il Rosa, ricordo delle scorrerie saracene sarebbero i toponimi Sarasani (presso il Cortelo) e Beca Mora, di Iseo. La pieve raccolse in unità una popolazione dispersa, favorendo lo sviluppo mercantile civile. Rimaneva a limitare l'importanza del borgo lacuale il retroterra acquitrinoso di proprietà demaniale ed estendentesi a tutta l'intera depressione morenica tra Corte franca, Torbiato, Monterotondo, Provaglio d'Iseo e Iseo stesso. Per un'ampia bonifica i re Longobardi Desiderio e Adelchi, affidarono questo territorio ai monasteri di Leno e di S. Salvatore o S. Giulia. Essi vi insediarono case coloniche e corti, dette anche franche, perchè esenti da imposizioni fiscali, con la clausola però di non chiedere sovvenzioni statali per le opere di bonifica. Ad essi si aggiunse come proprietario di beni anche il monastero benedettino femminile dei S.S. Cosma e Damiano e più tardi il monastero di S. Eufemia. Non ci rimangono date di queste donazioni. Sappiamo che il 15 dicembre 837 l'imperatore Ludovico il Pio conferma al monastero di S. Salvatore in Brescia, beni mobili e immobili della curtis Hisegies, identificata in Iseo. Il 10 nov. 882 Ardefusa, badessa del monastero dei ss. Cosma e Damiano in Brescia, concede in livello a Roberto di Sandremano un podere. Questi si impegna a consegnare presso la corte d'Iseo, ogni anno, la metà del vino prodotto, 25 carri di legno secondo la misura iseana in uso, 2 polli, 10 uova. Tra i testimoni «Luvenperto quondam Dagivert de Ises». Il monastero di S. Giulia vi teneva due affittaioli liberi che tenevano una corte ciascuno e rendevano nell' 897 cinque anfore di vino, due porci, un castrato, sei polli, trenta uova, e tre mogge di castagne. Un circostanziato inventario dei beni del monastero, del 905, un contratto di permuta del 1 settembre 1000, dell'ottobre 1066 confermano le proprietà del monastero bresciano su Iseo. Da Iseo il monastero di S. Giulia estende nel sec. XI le sue possessioni fondiarie a Clusane e su altre terre della Franciacorta. Nella curtis del monastero lavorano una settantina di servi della "pars dominica" e di coloni del "massaricio" e producono cereali (miglio soprattutto), castagne, olio, vino, formaggio, miele, carne di porco e di castrato, pesce, e vi si conciano pelli per il monastero. Ad esso la curtis deve 13 soldi d'argento, di cui 5 provengono da balzelli gravanti sui traffici del porto e della fiera mercato. Si sono già formati con la curtis, il castello che raccoglie in fortificazioni (palizzate, terrapieni e poi lavori murari) il borgo che si è formato fuori del castello, tra gli "exercitales" arimanni. Come hanno sottolineato A.A. Zani, G. Pezzotti e G. Vitali, tra questi poli di futura espansione restano larghi spazi coltivi, il torrente Cortelo - se si accetta la derivazione etimologica del nome da «curtis» - segna un confine, scorre lungo l'attuale via Sombrico, sfocia a lago subito alla destra del pronunciato rientro della riva che funge da porto; fra il IX e durante il X secolo si assiste alla decadenza della «curtis» nelle sue capacità amministrative e d'organizzazione del lavoro, mentre il suo patrimonio terriero ed i suoi diritti di esazione fiscale subiscono l'attacco dei «ministeriales» in ascesa e della pieve, dietro cui campeggia la rinnovata forza del vescovo: cause esterne, quali le razzie ed incursioni ungariche, e la continua anche locale situazione della belligeranza sostituiscono alla vasta area difesa del «castellum» una rocca di superficie assai minore - quantificando il processo su casi analoghi conosciuti si passa dalla migliaia ad alcune centinaia di metri quadri -; si forma così il «vicus Isei», insieme eterogeneo di molte costruzioni in legno e pochissime in pietra, non saldate in un unico sistema difensivo. Mentre del Castello primitivo non ci rimane ricordo, mura e reperti medioevali affiorarono nel 1983 durante i lavori per la costruzione nuova della nuova pretura, tali da far individuare una prima struttura parte di una torre databile intorno al Mille. Dal numero di aperture si può argomentare che all'interno ci fossero fondaci o magazzini. Alla fine del quattordicesimo secolo, o all'inizio del quindicesimo, l'edificio fu gravemente danneggiato da un incendio: ancor oggi si vedono i muri anneriti. All'interno fu poi costruito un volto che poggia contro i vecchi muri. Dopo la «ristrutturazione», a quanto sembra, il palazzo si trasformò in residenza: aperture ad arco sul vicolo furono trasformate in finestre. E la facciata è rimasta così fino all'inizio di quest'ultimo lavoro. L'immobile ha poi mutato nei secoli destinazione più volte: alloggiamento di soldati, armeria (passando di proprietà comunale), fino a restare, tra il Sette e l'Ottocento, inutilizzato. Infine, dopo la restaurazione, divenne carcere mandamentale, e come prigione fu utilizzato fino a pochi anni fa.


Lo sviluppo commerciale, la decadenza dei monasteri, favoriscono l'espandersi di proprietà private. Già dal sec. XI alcuni iseani contrattano terre in Adro, ad Azzanello, a Montirone. Nel 1058 Iseo è nominato come vicus, cioè luogo non fortificato. Ma lo dovette essere per poco tempo. Oltre le fortificazioni si andò sviluppando anche la vita economica per cui nel 1107 Iseo contendeva a Lovere il diritto di avere un porto. In effetti la situazione economica sociale di Iseo è in accentuata evoluzione. I "boni homines" (fra i quali Giovanni q. Martino di Leoprando, Maurone q. Ursino, ecc.) e l'esistenza di beni comuni indicano che si va formando una Vicinia che amministra beni accanto a quelli dei monasteri in una crescente autonomia che sfocia nel comune. E ancora emergono famiglie sempre più potenti come quella di Aderano e del figlio Guiberto che sposa Berlinda di Azzanello, consanguinea dei Poncarali, e, soprattutto, Alberto ed Oprando di Mozzo ed altri dello stesso nucleo familiare che sembrano risiedere a Iseo, dove comunque hanno proprietà come indicano documenti del novembre 1091 e del luglio 1093. Si tratta, come hanno rilevato gli autori citati, dell'emergere di un ceto egemone, quello dei «milites», in cui si fondano i discendenti di stirpi comitali ruralizzatesi ed i rampolli degli amministratori dei beni vescovili e plebani o monasteriali; ora nemico, ora alleato del potere del vescovo e del nascente Comune di Brescia, crea con le proprie residenze fortificate - case a corte e casetorri soprattutto in quella che poi verrà chiamata contrada del Sombrico - una serie di nuclei che l'autorità centrale tende a coordinare in un insieme compatto attraverso l'erezione d'una prima cinta muraria; è forse allora che il torrente Cortelo viene deviato, una prima volta, a nord lungo l'attuale via dei Cavalli. Agli inizi del sec. XII si affermano i Sozzi, uno dei quali, Antonio, nel 1102 è con Andrea Cavedona degli Orzi legato a Enrico IV per chiedergli la cittadinanza di Brescia. Sempre dal sec. XI attorno ad Iseo, nell'Isola di S. Paolo, a Provaglio (1083), Clusane (1093), e Cremignane si allarga la riforma cluniacense che organizza la vita religiosa ed economica lasciata decadere dai grandi monasteri. La stagione cluniacense passa presto lasciando il segno nell'impianto architettonico della chiesa plebana, forse in questa epoca ricostruita. Da S. Andrea il romanico si propaga a S. Silvestro e a S. Martino in Prada. Sul castello e sul borgo fortificato conta ora sempre più Brescia che si va costituendo in libero comune e che ne fa un caposaldo sia strategico che commerciale verso Bergamo e le popolazioni camune. In Iseo come a Pisogne ebbe possedimenti anche il vescovo di Brescia e nel 1170 un Versigno figlio di Bruscarolo, testimoniava che suo padre era stato gastaldo del vescovo per 30 anni. Per questa sua importanza Iseo viene preso di mira dagli implacabili nemici delle libertà comunali quali Federico I° Barbarossa e del suo nipote Federico II, che per piegare il libero comune Bresciano, riducono all'impotenza il castrum Isei. Particolarmente dura la repressione del Barbarossa, che lo incendia e distrugge il 28 luglio 1161, giorno di S. Nazaro, se ancora trent'anni dopo, in verbali di processo conservati dal «Liber Potheris», si prende quale data, cui riferire una sequenza d'altri avvenimenti, quell'infausta estate. Nonostante, anzi proprio in ragione di queste distruzioni il Comune di Brescia fortifica il borgo, costruendo nuove mura, privilegia il mercato, offre protezione e favorisce cittadini iseani che assumono ruoli importanti nel comune di Brescia. Il 23 maggio 1167 Giacomo di Iseo giura in Lodi per conto del Comune di Brescia i patti di alleanza tra Milano, Cremona, Bergamo, Lodi, Brescia. Nel 1175 Giovanni di Iseo è prete a S. Zenone di Brescia; nel 1180 Imbertus da Ysé è console dei mercanti del comune di Brescia; il 10 novembre 1182 Lanfranco, arciprete di Iseo, presenzia in Breno ad un atto di pacificazione in Breno ecc. Contro i nemici interni ghibellini, il comune di Brescia potenzia, specie nel 1192, la rocca che va prendendo quella forma che ancora conserva. Situata su un altura dominante il borgo conserva ancora la pianta quadrata, con entrata nel lato ovest. con quattro torri angolari pure di forma quadrata e sporgenti circa m. 6-7 sopra il resto del fabbricato. Conserva ancora cortine murarie, quattro torri angolari, barbacani, tracce di ponte levatoio, parte di una cortina di cinta, porta d'entrata fortificata nella cortina di cinta.


Pur conteso e dilaniato da guelfi e ghibellini, anche nel sec. XIII Iseo progredisce economicamente, socialmente e religiosamente. Si insediano a Iseo gli Umiliati e i Francescani, si sviluppa il quartiere artigiano del campo, viene trasformato in fossato l'impetuoso torrente Cortelo ecc. che a fine del secolo viene racchiuso nella seconda e definitiva cerchia di mura. Emergono famiglie sempre più ricche quali quelle dei "de Morentonibus" , "de Ratonibus", "de Zermegnanis", "Maiaconte" ecc. e soprattutto i "De Curte" e "de Lacu". Lo sviluppo civile e culturale è indicato dalla presenza in questo secolo di due grandi iseani: fra Bonaventura, ministro provinciale dell'ordine in diverse sedi tra il 1225 ed il 1256 ed autore d'un trattato d'alchimia, e fra' Giacomo, che, rivestita anch'esso la carica di ministro provinciale, la tradizione vorrebbe miracolato e risanato dal corpo del santo d'Assisi nel 1230; e dalla presenza in Brescia di tre medici quali Conforto, Bonaventura e Iacopo, che ottengono dal Comune privilegi e riconoscimenti. Un ruolo di rilievo ebbe l'arciprete Lanfranco presente ad un atto di pacificazione a Breno nel 1182 e assieme ad altri iseani alla sentenza sul possesso del "Castrum Vulpini" conteso fra Brescia e Bergamo (2 ottobre 1192). Altri iseani fra cui Giacomo di Iseo, Giacomo "De Lacu", Umberto da Iseo, Albertone de "Ysé", Alberto de Iseo, Guidotto de Yxé, Oldofredo de Iseo; Bonapace de Ysé de Uchezonibus ecc, sono durante il sec. XIII, presenti ad atti importanti o rivestono cariche di prestigio in Brescia e fuori. È nel sec. XIII che cresce sempre più in potenza una famiglia di "milites" quella dei "de Yxé, o Isei che, crescendo in potere e ricchezza, si atteggia sempre più a paladina dell'autonomia locale, in contrapposizione alla città. È così che, se in seguito, l'assedio delle truppe di Federico II nel 1238, il Comune di Brescia ordina di fortificare il borgo. Ma nel 1252 essendosi rivelati gli Isei sempre più ghibellini, proibisce a Iseo di costruire torri, mura e porto e nel 1256 sottopone a regolamento e controllo stretto il porto. In effetti gli Isei in sempre più aperta polemica con Brescia, nel 1258 si schierano per Ezzelino da Romano contrastato a Iseo nel 1265 dalle truppe di Carlo d'Angiò. Quando nel 1269 i guelfi riprendono il potere a Brescia, espellono gli Oldofredi dal castello d'Iseo, e vi rinforzano le difese ed il porto che verrà ampliato verso la fine. Ma nel 1272, il timore d'una ripresa ghibellina, spinge Brescia a vietare ulteriori fortificazioni, divieto riconfermato nel 1281. Ciò permette nel 1288 ai ghibellini camuni, capitanati dai Federici, dopo aver espugnato l'avamposto guelfo di Pisogne, di inseguire gli scampati fino ad Iseo distruggendo il castello nel quale avevano cercato rifugio uccidendovi tutti i difensori. Dopo questo assalto il vescovo di Brescia ordina che il borgo di Pisogne venga fortificato e il 28 ottobre il Gran Consiglio del Comune di Brescia, mette al bando la famiglia Federici. A protezione di Iseo e del loro feudo gli Isei o Oldofredi erigono anche il castello di Bosine o del Crocifisso e una serie di fortificazione quasi a recingere il borgo e il porto. Nel sec. XIV gli Isei o Oldofredi continuano a militare in campo ghibellino, schierandosi poi per i Visconti, salvo che nel 1313 quando Giacomo da Iseo, "signore" del borgo, è fra coloro che trattano la pace coi guelfi, ottenendo poi di rifortificare Iseo, come si legge nel suo epitaffio scolpito sul sarcofago collocato nella facciata della chiesa di S. Andrea. Del resto nel 1322 egli è coi Visconti alla battaglia di Bassignana. Nel 1327 Luchino, Azzone e Marco Visconti sono ospiti degli Isei sul lago. Poco più tardi gli Isei sono con gli Scaligeri, alleati dei Visconti, che finanziano con Mastino della Scala nel 1331 la ricostruzione del castello e delle mura e lasciano nel castello il loro stemma. Dal 1337 Iseo è sotto l'influenza dei Visconti che nel 1342 finanziano il completamento delle mura e dei fossati. La peste del 1348 semina numerose vittime tra cui Oldofredo da Iseo. Ma non mancano segni di progresso come la costruzione nel 1360 della chiesa di S. Maria del Mercato. A premio della fedeltà nel 1380 Bernabò Visconti infeuda Iseo a Giovanni da Iseo e la borgata viene nel 1385 creata capo quadra. I favori dei Visconti per gli Isei continuano fino al 1410 quando, in seguito ad una congiura contro Pandolfo Malatesta e ad azioni di guerriglia e saccheggi, vengono condannati, in contumacia, alla pena di morte, mentre nel 1411 il Malatesta impone dazi severi. Dal 1412 al 1414 castellano di Iseo è Giovanni Massi da Montefeltro. Dopo un'infeudazione di Iseo come marchesato da parte dell'imperatore Sigismondo I ai fratelli Giacomo e Giovanni da Iseo, il 10 aprile 1415, nello stesso anno viene riconfermato castellano Giovanni Massi, che cede poi il posto nel 1418. Nel 1419 Iseo cade nelle mani del Carmagnola e nel 1426, in ragione del trattato di Ferrara del 20 dicembre, Iseo è tra i luoghi fortificati, ancora in possesso dei Visconti, che si devono consegnare entro 25 giorni a Venezia, mentre gli Isei riprendono la via dell'esilio. Venezia, alla quale Iseo giuria fedeltà il 6 marzo 1428, rimarrà padrona della borgata fino al 1796, salvo alcuni brevi periodi. Venezia del resto è larga di privilegi (9 luglio 1428) e di riforme. Iseo viene eretta in vicaria minore, nel 1437 vengono unificate le varie congregazioni di Carità, nel 1438 vengono rinforzate le opere di difesa. Le quali però non servono a trattenere, nel settembre, il Piccinino dall'impadronirsi, dopo breve assedio, di Iseo e di saccheggiarlo. Tornata ai Visconti, questi il 27 luglio 1439, infeudano Giacomino il marchese. Un anno dopo, nell'agosto le truppe venete rientrarono in Iseo. Ripresa nel 1446 la guerra tra Venezia e Milano, Iseo venne di nuovo occupato fino all'ottobre 1448 dai Visconti, per passar poi a Venezia. Una nuova occupazione da parte di Francesco Sforza nel 1453, viene troncata in novembre, dopo pochi mesi, dal Colleoni che la rioccupa, in nome di Venezia. Conchiusa la pace fra Milano e Venezia la Repubblica cerca di accattivarsi Iseo confermando, l' 11 marzo 1460, il "diritto di onoranza" sulle mole, le biade, legumi, legna, castagne, a condizione che provvedesse ai ponti ed ai porti. Venezia, per assicurarsi appoggi sicuri, distribuisce la maggior parte dei beni sequestrati agli Isei-Oldofredi parte ai nobili bresciani quali Avogadro, Martinengo, i Terzi Lana, per mantenerne i favori, e una parte a famiglie in ascesa quali i Rampinelli, mentre le briciole a Vicinie e Comuni. La castellania d'Iseo viene affidata ad un ramo dei Celeri di Lovere, vecchia tribù ghibellina che ha compreso da che parte stare. La ripresa economica ed edilizia: ne è segno la presenza dal 1460 di un banco di ebrei, mantenuto anche dopo i decreti di espulsione del 1472; si sviluppa l'artigianato e nel 1471 si accenna la prima volta ai boccalari, che tanta importanza avranno nella vita economica iseana. Con il sopravvento della Repubblica Veneta l'attività economica e specialmente il mercato ebbe uno sviluppo rapido. Ad un ebreo, Salomone, che nel 1460 chiedeva di aprire un banco, il Comune lo concedeva con 31 voti contro 26, a patto che pagasse 210 ducati d'ingresso e 42 ogni anno, oltre le solite tasse. Nonostante che gli ebrei fossero espulsi dal bresciano pochi anni dopo, a Iseo rimasero per decenni forse in un ghetto nelle case cosiddette Portelle perchè venivano chiuse di notte. Una lapide in lingua ebraica, ora nel Museo di Brescia, ricorda un Efraim che morì a Iseo nel 1481. Ancora nel 1509 il comune nominava per il banco degli ebrei uno speciale notaio. L'importanza di Iseo è indicata anche dal fatto che viene registrato negli schizzi da Leonardo il quale, secondo il prof. Mario Baratta, avrebbe o pensato ad un canale navigabile da Bergamo a Brescia collegato con il Sebino o che gli schizzi servissero a qualche progetto di azione militare. Naturalmente vengono rinforzati il castello e il presidio, ampliate le fosse. Viene inoltre rafforzata la flotta di pattugliamento. Nel 1493 viene riformata la congregazione della carità (che nel 1503 organizza un lanificio per coprire i bisognosi) e ampliata la chiesa di S. Andrea. A terrori di peste che serpeggia nel 1493, nel 1500 e nel 1503 si alternano feste straordinarie quali quelle tributate a Caterina Cornaro, regina di Cipro nel 1497 e per la riconsacrazione della chiesa plebanale nel 1498. Negli ultimi anni del secolo Iseo andava anche abbellendosi. Già nel 1493 era stata selciata la piazza del mercato sulla quale si riuniva il Consiglio comunale. Nel 1512 sulla stessa piazza veniva edificata la chiesa di s. Rocco e nel 1519 il Comune acquistava da Francesco Albrici la farmacia che sorgeva poco distante. Nel 1555 il comune faceva cingere il grande olmo, che sorgeva in un angolo della piazza, da panchine di pietra di Sarnico. Nel 1576 veniva fabbricato l'Albergo della posta con camere e stalla. Nel 1594 vi esistevano quattro osterie. Nel 1509 si affacciano nuovi pericoli di guerra per i contrasti fra Impero Francia e Spagna. Iseo registra il passaggio di numerose famiglie signorili della città che si trasferiscono in Valcamonica e sulla sponda bergamasca. Nonostante il momento difficile, nel 1511 viene dato il via alla "fabbrica" della piazza del mercato. Anche l'agricoltura ha un decollo che migliora ulteriormente l'economia sebina. L'anno dopo, nel 1512 Iseo ospita il Consiglio Generale Provvisorio di Brescia, che si riunisce in S. Andrea, mentre il Comune invia denaro a sostegno di Venezia. La peste convince ad affrettare la costruzione della chiesa votiva di S. Rocco. Nel febbraio 1513 anche Iseo viene occupata da truppe spagnole, mentre la peste semina vittime fino al 1516. Il 1° gennaio di questo anno tornano a Iseo i veneziani. La pace solidificata porta, come hanno sottolineato Zanni, Pezzotti e Vitali, al coagulo di un solido nucleo di famiglie «contadine», che si impadroniscono poco a poco della amministrazione locale, contestano e combattono l'influenza dei «cives Brixiae» residenti, aspirano ad ottenere dal governo centrale sempre maggiori privilegi, che li liberino dalla tutela e dallo stretto controllo cittadino. Parallelo è anche lo sviluppo urbanistico con l'ampliamento della piazza del Mercato già iniziata alla fine del sec. XV e l'ampliarsi di spazi ad essa circostanti da trasformare in fondaci o in taverne o in speziarie; altrettanto costante è la tendenza a conquistare terreno edificabile sottraendolo al lago: culmine del processo il riempimento nel 1588 della «fossa della Galera», un canale, che staccandosi dal porto, entrava da S nella piazza. Di pari passo si sviluppa l'economia e particolarmente il commercio. Scomparso ogni pericolo di guerra, dal 1523 si ripetono spesso nel 1525, 1527, 1530, 1549 casi di peste ed altri di carestie (1536), mentre si accendono contrasti di confine con Provagli definiti nel 1526, e per i diritti degli originari e i forestieri (1554). Si sviluppano le scuole fra cui anche quelle di grammatica latina (1583). Mentre nel 1564 il Comune cerca di contrabbandare per vero un falso documento del 1102 che riconosce Iseo come città con ampi privilegi, Sale M. tenta di rubarle il ruolo di capoluogo di Quadra. Al contempo gli originari rivendicano nel 1517 e nel 1554 privilegi nell'amministrazione del comune. La terribile peste del 1576-1577 che riduce la popolazione a 300 abitanti, non scoraggia nuove iniziative come la fabbrica del Salnitro. La visita di S. Carlo Borromeo nel 1580 porta riforme fra cui quella della congregazione di Carità (1581) e nel 1587 l'introduzione nel castello, ormai semi-diroccato, dei cappuccini. Nel 1588 viene migliorato il porto, mentre esenzioni fiscali tentano nel 1591 di far fronte ad una grave carestia e di far riprendere il commercio dei pannilani. Nuova fonte di ricchezza viene nel 1606 dall'introduzione dei primi gelsi per "nutrire bachi da seta". Nuova tremenda strage di vite umane (cinquecento circa, un terzo degli abitanti) porta la peste del 1629-1630. La ripresa è però rapida, e le vicende di Iseo si esauriscono quasi solo nelle divergenze fra originari e forestieri. Fra le famiglie più in vista emergono: Bonardi e Griffoni, speziali, i Tajardini, gli Aliprandi, i Bonfadini, gli Entratico, i Burlotti, gli Zuccoli, i Solatti, i Zanotti, i Cacciamatta.


