FENAROLI Bartolomeo o Bortolo

FENAROLI Bartolomeo o Bortolo

(Brescia, 1796 - Passirano 1869). Di Gerolamo, fu educato nel collegio Tolomei di Siena. Ancora giovane fu chiamato a far parte del consiglio comunale, nel 1829 venne eletto podestà di Brescia carica che tenne fino al 1838. La polizia nel 1831 lo definiva "fornito di savi principi e di non finto attaccamento alla casa regnante" Si segnalò per l'abilità amministrativa e per l'opera generosa che prestò durante il colera, durante il quale si chiuse con la moglie nel lazzaretto. Grazie a ciò l'Imperatore lo nominava cavaliere della Corona ferrea e suo ciambellano e più tardi consigliere privato e, col fratello, conte dell'Impero, anche per la sua discendenza. Il suo nome venne scolpito in una lapide sotto la Loggia. Fu per molti anni deputato provinciale. Nel 1848 fu capitano della Guardia Nazionale e consegnò tutta la sua argenteria al Governo provvisorio. Rappresentò molto spesso la città nelle circostanze più solenni. Nel 1859 si ritirò dalla vita pubblica nella sua villa. Nel 1824 aveva sposato la nobile Beatrice Maffei, nipote del principe Andrea Erizzo, da cui ebbe tre figlie e un figlio. Nel 1847 sposò la Contessa Paola Avogadro unica figlia ed erede del conte Girolamo e della Contessa Clara Melzi. Grazie al patrimonio della moglie diede notevole incremento a quello della sua famiglia, per cui i suoi discendenti aggiunsero al loro cognome quello degli Avogadro. Dei suoi figli si distinsero Giuseppe Girolamo, Federico. Si distinse per essersi dedicato alla cura dell'ulivo e della macerazione del frumento con metodi nuovi. Scoprì nelle sue proprietà di Iseo la torba, e se ne servì per i fornelli del proprio setificio. Le sue esperienze e i suoi esperimenti espose in dotte relazioni all'Accademia di Agricoltura, della quale fu anche presidente. Della sua gradevolissima conversazione fa cenno Vincenzo Rosa nelle "Memorie dalla mia nascita nel 1750 sino all'anno 28 e mezzo della mia età", Fu amico di scienziati e Socio dell'Istituto di scienze di Bologna, ebbe incarichi importanti. A lui p. Scarella dedicava uno dei suoi volumi del trattato di fisica generale. Pubblicò: "Orazione" in Componimenti poetici degli Erranti a S. E. Marin Antonio Cavalli Capitanio Vice podestà nel suo ingresso alla detta carica (Brescia, Vendramino 1747 in 4°); " Sonetti" in diverse raccolte del suo tempo. Lasciò manoscritti: " "Discorso sul metodo migliore di far l'olio d'ulivo"; "Discorso accademico sulla torba scoperta in vicinanza d'Iseo"; "Discorso matematico e politico contro la proposta del canale navigabile dal Serio all'Adige"; "Discorso sopra la moneta in occasione degli abusi introdotti nel corso delle valute di qua dal Mincio. "; "Elogio di Giacomo Briò, così detto dalla natia sua terra, contadino sagace, diligente agricoltore, e buon padre di famiglia"; recitato nell'"Accademia Agraria"; "Lettera sopra le macerazioni del frumento"; "Lettera che impugna l'opera intitolata: Analisi delle prescrizioni di Tertullino dell'ab. Pietro Tamburini".