FENILI BELASI o BELLASI

FENILI BELASI o BELLASI (in dial. "I Finìi", in lat. Vici Belasi)

Frazione di Capriano a NO del cosiddetto monte Netto o collina di Poncarale-Capriano. È a 101 m. s.l.m., a 11 Km. da Brescia. Ecclesiasticamente è parrocchia congruata nella vicaria di Bagnolo Mella zona VIII, Bassa Centrale Ovest. I fenili sparsi nella zona, presero il nome di Bellasi, Belasi o de Belasis antica famiglia bresciana già presente nel sec. XII ed estintasi nel sec. XVIII. Rimane il dubbio se la famiglia abbia preso il nome dal luogo che a somiglianza del Bellasi trentino potrebbe essere nome simbolico di belagio. Fra le contrade principali, che fanno parte della parrocchia, oltre quella più specificatamente Fenili Belasi, esistono quella di S. Giorgio dei Gigli e di Fenili sparsi. Abitanti: 240 nel 1730, 450 nel 1904, 700 nel 1925, 700 nel 1934, 700 nel 1938, 952 nel 1950, 952 nel 1955, 905 nel 1965, 815 nel 1969, 815 nel 1978.


La dedicazione dalla chiesa parrocchiale alla S.S. Trinità, invocata particolarmente dai pellegrini, indica l'esistenza in un luogo di remotissimo istituto di assistenza per quanti guadavano il fiume Mella, a piedi o con barca che serviva da traghetto o da bina. La denominazione chiaramente rurale, forse già in uso nel sec. XIII, comparve solo in documento del sec. XV. La località venne bonificata dai monaci benedettini del monastero di S. Pietro in Monte Orsino di Serle, che possedettero il latifondo monastico che si stende a N del Monte Netto, tra i Fenili, Flero e Poncarale. Ai monaci di Monte Orsino subentrarono i canonici di S. Giorgio in Alga, che risiedevano allora nel convento di S. Pietro in Monte Oliveto in Castello, i quali probabilmente, edificarono il gruppo di cascine rurali denominato S. Giorgio, che costituirono i primi Fenili, ai quali si aggiunsero poi un gruppo di case lungo la strada provinciale e all'interno, intorno alla chiesa. Il nome di Fenili rimase a tutta la frazione anche se poi composta di case civili. I Belasi continuarono bonifiche e miglioramenti iniziati dai monaci e si dedicarono poi al commercio e all'industria. Nel sec. XVI i Belasi eressero in mezzo alla loro proprietà una casa che venne poi trasformata più volte fino all'attuale forma acquisita nel sec. XVIII. Passata in eredità ai nob. Pontoglio, dopo vari trasferimenti giunse nelle mani della famiglia Bertazzoli. La villa ha una facciata semplice che dà su una strada privata, con portico a sette campate, con archi sostenuti da pilastrini in pietra bugnata e un balcone in ferro battuto. Un cancello con pilastri dà dal giardino sui campi. Quasi di fronte alla villa un bel portale del sec. XVII portava nel brolo cintato. Nel 1517 Pier Vincenzo Bellasi denunciava all'estimo possedimenti di 80 piò "nella contrada deli Fenili di Bellasi" esente di imposte ecc. Aveva l'obbligo di mantenere il cappellano della chiesa della S.S. Trinità. L'esistenza della chiesa è pure confermata da documenti del 1540. Già dunque nel sec. XVI esisteva, una chiesetta in luogo "pressoché romito" dove però risiedeva di solito un sacerdote. Il 15 aprile 1603 il vescovo Marin Giorgi confermava ai Bellasi "il libero e assoluto possesso e dominio della chiesa di Fenili", concedendo però anche ai Pedrocca di potervi fare celebrare messe. I Bellasi e più precisamente la signora Ortensia Bellasi sposa a Baldassarre Gigli da una parte e Giovanni Paolo Bellasi dall'altra convenivano il 27 maggio 1699 circa il mantenimento di un cappellano istituendo appunto una Cappellania che permetterà di mantenervi un sacerdote dedito alla cura d'anima. La Cappellania veniva riconfermata dal nob. Giovanni Paolo Bellasi con testamento del 24 maggio 1710. Il 3 marzo 1731 i nob. Arici e Pontoglio chiedevano di erigervi un convento di Francescani minori riformati trovando nell'arciprete di Capriano, nei nobili Bocca, una certa disponibilità tanto da spingerli a creare un loro Procuratore Generale. Ma la popolazione si dichiarava contraria assieme al parroco di Capriano. La Cappellania prese consistenza anche per l'acquisto il 15 marzo 1731 da parte di Sigismondo Arici che dispose assieme ad un possedimento lasciato all'Ospedale maggiore annessi obblighi verso la Cappellania. Con il rafforzamento della cappellania anche l'idea del convento tramontò. Il 4 novembre 1742 il parroco di Capriano permetteva di erigere una nuova chiesa. Il 9 agosto 1745 il conte Lorenzo Gigli q. Baldassare chiedeva di poter erigere nella nuova chiesa altari alla Madonna di Caravaggio e a S. Antonio da Padova dotandoli di cinque scudi l'anno. Esistono le cappelle del Crocefisso nel Cimitero, di S. Giorgio di proprietà Toninelli, di S. Giuseppe di proprietà Mainetti. L'aumento della popolazione, si verificò specialmente durante il sec. XIX e impose nuove strutture per la vita religiosa. Nel 1844 restauro della casa del cappellano. Nel 1850 gli abitanti dei Fenili richiamarono l'attenzione del vicario foraneo sulle crescenti esigenze di una loro autonoma. Il patronato sulla chiesa