Il '600 è costellato da grandi feste religiose come quelle per le reliquie di S. Vigilio (1632) e della consacrazione del santuario della Madonna della neve (1656). Lotta al contrabbando, progetti di un canale navigabile Brescia-Iseo (1675), e di un nuovo porto (1710), lavori di ampliamento alla chiesa di S. Andrea (1723-1731), miglioramenti di strade, potenziamento del mercato ecc., costellano lunghi decenni di tranquilla vita, rotta da inondazioni (1746) e carestie (1764, 1778). Anche gli ultimi decenni del dominio veneziano, mentre generale è la decadenza economico-sociale, registrano a Iseo fatti positivi quali la costituzione dell'Università del lanificio (1784), la sistemazione della strada regale Brescia-Iseo (1791) e la istituzione, per merito del podestà Antonio Savorgnan, del mercato cerealicolo (1794) ecc. La guerra di successione spagnola sfiora soltanto il territorio iseano. Seguono anni di pace, e anche di sviluppo economico, interrotti da qualche carestia di cui grave e generale quella del 1764. La popolazione iseana aumenta, viene ampliata la pieve di S. Andrea, abbellita di affreschi di Alessandro Voltolini (1748) quella di S. Maria del Mercato. Si sviluppa il borgo specie verso il lago, viene scavato in località Prato dei Frati, da Carlo Archetti, nel 1710 un nuovo piccolo porto. Nel 1750 l'Estimo mercantile vede in testa i mercanti e particolarmente i Nulli ed i Bergomi, negozianti in pezze di pannilana e in ferramenta; seguono poi i Bonini, i più ricchi fra i tre speziari; ma il futuro appartiene ad Andrea Bordiga, proprietario di un filatoio di seta, che proprio in quell'anno ricopre la carica di «presidente della Mercanzia - Camera di Commercio - di Brescia». Come giustamente nota il Baroncelli, i dati del ritratto sono parziali: mancano le proprietà ed i redditi - soprattutto agricoli - dei nobili e dei «cittadini», che appunto in città sono estimati e tassati. Per il 1764 - come già accennato anno di carestia, che vede tumulti popolari per la gravissima situazione in cui si vengono a trovare gli abitanti delle valli e delle zone montane - si dispone della «Descrizione generale della città e della provincia di Brescia», ordinata dal Capitano e Vicepodestà Grimani. Notevole per Iseo l'aumento della attività tessile: 2 sono ora i filatoi, 3 le tintorie; dei telai, 3 lavorano la seta, 6 la lana, 22 il telaccio. La popolazione attiva si suddivide in 171 lavoranti dei campi, 235 artigiani e manifatturieri e 18 negozianti. Si distinguono fra i più attivi i forestieri e i "nuovi originari" che però non riescono ad acquistare parità di diritti con gli originari, che nel 1764 sono ridotti a 95 famiglie sulle 236 famiglie abitanti ad Iseo. Nel 1796 l'arrivo di truppe francesi fa prevenire la fine del secolare dominio veneto che termina l'anno dopo, con l'erezione dell'albero della libertà. Nello stesso anno da Iseo, attraverso il dottor Ippolito Bargnani, partiva la propaganda delle idee della Rivoluzione verso la riviera del lago e la Valcamonica. A Bargnani fu accanto il dottor Carlo Cernuschi e altri ancora che costituirono in Iseo il primo nucleo di rottura con il passato che darà i suoi frutti nelle cospirazioni e nei conati rivoluzionari. È la borghesia, specie mercantile, che si fa paladina della rivoluzione. Non a caso è un Giacomo Bordiga, filatore di seta, figlio di quell'Andrea che nel 1750 era presidente della Mercanzia (Camera di Commercio) di Brescia, che il 21 marzo 1797 porta al popolo sovrano di Brescia le felicitazioni e le adesioni delle tredici comunità formanti la Quadra di Iseo. Il 18 giugno a Iseo il generale Lechi di passaggio, diretto a Gardone V.T., fronteggia un gruppo di ribelli comandati da certo Moya. Le truppe del Lechi il giorno dopo saccheggiano la casa dell'arciprete e fucilano un iseano perchè sospettato di essere un gogo. Il governo della Cisalpina vede momenti di rilancio economico attraverso commesse militari e l'espansionismo del commercio da cui ricavano grosse fortune i Cavallini e gli Archetti, rispettivamente mercanti in ferro ed in legname; riprendono fiato i Cacciamatta, i Bergomi, i Bordiga con le loro produzioni di lane, cotonacci e fustagni, seta grezza. Figura di primo piano diventa dal 1796 Carlo Cernuschi, arrivato a Iseo come medico-condotto. Preparatissimo professionalmente egli è uno dei più infaticabili e intelligenti della vita pubblica e degli orientamenti politico-sociali della borgata. Imparentato coi Bordiga e con altre famiglie di rilievo, il Cernuschi semina le idee democratiche e repubblicane che daranno una classe politica nuova, e lo stesso Gabriele Rosa. Si elaborano nuovi progetti quali quello del canale navigabile Iseo-Brescia. Affermatosi il Dominio Austriaco viene posto a Iseo uno dei 17 distretti della provincia che più tardi nel 1853 assorbirà anche quello disciolto di Adro. Il dominio austriaco, sotto il quale Iseo diventa sede del X Distretto, segna nuove iniziative quali l'illuminazione pubblica (1819), la costruzione di un nuovo cimitero (1822), i lavori di ampiamento della chiesa di S. Andrea, sotto la direzione del Vantini (1825), la sperimentazione dell'escavazione della torba nelle lame da parte di Francesco Nulli (1829), il primo esperimento di navigazione sul lago (1834), il crescente abbattimento delle mura (dal 1835), la costruzione su progetto del Vantini dell'attuale municipio (1835), l'apertura dell'ospedale (1841), un nuovo ponte sul Cortelo (1842) lo sviluppo della lavorazione delle seta, la nascita a Vanzago di un ospedale fondato dall'iseano don Cacciamatta (1850), la riedificazione di alcuni edifici fra cui magazzini di cereali e di castagne (1850-1854), la costituzione di un comprensorio per la regolazione delle acque fra i comuni rivieraschi (1858). Fin dai primi decenni del sec. XIX non mancarono calamità ed epidemie. Il lago straripò più volte, specie nel 1823 e nel 1829; comparvero nel 1832, nel 1839 il vaiolo; nel 1835, nel 1849 il colera; nel 1843 una laringite acuta; nel 1847 e nel 1854 le febbri petecchiali; nel 1847 un epidemia tifoidea.


Crocevia mercantile e culturale, Iseo sentì profondi i fermenti patriottici e liberi. Nel 1821 subirono processi, per affiliazione alla Carboneria, l'avvocato Alessandro Bargnani figlio di Ippolito, e lo studente G.B. Cavallini, universitario a Pavia, mentre furono arrestati, perchè sospetti di condividere le stesse idee, Giulio Bergomi e il dott. Andrea Nulli, amici del Ducco, del Tonelli, degli Ugoni. Gabriele Rosa dichiarerà di avere per la prima volta sentito, durante il loro processo, risuonare misteriosamente in Iseo la parola «Italia». Nel 1831 Iseo diviene focolaio della propaganda mazziniana della Giovane Italia e perciò sottoposto "a speciale sorveglianza". Questa porta all'arresto nella notte sul 5 settembre 1833 di Gabriele Rosa, Cristoforo Battaglia, e di Ambrogio Giulitti e all'inquisizione di parecchi altri iseani quali, Giulio, Ippolito, Giovanni, Girolamo Bargnani, Antonio Bonini, Giovanni Bonduri, G.B. Cavallini, Carlo Cernusco, Andrea Guerrini, ed altri nei paesi vicini. G. Rosa pagherà con tre anni di carcere duro allo Spielberg. Per propaganda mazziniana nell'ottobre 1833 venne arrestato il pentolaio Cristoforo Battaglia, nativo di Porlezza, che però riuscì a salvarsi dalla prigione. Nel 1848 i sentimenti patriottici riesplodono. Il 15 febbraio, all'osteria "Fenice", una sessantina di iseani innalzano il tricolore. Nei giorni seguenti una Commissione opera a Iseo, in permanente diretto contatto con il Governo Provvisorio di 22 marzo alcuni iseani guidati da Francesco Rosa, fratello di Gabriele, partecipano alle 5 Giornate di Milano. Nell'agosto transitano continuamente truppe. Agli avvenimenti militari e politici partecipano numerosi iseani fra i quali il generale Federico Rossi (1824-1895) (capitano) comandante del 1.o reggimento fanteria del governo provvisorio di Lombardia, il generale Angelo Fontana volontario di guerra nel 1848 e combattente in tutte le altre campagne nazionali, i volontari Mosè Fontana, Filippo Cesare Bondurri, sottufficiale del Reggimento Bersaglieri Lombardi, morto poi nella difesa di Roma nel 1849, Giovanni Nulli, Angelo Bonardi, Alessandro Bondurri, ecc. che raggiunsero il numero di trentasei. Nel novembre serpeggiano ancora fermenti rivoluzioneri. L' 11 dicembre 1848 veniva fucilato a Brescia, l'iseano G.B. Baroni detto Bulghin, di 24 anni, arrestato per essergli stata ritrovata in casa un'arma di caccia. Dodici iseani parteciparono alle Dieci Giornate. A Iseo vennero distribuite armi inviate dal Piemonte e da Bergamo. Le ritirò il 23 aprile 1849 il colonnello Giuseppe Martinengo inviatovi dalla commissione di statistica. Il carro con le armi giunse a Brescia il 26 accompagnato da un pugno di giovani iseani Belotti Paolo, Cittadini Michele, Cittadini Bortolo, Nulli Tiziano, Plevani Camillo, Zanoni Angelo, Ferrari Angelo, Ferrari Gottardo, Scotti Giuseppe, Vitali Tomaso, guidati da Basilio Antonioli. L' Antonioli e gli iseani conbatterono a Piazza dell'Albera, e sulle barricate sulle quali cadde lo stalliere iseano Camillo Plevani, di 40 anni. Si distinse, a capo di una falange di Tito Speri, e fu gravemente ferito il ten. Giuseppe Nulli. Fatto prigioniero, trascinato in Castello venne fucilato. Il Municipio di Brescia il 10 aprile 1899 farà pervenire al comune di Iseo il seguente diploma: «Municipio di Brescia - N. 10308 - A perenne ricordo che alcuni terrazzani di Iseo presero parte attiva alla gloriosa insurrezione Bresciana delle dieci giornate 1849, ha il pregio, a nome della Giunta Municipale, di presentare a cotesto On. Municipio la medaglia commemorativa coniata in occasione del 50° anniversario dell'epico avvenimento. «Brescia, 9-10 aprile 1899». Il 16 giugno 1850 visitava Iseo e altre borgate luogotenente principe Carlo di Schwanzerberg. Ma, nonostante la sorveglianza severa, sotto la cenere cova la fiamma patriottica. Nel 1851 e nel 1853 si forma un comitato rivoluzionario, si collegano anche con Iseo file del Partito d'Azione e mazziniane attraverso Bortolo Gheza, che torna dall'America in Europa, Oreste Fontana, che si muove ai confini della Svizzera con l'Italia. Nel comitato è attivo, soprattutto, Giuseppe Vender. Doveva essere Zanardelli a portare l'annuncio della liberazione. Mentre era a Bergamo, il ministro Visconti - Venosta l'aveva incaricato a nome di Cavour, di portarsi ad Iseo per prepararvi azioni fiancheggianti l'avanzata delle truppe piemontesi e francesi. La parola d'ordine era: «Fuoco a tutte le micce», Zanardelli giunse a Sarnico e chiese la collaborazione di Francesco Glisenti; intanto scriveva al cospiratore Guerrini di Iseo avvertendolo che il 10 giugno sarebbe (lo Zanardelli) ivi giunto per sollevare il popolo. A Sarnico l'agitatore bresciano requisì un battello a vapore, vi issò la bandiera tricolore e mosse verso Iseo con circospezione e preparando piani e discorsi per indurre gli iseani a ribellione. Immaginarsi la sorpresa, il lieto stupore di Zanardelli quando, avvicinandosi a Iseo, vide sul porto e sulla riva la popolazione in festa, che agitava vessilli tricolori ed inneggiava alla libertà. Lo Zanardelli era stato prevenuto dalla partenza del presidio austriaco e dall'arrivo di un gruppetto di cacciatori delle Alpi. Due giorni dopo si riuniva la rinnovata amministrazione comunale. Numerosi sono poi gli iseani che combattono nell'esercito e nelle file dei cacciatori delle Alpi fino al luglio 1859. Nel 1860 ben circa venti iseani combattono agli ordini di Garibaldi. A Calatafimi cade Carlo Bonardi; a Milazzo Flavio Bertinotti. Continuano le tradizioni patriottiche. Nel 1863 l'ex furiere garibaldino Giuseppe Viola parte per combattere per l'indipendenza polacca mentre nel 1866 si arruolano nelle file garibaldine, Francesco Rossetti, Silvio e Pietro Bonardi, Luigi Capuani, Oreste Fontana, Giusepì Guerrini, Virgilio Bonalda, Angelo Novali, G. Consoli, N. Costa, A. Draghi, Piero Grazioli, Giacomo Nulli, G. Tisi, Giovanni Viola, Zatti B., Bendinotti S. Al loro ritorno organizzarono gite ed ascensioni in montagna per tenere costanti e continui contatti fra di loro, allenati e pronti a rispondere a nuova chiamata. Così i volontari Garibaldini di Iseo (con alla testa Fransischì Rossetti, Silvio e Pietro Bonardi, Giusepì Guerì, Bigio Capuà, P. Marai e G.M. Archetti poi dei Mille), con gli altri, istituirono il campo di tiro al bersaglio alla foce del torrente Curtel. Dal ponticello alla Parrocchia sparavano verso il Lago con le dovute misure di sicurezza; e questo avvenne nell'autunno del 1866. Negli anni successivi il poligono di tiro al bersaglio di Iseo fu sistemato a monte della valletta del Curtel; località fra i castagneti, detta poi «del bersai», per continuare con le gite in montagna l'addestramento in omaggio alla massima di Garibaldi. Il tiro a segno di Iseo fu «forse» il primo dei mandamentali d'Italia. Costituì subito e proliferò schiere di campioni locali e nazionali (fra questi F. Rossetti, S. Bonardi, R. Rosa, N. Sbardolini, G. Giovanelli e Ludovico Nulli - il campionissimo - e più volte nazionale, che, anche attraverso le sue figlie, continuò la tradizione del «bersai» Garibaldino de «Isè». Il ricordo di Garibaldi rimarrà talmente vivo che verrà avanzata la proposta di offrirgli una nuova e più comoda Caprera nell'isola di S. Paolo e che Iseo sarà la prima ad erigergli un monumento.


