GIANICO

GIANICO (in dial. Giànech, in lat. Iànici)

Paese a S di Darfo, sulla sinistra del torrente Re, a 2 km. circa sulla sinistra dell'Oglio, a m. 282 s.l.m. È a 54 km da Brescia, 9 da Pisogne. La superficie comunale è di 13,26 kmq. Nel sec. XIII Ianicum; nel sec. XV Ianech, e anche Ianaco o Iànich. Forse da Dianicus, volto a Levante, aprico, soleggiato o anche da uno dei supposti nomi personali romani Ioannicus, Addianicus. Il Guerrini lo deriva da Iani vicus, o anche da Vettianicus, con allusione al fundus di un Vettius. Il Rosa lo faceva derivare al contrario da gianech, agghiacciato e la Gallotti, da parte sua, da glacies. Ma potrebbe derivare anche da Gagium, selva, bosco folto, dal substrato linguistico "in-acu" con lo stesso significato. Nel territorio sono particolarmente interessanti, sotto il profilo geologico, scisti cristallini e una potente intrusione di porfirite del Trias.


Abitanti (Gianichesi): 440 nel 1565; 400 nel 1578, 500 nel 1636; 600 nel 1646; 700 nel 1652, 700 nel 1656; 687 nel 1673; 680 nel 1692; 670 nel 1702; 560 nel 1717; 800 nel 1819; 781 nel 1843; 792 nel 1845; 770 nel 1861; 828 nel 1871; 834 nel 1881; 935 nel 1901; 953 nel 1911; 927 nel 1921; 1056 nel 1931; 1089 nel 1936; 1307 nel 1951; 1338 nel 1961; 1690 nel 1970; 2000 nel 1978.


Il paese sorge sulle ultime pendici del monte Muffetto, sulla immediata sinistra del torrente Re. È quasi compreso fra le vie parallele in pianura Imavila e Capovilla e da strade perpendicolari in salita. È congiunto con la strada nazionale da tre strade di cui una mette a Darfo. Una quarta si dirige ad Artogne. La massima elevazione è ad E col monte Rissello (m. 2012 s.l.m.).


Risalente all'epoca longobarda sarebbe il culto di S. Michele, invocato a protezione contro il pericolo delle acque del torrente Re, spesse volte minacciose. La Vicinia gravitò dapprima su Darfo e si rese poi indipendente. Il culto di S. Stefano indica la probabile esistenza in luogo di una diaconia della Pieve di Rogno, situata sulla strada romana da Pisogne a Cividate. Fece parte a lungo della curia di Montecchio e perciò ottenne nel 1248, grazie l'intervento di Brescia, immunità ed esenzioni. In una sentenza del podestà di Brescia del 1248, il paese è menzionato quale terra che faceva parte della curia di Montecchio di Darfo. Il 14 settembre 1470 in un'alluvione, probabilmente del torrente Re, perirono più di cento persone. Il paese seguì le vicende politiche della Valle. Vi ebbe ampie proprietà il vescovo di Brescia al quale nel 1465 Gianico pagava le decime. Di tali decime venivano investiti il 1° ottobre di tale anno Giovanni Cochis, Graziolo, Ambrogio Bartolomeo de Cottis, Giovanni de Bordi di Gianico, Galibus di Darfo, mentre gli uomini del Comune venivano investiti dei diritti feudali. Il 4 novembre 1388 il vescovo nominava un rettore della chiesa di S. Michele di Gianico. Nel 1465 erano già presenti i Federici che vi acquistarono vaste proprietà e potenza.


Inondazioni e disastri vennero provocati parecchie volte dai torrenti Re e Vedetta. Gravissima quella del 1470. Nel 1533 sotto la minaccia di grave pericolo, la popolazione ricorse alla Vergine, facendo voto di erigerle un santuario e compiere ogni anno una processione. La preservazione dal pericolo, attribuita alla Madonna, portò alla costruzione del bel santuario che sovrasta da un poggio il paese. Una disastrosa inondazione si verificò la sera dell'8 luglio 1859, e provocò la distruzione di otto abitazioni e la morte di 13 persone, oltre a gravissimi danni alle campagne. Il Municipio predispose opere di arginatura con una spesa di 16 mila lire. Il lavoro intenso dei contadini strappò poi in pochi anni molti terreni al pietrame e ai detriti portati dalle acque. Altra disastrosa inondazione si ebbe nel 1863. Il 18 settembre 1960 una nuova inondazione provocava nuovi gravi danni e una vittima. Altra inondazione si verificò nel novembre 1966. Per arginare le acque e togliere il pericolo vennero costruiti, con gabbionate, argini più solidi e sicuri.