rimase però ai Pontoglio che cercarono di venderlo nel 1868 al Cavalli, superato però il tentativo di soppressione del beneficio, i Pontoglio continuarono ad amministrarlo. Con atto del 24 maggio 1902 la Cappellania di patronato diventava cappellania sussidiaria della parrocchia di Capriano, grazie alla rinuncia dei patroni. Era questa una premessa per nuove pressioni per l'erezione di una rettoria indipendente con la possibilità di celebrarvi battesimi, matrimoni, funerali e con tutte le facoltà parrocchiali, la cui richiesta venne avanzata l'8 giugno 1904, con l'appoggio del sindaco Achille Pontoglio. Ma solo un decreto vescovile del 13 novembre 1934 finiva con lo staccare la chiesa curaziale della S.S. Trinità di Fenili erigendola in parrocchia di libera collazione. La chiesa parrocchiale quale è descritta da S. Guerrini presenta attualmente un aspetto settecentesco e venne restaurata all'interno intorno al 1740, forse da maestranze comasche, mentre la facciata si deve collocare dopo il 1760. La sistemazione settecentesca sfruttò però le vecchie strutture dei primi anni del Cinquecento e ciò è testimoniato dall'esistenza dei due altari laterali appoggiati ai piedi dell'arcone trionfale, parallelamente all'altare maggiore. Questa disposizione sparì completamente tra il '500 e il '600 ed è quindi chiaro indizio di una struttura preesistente più antica inglobata nella nuova costruzione. Già nella visita pastorale Bollani si trovava un accenno a questi due altari che dovevano essere tolti o rimessi in buono stato. La chiesa cinquecentesca doveva avere delle dimensioni abbastanza vaste; trasversalmente doveva essere larga come adesso longitudinalmente presentava forse due campate tagliate da un arco traverso, forse a sesto acuto; il soffitto doveva essere a travi a vista. Sull'altare maggiore è posta una bella tela, di autore forse non bresciano, assai deperita e bisognosa di restauri, della metà del '700, raffigurante la Trinità. Il paliotto dell'altare è del '700, in legno, pesantemente ridipinto in epoca recente e bisognoso di restauro. Nell'abside è posto un bel coro settecentesco in legno scuro. Sulle pareti del presbiterio sono collocate due belle tele del '700 raffiguranti due Santi guerrieri, forse i S.S. Emiliano e Tirso venerati nella vicina Pontegatello. Sull'altare di sinistra è posta una tela pregevole settecentesca raffigurante S. Giovanni Battista tra i S.S. Carlo Borromeo e Antonio da Padova. Ai piedi di S. Carlo si intravede lo stemma dei nobili Arici. Sull'altare di destra c'è un affresco, datato in basso a sinistra 1618, raffigurante La Madonna con il Bambino e S. Giuseppe adorati da un devoto. L'affresco fu purtroppo ripassato e appesantito recentemente, ma sono buone le figure di S. Giuseppe e dell'offerente. Questi tre dipinti sono incorniciati da eleganti e sottili cornici in legno dorato del '700, tutte della stessa mano; evidentemente furono sistemate contemporaneamente in quell'epoca dove si trovano attualmente. I paliotti dei due altari laterali sono della metà del '700 con semplici specchiature in breccia viola circondate da profili in marmo di Carrara. Questi paliotti vennero sovrapposti ai precedenti, secenteschi, in marmo rosso di Verona, che ancora si scorgono lateralmente. A metà navata, sopra la porta laterale, è posto un debole dipinto del '700 raffigurante Gesù flagellato alla colonna. Nella controfacciata è posta una stupenda cantoria settecentesca in legno laccato e dipinto ad imitazione del marmo, forse dello stesso artista che scolpì la mensa dell'altare maggiore. In basso, ai lati della porta, sono due bei confessionali in legno scuro, del '700, dello stesso intagliatore del coro, con nelle cimase le figure ad intaglio della S.S. Trinità e dello stemma Arici. La facciata si articola in due ordini, scanditi da lesene, e divisi da un classico frontone a triglifi e metope. La porta d'ingresso è decorata da un portale marmoreo semplice, di disegno marchettiano, da collocarsi dopo il 1760. Sul timpano è posta una bella statua a mezzo busto, in marmo, della fine del '500, raffigurante il Padre Eterno. Nell'ordine superiore si apre una finestra centrale dalla movimentata cornice in muratura. Le stazioni della via Crucis vennero concesse il 23 maggio 1782. L'organo venne costruito nel 1886 da Prospero Foglia di Palazzolo s.o. Il campanile è una bella struttura della metà del '700, evidentemente ispirato a quello della parrocchiale di Capriano, ma meno slanciato. Un gruppo di giovani animati dal parroco don Antonio Rossi organizzando motocross, rivendite di angurie ecc. realizzarono nel 1973 una sala giochi, cui seguirono poi una casa dei giovani e una cooperativa che eresse un villaggio. Fra i cappellani: Andrea Pedrocca (1727), Pietro Girelli, Bortolo Pasolini, Giuseppe Zandonini (10 maggio 1904), Giuseppe Trainini (22 maggio 1922), Antonio Tobia (10 luglio 1925). Parroci: Tobia Antonio (26 nov. 1935 m. 16 maggio 1959), Rozzi Giovanni (10 giugno 1959 - 1966), Rossi Antonio (16 nov. 1966).