Con l'unità d'Italia prevale a Iseo una classe politica liberale e progressista che nel 1861 porta in Parlamento l'avv. Giuseppe Zanardelli, che conserverà saldamente il collegio fino alla morte, in alleanza e in contrasto con un altro grande esponente politico iseano quale Gabriele Rosa. A volte, anzi spesso, le strade di Rosa e Zanardelli si incontrano e Rosa collabora attivamente con gli zanardelliani su problemi concreti di carattere amministrativo. Nel dicembre 1864 è il Rosa che fa da tramite fra Zanardelli e Prefettura per la strada Iseo-Marone. Ma molte volte gli orientamenti dei due divergono e certo la coerenza, la ricchezza di suggestioni e di idee politiche pende sulla bilancia della storia, dalla parte dell'iseano. Comunque è Zanardelli che dominerà dal 1861 la vita politica iseana nonostante tutti i tentativi per scalzare il suo prestigio, sostenuto soprattutto dal Circolo degli Amici e da altre organizzazioni quali al Tiro a segno, la Società di M.S. ecc. Nel 1874 Zanardelli riconferma la sua supremazia nel collegio di Iseo trionfando sul colonnello Tappa, direttore della Fabbrica d'armi di Gardone V.T., e per acquistargli voti a Iseo si era sparsa perfino la voce che Zanardelli si fosse fatto repubblicano. I più attivi zanardelliani sono individuabili negli azionisti della provincia di Brescia nel 1875. Tra essi troviamo i Bonardi, Francesco Formenti, l'avv. Girolamo Nulli, Francesco e Pietro Rossetti. A Iseo tiene il 3 novembre 1878, il 27 settembre 1892, il 31 maggio 1900, alcuni dei suoi più importanti discorsi elettorali. Non mancarono momenti critici anche per il partito zanardelliano e certo fra essi vi fu la liquidazione avvenuta nel 1893 della Filiale di Iseo della Banca Popolare. Ma lo spirito imprenditoriale dei gruppi di potere è sempre abbastanza forte per poter reagire a defaillances del genere. Nel 1895 viene fondata infatti la Banca del Sebino di cui sono principali promotori Gabriele Rosa, Pietro Bonardi, Giuseppe Guerini, Samuele e Roberto Rosa: repubblicani e zanardelliani uniti perciò ancora una volta. In verità, almeno a Iseo i due gruppi repubblicano e zanardelliano non solo convivono, ma si confondono per cui non è da meravigliare se nelle elezioni del 28 marzo 1897, Zanardelli potesse ottenere un nuovo trionfo e se, morendo, nel 1903 potrà tranquillamente indicare il suo successore nell'avvocato Giovanni Quistini. Più fortunosa e meno fortunata fu la vita del nucleo repubblicano di Iseo che pur ebbe un capo di grandissimo prestigio quale Gabriele Rosa. Esso espresse per anni un sindaco, nella persona del rag. Luigi Nulli (23 giugno 1914), che fu «uno dei più attivi propagatori dell'ideale repubblicano federativo» e principale organizzatore del Circolo Repubblicano «Carlo Cattaneo» e un repubblicano di rilievo come l'avv. Camillo Zanetti (3 agosto 1914), organizzatore di associazioni postelegrafiche e del personale degli uffici del Registro. Ma non uscì mai dall'ambito ristretto del paese. In verità benchè, nel 1890, mantenesse ancora un circolo molto efficiente, il repubblicanesimo iseano rimase in gran parte inefficace perchè incapsulato dallo Zanardellismo, declinando poi sempre più. Più appartato, anche per via del non expedit, è il mondo cattolico, anch'esso composito in posizioni intransigenti, conciliatoriste ecc. Nell'approssimarsi della I guerra mondiale, i cattolici riusciranno ad allearsi con elementi moderati e facendo leva su masse popolari a scalzare la supremazia zanardelliana. Nelle elezioni del 1909 i moderati e i cattolici riescono infatti a strappare agli zanardelliani il collegio elettorale che da lunghi decenni era stato loro eleggendo il conte Giuliano Corniani in luogo del Quistini. Ma in Iseo paese prevalse ancora Quistini con 173 voti contro i 107 di Corniani. Nonostante sforzi di ripresa come indica la inaugurazione il 13 luglio 1913 del vessillo del Circolo "G. Rosa" dell'Unione Magistrale Nazionale, le sinistre non riuscirono più a prevalere. Al risveglio e alla vivacità politica si accompagna quello economico sociale. Le iniziative economiche si moltiplicano: nel 1862 ha inizio l'escavazione industriale della torba; nel 1870 apre i battenti la filanda a vapore Bonomelli (poi Negrinelli) e nel 1871 quella dei Guerrini, nel 1880 quella dei Formenti. Il porto acquista sempre più importanza: fin dal 1873 vi transita l' 80 dei cereali per la Valcamonica. Nel 1863 la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde apre la prima succursale; nel 1873 viene installata l'illuminazione pubblica a gas. Il porto acquista sempre più importanza e viene allargato (1875), viene costruito il macello comunale (1880) e costituito il Consorzio del Lago d'Iseo (1881). Allo sviluppo economico si accompagna il risveglio sociale che parte il 1 ottobre 1863 con la fondazione della "Società operaia di mutuo soccorso di Iseo" che nel 1867 era ancora, secondo la Questura, "esente dalla lebbra sociale-internazionale" anche se apertamente favorevole alla classe operaia, specie per merito del presidente Faustino Buffoli. Nel 1875 la Società viene promossa a Biblioteca circolante. Il riconoscimento giuridico verrà con decreto del 21 dicembre 1886. Nel 1868 sorge l'asilo infantile; nel 1875 vengono istituite le «Cucine Economiche»; nel 1880 l'Ospedale Cacciamatta si fonde con l'Ospedale civile. Il 4 febbraio 1883 viene inaugurato il "Circolo operaio d'Iseo", presenti 70 operai. Presidente onorario venne acclamato Gabriele Rosa. Viene indicato il programma nelle parole «Onestà-moralità-lavoro e istruzione». Il 10 novembre 1883 il Circolo inaugura la propria bandiera. Allo sviluppo economico-sociale contribuisce in modo determinante la costruzione di ferrovie e di strade. Già fin dal 31 ottobre 1871-84 mercanti e negozianti, con a capo Gabriele Rosa, Luigi Rossetti, Giuseppe Bonardi chiedono al comune di promuovere la costruzione della ferrovia normale da Iseo a Rovato e Coccaglio. La linea Brescia-Iseo viene approvata alla Camera il 17 giugno 1879. Nello stesso anno viene approntato il progetto della strada Iseo-Polaveno per un costo totale di L. 107 mila. Il 21 giugno 1885 veniva inaugurata la ferrovia Brescia-Iseo. L'anno appresso venne ventilato il progetto di un collegamento anche di tram da Brescia-Gussago Iseo, non realizzato se non fino a Gussago. L' 11 settembre 1888 una grave inondazione arrecò danni incalcolabili a gran parte del paese, comprese le filande Guerrini, Negrinelli, Formenti e le concerie di pellami dei Bonardi e dei Nulli e ditta di calce Pesenti. Ma da sventure del genere Iseo seppe riprendersi sempre rapidamente. Nel settembre 1892 veniva avviata la sottoscrizione per la costruzione della Guidovia Iseo-Rovato che venne inaugurata il 1 nov. 1897. Sull'onda dello sviluppo economico sociale e civile migliorano le condizioni della borgata. Il 14 ottobre 1888, per ovviare alla grave carenza di acqua potabile, limitata alle case più alte mentre la gran parte degli abitanti doveva bere acqua di lago, vennero inaugurate 25 nuove fontane, con acqua presa dal monte ad un chilometro dell'abitato. L'acquedotto misurava 2842 m. di tubi di cemento. Un nuovo edificio scolastico viene costruito nel 1892-1893 su progetto dell'arch. Arcioni ed inaugurato il 24 settembre 1893, presente l'on. Zanardelli. Nel 1868 viene fondato il corpo bandistico, il 22 aprile 1877 nell'ex chiesa di S. Rocco viene inaugurato un nuovo teatro comunale con scene dipinte dall'iseano Giuseppe Zanetti; il 2 giugno 1890 della rinata banda musicale composta di 35 elementi, promossa dal maestro Zacchi; un Circolo degli amici attivo, fin dal 1892, promuove feste e carnevali. Sull'onda dello sviluppo accennato si verificano anche ad Iseo le prime agitazioni sindacali. Un vasto sciopero di 300 filatrici degli stabilimenti Negrinelli, Guerrini e Formenti si verifca dal 13 al 16 settembre 1893 al grido: "viva la libertà, vogliamo 12 ore di lavoro soltanto" (invece delle 14 ore). Per una ricomposizione si adopera anche Gabriele Rosa. Il 10 maggio 1898 echeggia, sembra la prima volta, a Iseo l'inno dei lavoratori. La fine del sec. XIX e il periodo giolittiano, sono costellati di nuovi segni di progresso. Se nel 1895 entra in crisi la Banca Popolare che vede il suo direttore processato per appropriazione in debita, nel marzo 1896 viene fondata per iniziativa di Cristoforo Tempini, con un capitale di 75 mila lire, la Banca del Sebino. Nel 1899 vengono aperte una succursale del Consorzio Agrario Cooperativo della Riviera Bresciana e una agenzia del Credito Agrario Bresciano, che nel 1906 trasporta la sede in piazza della parrocchiale. Nell'aprile 1898 viene avviato il progetto di illuminazione elettrica; nel 1904, su progetto dell'ing. Pietro Cassa, viene costruito un nuovo macello comunale; nel 1906-1907 viene posta la linea telefonica, attraverso un Consorzio Telefonico della Valcamonica e Riviera del Sebino. Anche l'istruzione e l'educazione trovano nuove occasioni. Nel 1904 la Società Operaia e l'Istituto Provinciale Scolastico promossero una scuola di disegno e nel febbraio 1909 venne aperta una sottosezione per operai, dell'Umanitaria. Si sveglia anche il mondo cattolico: i salesiani assumono la direzione dell'oratorio maschile, mentre nel 1908 su progetto degli ing. Briosi e Pedrini, per munificenza di Andrea Zuccoli e il concorso della popolazione, viene costruito un nuovo asilo, aperto nel novembre 1909. Si avvertono anche i primi segni di un risveglio turistico cui dà impulso la "Pro Sebino" fondata nel novembre 1901. Agli inizi del 1900, con la conduzione Grossi, viene rilanciato l'albergo Leon d'Oro, e il 27 giugno 1906, con la gestione dei coniugi Taddei-Rivadossi, viene aperto l'albergo Iseo. Nell'ottobre 1910 per iniziativa particolarmente di Pietro Rossetti viene inaugurato il servizio automobilistico Gussago-Iseo. Sempre più affollati sono il porto e il mercato e la fiera dell'agnello del Venerdí Santo. Il 1° settembre 1901 veniva inaugurato in frazione Puno sulla strada militare Iseo Polaveno nuovo campo di tiro di sette campate, tre per tiro a 200 m. e quattro per tiro a 300 m. Nel giro di dieci anni lo sport fa passi lunghi sotto la guida dell'Unione Sportiva Iseana, come confermano le grandi feste sportive dell'agosto 1912. La guerra sfiora Iseo continuamente percorso da mezzi e uomini in movimento per il fronte dell'Adamello. Nel novembre 1915 viene aperto l'ospedale da campo n. 0124 per convalescenti. Sul lago, a Montecolino, viene aperta una scuola di addestramento per piloti di idrovolanti. Nella prima guerra mondiale ebbero la Croce di guerra 21 combattenti, la medaglia 17 combattenti.


Nel dopo-guerra la scena politica è completamente cambiata. Il socialismo si va radicando soprattutto tra i ferrovieri lungo la linea camuna con centro ad Iseo, dove vengono scelti dal P.S.I. due candidati locali per le elezioni politiche del 1919 e 1921. Movimentati furono la settimana rossa del luglio 1919, ma soprattutto lo sciopero generale del personale della S.N.F.T. della primavera del 1920 che durò 75 giorni e che ebbe come epicentro Iseo. Mentre il socialismo si va diffondendo tra i ferrovieri e altre categorie, le operaie tessili entrano in maggioranza nella sezione tessili cattolici che il 28 settembre 1919 inaugura la bandiera. Il consolidamento dell'alleanza fra cattolici e moderati e ancor più il rafforzamento del mondo cattolico porta il 9 ottobre 1920 in consiglio provinciale per il Mandamento di Iseo il cattolico avv. Andrea Damiani. Nel frattempo un nucleo di reduci va orientandosi verso i socialisti organizzando il cruminaggio e assicurando i servizi di treni. Il 10 gennaio 1921 in un caffè venne fondato con 12 elementi il fascio di Iseo che Turati dichiara ufficialmente costituito il 6 marzo. Il fascio di Iseo diviene il centro di propaganda in una vasta zona. I fascisti iseani partecipano a varie manifestazioni e spedizioni a Breno, Darfo, Pisogne. L' 8 maggio 1921 la squadra d'Iseo si scontrò a Lovere con socialisti del luogo e nello stesso mese impedirono un comizio al deputato socialista Bianchi. L'attivismo dei fascisti portò a Iseo nelle elezioni del 1921 300 voti a Turati su mille votanti. Lo stesso Turati il 3 luglio 1921 inaugurava il gagliardetto del fascio. Altri scontri i fascisti iseani ebbero a Pisogne il 25 settembre 1921, a Sale Marasino nell'inverno. Fin dal 1921 veniva costituito un nucleo di balilla. Il gruppo fascista femminile nascerà invece solo nel febbraio 1926. Il 28-30 ottobre 1922 la squadra operò a Brescia. Del fascio di Iseo prese parte alla marcia su Roma Giovanni Archetti, comandante della squadra Universitari Fascisti la Fedelissima di Padova. Il 1° novembre 1922 assieme alle squadre di Pisogne-Breno occupava e scioglieva il circolo socialista e il Sindacato Ferrovieri, bruciando le bandiere rosse sulla piazza Garibaldi. Nello stesso giorno occupavano il circolo vinicolo di Pisogne e il Municipio di Breno. Nella primavera del 1922 la squadra di Iseo operò contro gli scioperanti della Bassa Bresciana. L'1 maggio 1922 impedisce la riuscita della festa del lavoro, assicurando il servizio ferroviario. Nel settembre 1922 il fascio ha la visita sia pure fugace di Mussolini che si trova di passaggio. Nel 1923 il fascismo conquista l'amministrazione pubblica e si radica sempre più profondamente nella vita sociale. Il 14 ottobre 1923 ad inaugurare il Parco della Rimembranza sarà Augusto Turati e la cerimonia sarà tutta fascista. Unica iniziativa, apparentemente autonoma, ma che è strettamente controllata, è la fondazione del Gruppo Alpino promosso il 6 ottobre 1924 dal capitano Felice Bonardi. Il Gruppo il 24 ottobre inaugura il gagliardetto. In compenso nel giugno 1923 viene liquidata la cooperativa di consumo. Di seguito vengono soffocate la Cooperativa di consumo fra agenti ed operai ferroviari e quella fra combattenti e reduci. Mentre la vita politica si risolve in senso sempre più antidemocratico, pochi fatti seguono gli anni 20. Nel 1921 viene fondata una scuola d'arti e mestieri che in pochi mesi conta 82 iscritti e 50 frequentanti, nel maggio 1925 avrà il riconoscimento del Consorzio per l'Istruzione Professionale e il 3 gennaio 1939 troverà una sua sede. Nel 1926 vengono aperti un nuovo ufficio postale, e nel luglio la colonia elioterapica. Lo sport prendeva sviluppo particolarmente dalla fusione nel 1925 con la Unione Sportiva "Pro-Iseo", mentre continua la sua attività la Società "La Rifiorente" USI. Nel novembre 1924 per impulso del maestro Zacchi risorge la Società Musicale Iseana. Nel settembre 1925 viene riaperto il Teatro sociale con cinematografia. Nel 1928 è attiva la filodrammatica "E. Nulli". Segni più evidenti di sviluppo si verificano nel 1930 con le prime asfaltature, con un certo quale rinnovamento edilizio in centro e con la costruzione, su progetto dell'ing. Giovanni Archetti e del geom. Fausto Archetti, di un acquedotto supplementare. Se il turismo ha avuto un andamento quasi insignificante (solo nell'agosto 1926 viene riaperto l'albergo Lago d'Iseo) con gli anni '30 ha un rilancio decisivo e rapido. La costituzione nel 1932 dell' "Ente autonomo Stazione cura, soggiorno e turismo di Iseo" ne è il centro propulsore. Fin dal 1932 vengono aperti i giardini pubblici e i campi di tennis, vengono migliorate le strade e abbellite tutte le zone adiacenti al porto e al lido. Nel 1932-1933 viene costruita una nuova banchina di circa 140 m. con diga di protezione attracco; nel 1934 viene migliorato il lido Garibaldi. A spese del Genio Civile viene costruito un nuovo lungo lago inaugurato il 28 ottobre 1937. I lavori riprendono nel 1939. Ad esso si aggiungerà un nuovo lido a 500 m. dal porto, verso Clusane con sponde in muratura di 300 m. Sempre dal 1932 vengono intensificati i treni popolari Brescia-Iseo, Rovato-Iseo. Nel giugno 1935 viene organizzata la giornata del pesce e nell'agosto dello stesso anno quella della frutta. Richiamano enormi folle le celebrazioni centenarie di S. Vigilio del settembre 1934 e le Feste della S. Croce dello stesso anno. Nel luglio 1938 vengono aperti un nuovo ufficio postale e l'ufficio informazioni dell'Ente stazione di soggiorno. Inoltre viene potenziato l'Ospedale, con un reparto di maternità nel 1935, grazie a Battista Paroletti. Fin dal settembre 1943 Angelo Zatti, dopo aver aiutato i soldati sbandati e recuperato armi, riuniva un piccolo gruppo di giovani fra cui Fausto Giordani, Luigi Bettoni, Mario Pezzotti e Armando Consoli, ma che subito si sciolse. Lo Zatti continuò la sua attività di appoggio a gruppi di sbandati sulle pendici del Guglielmo, a S. Maria del Giogo ecc. Sul Guglielmo cadeva l'iseano Delle Donne altri riuscirono a salvarsi. Nella primavera 1944 si formò con "Giacomo" un gruppo partigiano di appoggio al gruppo garibaldino Macario. L'attività clandestina viene intanto condotta particolarmente da Silvio Bonomelli, Angelo Savoldi, Lodovico Nulli. Il Bonomelli, il 17 luglio 1944, veniva ucciso da un gruppo di S.S., mentre le sorelle Agape e Mariuccia Nulli riescono a sottrarre nella notte seguente un pacco di documenti e a mettersi in contatto con altri resistenti, fra cui a Genova i figli di Bonomelli, Paride e Bruno che nel frattempo si erano arruolati nello spionaggio inglese operando in alta Italia. Arrestati, riuscirono a fuggire. I Nulli da parte loro continuarono a nascondere e ad aiutare partigiani in contatto con le Fiamme Verdi di Brescia. Specialmente Agape svolse una intensa attività di staffetta. Nell'agosto Ludovico Nulli venne arrestato e poi rilasciato, mentre Agape rimarrà nel carcere di Brescia fino alla Liberazione. Nel settembre 1944 tutta la famiglia veniva arrestata e deportata nel campo di Gries alla periferia nord di Bolzano. Nell'agosto 1944 una decina di giovani riunitisi prima a Stalla Tesor, si riunirono poi alla 122 Brigata Garibaldi dove entrarono alla fine dell'anno anche Vianelli e Zatti. Francesco Di Prizio cadeva, con altri, nella notte 27-28 ottobre 1944 a "La Fratta" presso il Castello di Serle. Altri iseani erano stati fatti prigionieri in località Quarone il 28 agosto 1944. Uomini, armi e munizioni venivano inviati alla 54a Brigata Garibaldi di Macario sopra Lovere. I feriti venivano curati a Iseo. Il 24 dicembre 1944 a Cremignane di Iseo veniva catturato il comandante della 122 Garibaldi, Verginella che verrà fucilato il 10 gennaio 1945 a Lmezzane. In gennaio si riorganizza intanto un campo base per la Brigata Garibaldi, mentre vengono recuperate armi e raccolti viveri e si rafforza il numero dei partigiani. Divisi i compiti e creato un comitato con a capo i colonnelli Giulio Panella, Antonioli e Zuccoli e sotto il comando militare del ten. Marchina, fin dal 24 aprile 1945 si verificano i primi scontri, che si ripetono poi nei giorni, fino alla definitiva Liberazione. Nei giorni della Liberazione caddero Raffaele Botti, Francesco Di Prizio e Giuseppe Zani, partigiani della 112 Brigata Garibaldi. Ad essi vennero dedicate tre vie nel settembre 1981.