Un grave fatto che ebbe echi in tutta la stampa nazionale avvenne nel 1910. Un ostinato anticlericale "tenuto in conto, sembra, di squilibrato" scaricava la pistola contro due sacerdoti e veniva a stento salvato dalla reazione dei parrocchiani infuriati. Altro grave fatto di sangue avvenne il 1 febbraio 1925 nell'osteria Pendoli dove in una rissa fra fascisti e antifascisti rimasero uccisi due di questi: Francesco Otelli e Giovanni Antonioli. Nel 1928-1929 venne costruita la nuova casa comunale e collocati l'acquedotto e la fognatura. Nel 1964 venne costruita, su disegno del geom. Felappi di Darfo, una nuova scuola materna. Causa la delazione di una donna, poi giustiziata, all'alba del 24 giugno 1944, alla cascina Campelli, la Guardia Nazionale Repubblicana di Darfo, sorprese e trucidò tre partigiani e cioè Battista Pedersoli di Gianico, Giacomo Mariola di Esine e Antonio Cotti Comini di Piazze. Il 17 dicembre 1978 veniva inaugurato il monumento ai caduti del lavoro.


Ecclesiasticamente, a metà del sec. XVI, Gianico apparteneva alla pieve di Rogno della cui vicaria entrò a far parte. Ma nel 1567 ritirava gli Olii santi a Darfo. Nel 1578 apparteneva alla vicaria di Artogne, ma nel 1636 corrispondeva decime all'arciprete di Rogno. Nel 1692 passò nel vicariato di Piano e nel 1786 in quello di Darfo. La chiesa primitiva era quadrata e mentre il Bollani, il Pilati e il Celeri l'avevano trovata abbastanza capace per accogliere la popolazione, S. Carlo ordinò che fosse ampliata nel coro, mentre il Morosini prescrisse che venisse convertita in sagrestia l'antica cappella di S. Rocco, e l'antica sagrestia nel nuovo battistero.


Nel 1721 la vecchia chiesa venne abbattuta e venne costruita la nuova, su probabile disegno del giovane architetto Zinelli o Cinelli, che edificò quella di Artogne. È di eleganti linee architettoniche. La chiesa ha cinque altari marmorei, lavorati ad Artogne nel cantiere dei due maestri comacini Novi e Canevali, disegnatori e marmorai di valore. L'altare maggiore di Giacomo Novi di Lanzo d'Intelvi è adorno di una elegante e preziosa tribuna marmorea. La pala dell'abside raffigurante S. Michele Arcangelo è del pittore esinese Antonio Guadagnini; di un altro esinese, G.B. Nodari, è la pala del secondo altare di destra raffigurante. la "Sacra conversazione". Nella mensa di questo stesso altare si trova la statua di Cristo morto del Fantoni, commissionata il 20 marzo 1740. Dei Fantoni era anche l'ancona della Madonna, ora dispersa. Il quadro raffigurante l'Immacolata, S. Gaetano, S. Luigi, S. Giovanni Nep. e S. Andrea Avellino (cm. 500x450), è firmato "Pietro Scalvini bresciano f. 1790". Abbellita negli anni '50 la chiesa venne rovinata seriamente dall'inondazione del 1960, ma subito restaurata e dotata di nuovo pavimento in marmo rosso del Garda nel 1964. Contemporaneamente veniva ampliata la sala parrocchiale e venivano costruite aule di catechismo.