Il rilancio turistico degli anni '30 aveva solo offerto una facciata alle gite domenicali. Uscendo dalla guerra il paese si ritrovò in stato di quasi abbandono. Fu perciò necessario che le amministrazioni comunali che si susseguirono affrontassero problemi urgenti. Dal 1946 al 1951 venne rinnovata l'illuminazione stradale, costruiti 837 m. di fognatura, allargati i camposanti di Iseo, di Pilzone e di Clusane. Il turismo si è sviluppato attraverso il rinnovo di strutture tradizionali e con strutture nuove. Grosse conquiste turistiche sono state la costruzione del centro di Sassabanek (v.) promosso da enti pubblici e la apertura al pubblico del vecchio Lido dei platani, le cui strutture erano bruciate nel 1973. Gli anni che seguirono videro il boom edilizio, iniziato con la costruzione di un primo villaggio nel 1950. Cooperative e privati riempirono gli spazi vuoti ancora rimasti tra l'antica borgata e la strada statale e costruirono una nuova Iseo tra la strada e il monte, e lungo i primi tor nanti della nuova strada per Polaveno. Nel 1950 vennero potenziati gli acquedotti e compiuta l'asfaltatura delle strade. Inoltre venne introdotto un corso triennale di avviamento, sviluppata la Scuola professionale "Romanino", aggiunta una nuova ala alle Scuole elementari. 11 piano regolatore, di cui fu estensore l'arch. Fausto Bontempi, viene presentato nell'ottobre 1974, dopo 17 anni di elaborazione e approvato il 23 ottobre". Nel restaurato maniero hanno trovato posto la biblioteca (ottobre 1982), la pinacoteca (costituita attraverso la donazione del pittore Vittorio Viviani, iI museo (1983), mostre, convegni ecc. Anche il settore scolastico si espande. Nel novembre 1976 viene costituito il distretto scolastico di Iseo comprendente i comuni di Adro, Capriolo, Cologne, Cortefranca, Erbusco, Iseo, Marone, Montisola, Monticelli Brusati, Palazzolo, Paratico, Pontoglio, Provaglio d'Iseo, Sale Marasino, Sulzano e Zone. Nel 1979 vengono ampliati gli Istituti per l'industria e l'artigianato e quello per ragionieri. Nel febbraio 1983 l'Istituto Tecnico Commerciale viene dedicato a Giacomo Antonietti l'assessore scomparso nel 1978 che più degli altri si era doperato alla nascita dell'Istituto. Nel campo giovanile assume rilievo il nuovo Centro giovanile parrocchiale, benedetto il 12 giugno 1966. L'assistenza ha visto la completa ristrutturazione del vecchio ospedale e la costruzione di una nuova grande ala, la ristrutturazione della casa di riposo "Fratelli Guerrini". Nel maggio 1974 viene fondato il centro sociale per handicappati, che comprende anche i comuni di Monticelli, Provaglio, Cortefranca, Sulzano, Sale M., Marone, Zone e Montisola ma che finisce presto, per mancanza di fonti. Questi non mancano invece alla soluzione dei problemi della terza età. Attraverso il lascito Cacciamatta viene realizzata, nel 1976, una residenza di trentuna unità monofamiliari. L'assistenza trova i suoi punti focali nell'ospedale e nell'USSL. Attive ancora le associazioni combattentistiche. L'Associazione combattenti e reduci già allogata in casa Mariana, dal novembre 1983 è ospite nel castello. Negli ultimi anni si è intensificata ancor più la vita sociale e culturale. La Biblioteca Comunale ha promosso convegni e pubblicato "Quaderni" culturali, nell'aprile 1975 per iniziativa di Ornella Moselli è nato il "Club donna sebina". Attiva è la cooperativa teatrale, "La Ginestra". Fin dal 1945 venne tenuto ogni anno un corso di pittura, mentre dal 1947 viene bandito un "Premio nazionale di pittura" giunto nell'agosto 1982 alla decima edizione. Con cento opere donate da Vittorio Viviani si costituiva presso il castello una Pinacoteca comunale inaugurata il 30 luglio 1977. Tra le mostre ebbero particolarmente rilievo quelle di Arturo Tosi nel settembre 1966. Il CAI con la sua attiva sottosezione è andato sviluppando un'intensa attività specie con la costruzione, ai piedi della Concarena, della Baita iseo (1981) e al ripristino dei sentieri del Sebino. Una apertura ed un arricchimento culturale è indicato anche dal moltiplicarsi delle attività spontanee come il Coro ISCA fondato nel 1955, la filodrammatica dell'AVIS organizzata nel 1972, il Gruppo Noi, attivo nel 1976, il gruppo spontaneo "Complesso Vocale" iniziato nel 1977, la cooperativa teatrale la "Ginestra". Sul piano dei divertimenti, se nel marzo 1983 è stato chiuso il cinema Diana, negli ultimi anni sono spuntati Dancing e Club. Avvenimenti di rilievo per la vita cittadina sono state le visite dei presidenti del Consiglio, Aldo Moro il 27 aprile 1968, e Giovanni Spadolini il 17 ottobre 1982. Non mancano momenti difficili come l'inondazione del sett. 1983 provocata dalle acque del Cortelo, ma subito superati. Numerosi i fogli iseani politici e culturali degli ultimi anni. Fra questi "Il confronto - periodico politico-culturale a cura dei giovani D.C. del comune di Iseo (1975), "Iseo socialista" (1978), "il Compagno Lago d'Iseo" (1978), "La poiana mensile di costume, informazione, cultura" (aprile 1977) e soprattutto "Il Lago Mese" fondato nell'agosto (1979).


L'ospedale venne eretto in seguito a disposizioni testamentarie del 1828 di Andrea Bordiga, che lasciava alla Congregazione di Carità un capitale di 24 mila lire per l'istituzione di un Luogo pio per il ricovero e l'assistenza ai malati indigenti. Nell'attesa che l'Ospedale diventasse realtà nel 1836 Angelo Bordiga, fratello di Andrea, lasciava altre 16 mila lire. L'ospedale aprì i battenti nell'ex convento di S. Francesco, l'8 marzo 1841. Accanto ad esso venne aperta poco dopo una sala-convitto per "orfanelle" . Il 26 maggio 1848 l'Ospedale veniva affidato alle Suore della Carità di Lovere. Nel 1880 veniva incorporato ad esso anche l'Ospedale Cacciamata, eretto a Vanzago dall'iseano don Ambrogio Cacciamata nel 1850. Grazie al nuovo patrimonio vennero compiute dal 1884 varie opere di ristrutturazione, nelle quali venne sacrificata gran parte della chiesa. Nuove opere di ingrandimento e di modernizzazione vennero compiute dal 1904 al 1910 grazie soprattutto al prestito della Cariplo. Le giornate di degenza salivano da 7197 nel 1891 a 7534 nel 1901, a 10.102 nel 1911. Grazie a nuovi prestiti, nel 1927 l'Ospedale allarga l'assistenza ai comuni di Marone, Peschiera M., Pilzone, Provaglio d'I., Provezze, Sale M. e Clusane. Nel 1929 viene assunto un chirurgo specialista, nel 1935 viene aperto il reparto di maternità. Per riconoscenza, il 3 agosto 1941 vengono murate nell'atrio due lapidi (opera dello scultore Agosti) dedicate l'una al dott. Luigi Filippini, presidente e benefattore insigne dell'istituzione, l'altra a Battista Paroletti anch'egli benemerito oltretutto, per aver fatto abbellire l'ospedale e sovvenzionato il reparto maternità. Altri benefattori furono i fratelli dott. Gianmaria e Carlotta Zuccoli, Giuseppe Guerrini e dott. Aurelio Lui e rilevanti oblazioni furono fatte da Orsolina Verdelli, da don Schivalocchi, da Maria Nulli ved. Antonioli e da altri. Nel gennaio 1940 un R.D. erige l'Ospedale in Ente e negli anni di guerra ospita il reparto maternità dell'Ospedale civile di Brescia. Nuovi ambulatori vengono costruiti nel 1950. Nuove ristrutturazioni si verificano negli anni seguenti, finchè un decreto del 30 aprile 1963 da "infermeria" l'Ente viene riconosciuto Ospedale di III categoria. Dal 1963 si susseguono nuovi e sempre più radicali lavori fino alla costruzione. della nuova ala, avviata nel 1967 e aperta nell'aprile 1970. In seguito venne ristrutturato anche l'ex convento che ospiterà i reparti di medicina e gli uffici. L'Ospedale nel maggio 1979 rinnovava il reparto di medicina.


La pieve e la parrocchia. È plausibile la tradizione che vuole come primo missionario della Buona Novella nella Riviera, il vescovo di Brescia S. Vigilio, che fuggendo alle orde barbariche si sarebbe rifugiato a Iseo. Egli dovette trovare un aggancio in un terreno culturale già evoluto. Lapidi e iscrizioni testimoniano infatti una precedente penetrazione di elementi greci ed ebraici, forse anzi di questi stessi israeliti che venendo presumibilmente dal più vicino capoluogo regionale di Milano, più che dalla remota Aquileia, dovevano sfiorare Iseo, prima ancora di Brescia, nella quale essi lasciarono documentate prove nella loro antichissima sinagoga. Iseo, che per vari titoli di preminenza di tempo e d'influenza darà poi il suo nome a tutto il lago che lo bagna, dovette perciò salire presto a rango importante nella zona, tale anzi da attirarsi l'attenzione del vescovo Vigilio e suggerirgli di ripararsi a scampo delle minacciate incursioni barbariche. Ed è del tutto probabile che a Iseo e non altrove, attecchirono i primi germi del cristianesimo sebino, e più tardi sorse la pieve e cioè il primo vetustissimo organismo ecclesiale della plaga, riordinato forse e perfezionato poi in seguito. Sostituendo il pago, la pieve ebbe un ambito vasto. Il giro confinario toccava, infatti, le pievi consorelle di Gussago, Bornato, Erbusco, Palazzolo e Val Renovata o di Sale Marasino, e quel suo raggio raccoglieva fino al 1951 quelle successive ed eredi sue tre Vicarie Foranee: d'Iseo, di Colombaro e di Monticelli Brusati, che poi vennero contratte nelle sole due: d'Iseo e Monticelli, essendo stata soppressa quella di Colombaro. Abbracciava così il territorio delle odierne parrocchie di Brione, Clusane, Colombaro, Fantecolo, Monticelli Brusati, Ome, Pilzone, Polaveno, Provaglio e Provezze e l'eremo di S. Paolo all'Isola. A questo elenco mons. Guerrini aggiungerebbe anche Timoline e Camignone colla sua frazione di Valenzano. Questa vasta organizzazione ecclesiale accentrava nel capoluogo, come del resto in ogni altra pieve, le principali funzioni liturgiche. Caratteristica, fra le tante, quella dell'acqua crismale nel sabato Santo e la conseguente amministrazione dei battesimi nel sacro fonte plebanale. Sulle sue rovine e con qualche frammento scultoreo romanico del XII secolo sulla facciata sorse l'attuale oratorio di S. Giovanni Battista. È probabile, scrive P. Guerrini, che la fondazione della prima basilica dedicata al nostro patrono dei pescatori, S. Andrea, si debba proprio, come afferma la tradizione, a S. Vigilio. Lo confermerebbero due fatti importanti, e cioè che quel tempio non ha mai portato il nome di quel santo, e questo evidentemente perchè sarebbe stato costruito da lui e intestato non a sè, ma all'Apostolo S. Andrea, e, in secondo luogo, la constatazione che proprio per non derogare al costume ch'era poi anche il diritto tradizionale contemporaneo, il quale voleva che i vescovi fossero deposti nelle chiese a loro dedicate, anch'egli sarebbe stato sepolto tra quelle mura che gli erano dovute. Di quel primo tempio sorto, su avanzi idolatri, romani, testimoniati da lapidi, sculture e monete, non rimangono vestigia. Lo doveva officiare un collegio o capitolo di preti, e la schiera sarà stata certamente numerosa, anche per esigenze del vasto territorio pievatico. Tale clero conviveva per la dimora e l'ufficiatura conmune in quella residenza, canonica o casa (domus) che diede poi alla contrada che l'accoglieva il suo nome di «strada del Duomo». L'ospitalità e l'assistenza caritativa caratteristiche della pieve vi erano esercitate negli ospizi e nelle diaconie di fuori (S. Martino, Cremignane, isola S. Paolo) e di dentro (S. Stefano al Castello, S. Lorenzo al Duomo, S. Maria all'ospedale) dell'abitato pagense. Dal centro partivano sistematicamente i preti o presbiteri per portarsi a celebrare le messe festive nei minori gruppi di case, anticipanti le attuali parrocchie, finendo poi col dimorarvi stabilmente in semplici enti o canoniche chiericali. A reggere il culto, sostenere il clero e le opere assistenziali, provvedevano le dotazioni dei soppressi istituti religiosi idolatri, aumentate dai doni dei ferventi cristiani degli inizi, costituendo le prebende centrali del clero plebano, aiutate in seguito anche alla periferia, specie colla residenza dei preti, attraverso i legati venuti dalle chiese filiali, o benefici chiericali semplici. Alcune cappelle forse furono promosse dai monasteri che avevano, come s'è già accennato, a Iseo vaste proprietà. Probabilmente si deve ad una di queste proprietà o tutt'al più ad una casa estiva e fattoria quell'"hospitale" di Covelo che fu anche, secondo il Rinaldi, "monastero di monache" la cui chiesa era dedicata a S. Maria. Secondo lo stesso Rinaldi dovevano essere benedettine e di prima del mille. I loro beni sarebbero poi, non si s per quale motivo, forse per decadenza, passati all'ospedale iseano di S. Maria, che ne fece esatto inventario nel 1451. Forse fu allora che il vescovo Pietro del Monte li volle assegnati alle religiose del Monastero della Pace, ch'egli aveva fondato in Brescia circa il 1448. Papa Callisto III nel 1456 avrebbe autorizzato l'alienazione di alcuni dei loro beni in Iseo, realizzando 2500 fiorini, per restaurare e ampliare il loro convento in città, definito «penurioso e pericoloso». Agli orientamenti e alle svolte dell'organizzazione plebanale del territorio s'inframmise e cooperò l'espansione monastica così diffusa anche nella Franciacorta, dove Iseo costituì a un certo punto il centro di fondazioni e corti come Colombaro, Clusane, Provaglio e S. Paolo dell'isola. Desiderio col figlio Adelchi, ultimi re Longobardi, affidarono, infatti, nel secolo VIII l'acquitrinosa Valle di Iseo, come era chiamata gran parte dell'attuale Franciacorta, ai monasteri di Leno e S. Giulia, perchè la bonificassero, e nel sec. XI vi furono aggiunti a dividerla le grandi abbazie di S. Faustino Mag., S. Eufemia e della riforma di Cluny. Ad accrescere le già ricche donazioni regie, sopravvennero quelle patrizie, perchè i beni della pieve, spesso usurpati dai titolari e dagli «avvocati» di essa e dai vassalli, che avrebbero invece dovuto esserne i difensori, frequentemente finivano poi col ritornare alla chiesa in forma di riparazione coi doni e i legati ai grandi monasteri, e aggiungendosi alle elargizioni dei devoti concludevano così a costellare di abbazie, monasteruoli, e priorati tutta l'Italia, non ultima la diocesi bresciana e la sua plaga prelacuale Sebina. La Franciacorta deve infatti, secondo alcuni, il suo nome a quelle numerose entità monastiche, esentate per le loro fatiche e meriti di bonifica dalle contribuzioni fiscali e perciò venendo chiamate «corti franche». Tra esse Clusane, Colombaro, Nigoline, Torbiato, Timoline, Provaglio e S. Paolo all'isola, punteggiarono con le loro case monastiche le terre plebanali e S. Martino in Prada e S. Pietro della Lama in Cremignane comparvero anche in quella plaga più ridotta, che resterà in seguito fino a noi, vero e rigido territorio parrocchiale di Iseo. Colla decadenza e il tramonto, quei beni ritornarono alla pieve in senso stretto là dove quei terreni rimarranno nei confini della matrice; e in più largo senso le saranno restituiti nelle dotazioni delle sue chiese filiali, maturate a parrocchie indipendenti. È in questa epoca che, come vuole la tradizione per mandato dello stesso Fondatore, i francescani sarebbero entrati nelle vicende della parrocchia, riprendendo le tramontate influenze monastiche di S. Paolo all'Isola, di S. Martino in Prada e di S. Pietro della Lama in Cremignane. Dal 1218 al 1798, all'ombra della loro chiesa di S. Maria degli Angeli, detta poi di S. Francesco, i Frati Minori, crearono un convento nel paludoso estuario torrentizio del piccolo Cortelo. Dal 1587 al 1798 i cappuccini si stabilirono nel Castello 0ldofredi che trasformarono in convento erigendovi la nuova chiesa di S. Marco. All'epoca delle aspre e cruenti contese tra i Guelfi e i Ghibellini sorsero come gesti incosci di pace, insieme a quelli minacciosi delle imponenti fortificazioni, anche i templi del Crocifisso o di S. Giorgio nella rocca di Bosine e della Madonna del Mercato, di fondazione Oldofredi, ricordata questa, anche negli elenchi vescovili beneficiari del Bresciano del 1410, come «Cappella di S. Maria di Iseo». Il santuarietto di S. Rocco, sorto a sera della piazza e demolito nel 1952-53, li seguirà nel 1512, riconfermando più solenne il culto già tributato al Santo per conto della Comunità in una cappella ora scomparsa fatta erigere nella chiesa degli Osservanti e nell'altare dedicatogli all'oratorio di S. Maria detto successivamente di S. Rocco e poi di S. Carlo dell'antico ospedale, sparito anche esso nel secolo XVII. Già nel secolo XI, come ha fatto osservare il Falsina, il moltiplicarsi degli abitanti e dei loro centri residenziali, aveva creato la necessità di organismi autonomi e cioè di nuove parrocchie. L'accentuò il XIV coi disordini, le ripicche e le prepotenze dello Scisma d'Occidente e poi il XV colla decadenza della disciplina ecclesiastica e nel sec. XIV coi propositi della preriforma e col ridimensionamento della controriforma tridentina, voltisi a riorganizzare le plaghe diocesane in Vicariati foranei. Una lite, con sentenza del 1548, favorevole all'arciprete nob. Gianpaolo Tiberi, sanzionò un'ultima volta l'obbligo delle chiese filiali e dei loro preti d'intervenire alla benedizione dell'acqua crismale nel sabato santo, ultimo filo di quel vincolo che aveva unificato e avvinto per secoli l'ampio territorio pievatico a Iseo. Dalla fine del 1500 - pallido ricordo delle sue prime ampie prerogative parrocchiali - rimase nella sua perdurante funzione di vigilanza la Vicaria foranea, restringendosi sempre più. Dalla pieve si staccheranno da ultimo Clusane e Pilzone, tuttora inclusi nell'ambito municipale, ma parrocchie da secoli staccate e completamente autonome.