Il santuario della Madonnina del Monte venne eretto per voto emesso il 28 ottobre 1536, durante una furiosa alluvione. Il primitivo santuario doveva essere trasversale all'attuale e di esso rimane, in una stanza, una parete con un affresco raffigurante la Madonna col Bambino e il popolo implorante e una statua di particolare pregio molto venerata. Il p. Gregorio lo dice famoso e adorno di un quadro "stimatissimo" del Palma. Poi, dimostrandosi troppo piccolo il primitivo santuario, nel 1752 ne venne costruito un altro più vasto e più decoroso. La prima chiesetta venne trasformata in sacrestia ed accanto ne sorse un'altra in bello stile settecentesco a cupola centrale. L'interno presenta una bella linea generale d'architettura barocca con graziosi e corrispondenti particolari decorativi; nella calotta dell'abside è rappresentata Maria Immacolata, accolta dall'Eterno Padre; al centro Maria Assunta in cielo. Ai quattro angoli detti: Virginitate placuit (Piacque per la verginità), Felix oboedienta (Felice nell'obbedienza), Amore langueo (Mi struggo d'amore), con i relativi simboli. In platea, sulla volta centrale: la Natività di Maria Vergine. Ai quattro lati: Maria Bambina presentata al Tempio, lo sposalizio con S. Giuseppe, la Visitazione a S. Elisabetta, la Purificazione e la presentazione di Gesù al Tempio. All'entrata per la porta centrale, sul volto: l'adorazione dei pastori; sui quattro angoli: Virgo concepit et pariet, Foemina circumdabit virum, Abissus est lapis de monte, Porta haec clausa erit, con le quattro figure simboliche. L'autore è l'intelvino Carlo Carloni al quale si deve forse la bella pala dell'altare di S. Giuseppe. Discreta è anche la tela raffigurante S. Luigi, datata 1763. Nell'abside si ammira una bella Natività della Vergine di Palma il Giovane. Belle anche le tele che si ritrovano nella chiesa. Sopra la porta laterale di destra una tela rappresenta Mosè salvato dalle acque, quadro bellamente incorniciato con stucchi eleganti; sopra quella di sinistra, in perfetta simmetria, la seconda tela, riproducente l'episodio biblico dell'incontro del vecchio fedele servo di Abramo, Eliezer, con Rebecca, alla cui anfora si disseta. Sopra la porta della sagrestia, il terzo quadro: raffigura l'incontro di Giacobbe con Rachele, quando, per sottrarsi all'ira del fratello Esaù, si era rifugiato presso lo zio Labano. Le tre tele sono del valtellinese Cesare Ligari (1716-1760). L'organo è della ditta Perolini di Bergamo. Bella la torre in granito la cui sommità fu distrutta da un fulmine il 26 luglio 1770 e subito riedificata. Alla «Madonna del Monte» la popolazione di Gianico attribuisce la salvezza del paese da quasi sicura distruzione durante le inondazioni del 1960 e del 1966. La messa settimanale votiva e i molti ex voto testimoniano già di per sé la riconoscenza della buona gente alla sua Madonna, riconoscenza che ha avuto manifestazioni straordinarie nelle feste centenarie del 1936 e nell'incoronazione della statua della B. Vergine avvenuta il 30 giugno 1963. La statua è un pregevole lavoro in legno. Il santuario è andato sempre più arricchendosi di ex voto.


Accanto alla chiesa parrocchiale esistette forse dalla fine del '400 o dagli inizi del '500, una chiesetta dedicata a S. Rocco. Essendo aperta sull'entrata, il vescovo Bollani nel 1567 ordinò che venisse munita di cancelli, finché venne chiusa, per ogni dove, per ordine di S. Carlo nel 1580. Una cappelletta o santella, sempre dedicata a S. Rocco esisteva lungo l'antica strada Valeriana sull'incrocio della stradetta che porta direttamente alla chiesa parrocchiale. Aveva una certa eleganza ed era meta delle processioni delle Rogazioni. Venne rovinata recentemente da una camion. Per voto emesso nel 1817 durante un tifo petecchiale, venne eretto sulla nuova strada della Valle, un nuovo tempio a S. Rocco. Si tratta di un edificio elegante, dipinto con scene della vita di S. Rocco nel 1823 dai bergamaschi Giovanni e Pietro Brighentini di Clusone. La decorazione viene attribuita ad un Ferrari, abitante a Gianico. L'elegante pronao è già stato intaccato da una betoniera.


Gianico ha molte belle case secentesche, fra cui casa Fiorini con antiche loggette e colonnine in pietra. Alcune hanno anche finestre di una qualche distinzione e baltresche. Bella la casa Mazzoldi, ora di proprietà comunale, che è in via di ristrutturazione per ospitare gli uffici comunali, il poliambulatorio, la biblioteca, ecc. Signorile la casa canonica nella quale vi sono ritratti di ottimi religiosi sia del luogo che camuni (quali p. Fabiano da Edolo, p. Pietro Alberto Campana, p. Bonaventura Venturini da Corteno).