La Parrocchia odierna. L'attuale fisionomia della parrocchia d'Iseo, con un arciprete, due cooperatori beneficiati e vario altro clero al centro e a Cremignane, si affaccia alla storia coi due parroci: Teodosio Perini degli Aliprandi e Bartolomeo Ghidoni. Il primo nel 1531 - e cioè a un secolo dalla loro soppressione - risuscitò le due cappellanie coadiutoriali di S. Vigilio e S. Lorenzo che ebbero modo d'arrivare fino al 1940 coi loro due distinti titolari don Achille Lombardi e don Ettore Capitanio. Don Ghidoni legò nel 1630 un capitale censuario di L. 6 mila planet, per l'erogazione di L.400 annue al celebrante in Cremignane nei giorni di precetto. La serie degli Arcipreti attualmente noti, risale al 1192, per un numero di 34. Fra cui i commendatari, di cui due della stirpe Cornaro e cioè, dal 1531 al 1553 Marco, arcivescovo di Spalato, che percepì i frutti beneficiari iseani fino al 1567, e il card. Luigi che fu solo nominalmente arciprete di Iseo, dal 1553 fino al 1566, quando vi rinunciò, in omaggio alle prescrizioni tridentine, proibenti la pluralità dei benefici. L'elenco dei curati di S. Vigilio conta 23 titolari, e quello di S. Lorenzo 33. All'esiguo clero ufficialmente investito, si sono però sempre affiancati, a portar aiuto, i vari preti che non mancavano mai nelle principali famiglie. A quella loro presenza si deve la fioritura settecentesca della rifatta chiesa di Cremignane e dei quattro oratori, che completavano le case di villeggiatura sparse ad allietare il Monte d'Iseo. Già nel 1685, p. Rinaldi, nel V capitolo della seconda parte dei suoi "Monumenti Istoriali", nota che alla Pieve d'Iseo conveniva il titolo di Vicaria Foranea «avendo tanto clero che uguale difficilmente si trovava altrove» e mons. Guerrini pone a Iseo al XV posto, per abbondanza di sacerdoti allora in numero di 11, cifra che poi si conservò fino al 1958, nei suoi tre preti diocesani e nei sette religiosi salesiani. Dal 1959, però, colla partenza dei padri Salesiani la schiera scese a soli 5 ecclesiastici e poi a meno ancora. Già richieste dall'arciprete don Mai e dall'amministratore dell'ospedale il 28 maggio 1848 fecero l'ingresso a Iseo le Suore della Carità, che diedero vita all'ospedale, all'orfanotrofio e all'asilo. L'asilo si trasferì dopo la grande guerra in una apposita ed elegante sede, per la munificenza del sig. Andrea Zuccoli, mentre l'orfanotrofio rivelatosi ultimamente quasi inutile al paese, venne chiuso il 31 giugno 1956 e assorbito dall'amministrazione ospedaliera intenta a condurre l'opera principale alla provvida e completa sistemazione attuale. Ora nell'ampliato e rifatto edificio dell'antico e venerato convento, di primitivo non rimangono ormai che il chiostro trecentesco colle sovrapposte loggette, qualche affresco assai rimaneggiato e il presbiterio romanico della vecchia chiesa claustrale. Il 2 giugno 1879 sette suore canossiane, provenienti dalla casa di Rovato, chiamate dal parroco Ronchi, prendevano possesso della casa di Iseo acquistata dall'arciprete stesso, da Luigi Rossetti e dal dott. Francesco Bonini il 9 ottobre 1871. Dai primi di dicembre del 1879 le Canossiane diedero vita alla scuola elementare e poco dopo aprirono un internato per le ragazze dei paesi vicini desiderose di istruzione e impossibilitate ad averla per mancanza di scuole nei piccoli centri e sui monti. Le suore prestavano pure assistenza materiale e morale ai malati. Durante la guerra del 1915-1918 il governo adibiva la casa a ospedale da campo. Vennero sospese le scuole di studio e di lavoro, molto fiorenti, e l'internato. Le suore furono a disposizione del governo per i servizi di cucina e di guardaroba inerenti ai soldati feriti (che furono molti). I servizi ospedalieri veri e propri li prestavano le suore di Maria Bambina già presenti nel vicino ospedale civile. Terminata la guerra e ripristinati i locali, nel 1920-21 le suore riprendevano il loro normale lavoro: scuola elementare e di lavori femminili e «Collegio famiglia» per signorine che, terminato il corso elementare desideravano completare la loro istruzione. Vista la necessità di un titolo di studio che consentisse alle giovani di avere un lavoro redditizio, si aggiunsero alle elementari le classi sesta, settima e ottava che si trasformarono presto in scuola di avviamento professionale femminile (prima e unica in tutta la zona) che otteneva il riconoscimento legale il 25 agosto 1941. Col mutare delle leggi scolastiche si cambiò in scuola media, pure legalmente riconosciuta il 18 maggio 1957 che cessò di vivere nel 1966, quando in paese e in altri centri si aprirono scuole medie. Perchè gli ambienti non restassero deserti, si accolse, dietro richiesta delle autorità, la scuola medico psicopedagogica per handicappati dai cinque ai sedici anni, che visse solo nove anni, però con esiti positivi per molti dei frequentanti, che ora si sono integrati nella società. Inseriti i minorati nelle scuole statali normali, le Canossiane adibirono la casa a pensionato. Attualmente trovano ospitalità nell'istituto, oltre la scuola di vita familiare, l'istituto professionale regionale per handicappati che hanno superato l'età scolastica, la scuola di musica, sezione staccata del Conservatorio di Brescia, il corso di inglese, di danza classica, di stenodattilografia, di contabilità. Durante il periodo estivo vengono accolte le fanciulle e le giovani per il centro ricreativo strutturato a tempo pieno: al mattino esercitazioni varie, al pomeriggio bagno al lago.


I religiosi salesiani. Attivo fu agli inizi dell'800 l'oratorio di S. Luigi Gonzaga, perseguitato dalle autorità giacobine. Nel 1883 l'arciprete aprì un oratorio nelle case rustiche della canonica fino a quando, nel dicembre 1903, giungono a Iseo i salesiani che prendono alloggio prima presso la canonica e poi nella casa di Francesco Bonardi, presso il santuario della Madonna della Neve. Tengono dapprima l'oratorio (affiancandolo nel 1906, ad iniziativa di don Antonio Rossi, con la Società di Ginnastica Sebina). Nel 1919 aprono una scuola di disegno, nel 1922 potenziano il teatro e organizzano il circolo giovanile, negli anni seguenti potenziano l'attività culturale e sportiva. Il 22 luglio 1923 il vescovo mons. Gaggia benediva la prima pietra di un nuovo ampliamento dell'oratorio. Nel 1924 veniva fabbricato il nuovo teatro su progetto dell'architetto Giacomo Archetti. Nel 1939 aprono la Scuola di avviamento a tipo commerciale. Nel 1945 nasce il gruppo scout. Nel 1947 aprono la Scuola Media, nel 1949 il corpo bandistico. Allargate le proprietà nel 1951 viene costruita una nuova Scuola Media e il campo sportivo. Nel 1958 i salesiani rassegnavano il loro mandato scomparendo da Iseo nel giugno 1959, non senza lasciare un vivo rimpianto di cui è ancora testimonianza l'Associazione ex allievi.


Chiesa plebanale di S. Andrea. In origine fu una piccola basilica ad una sola navata, forse corrispondente a parte dell'attuale ala centrale. Il campanile collocato sopra la porta centrale indica influenze cluniacensi, e data la costruzione al sec. XII. Il Panazza ha osservato come, nonostante le rovine apportatevi in età neoclassica dal Vantini, è ancora uno dei monumenti più importanti del bresciano, non solo per la nobiltà di linee, per lo stato di conservazione e per lo slancio della torre campanaria del tutto collegabile alla forme lombarde della seconda metà del sec. XII; ma per i problemi che comportano la collocazione del campanile nel mezzo della facciata e le soluzioni articolate e complesse del suo interno per cui costituisce una rarità addirittura in campo nazionale. Il campanile slanciato, con la bella muratura a conci disposti regolarmente, le lesene angolari, le cornici con archetti a pieno centro in cotto che lo dividono in sette ordini, con l'alternanza di zone prive di apertura ai riquadri traforati da vuoti che divengono sempre più man mano si sale, rivela la sicura origine lombarda delle sue maestranze: purtroppo i rifacimenti del '400, del '600 hanno alterato sia la parte bassa con la presenza della porta con lunetta in luogo di quella originaria con arco a pieno centro, tuttavia ancora visibile, sia la cella companaria forse originariamente a trifore, data la presenza nei piani sottostanti di una bifora e poi di una trifora, che meriterebbero di essere riaperte. Secondo una ricostruzione fatta dall'arch. Claudio Ballerio sarebbe stato in posizione dominante nei riguardi di una modesta facciata della chiesa ad una sola navata con effetti architettonici abbastanza simili a quelli visibili in S. Maria del Tiglio a Gravedona, sul Lago di Como, altro edificio della seconda metà del sec. XII. Per la mole, la ritmata suddivisione dei riquadri in cornici di archetti in cotto; per l'accordo cromatico della pietra con gli elementi decorativi, e per l'equilibrio dei pieni coi vuoti ne era principale ornamento e richiamo, risultando esso anche oggi, il più bel campanile romanico bresciano di tipo prettamente comacino, con un interno a nicchie, monofore e bifore conformato a piccolo oratorio, direttamente comunicante con l'interno e l'esterno - se a una sola navata, - o addirittura col solo interno, se a più navate. Probabilmente, come pensa il Guerrini, alla fine del sec. XV venne ampliata, con l'aggiunta delle due navate laterali, come si vede chiaramente nella facciata, dove la saldatura fra la parte vecchia centrale e le due aggiunte laterali è fatta con materiale diverso e in una forma che non lascia luogo a dubbi. Inoltre venne anche prolungata con la costruzione di una più ampia abside centrale e una nuova cripta sotterranea. Indicativo dell'epoca di questa ristrutturazione è il fatto che la chiesa venne consacrata il 30 luglio 1498 insieme con l'altare maggiore e i due altari laterali della Madonna e di S. Lorenzo, i quali probabilmente erano i due altari eretti nelle absidi delle due nuove navate laterali. Il Guerrini crede che la nuova cripta, che esisteva nell'attuale transetto anteriore al presbiterio, sia stata costruita con gli elementi architettonici e nella stessa forma della cripta antecedente. La consacrazione dell'altar maggiore fatta nel 1498 lascia supporre che il primitivo altare sia stato distrutto insieme con la sottostante cripta, e poi con essa riedificato. Le opere di rinnovamento continuarono nella prima metà del sec. XVI. Il Vantini toccò anche la facciata nella parte superiore sia della navata centrale che di quelle laterali, aggiungendovi le finestre a semilunette le altre quattro. Sulla facciata è stata collocata l'arca di Giacomo Oldofredi, prode ghibellino fedele ai Visconti e dominatore della riviera sebina, morto il 18 novembre 1325 e qui sepolto. L'artistica arca, che è forse opera di quel medesimo Magister Facius de Tercio che compì nel 1336 il mausoleo di Isonno Federici a Gorzone porta, contratto in numerose abbreviazioni, elogio del defunto (v. Oldofredi Giacomo o Giacobino 1°). Nel 1526 venne fatta la volta, nel 1538 venne ridipinta, coprendo le pitture primitive. Ordini di S. Carlo portarono alla distruzione della cripta ormai abbandonata (1633) e all'abbassamento del presbiterio che fu ricostruito di nuovo (1667). L'arciprete Lussignoli, verso la metà del sec. XVIII, pensò quindi di far abbattere le tre absidi delle navate e di prolungare la chiesa, e forse anche tutte le cappelle laterali che vennero internate per dare maggior spazio alle due navate, lungo le quali erano allineati gli altari. Un nuovo vasto rimaneggiamento venne operato nel 1826 dall'arch. Rodolfo Vantini, che completò poi i lavori nel 1830-1840 con nuovi altari. Venne poi riconsacrata dal vescovo Gaggia il 12 nov. 1916. Entrando a destra si incontra il battistero realizzato ad opera della ditta Rubagotti di Coccaglio. Demolito tutto quanto deformava un antico pertugio, fu creata una spaziosa cappella in armonia con lo stile delle altre cappelle della chiesa, con le due lesene e capitelli e un'arcata a bassorilievo a rosoni e candelabri di sobrio svolgimento ma di bell'effetto. L'interno è tutto rivestito di marmo: nelle due pareti laterali l'ornamentazione semplice dà maggior risalto alla parete di sfondo, sulla quale è effigiato in altorilievo il Battesimo di Gesù. Le due figure di Gesù, che si china umile a ricevere l'acqua battesimale, e di Giovanni che la versa su di Lui, sono modellate in modo molto espressivo e nel candore del marmo hanno una suggestiva eloquenza didattica per chi si avvicina a questo primo sacrario della vita cristiana. Il gruppo, nel quale campeggia una Croce simbolo del sacrificio, poggia sopra un basamento di marmo screziato. Nel mezzo della cappella sta la vasca battesimale in marmo colorato, di forma esagonale, e sopra di essa una cupola decorata a cassettoni, nel centro della quale campeggia la mistica Colomba, dalla quale s'irradiano sprazzi di luce dorata. Nel giro della cornice, sulla quale poggia la cupola, stanno le parole evangeliche «Euntes baptizate omnes gentes». Entrando a destra, la prima e seconda arcata ospitano i confessionali e due quadri. Nella prima vi è una buona tela rappresentante il martirio di S. Stefano segnata Com. de omis f.f. - 1591 e sembra di poterla attribuire a Camillo Rama. Deve essere stata la pala dell'altar maggiore dell'antica chiesa dedicata a S. Stefano, offerta in dono dal comune di Ome, che pure ha S. Stefano come titolare della sua parrocchia. Nella seconda una bella e viva Madonna in trono con S. Francesco e S. Bernardino da Siena, attribuita al Bagnadore (1619 circa). La terza cappella è dedicata alla Madonna del Rosario ed è ornata di un altare e di una soasa marmorea di grande pregio, fulgidi di squisite eleganze settecentesche, bellissimo esemplare della finezza artistica a cui era giunta la bottega dei Bombastone di Rezzato, artigiani di primo ordine nell'arte della scultura sacra. L'altare è simile a quello della Madonna in Silva nella basilica di S. Faustino Maggiore, e nella commissione di esso - forse anche nel disegno e nella fattura di qualche particolare - la Confraternita di Iseo è ricorsa all'aiuto e consiglio di Antonio Callegari (1698-1777), insigne scultore bresciano del settecento. La quarta cappella ha un bellissimo altare barocco secentesco, di marmo, con tre statuette, probabili sculture dei Carra: la tela invece è una bella composizione settecentesca e rappresenta la Vergine in gloria con S. Luigi Gonzaga, S. Carlo Borromeo e un martire (San Cristoforo?) in sacra conversazione. Il quinto altare, nel transetto della cupola, è ora dedicato a San Pietro; l'altare e la soasa di marmo di Carrara sono del Tantardini, la bella tela che rappresenta Il pianto di San Pietro è opera di Giuseppe Diotti di Casalmag giore (1779-1846). Questa cappella era anticamente dedicata a S. Vigilio. Giustamente il Guerrini ha rilevato che l'abside e l'altar maggiore hanno proporzioni e imponenza da cattedrale. La volta era stata affrescata da Giuseppe Teosa (1758-1848) con il Cenacolo e l'Ascensione di G.C. nella tazza del coro. L'affresco dell'Ascensione, soprattutto, fu molto apprezzato per il disegno della figura principale e per l'intelligenza dello scorcio e della prospettiva lineare ed aerea. Senonchè un furioso incendio, sviluppatosi la notte del 18 maggio 1891 intorno al palco sul quale doveva porsi la statua della Madonna, danneggiò gli affreschi e distrusse la pala di S. Andrea, di autore ignoto, e le due tele di Pietro Rosa che le stavano a lato, rappresentanti la Sibilla che predice la Vergine e la Natività di Maria Vergine, che erano le antiche ante dell'organo della chiesa maggiore del santuario delle Grazie in Brescia. Gli affreschi del Teosa della calotta vennero restaurati prima da inesperto e poi negli anni '30 dai Rubagotti di Coccaglio e ritornati al loro splendore. Restava invece il problema della grande parete semicircolare dell'abside spoglia della soasa e della pala distrutta. Nel 1913 venne affresciata dal pittore loverese Ponziano Loverini con una grande Ultima Cena, la cui prospettiva del vasto porticato a sfondo di colonne venne eseguita dal pittore brenese Francesco Domenighini. L'opera suscitò viva ammirazione per la luminosità e per il grande effetto della scena, oltre che per la dolce figura del Cristo. Scendendo dal lato sinistro nel transetto dell'abside si trova un altare del tutto simile a quello che gli sta di fronte. Esso è dominato da una splendida tela di Francesco Hayez raffigurante l'arcangelo S. Michele e considerato da qualcuno uno dei suoi capolavori. La cappella che segue ha una discreta tela raffigurante S. Lorenzo, S. Firmo e le Anime Purganti. La terza cappella è dedicata a S. Vigilio e venne ideata nei vasti lavori di rinnovamento e ampliamento della chiesa compiuto dal Vantini dal 1826 al 1841. Lo stesso Vantini ne disegnò l'altare sul quale venne posta la nuova urna che fa da piedestallo alla bella e imponente statua del Santo vescovo, scolpita dall'iseano Giovanni Franceschetti, mentre l'urna e l'altare sono opera del Tantardini; la cappella, severa, secondo il Guerrini forse un po' funerea per lo stile, è illuminata da una cupola che ne accresce la dignitosa bellezza. Sull'urna una breve iscrizione latina ricorda che in essa si conservano «OSSA / S. VIGILI EP. BRIX / HUIUS ECCLESIAE FUND, ET PATR. / P. ANN. MDCCCXXX». La statua del Franceschetti ha sostituito un'altra in legno, del seicento, probabilmente scolpita intorno all'anno 1633, e che ora si trova in una nicchia della chiesa di S. Giovanni. Nella quarta arcata, sopra il confessionale, è collocata una tela firmata "Grati Cossali opus 1600" raffigurante S. Bernardino da Siena che presenta al Padre Eterno il popolo di Iseo e proveniente dall'ex convento di S. Francesco. Nell'ultima arcata, sempre sopra il confessionale, sta l'unica opera finora conosciuta di un buon pittore cappuccino, e proviene certamente dalla chiesa dei Cappuccini. Rappresenta S. Francesco, S. Carlo, S. Giovanni Evangelista e S. Marco Evangelista, ed è segnata con questo cartello «D.O.M. / Fr. Io. Franciscus a Prato / albuino sacerdos capuccinus fecit anno domini 1617». In una cappellina accanto alla porta maggiore è stata collocata l'immagine di "Maria SS. Salus Populi Iseani" dovuta al trappista don Paolo Bonardi. Raffigura la Madonna col Bambino e fu in venerazione all'esterno della chiesetta situata all'angolo nord del palazzo municipale di Albano Laziale. Tolto ai pericoli delle incursioni aeree l'11 marzo 1944, e restaurato, l'affresco venne regalato a Iseo nel 1950 prima posto presso la cappella del Rosario e il 24 novembre 1969 e nel luogo in cui si trova. Sopra la bussola della porta maggiore sta una tela del Rosa raffigurante "Gesù nell'orto" antica pala della Scuola del SS. Sacramento eretta per iniziativa del Comune. La sagrestia custodisce, in armadi a vetri, una grandiosa copia della croce di S. Giovanni in Laterano del 1451 dovuta a Nicola Gallucci, detto anche Nicola di Guardiagrele (Chieti); una magnifica e pesante muta bronzea di sei candellieri argentati e dorati, già disegnati, verso la fine del 1800, dall'abate benedettino Odorisio Piscicelli Taeggi, gran Priore di S. Nicola di Bari, per quella sua basilica, ed eseguiti, tanto là che a Iseo dal cesellatore romano Giulio Galli; e le quattro statuette del titolare S. Andrea Ap., del patrono S. Vigilio Vesc. Bresciano, di S. Paolo Ap. e San Giovanni Bosco dell'artista Emilio Bellinza. La croce d'Iseo è una buona riproduzione della croce processionale del Laterano (1451) ma con alcune varianti. La base della croce fu studiata sopra una esistente nella basilica di S. Nicola di Bari. I quattro candelabri del gruppo hanno una base identica a quella sopra descritta della croce, ma in più, un tratto di colonna con arabeschi ripetuti e un capitello che fu copiato dal tabernacolo barese. Le due statue del gruppo posano sopra tre gradini uguali a quelli reggenti la croce e i quattro candelabri; e raffigurano: S. Andrea apostolo titolare della chiesa d'Iseo e il patrono S. Vigilio. Per la prima, fu riprodotto il S. Andrea del Laterano, ma con la aggiunta di una rete e un'ancora a indicare il patrono dei pescatori. La statua di S. Vigilio, fa bel contrasto alla movintata figura di S. Andrea. Il tutto - meno due candellieri dovuti all'arciprete Schivalocchi - fu dono nel 1933 del concittadino, allora salesiano e presentemente, già da molti anni, trappista, P. Eugenio Paolo Bonardi, dedicandolo alla chiesa del suo battesimo, come volle scritto sulla base di ogni pezzo donato. La cassaforte custodisce tra l'altro una bella croce rinascimentale; gli armadi dei pizzi, paramenti e baldacchini preziosamente ricamati. Del cimitero, che si apriva davanti alla pieve e che venne riconsacrato, in seguito ad una qualche profanazione, non resta che la tomba Oldofredi oggi nella facciata della chiesa. Ma il Rinaldi afferma che la tomba Taiardini, il mausoleo dei Bonfadini che faceva pendant a quello degli Oldofredi dall'altra parte della torre, distrutto nel 1628, l'arca dei Sozzi sul fianco della Disciplina, tolta nel 1667, «e altri Depositi su la medema muraglia della Pieve dalla parte di Tramontana, riguardevoli bensì ma inferiori a sudetti, quali per il decorso forse de' secoli havendo perso il loro decoro furono al suolo adeguati e del tutto hora scordati». Il cimitero all'aperto venne abbandonato nel 1619 quando venne adattata a sepoltura la chiesa del battistero dedicata a S. Giovanni Battista.


Madonna del mercato. Dedicato alla Maternità di Maria è certo uno dei più antichi santuari del Sebino. La sua esistenza è legata all'antichissimo mercato che ogni pieve aveva e che si teneva ordinariamente ogni domenica, davanti alla Chiesa. La chiesetta è probabilmente la "cappella S. Mariae de Iseo" ricordata nell'elenco dei benefici ecclesiastici bresciani del 1410, ma più antica di circa un secolo. Il Rinaldi afferma che era stata «fabricata ...] per commodo proprio e del popolo» dal condottiero Giacomo Oldofredi, morto nel 1325. Egli stesso la dotò di beni per una opportuna ufficiatura e certo per alcuni anni fu considerata come cappella privata. Il 7 luglio 1360 venne affidata ai Minori del convento di S. Francesco, ai quali venne riconfermata da un Breve di Clemente VII del 22 marzo 1528. Press'a poco in questo tempo la chiesetta fu ricostruita nella forma attuale. Nei restauri promossi dalla Commissione per i beni culturali parrocchiale e operati per impulso dell'arciprete don Mondani dall'ENAIP di Botticino nel 1979, sono emersi gli affreschi quattro-cinquecenteschi che erano stati coperti nel 1700 anche con una Via Crucis del pittore iseano Alessandro Voltolini (1748), raffiguranti la Madonna, S. Giorgio, S. Antonio ecc. Sulla parete di fondo il restauro ha recuperato le giuste dimensioni della navata, riaprendo alla luce un rosone ed una monofora dalle proporzioni felici. Restano all'interno le stratificazioni di rifacimenti e manomissioni non tutti privi di dignità: i ricchi intagli barocchi, la cancellatina settecentesca, le decorazioni del volto, e sulla parete di destra alcuni degli undici affreschi dell'iseano Alessandro Voltolini. La maggior parte della Via Crucis settecentesca è stata strappata dalle pareti e riportata su telai. Sull'unico altare, in una fastosa soasa barocca, è venerato un antico affresco della Madonna, davanti al quale i devoti di Iseo e dei dintorni si fermano in preghiera. I restauri vennero inaugurati il 28 luglio 1979.


Madonna della Neve. Il santuario sorse sul luogo di una santella, nella quale veniva venerata l'immagine della Madonna in trono col Bambino e accanto S. Giuseppe, ora sull'altare maggiore. La santella fu, per iniziativa di una legnaiuolo Andrea Stefini, meta di particolari devozioni specie durante la festa del 1630 e alla Madonna vennero attribuite grazie specialissime, fra cui un miracolo avvenuto il 21 giugno 1635, quando un poveretto, Martino Sandrini, tutto rattrappito guarì d'improvviso. Crescendo assieme alle grazie anche le elemosine si pensò di erigere una chiesa cui l'arciprete abate Marco Rossi, tra l'altro iseano di nascita, diede tutto il suo appoggio. Gli inizi dei lavori si ebbero il 5 aprile 1655 di lunedì, alle ore 16, ed il 15 aprile sempre alle ore 16 l'arciprete Rossi benedisse e pose la prima pietra. Finito nel breve volgere di poco più di un anno il nuovo tempio, il 15 agosto 1656 fu fatta la traslazione dell'immagine dalla santella alla chiesa, con solennità indimenticabile. La chiesa ha tre pregevoli altari di marmo con artistiche cancellate in ferro battuto. Ma il dono più prezioso, che ha recentemente arricchito di un tesoro spirituale inestimabile il santuario della Madonna della Neve di Iseo, è l'altare delle reliquie in numero di 1500 donate nel 1948 da don Paolo Bonardi salesiano prima e poi trappista. Del 1904 fino alla loro partenza fu officiata dai Salesiani. Restauri vennero compiuti nel 1972 e nel 1980. Convento di S. Francesco. La tradizione vuole che sia stato fondato nel 1218 dallo stesso S. Francesco, di passaggio da Bergamo a Brescia. A lui sarebbe stata donata una piccola casa situata tra i canneti che le crescevano intorno, in zona malsana. Egli l'accettò molto volentieri e ne fece più che un piccolo monastero un eremitorio; vi fece costruire, nello stesso locale, una chiesetta. La tradizione vuole che il santo per un po' di tempo abbia abitato l'eremitorio. Al Santo si attribuiva pure "la piantagione di una Pigna" e un "piccolo pozzo che si conservava perchè da Lui usato". Inoltre qui avrebbe accolto all'Ordine Giacomo e Bonaventura d'Iseo divenuti poi frati insigni. Se questa è la tradizione, gli studiosi sono divisi sulla data di fondazione. Il Rosa la posticipa al 1220, altri addirittura la fissa al 1360. Ma già un documento del 18 dicembre 1348 cita il guardiano dei Frati Minori "de Iseo". La tradizione vuole che vi abbia soggiornato nel 1223 S. Antonio di Padova in viaggio per la Valcamonica. Il 7 luglio 1360 Giacomo Oldofredi affida ai francescani l'officiatura della nuova chiesa di S. Maria della Piazza. Il "locum de Yseo" compare poi in un elenco di conventi compilato nel 1385 da fra Bartolomeo da Pavia. L'insalubrità dell'aria "per le acque morte e paludose" era tale che a fatica vi si trovavano frati che vi si volessero fermare, così che veniva spesso abbandonato, e gli Iseani il 4 luglio 1428 se ne lamentarono scrivendo al Doge Francesco Foscari e chiedendo di introdurvi, al posto dei Conventuali, i Padri Osservanti: ciò che fece nel 1465 il Beato Amadeo Menez de Silva con i suoi discepoli. Lo testimonia anche una sua lettera scritta il 15 luglio 1468 segnata: "Ex S. Francisco apud Iseum" e firmata "vester frater Amadeus". La lettera è indirizzata alla Duchessa di Milano Bianca Maria alla quale esprime i suoi rallegramente perchè è guarita da una sua "infermitade". Il monastero perdette il vecchio titolo di "Madama Nuova" e venne detto di "S. Francesco". Fino ai primi del '500 il monastero si sviluppò e si arricchì anche dal punto di vista artistico. Non è facile ricostruire lo sviluppo del complesso edilizio. Dovette rimanere un ambiente molto ristretto fino alla riforma del beato Amedeo, quando il chiostro venne ampliato e vennero aggiunti i loggiati nelle dimensioni che oggi ancora sussistono. Ma già agli inizi del sec. XVI insorgevano nuove difficoltà. Il 21 settembre 1506 infatti il comune di Iseo costituiva "procuratori" perchè il convento continuasse la sua vita. Gli Amadeiti vi rimasero fino alla loro unione con gli Osservanti decretata da Pio V nel 1568, benchè abbiano fatto una certa opposizione. Tuttavia il 10 agosto se ne andarono e il convento rimase nuovamente abbandonato, affidandone la custodia ad un certo Bartolomeo Cigola che riceverà "lire 40 per mercede". Finalmente il Provinciale dell'Osservanza di Brescia, Padre Serafino da Pralboino, ne fece domanda e il Comune glielo consegnò solennemente, dopo aver stipulato alcune condizioni, per mano del Console Matteo Pinello, il 21 (27?) febbraio 1569. Nel 1717 e nel 1710 il convento ospitò i capitoli provinciali. Ma il declino era avviato, per cui nel 1769 veniva soppresso e messo all'asta. Il fabbricato comprendeva la chiesa, il chiostro, il refettorio, la cucina, un orto. Qualche anno dopo tuttavia, nel gennaio 1783 veniva riaperto per accogliere i frati dell'isola di S. Paolo. Il 17 giugno 1786 ospitava il capitolo provinciale. Venne soppresso definitivamente nel 1810, indemaniato fino a quando l'8 marzo 1841 venne trasformato in ospedale. Dell'antico convento quattrocentesco rimane il chiostro, una parte della chiesa con alcuni affreschi molto rovinati, qualche sagoma di cordonature a mattoni e poche altre cose d'arte, di minor conto. Una grande tela che rappresenta S. Fermo vestito da guerriero è firmata Thomas Pombiolus -pictor cremen.s - faciebat MDCXXXV. Altri quadri della distrutta chiesa conventuale sono passati nella chiesa parrocchiale. Il presbiterio dell'attuale chiesa dell'ospedale col suo volto a crocera e tonde nervature nella prima campata e il bel catino a spicchi, pure cordonati, di linea gotica, sono certo le cose migliori dell'ambiente. Nella nicchia, che fa da pala dell'altare maggiore, furono successivamente collocate le statue della S. Famiglia e ora di Maria Bambina, fiancheggiata dai busti a olio delle Sante Fondatrici Capitanio e Gerosa. L'altare del Seicento, in marmi policromi, è di buon sapore. Di antico, abbiamo l'affresco sulla porta principale, strappato probabilmente dalla parte demolita e molto deteriorato. La Vergine vi è in trono e incoronata, arieggiando Gentile da Fabriano, e il Bambino sulle ginocchia materne, stringe un lungo cartiglio bianco, mentre a sinistra sta genuflesso l'ignoto committente. Altri relitti trecenteschi si trovano in un frammento di decorazione ad archetti gotici, di cotto, sotto il cornicione delle fiancate esterne, visibili ancora nella loggetta del chiostro addossatovi, e con inciso anche il titolo di S. Francesco, che non può essere cancellato dalle nuove devozioni, ma solo da un decreto papale. Convento dei cappuccini. Venne fondato nel castello di Iseo, ormai in grave decadenza. Fin dal 1568 il Comune aveva invitato a Iseo i cappuccini per fondare nel castello un convento; l'invito fu ripetuto nel 1580 e accettato. Il 25 maggio 1585 finalmente, i Superiori della Provincia ne presero possesso e con solennità posero la prima pietra della chiesetta da dedicarsi a S. Marco Ev. situata sul fianco occidentale delle mura. Siccome la famiglia Celeri vantava diritti sul castello, di cui era stata feudataria, venne tacitata con una considerevole somma da Orazio Fenaroli di Passirano, mentre il Municipio di Iseo pagò per mesi maestro muratori e facchini per il trasporto del materiale e a sue spese trasformò la torre in abitazione a tre piani. Nel corpo del castello vennero ricavati due piani abitabili. I religiosi, ottenuto l'8 marzo 1587 il permesso del Governo veneto, vi fecero il loro ingresso nello stesso anno. Subito i religiosi si adoperarono per la pacificazione fra i componenti della Confraternita del SS. Sacramento, sulle regole da adottare. Il 31 agosto 1629 mons. Bocca vescovo di Cattaro e coadiutore del vescovo mons. Giorgi, consacrò la chiesetta. L'anno appresso i cappuccini si adoperarono nell'assistenza agli appestati e sempre si impegnarono per il bene spirituale della Riviera. Tra i religiosi del convento si distinsero: p. Gianfrancesco di Brescia, nome assunto all'entrata in religione dal luogotenente generale conte Martinengo, dopo la conversione maturata in Iseo; p. Fulgenzio da Iseo, storiografo di Iseo; p. Matteo da Nigoline ed altri. Nel convento morì p. Eliseo Pesenti di Bergamo, che compì a Iseo molte conversioni di ebrei; vi visse il notissimo medico Sabbadini, poi in religione p. Doroteo. I religiosi cappuccini vi rimasero fino al 1798 quando furono scacciati dalla Cisalpina. Dopo un anno vi furono richiamati. Il 9 gennaio 1801 il Municipio di Iseo chiedeva di poter disporre della chiesa e di nove celle per ospitarvi soldati francesi. Ma la richiesta venne disattesa fino a quando il 9 fiorile dell'anno IX (1805) giunse un nuovo perentorio ordine agli "intrusi" di abbandonare il convento. Del convento nel 1931 esisteva ancora, nell'interno, il cortile del chiostro, dove si vede un rustico pozzo usato dai cappuccini. Intorno, sulle pareti del chiostro, si conservavano pitture, evidentemente fatte da qualche volonteroso frate, due meridiane, un grande Crocifisso e sotto il portico, a destra di chi entra, altra pittura, intorno alla quale si leggeva «Pagato col danar vuol esser l'oste del cenar né poter ragion vi vale. Pesasi l'orazion e lei prevale ecc.». I corridoi soprastanti, stretti, avevano ad ogni gomito una acquasantiera a forma di guscio di noce; porticine laterali mettevano nelle cellette dei frati. Sulla facciata a nord, si apriva il portale della chiesa. Nella facciata restavano tracce ben visibili di pitture di ornato. L'interno della chiesa consisteva in uno stanzone, dalla volta alta e dalle pareti con tracce di fregi a colori. S. Giovanni Battista. Venne eretta nel sec. XVIII in luogo dell'antico battistero, esistente di fronte alla chiesa plebana, caduto in disuso per disposizione vescovile del 1569 e poi distrutto. La facciata è mossa da due scomparti a cornici sagomate, ha la porta fiancheggiata da due finestre, e da una monofora affiancata da due nicchie decorative. L'interno è ornato da otto lesene dirette e da quattro angolate e incoronato da un cornicione cui sovrastano sei finestre rettangolari e da un volto a tutto sesto. Quattro nicchioni arcuati ad uso cappella, movimentano la costruzione, interrotti da due parti, sovrastate da nicchie, che accolgono, quella di destra il modello in gesso della statua di S. Vigilio del Franceschetti e quella di sinistra un pregiato simulacro policromo, dello stesso santo, proveniente dalla chiesa di Cremignane. Vi è un unico altare, cui sovrasta una nicchia, coronata da una lunetta adorna di un affresco del Teosa raffigurante S. Giovanni Battista nel deserto. La chiesa era ricca di quadri trasportati poi nella parrocchiale. Divenne sede della Confraternita del Suffragio, e, trovandosi nell'antico cimitero, ospitò le sepolture degli arcipreti, del clero e di alcune famiglie. Venne restaurata nel 1978 ed adibita a mostre fra le quali riscosse particolare consenso quella dei reliquiari.


S. Maria dell'Ospedale. Era una chiesa addetta all'ospizio o ospedale della primitiva pieve, esistente fuori delle mura presso la fossa dove venne costruita la caserma della Finanza e dove ora sorge, anche in parte sui suoi pochi ruderi, la Direzione della ferrovia delle S.N.F.T. Fino a pochi decenni fa, la località era ancora detta dell'Ospedale. Era ancora in piedi nel 1658, quando p. Rinaldi scriveva i suoi Monimenti. Egli ricorda che sotto la predella dell'altare si apriva un pozzo, forse ossario dell'ospedale o forse fonte sorgiva d'acqua ritenuta prodigiosa, fatta chiudere nel 1581 dal vescovo Giovanni Dolfin, ad un anno dalla visita di S. Carlo. Il coro era a levante e la facciata era rivolta a Porta Mirolte e decorata di una Pietà e dei S.S. Giacomo, Cristoforo, Rocco e Bernardino. La cappella, all'interno, era ricca di affreschi fra cui una bella immagine della Madonna. Perduta la sua funzione di cappella dell'Ospedale, venne dedicata a S. Rocco, forse a ricordo di un lazzaretto installatovi nel sec. XV e. in seguito, nel 1613 a S. Carlo. Un secolo più tardi, o per demolizione o perchè ridotta ad usi profani, era scomparsa.


S. Maria Vecchia o delle Ferrate. Esisteva un tempo nella muraglia della facciata della Pieve tra l'entrata principale e l'attuale Battistero. A unire il piccolo e disadorno vano venne posta una cancellatina che diede il nome alla cappella S. Maria dell'Ospedale di S. Giacomo. Altra chiesa scomparsa era legata ad uno ospizio che venne rovinato durante le guerre tra Venezia e i Visconti. La chiesa era ancora in piedi ai tempi di p. Fulgenzio. Aveva la facciata verso Porta Mirolte. Sulla facciata affreschi raffiguranti S. Giacomo e S. Cristoforo patrono dei viandanti. All'interno era in venerazione una immagine della Madonna e tra altri affreschi uno che raffigurava alcune persone sedute ad una tavola. La chiesa, trasformato che fu l'adiacente ospizio in lazzaretto, venne dedicata a S. Rocco e infine nel 1613 a S. Carlo, fino a scomparire nei decenni seguenti. Una cappella dedicata al Crocifisso è quella del Cimitero. Vi venne sistemato un altare in marmo intarsiato che il Falsina crede proveniente dalla chiesa di S. Croce. Nel 1958 venne pavimentata, rivestita di marmo di botticino, e vi venne posto un bel Crocifisso in bronzo del milanese Casponi. Nella cappella vennero sepolti alcuni arcipreti.


S. Francesco di Sales o S. Paolo. Sorge ad Invino. È una chiesetta semplice ed elegante (con la facciata delimitata da due lesene a capitelli corinzi con finestra con stucchi e portale con cartella) addossata ad un caseggiato che con troppa civetteria è stato chiamato "Palazzina". Venne probabilmente eretta nella seconda metà del sec. XVII, forse sulla scia della canonizzazione del santo, avvenuta nel 1665. La Chiesa fu proprietà degli Zuccoli per passare poi agli Antonioli. L'interno è di metri quadrati 17, di cui 10,23 della navatella. La piccola platea si presenta lunga m. 3.10 e larga 3.30, mentre il presbiterio è di m. 2,20 su una apertura di 3,10. La chiesetta è forse la più elegante di quelle montane. L'interno barocco s'arricchisce di una cupoletta ovale sul presbiterio e di un'altra rotonda nella navata. Nel 1951 vi venne posto un quadro di S. Paolo in onore al nuovo proprietario.


S. Cuore. Cappella della Casa delle Canossiane. Costruita intorno al 1880, è ad alta navata. É stata recentemente rinnovata e arricchita di un altare in marmo, ha un grande crocifisso.


Cappella dell'asilo "Zuccoli". Una cappella per le suore che reggono l'asilo Zuccoli, dedicata a ricordo dei caduti sui campi di battaglia i cui nomi sono scolpiti in una lapide, è dominata da una pala raffigurante Gesù fra i fanciulli, opera del bergamasco Giovan Battista Galizzi.


S. Teresa d'Avila. Sorge ad Invino, di proprietà Antonioli e Nulli. Venne edificata da certo LR. F.F. fece costruire nel 1705 come appare dalla dicitura che si legge sul portalino di granito. La chiesa è formata da una navatella quadrata e di un piccolo presbiterio rettangolare. Il volto è alto e a tutto sesto in un bel cornicione con tre finestre rettangolari. Due pilastri lesenati aprono il presbiterio e due lesene angolate fiancheggiano la facciata interna. Non c'è che un altare in stile barocco. È di bei marmi policromi a tarsia e nel mezzo della facciata reca uno scudo pur esso intarsiato, recante la S. Croce. La soasa è sormontata da tre grosse teste di cherubini in stucco e incorona una piccola pala elegante ben restaurata. Vi è dipinta in alto a sinistra la B. Vergine col bambino, seduta sulle nubi e con lo sfondo di un colonnato appena intravisto. Ai piedi e a destra si prosterna S. Teresa, in gesto devoto di venerazione. Alla sua destra e sotto la Madonna, un putto alato reca il dardo della mistica trasverberazione. In cornu epistolae vi è appeso un piccolo quadro a olio che raffigura S. Cecilia. La chiesetta dal secondo dopoguerra serve per la popolazione sparsa sul monte.