L'economia fu per secoli eminentemente agricola. Territorio "fertilissimo di biade, di frutta e fornito di gelsi, di castagneti, di prati, di pascoli e di boschi di basso e alto fusto" lo diceva il Maironi da Ponte nel 1819. In quell'anno l'estimo censuario era di scudi 17.274,55100 e gli estimati 54. Come "tutto agricolo" e con un estimo di scudi 17.234.1 era considerato nel 1850. Nel 1870 i prodotti vegetali, in anno normale, si potrebbero ritenere di ettolitri 1500 di granoturco, 150 di frumento; miriagrammi 14,000 di foglia gelsi, 2600 di vimini, 1000 di frutta; le castagne si possono calcolare 4000 ettolitri. L'allevamento del bestiame è in fiore, a cagione delle molte praterie e pascoli; quindi un 350 giovenche si tengono costantemente in paese, le quali servono anche per l'agricoltura ed altri usi campagnoli: non piccola ricchezza offrono i bachi da seta. I boschi fornivano carbone per alimentare fucine del luogo, e forni fusori di Pisogne, di Cerveno e di Castro; qui il solo stabilimento Gregorini ne assorbiva ogni anno dai due ai tre mila sacchi. Nel sec. XV il paese aveva assunto una certa importanza, per la produzione di spade, in cui la popolazione si distingueva particolarmente. L'artigianato ebbe continuità anche nei secoli che seguirono.


Nel 1901 vi nacque una Società operaia agricola federativa che nel 1904 raggruppava 35 soci. La Società Carburo Calcio occupava nel 1963, 220 operai stabili e 320 stagionali. Vi opera inoltre un importante laminatoio. Agli inizi del secolo vi esisteva una cava di pietra al 95% di puro quarzo. Parte della popolazione attiva da decenni trovò occupazione a Darfo e Costa Volpino. Consistente, specie nel passato, il flusso migratorio per la Svizzera, Francia e Belgio. Fra gli illustri gianichesi si può annoverare p. Zaccaria Fiorini da Gianico.


Parroci: Bertollo di Bergamo (4 novembre 1388); Bono di Angolo (nomin. in documenti del 14 marzo 1490); nob. Valerio Duranti di Palazzolo (già investito nel 1526); Valentino Enocchi di Cemmo (nel 1559 passò a Ono S. Pietro); Giambattista q. Bortolo Pelizzari di Santicolo (1556-1573); Girolamo Santicoli di Santicolo (1573-1577); Pietro Marzoli di Adro (1577-1580); Paolo Giorgi di Santicolo (1580-1581); Paolo Margherita di Coccaglio (10 maggio 1581-novembre 1618); Fiorino Federici di Gorzone (12 gennaio 1619-5 dicembre 1633); Francesco Mombelloni di Gianico (1634-21 dicembre 1665); Stefano Perotti di Vione (3 marzo 1666-21 giugno 1676); Giov. Maria Bressanelli o Brescianelli di Sellero (6 agosto 1676-26 gennaio 1707); Pietro Poiatti di Artogne (15 aprile 1707-9 marzo 1738); G.B. Federici di Erbanno (18 settembre 1738-27 gennaio 1765); Bartolo Bertoni di Flaccanico (8 giugno 1765-22 ottobre 1794); Giuseppe Zanolo di Nigoline (8 gennaio 1795-7 giugno 1796); Giuseppe Codazzi bergamasco (12 settembre 1796-20 gennaio 1819); Faustino Cordigani di Capodiponte (6 luglio 1819-24 settembre 1838); Giovanni Fiorini di Gianico (10 marzo 1840-1850); Giuseppe Sbardolini di Sale M. (26 settembre 1850-16 giugno 1873); Pietro Antonioli di Gianico (6 settembre 1873-29 ottobre 1886); G.B. Ottelli di Piazze d'Artogne (1898-7 ottobre 1928); Santo Delasa (Gennaio 1929-10 maggio 1957); Giacomo Passeri (12 novembre 1957).