S. Giuseppe in Bosine. Eretta nel 1764 è di proprietà privata, e ricca di stucchi barocchini nel cornicione, nelle lesene e cornici. Sconsacrata e ridotta a magazzino, dal 1912 divenne necropoli privata della famiglia Vacchelli. Restaurata nel 1931, nel 1975 venne riconciliata al culto. S. Rocco. La devozione al Santo risale nella cittadina sebina a tempi molto antichi. A S. Rocco venne dedicata, infatti, fin dal 1480 una cappella nella chiesa del convento di S. Francesco "dove per vari anni furono fatte preghiere private e dai Reggenti del Pubblico Sacrificio frequenti per mezzo di quei R.R. Padri che erano Amadei del medesimo ordine". La chiesa invece venne eretta agli inizi del '500 e la costruzione venne affrettata da una pestilenza insorta nel 1512 e nel 1514 già completata. Venne adornata di "divote" pitture e di una statua del santo. A provvedere ai bisogni della chiesa vennero eletti due deputati. In più venne istituita una specie di confraternita che però scomparve molto presto. Gli atti della visita del vescovo Bollani del 4 ottobre 1567 la dicono esplicitamente della Comunità. Vi si celebra nella festa del Santo e nel giorno di S. Defendente per devozione della Comunità. La devozione al Santo rinvigorì con la peste del 1576 che mietè a Iseo un terzo della popolazione. Venne fatto allora voto di celebrare una Messa nei giorni di mercato e, imperversando ancora più feroce il flagello, si fece voto di una messa quotidiana, per la quale vennero istituiti numerosi legati, completati dal Comune. Alla fine del '500 venne eretto un nuovo presbiterio. Dopo la peste del 1630 si celebravano, oltre la festa di S. Rocco, quelle votive di S. Defendente (3 gennaio), dei S.S. Fabiano e Sebastiano (20 gennaio), di S. Vitale (28 aprile), di S. Nicolò da Tolentino (10 settembre). Nel 1710 "per supplica di devoti" la chiesa (senza suo pregiudizio) era stata consegnata ai confratelli della "Compagnia di S. Maria" "vestiti" chiamati Suffragini. Si deve a questa Compagnia la ricostruzione della chiesa che venne completata nel 1743. Nel 1864 la chiesa è già in piena decadenza. La relazione del parroco informa che "non vi si celebra più alcuna messa da qualche anno, poi pure sospesa a cagione degli alloggi militari che vi si fanno". Nel 1895 la chiesa era comunque all'esterno ancora intatta, con, nella facciata, la porta sormontata da una cimasa in pietra. Tramutata in teatro, più tardi, negli anni Trenta, verrà trasformata in cinema e in luogo della cimasa verrà collocata un'assurda cabina cinematografica. Verrà demolita nel 1952 per far posto "ad un orribile ampliamento del Municipio". Una cappelletta dedicata a S. Rocco esisteva nel '600 in località Bosine ed era di giuspatronato dei Rampinelli.


Iseo: S. Giorgio della Corna. Si trovava in posizione eminente su un alto sperone, sopra il buco del Quai. Lo stesso P. Rinaldi scrive della scoperta di una specie di Necropoli, ecc. Ma non vi sono prove di ciò. Sta invece il fatto che al tempo in cui p. Rinaldi scriveva, nel 1685, la chiesa era già "mezzo diroccata" anche se aveva ancora l'altare, il campanile e qualche parte dei muri. L'altare aveva una tribuna semisferica dipinta con l'immagine del Padre Eterno attorniato da santi e da misteriosi animali dell'Apocalisse. Il Rinaldi informa che Giacomo Oldofredi, "zelante cavaglier dell'Imperatore, non men celeste che terreno", fabbricò circa nel 1300 su quei duri macigni la rocca detta del Crocefisso, restaurò la chiesa "facendovi effigiare il suo riverito S. Giorgio si che dall'hora in qua si è poi sempre nominata chiesa di S. Giorgio e Castello di S. Giorgio". Nell'interno fu ospitata la tomba gentilizia del Rampinelli di Gardone V.T. Aveva dinnanzi il cimitero, come tutte le altre chiese e cappelle rurali, ed ossa affiorarono anche recentemente.


Iseo: S. Pietro in Bocasso. Trasformata in pollaio magazzino da una ditta, è la chiesetta montana di S. Pietro, addossata alla roccia e alta sul monte di fronte al lago. Ecco la descrizione che ne ha fatto il Falsina. La facciata guarda con semplici linee il lago lontano e la corona un piccolo timpano. Alla sua base con cornicione, corre la significativa dicitura «Tibi dabo claves regni coelorum». L'interno fu curato elegantemente a pianta elittica di m. 7 x 4 per una superficie di metri quadrati 28 arricchito da sei lesene, due all'ingresso e quattro alla navatina. Un'abbondante decorazione neoclassica furoreggiante nel primo ottocento anche nelle migliori case iseane del borgo quali quelle dei Bonardi, degli Zuccoli, ecc., inquadra le pareti e copre tutto il volto. Sull'ingresso e sull'altare due conchiglie a doppia valva, rientranti l'una nell'altra, ricoprono lo spazio con squame decrescenti iridate. La pala è fatta di una piccola tela trascurata, dove la Madonna col S. Bambino campeggia sulle nubi. In basso a destra con le simboliche chiavi si erge S. Pietro e a sinistra S. Giovanni Evangelista, col calice che lo caratterizza. L'altare non è che una povera mensa, priva al tutto di ogni interesse.


Iseo: S. Martino al monte, o della Prada. In posizione aperta al sole e all'aria in località Prada poco dopo il valico che porta da Iseo a Polaveno. Probabilmente fu agli inizi un ospizio per pellegrini. Infatti il 25 luglio festa di S. Giacomo patrono dei pellegrini, vi si faceva un tempo grande fiera. In un recente studio Carlo Sabatti - citando il Guerrini - ritiene che la chiesetta sia stata fondata tra il 1080 e il 1100. Dipese poi dal monastero di Rodengo, ma nel 1410 era "sine cura" e Papa Pio II con bolla del 1459, unì il clericato di S. Martino alla parrocchia di S. Nicolò di Polaveno. Nel 1559 tele beneficio fu nuovamente smembrato dal Vicario generale di Brescia Vincenzo Duranti, ma gli abitanti di Polaveno ricorsero a S. Carlo. Nel 1580 Bernardino Tarugi a nome del santo arcivescovo di Milano visitò la chiesa, riscontrandovi un culto - verso S. Carpoforo - giudicato superstizioso. Alla statua lignea raffigurante il Santo erano soliti accorrere i sofferenti che si avvicina vano al simulacro ponendosi sul capo, un berretto di feltro, mentre le donne si coprivano con una cuffia di rete; questo rito assicurava ai devoti... la scomparsa dell'emicrania. Divenne poi chiericato semplice. G. Panazza l'ha descritta: "Si tratta di un edificio di due campate, orientato, privo di facciata, al suo posto era addossata una casa, da pochi anni demolita; l'odierna porta di ingresso - come ricorda l'iscrizione del 1626 - fu fatta eseguire da Marco Rossi allora abate di S. Maria in Mambre che diventò nel 1637 Arciprete d'Iseo. Tale porta si trova sul fianco sud con una finestra rettangolare; a destra è un affresco, in corso di deperimento, econda metà del '400 ma ancora memore delle forme del gotico internazionale con la Madonna del Bambino in trono e S. Martino abate. Il fianco nord è oggi in parte nascosto da piccole baracche e non presenta nulla di notevole; alla sua estremità verso oriente è il campanile, per fortuna ancora in buono stato, in conci di pietra disposti con una certa regolarità, con le lesene angolari collegate in alto, sotto la cella campanaria, da due archetti a pieno centro per ogni lato. La cella è dovuta ad un rifacimento tardo come rivela la scritta sul cornicione: "1722 G.M.B.". Si tratta di un campanile di tipologia lombarda arcaica, risalente al tardo sec. XI; a questa data si confà pure l'abside semicircolare, in parte con l muratura a conci piuttosto regolari in vista, in parte invece intonacata, con tre monofore (la centrale oggi murata) a duplice strombatura liscia, con cornicione aggettante, parzialmente conservato, altrove rovinato da un sopralzo che l'abside ha subito. L'interno è gravemente alterato: la chiesa era a due campate divise da due pilastri addossati alle pareti. Il campanile è collegato con quello del tardo XI della chiesa di S. Eufemia o "dei morti" di Vello. Lo stesso prof. Panazza esprime, a buona ragione, una previsione pessimistica. "La chiesa", scrive, "é ancor quasi integra, ma fra qualche anno non ve ne sarà che il ricordo, dato lo spaventoso stato di abbandono in cui si trova, trasformata in deposito di legna". Ceduta, infatti, nel 1960 ad un commerciante, passò alla famiglia Guarnieri e poi alla Società Cip-zoo.


Disciplina o S. Silvestro. Sorgeva sul lato settentrionale del sagrato della chiesa parrocchiale e ora è ridotta a uso abitazione. Di essa, però, nell'attigua ortaglia del Convento delle Canossiane si scorge la bella abside marmorea e la facciata che - afferma il Rinaldi - era chiamata il Paradiso. La chiesa, a giudicare dallo stile dell'abside, risale certamente al secolo XIII, ed era la sede della pia associazione di culto e di beneficenza che si chiamava la Disciplina o anche Consorzio della S. Croce, perchè gli ascritti portavano un abito bianco con cappuccio, segnato da una croce rossa sulla fronte e da un'altra croce rossa sul petto, col simbolo della Disciplina, che era il flagello delle cinque corde. Da principio la chiesa era ufficiata insieme dagli uomini e donne della Disciplina, ma quando, nel sec. XV, incominciarono a penetrare degli abusi e scorrettezze nei rapporti dei due elementi, la chiesa venne divisa in due piani: nel piano inferiore si radunavano gli uomini, in quello superiore le donne. La Disciplina era sempre unica, ma i due reparti avevano superiori propri e adunanze separate sotto la reggenza di un unico Minister, che spesse volte era lo stesso arciprete o un altro religioso. Dice il Rinaldi che l'oratorio inferiore era chiamato dal volgo il Carnerio, cioè il grande cimitero comune, nome assunto nel 1647, quando sollecitati da un quaresimalista domenicano gli iseani si diedero a dissotterare le ossa di morti, specie a causa della peste del 1630, per deporle nella tomba preparata in questa chiesa. La quale venne poi chiusa, incamerata e trasformata dopo le soppressioni del 1797.


La chiesa di S. Stefano. Sorgeva dove ora è il santuario della Madonna della neve. Il Rinaldi erroneamente affermò «che vecchiamente fosse la prima Parrocchia d'Iseo» mentre non fu che la sede di una delle due diaconie della pieve, cioè la residenza di un diacono, che amministrava opere di beneficenza pubblica. Decaduto il capitolo plebanale e sciolta la sua antica costituzione, anche la diaconia di S. Stefano divenne un beneficio semplice. Per qualche tempo fu unito - come afferma il Rinaldi - al monastero cluniacense di Verziano poi fu dato al Capitolo della Cattedrale in commenda, la quale passò quindi - non sappiamo come - nella famiglia patrizia dei Lippomano di Venezia. Il beneficio aveva alcuni fondi a Iseo e a Provaglio e rendeva nel 1534 intorno a 30 ducati annui; in quell'anno lo possedeva già da molto tempo mons. Pietro Lippomano vescovo di Bergamo, ma la piccola chiesa era abbandonata e cadente. Nel 1623 l'aveva chiesta la Confraternita del SS. Sacramento per farne la sua sede e per mettervi un eremita, ma non ottenne lo scopo. Fu del tutto atterrata nel 1653 per far posto alla nuova e più ampia chiesa della Madonna della neve, nella quale a ricordo dell'antica chiesetta fu dedicato a S. Stefano un altare laterale.


Deposizione o Addolorata. Più che di una chiesa si trattava di una santella alquanto ampia. Sorgeva sulla Provinciale ed era di proprietà Bonardi. Venne demolita nel 1932, per allargare il Crocevia Lago-Lido e Polaveno. Nel 1960 c. venne ricostruita come santella. La piccola soasa racchiude un piccolo affresco di Angelo Inganni raffigurante una Deposizione proveniente da Covelo e forse da un mulino dato che la chiesa la definisce Madonna del Mulino. Nell'altare è stato inserito un simulacro di Legno di Cristo Morto proveniente dalla chiesa della Madonna del Mercato.


Monumenti. Il monumento a Garibaldi, opera dello scultore Bordini di Verona, che l'aveva già predisposto per Livorno è considerato il primo dedicato all' "Eroe dei due mondi". Il basamento venne costruito su tufo della Busa del Quai. Venne inaugurato l'11 novembre 1883. Tennero discorsi il sindaco Vacchelli, Gabriele Rosa, Giuseppe Capuzzi e Gonsildo Ondei. Due cose risultano discutibili: la scelta della piazza e le linee del basamento. Furono presenti 15 società operaie, 10 rappresentanze comunali, numerosi giornalisti. Il 17 ottobre 1982 il presidente del Consiglio Giovanni Spadolini scopriva una targa sul monumento a Garibaldi che suona: «1882-1982. Nel centenario della morte di Giuseppe Garibaldi, Iseo nel dare testimonianza dei suoi caduti garibaldini e di tutti i suoi figli che hanno partecipato alle campagne promosse dal Generale per l'unificazione della Patria Italia, ricorda che questo monumento fu il primo ad essere eretto all'Eroe dei due mondi, inaugurato l'11 novembre 1883». In piazza del mercato, davanti al lago, nel 1912 venne eretto un monumento a Gabriele Rosa dello scultore Ettore Ferrari. Misura m. 5,80 di altezza. Consta di un basamento in pietra bianca di Rezzato, collocato in uno spiazzo erboso. Dal basamento si innalza un piedestallo in marmo di Carrara con altorilievi raffiguranti la Libertà vittoriosa, la Fede, la Fermezza e lo Studio. Sopra il basamento il busto del Rosa. Sul basamento v'è la dedica: «A Gabriele Rosa / prigioniero allo Spielberg / che la Patria onorò / con l'impegno col carattere / col martirio sublime / i concittadini posero». Venne inaugurato il 15 sett. 1912. Il 14 marzo 1914 ad Ettore Ferrari il Consiglio Comunale di Iseo conferì la cittadinanza onoraria. Il 7 giugno 1909 venne inaugurato, sul lato sud del Mercato dei Grani, un busto ed una lapide a Zanardelli, opera dell'iseano Giovanni Asti. L'epigrafe venne dettata da G.C. Abba e dice: «Da questo palazzo del mercato / Come da casa di popolo / Dall'età dei comuni / La voce di Giuseppe Zanardelli / Suonò tre volte all'Italia nova / Grandi promesse / Libertà - Giustizia - Progresso / 1878 - 1892 - 1900». Il 27 giugno 1888 la Sezione Reduci delle Patrie Battaglie provvedeva a porre una lapide sull'osteria della Fenice, dove il 15 febbr. 1848 era stato innalzato il tricolore. Una Lapide a Battista Cavallini venne dedicata in via della Pieve nel giugno 1893. Lapidi ai caduti vennero poste in S. Maria del Mercato. Lo spostamento delle lapidi in occasione del restauro della chiesa provocò vive polemiche.


Economia. Fin dall'antichità, almeno dall'avvento dei Romani, Iseo costituì il centro più importante di smistamento dei cereali diretti in Valcamonica. Dell'ampiezza degli scambi vi è testimonianza in una lapide trovata durante i lavori di ampliamento della Pieve, che ricorda un "mercator" cremonese morto nel I secolo d.C. Tutto ciò venne favorito dai collegamenti affidati dapprima alla navigazione sul lago. Sviluppatasi, poi, la costruzione di viottoli, sentieri, vie molto strette e, dopo l'avvento di Roma (16 a.C.), di una strada vera e propria, sufficientemente ampia, i collegamenti vennero tenuti anche per via terra. Lasciata Brescia, tale via, attraversata la Franciacorta orientale, toccava l'Iseo per una decina di chilometri, passando per Martignago, Marasino ecc. per inerpicarsi poi a Croce di Marone, e discendere in Valcamonica a Biviata (oggi Beata) in Pian Camuno. Il Rosa accenna a vasti opifici, esistenti nell'epoca romana, a Iseo e Clusane, di mattoni, embrici e stoviglie. I traffici e l'attività economica in genere si rallentarono moltissimo durante il periodo barbarico. Poi il commercio si andò sviluppando sempre più, specie per i cereali, le castagne ecc. Numerosi i mercanti di pannilani e mezzilani, di lino e canapa, tra i quali alla fine del sec. XV vi erano anche i Bonvicini scesi da Ardesio che poi si stabilirono in Rovato e tra i quali si distinse il celebre Moretto. I mercanti d'Iseo frequentavano, soprattutto, le fiere di Cremona e Verona. Il Rossi definisce "grossissimo" il mercato d'Iseo e la sua importanza fu tale che Brescia cercò di farlo chiudere, tentativo respinto nel 1562 dallo stesso Consiglio dei Dieci. Per il mercato vi erano uffici particolari nel luogo chiamato Mercanzia, dove la Repubblica veneta fece aprire nel 1579 un "tesone" per ospitare le pecore di transito, poi chiamato Salnitro perchè vi si preparava il nitro per la polvere pirica. La decadenza dell'importante via di comunicazione, dovette essere rapida se nel sec. VI, come vuole la tradizione, il vescovo di Brescia S. Vigilio fuggendo ai barbari credette opportuno rifugiarsi a Iseo, dato che per la pessima viabilità, era diventato quasi inaccessibile alle carovane militari. «La trasformazione, ha scritto Giuseppe Vitali, dell'economia iseana mediante il passaggio dall'industria «domestica» a quella «urbana», procedette per gradi favorita nei secoli VIII/IX dai grandi monasteri bresciani, quindi dalla diffusione dei cenobi cluniacensi che svolsero un'azione concomitante a quella della Pieve. Ovviamente non si ebbero mutamenti radicali. E l'economia mantenne carattere «domestico». Ma l'innovazione fu tutt'altro che trascurabile e fece si che a poco a poco crescesse l'insofferenza verso un sistema economico chiuso in se stesso. In tal modo si posero le premesse per un sistema di traffici più articolato, con un processo graduale ed irreversibile che giunse a maturazione nel tardo '300. Comunque, attorno al 1000 gli effetti dell'evoluzione in atto erano manifesti ed Iseo andava assumendo un ruolo di spicco negli scambi commerciali fra la Valle e la Pianura». Il mercato e il porto, già attivi nel Mille, diventano i caposaldi dell'espansione eco nomica, messa a dura prova dalle estenuanti lotte fra i liberi comuni e l'imperatore e fra guelfi e ghibellini. Nel sec. XIII si intensificò anche il commercio del legname. Brescia, infatti, teneva a Iseo un massaro per ricevere dal console i tronchi di Montecchio, inviati dal probiviro di Montecchio per mezzo di zattere che scendevano dall'Oglio. Nel sec. XIV l'economia da "domestica" diventa sempre più economia di scambio, fondata sull'aumento della produzione e sulla conquista di nuovi mercati. A mortificare tale slancio subentrò una sempre più grave pressione fiscale da parte dei Visconti e del Malatesta. Venezia, pur mantenendo tasse e dazi, cercò di favorire il commercio con privilegi e Iseo conobbe sotto la Serenissima momenti di grande prosperità. Al contempo si sviluppò l'industria estrattiva e dei pannilana. Il '500 con le nuove guerre dei primi due decenni e il ripetersi di pestilenze segnò una seria recessione economica che venne superata agli inizi del '600, come confermano il catastico del Da Lezze e le pagine di p. Rinaldi. Progressi l'economia iseana segnò anche agli inizi del '700, dovuti ai commerci di biade, dei pannilana, e all'industrializzazione della trattura della seta. La stima edita per ordine del capitano e vice-podestà Francesco Grimani nel 1764, fornisce, accanto alle informazioni di carattere demografico e relative al clero secolare e regolare, ragguagli sulle «persone industriose», sulla consistenza del patrimonio zootecnico, sulle attività artigiane esercitate nella borgata. Gli «occupati» erano 426 di cui 171 agricoltori, 18 negozianti e bottegari, l'armaiolo d'arma da fuoco, 235 artigiani ed altri manifattori, 1 mulattiere. Fra le piccole industrie artigiane si segnalavano 2 filatoi, 5 molini, 1 frantoio per le olive, 3 telai di seta e bavella, 6 di lino e bambace, 22 di tela, 3 tintorie. Nonostante la crisi generale dell'economia della Serenissima, Iseo superò le gravi difficoltà mantenendo intatta la propria attività commerciale e industriale. In espansione ancora alla metà dell'800, raggiungeva poi nella seconda metà quello che il Vitali ha definito il boom economico. L'agricoltura ha avuto ad Iseo le sue espressioni più concrete soprattutto nella coltivazione degli olivi. In auge fu anche la viticultura. Iseo divenne nei primi anni del 1900 centro di propaganda per la lotta contro la filossera della vite. Corsi di enologia vennero ripresi nel 1981. Rilievo ebbe la mostra dei vini DOC della Franciacorta che si tenne ad Iseo dal 25 al 31 giugno 1982. Conosciuta da secoli ed apprezzata fu la grappa detta delle Grazie o di S. Paolo. L'allevamento avicolo ha avuto i suoi pionieri nei coniugi Zatti che negli anni '50 acquistarono un'incubatrice capace di 2 mila uova di razze pregiate. Anticamente era sviluppato anche l'allevamento ovino e nel 1600 le pecore allevate erano 400. L'introduzione della gelsicoltura nel 1606 alla Casella di Iseo, potenziò la produzione e la lavorazione della seta. La prima filanda fu quella che Andrea Bordiga avviò prima del 1750 e che nel 1768 era dotata di tre telai per seta. Nel 1846 su 350 bacinelle per la trattura della seta esistenti sul Sebino 150 erano a Iseo nelle filande Bordiga, Bonardi e Bergomi. Seguono nella seconda metà del sec. XIX le filande a vapore Formenti (1863) con 50 bacinelle, Bonomelli (1869) con 65 bacinelle, Guerini (1871) con 65 bacinelle e in seguito Giuseppe Erba. La filanda Andrea Formenti, in via Canapo, passò poi al nipote Cesare Filippini che la ricostruì nel 1901 e rimodernò nel 1925. Lo stesso cav. Filippini aprì altra filanda in via Duomo (all'angolo di piazza Statuto), acquistata nel 1923 e rimodernata nel 1925. Entrambe avevano nel 1929 132 bacinelle e occupavano 100 operaie. Una filanda di Enrico Cova era ancora aperta nel 1929 a Pilzone. Nel 1938 un violento incendio distruggeva la filanda Luigi Filippini, ma in compenso, due anni dopo, la stessa filanda acquistata da Pasquale Membri veniva ampliata. Venne chiusa nel 1973. Le mandrie esistenti sui monti contermini e soprattutto il mercato ovino, molto antico a Iseo, assieme all'abbondanza di cortecce per concia sia in Franciacorta che sulle pendici del Guglielmo favorirono fin dall'antichità la concia delle pelli, da qualcuno considerata la più antica di Iseo. Nel 1929 erano attive a Iseo e producevano cuoio da suola e vacchette cerate e naturali, le concerie di Battista Biemmi, e di Bruno Ghidini in via Campo, di Giuseppe Nulli a Covelo, di Isideo Pezzotti in via Duomo. Assorbivano una sessantina di operai. A Iseo esistettero anche fabbriche di corde da bucato fatte con corteccie di tigli. Per alcuni secoli funzionarono in via Mirolte fucine e forni dove si lavorava rame della Val di Scalve e ferro del Guglielmo. Ricchi, grazie alla costituzione geologica del terreno, i dintorni di Iseo, di pietra per gessi e calci ecc. Sembra che già in epoca Romana, esistesse, sul monte S. Martino, un forno per calce. Altri forni sorsero in seguito. La calcina di Iseo venne, come risulta da un documento del 1516 del provveditore Trevisan a Brescia, preferita per quantità e qualità. Tale calce venne usata in tutte le costruzioni di Iseo. Calce grassa da fabbrica e per l'agricoltura venne cavata dalle alture di Iseo, gessi per muratori stuccatori pittori ecc., solfato di calce, gesso per concime, gesso alabastro tipo Parigi, vennero prodotti a Iseo dallo "Stabilimento della Società Anonima Gessi del Lago d'Iseo" (v.). I Rossetti tennero una fornace a Castro per macinare e cuocere il gesso di Volpino. Nei primi decenni del secolo funzionavano a Iseo, per la fabbricazione di cemento, le ditte Giovanelli, Pezzotti, Barbieri e Pigliardi. Nel XIV secolo a Iseo si fondeva e si lavorava il ferro proveniente dalle cave del Guglielmo, del monte di Iseo e di Clusane. In via Mirolte funzionava un forno fusorio sabbatino e ivi pure nella stessa epoca, si lavorava il rame che si estraeva in Val di Scalve e dalle montagne di Pisogne. Di grande importanza furono, specie nella seconda metà del sec. XIX, i giacimenti di calcare liassico di Montecolo a 2 Km. a nord di Iseo, che la Società austriaca delle ferrovie del sud sfruttò a partire dal 1856 per ricavarne, nello stabilimento costruito a Palazzolo, la calce idraulica. Il sottosuolo iseano, formato da terreno alluvionale e perciò poroso e permeabile, diede sempre ottima argilla e terracotta che bene si accompagnò al quarzo della Vallecamonica. Iseo ebbe fornaci fin dall'antichità e specie nel sec. XV in via Fornaci, oggi via Campo, verso la torbiera, dove esistettero anche fornaci per vetri. Fino al sec. XVIII, scrive il Rosa, esistette anche una fabbrica di stoviglie prodotte con argilla, caolino e col quarzo. P. Fulgenzio Rinaldi scrive di fornaci di vetro, di coppi, di mattoni, di vasi di terra presso Porta di Campo di Iseo, e "non mancavano, continua, anco quelle da calsina, quali però sparse per il monte". Fin dal 1774 veniva scavata torba, che il Pilati sperimentava, con buoni risultati, per la trattura della seta nella filanda Nulli. Esentata di dazio con decreto del 9 agosto 1808 veniva usata nella fabbrica di falci di Castro. La vera escavazione iniziò nel 1830 per iniziativa di Francesco Nulli, avvantaggiata nel 1830 dai brevetti degli ing. Moro e Ceriani. Più tardi l'ing. Pedrali apriva in Cologne uno stabilimento per la lavorazione della torba. Francesco Nulli riprendeva l'escavazione di torba nel 1830. Nel 1862 nasceva la "Società delle torbiere iseane" che nel 1893 scavava centomila quintali di torba circa l'anno. Il 7 luglio 1867 veniva varata una «macchina di ferro galleggiante spappolatrice» della torba stessa e nel 1874 si scavavano da 50 quintali a 80.000 quintali di tale materia. Nell'aprile 1897 da Andrea Formenti venne installata nelle cave una turbina idrovora del sistema Ridder per estrarre dalla torba acqua per lo stendaggio della torba. Alla Società delle Torbiere, subentrò nel 1912 l'ing. Andrea Zuccoli che riuscì a rilanciare la produzione, la quale si esaurì negli anni '20 del sec. XX. Con lo sviluppo dell'economia e del commercio dopo l'unificazione d'Italia si ampliò anche il credito con l'apertura nel 1863 di una filiale della CARIPLO, cui si aggiunse la filiale della Banca Popolare di Brescia e nel 1896 la Banca Sebina. Nel 1950 venne fondata la S.p.A. Montecolino per la filatura e tessiture. La ditta entrò in crisi nel 1980. Negli anni cinquanta si svilupparono la Meccanica ing. Rizzi. Nel 1963 la Niggeler e Küpfer aprì la filatura di Pilzone per titoli fini, ampliata poi nel 1969. Nacque in seguito la Resinex andata in crisi nel 1983. A questi complessi si affiancano alcune aziende meccaniche (mollificio, officine meccaniche di alta precisione, fabbrica di arredi metallici ed altri), un cantiere nautico, alcune industrie di acque gassate ed imprese per la costruzione di solai prefabbricati. Sviluppato è anche l'artigianato in massima parte complementare all'industria. Iseo è anche affermato centro turistico fornito di adeguate attrezzature ricettive. L'agricoltura, attività ormai secondaria, dà in prevalenza uva (vino tipico «Franciacorta»), cereali e foraggi. Praticato è anche l'allevamento avicolo. L'attività industriale è stata tuttavia, dagli anni '50 in poi, soverchiata per importanza da quella turistica, grazie al miglioramento delle attrezzature e all'attività promozionale. Specie dal 1952 si andò registrando un continuo aumento di presenze che dalle 5906 di tale anno passarono a 13.916 nel 1953, 15.143 nel 1954, 20.653 nel 1955, 25.000 nel 1956, 30.860 nel 1957. Nel 1958 Iseo offriva 2 alberghi di 3 cat., 4 di 4a categoria, 10 locande, 5 campeggi. Importanza sempre maggiore ha acquistato il mercato. A metà del sec. XIX venne aperto il mercato delle biade, per il deposito e per l'essicazione dei grani. Ma già nel 1878 il mercato languiva, come la Società del mercato, creata per l'esercizio del mercato stesso. Nel 1850 infatti nasce la società mercato grani che provvede alla costruzione, terminata nel 1854, di un grande mercato nell'edificio che oggi ospita il Municipio. Da Iseo salivano ogni anno 200.000 ettolitri di mais e frumento, a cui vanno aggiunti altri prodotti cerealicoli. Di questi 60.000 vengono contrattati sul mercato iseano. Nel 1857 prenderanno la via della valle 2.644 sacchi di granoturco, 4.416 di frumento. Nel 1874 si contratteranno 1.200 quintali di fieno, 1.000 di patate e 20.000 di castagne». Nel 1886 il Rosa scriveva: «Per Iseo passano annualmente duecentomila ettolitri di grano che il bacino del lago, dell'Oglio e del Serio superiore attirano dal piano bresciano, dal mantovano, dal cremonese. Ci passano anche, mediamente, ottantamila ettolitri di vino, e per bacini medesimi, dai quali scendono in cambio centomila quintali di ghise, acciai e ferri, quarantamila quintali di castagne ventimila di legnami, tremila di vimini, sessantamila di gessi e quarantamila capi di bestiame di varie qualità, per dirigerne una quarta parte verso la Bergamasca allo sbocco del lago di Sarnico». Nel 1850 vi si teneva mercato il martedì e il venerdì e la fiera il 5 agosto. Nel 1888 veniva programmata una mostra di caccia e di pesca. Per favorire la vendita di pesce, dal giugno 1935 venne organizzata a Iseo la giornata del pesce. Nell'agosto dello stesso anno vi si tenne la prima giornata della frutta. Antica (sembra risalire al 1400) la fiera dell'agnello che si tiene il venerdì Santo. Fu sempre particolarmente affollata con mostra di pecore, tiri a segno, giocolieri, bazar ambulanti, esposizioni di carni nelle macellerie. Seguita dal 1973 la fiera della Caccia con due settori: uno riservato ai cani, l'altro agli uccelli da richiamo ed esotici, alle reti ed a tutti gli accessori. Mostre enogastronomiche vennero organizzate a partire dal 1981 nel castello di Iseo. Dal 1981 si tiene il mercatino o "Mercato-fiera delle cose vecchie" fissato al terzo sabato di ogni mese.


Il porto. Antichissimo il porto di Iseo, rifatto e potenziato poi sempre più. Il porto era frequentato nel 1850 da 250 barche da carico, oltre il battello a vapore. Il porto di Iseo acquistò maggiore importanza con la creazione della ferrovia Brescia-Iseo e venne elevato con R.D. 5 maggio 1887 alla seconda classe dei porti marittimi. Per una spesa di 105 mila lire venne progettato nel 1886 un molo collegato con lo scalo ferroviario, cosí da internarsi nel lago per 37,69 m. Il porto, classificato con R.D. 5 maggio 1889 nella 2a classe, serie 2a della II categoria, era costituito da una piccola insenatura aperta a nord-ovest, munita di 3 piccoli pontili di 14 m. di lunghezza, da una banchina di riva, posta a nord dell'insenatura lunga 38 m. denominata Molo della Quadra. Le 34.392 t. di merci sbarcate e imbarcate nel 1896 salirono a 43.479 nel 1904. I 40.440 viaggiatori arrivati e partiti nel 1896 salirono nel 1904 a 186.032. Nel 1909 veniva programmato un porto nuovo, ma non venne realizzato. Nel 1912 era, fra tutti i laghi italiani, quello che aveva il maggior traffico e i migliori commerci. Un nuovo progetto per una ristrutturazione e potenziamento venne sottoposto nel febbraio 1912 alla Commissione Centrale dei Porti. Nel 1931 aveva raggiunto un traffico di 400 mila tonnellate.


Sport. Tra gli sport più antichi fu il gioco della palla. Fra i primi sport recenti di notevole successo fu il Tiro a segno che allineò sempre un nutrito gruppo di campioni fra i quali Ludovico Nulli più volte campione d'Italia e terzo alle Olimpiadi di Stoccolma del 1929; Giovanelli, Pasinelli, Mariuccia Nulli Antonioli, Rosa Archetti, Cervi. Molto attiva intorno al 1924-1925 la Unione Sportiva Pro Iseo che l'11 ottobre 1925 inaugurava il gagliardetto e organizzava, per merito soprattutto di Federico Leone e di Franco Uberti, riuscite gare ciclistiche, podistiche, di marcia, di motori fuori bordo, di barche da pesca. Nel 1946 nasceva l'Orsa Iseo, una squadra di calcio che conquistò numerosi successi e che venne poi rinnovata per il campionato 1981-1982, passando in Seconda Categoria. Il ciclismo si diffuse negli anni '30. Il Gruppo sportivo del Dopolavoro di Iseo organizzava per il 17 luglio 1932 il primo circuito della Franciacorta. Il 16 luglio 1978 veniva corsa a Iseo la prima prova del Palio dei "naecc" del lago d'Iseo, vinto da un equipaggio di Clusane. Sempre più addestrato l'equipaggio delle bisse "La Clusanina" che si impose nel 1982. Il 9 ottobre 1978 si tenne la "festa dello skate board" organizzata dallo Sporting club di Iseo. Nel gennaio 1982 veniva inaugurato il nuovo palazzetto dello sport del Centro Olimpia con campi di pallacanestro, di tennis, di pallavolo, tribunette ecc. Vi esiste anche un Karate sporting club ed attivo il "Ferrari Club" e altri. Diffuso l'alpinismo. Nell'aprile 1977 veniva inaugurata sopra la Buca del Quai una palestra di roccia del Cai di Iseo, Marone e Coccaglio, alta 60 m. e chiamata per le sue caratteristiche la Piccola Grignetta. Nel 1980 il CAI costruiva un rifugio alle pendici della Concarena intitolato a Iseo.


Personaggi. Fra i più illustri iseani compaiono, fra i primi, i francescani fra Bonaventura di Iseo (ministro provinciale dal 1225 al 1256 filosofo, teologo e alchimista naturalista) e fra Giacomo da Iseo, considerato fra i fondatori, con S. Francesco, del francescanesimo, ministro provinciale e miracolato sulla tomba di S. Francesco nel 1230. Di Iseo fu p. Fulgenzio Rinaldi (sec. XVIII) autore dei "Monimenti istorici dell'antico e nobile Castello di Iseo". Paleografo di valore fu don Pietro Voltolini (1732-1788) parroco di Cemmo, compilatore degli annali di Iseo, Pezzaze e Pisogne. Studioso e poligrafo instancabile, oltre che politico illuminato, fu Gabriele Rosa. Giornalista molto noto a Brescia e in Argentina, fu Basilio Cittadini di Pilzone. Fra gli scrittori più recenti sono da ricordare: Antonio Archetti, autore di numerosi versi, Michele Rinella, pubblicista, don Peppino Tedeschi, direttore per molti anni della "Voce del Popolo" e di "Madre", pubblicista e conferenziere popolare, il cappuccino p. Ezechiele da Iseo, autore di opere storiche. Tra i pittori: i Voltolini, Giacomo Rossetti, Giuseppe Zanetti. Musicisti di valore furono Uriano Fontana, direttore dell'Opera di Parigi, e il fratello Oreste, che fu anche coraggioso patriota. Fra i militari si distinsero i generali Angelo Fontana (v.) e Federico Rossi. A Iseo nacque nel 1848 mons. Pietro Trabattoni, trasferitosi nel Lodigiano e avviato alla gloria degli altari.


Arcipreti. Lanfranco (1182-1192), Corrado Ugoni (1244-1275), Bonaventura de Solaciis (1340), Arico o Enrico (1353), Antonio da Todi (1373), Francesco daParma (1377), Francesco da Cremona (13 -1382); Francesco Mutti da Gromo (di famiglia bergamasca stabilita a Iseo) (1382); nob. Pietro Oldofredi di Iseo (1451...), Marco Cropelli di Iseo (1475), Carlo Valgulio di Brescia, protonot. apostolico (15...), ammazzato a Brescia il 7 gennaio 1517); Tito Pierino de Aliprandi di Iseo (.... + settembre 1591); Marco Cornaco di Venezia (Proton. Apost., semplice chierico e poi arcivescovo di Spalato nom. 16 ott. 1531, rinunciò il 4 dic. 1553), card. Luigi Cornaro, cugino del preced., (10 gennaio 1554 - rinuncia nel 1566 in ossequio ai decreti del Concilio di Trento); nob. Giampaolo Tiberi q. Francesco (1566 - rinuncia nel sett. 1594); nob. Francesco Pace (21 ott. 1594 - + agosto 1598); Marc'Antonio Marterelli (1599-1615); Bartolomeo Ghidoni di Iseo (17 febbr. 1616 - 31 luglio 1630); Giovanni Maria Macario di Lovere (12 giugno 1631 - luglio 1635); Giovanni Giorgi o Zorzi, di Valcamonica (25 luglio 1635, rinunciò subito); Marco Rossi d'Iseo (26 maggio 1637 - 5 nov. 1661); Tommaso Zanetti di Provaglio d'Iseo (19 dic. 1661 - rin. nel 1696); Antonio Angari di Castelcovati (3 luglio 1696 - 13 nov. 1727); Giambattista Lussignoli di Erbusco (1 marzo 1728 - 3 nov. 1765, "in fama sanctitatis"); Angelo Maria Rubini di Brescia (25 gennaio 1766 - + 16 agosto 1800); Bartolomeo Vitali di Palosco (24 ottobre 1802 - rimosso nel 1824); Antonio Riccardi di Ardesio (Bergamo) (20 giugno 1824 - rinunciò nel 1832); Vincenzo May di Travagliato (17 giugno 1842 - 12 luglio 1867); Pietro Ronchi di Goglione (12 nov. 1867 - 20 maggio 1882); Santo Losio di Gambara (12 agosto 1882 - non potè entrare in parrocchia e nel 1886 fu promosso prevosto di S. Alessandro in Città; Paolo Micanzi di Passirano (16 nov. 1886 - 3 nov. 1909); Raffaele Schivalocchi di Bagolino (3 agosto 1910 - + 1 marzo 1951); Luigi Falsina di Castegnato, proveniente da Passirano - (1951 fino al 1976); Graziano Montani (1976-1983) che si trasferisce a Nave); don Abramo Putelli proveniente da Gambara (dal 1983).