EVERARDI Angelo
EVERARDI Angelo
(Brescia, 5 agosto 1647 - 1678). Pittore. Detto il Fiammenghino, perché figlio di un Giovanni "Maestro di ruote di archibugio" originario di Settart in Fiandra, e di Vittoria sua seconda moglie. Fu dapprima allievo del fiammingo Jean de Herdt, e dopo la partenza di questi per Vienna, a quindici anni, di Francesco Monti, detto il "Brescianino delle battaglie". Studiò poi a Roma specialmente le battaglie del Borgognone. Dopo due anni tornò a Brescia, dovendo sostenere la famiglia (madre e sorelle essendo rimasto orfano di padre a 10 anni). L'Orlandi sostiene che l'Everardi "portò via tutta la maniera e il colorito" del Brescianino, che secondo alcuni "avrebbe superato" e si sarebbe accostato "all'eccellenza del Borgognone; se fosse più a lungo vissuto". In verità l'Everardi dipinse sicuramente quadri di battaglia, ma nessuno gli è attribuito di sicuro. Così pure, pur essendo documentato come autore di "bambocciate" non è stata trovata, a detta di M.A. Baroncelli, opera sua di tal genere, firmata o sicura. Fu, comunque, maestro di Faustino Bocchi, appunto autore conosciutissimo, di bambocciate. La stessa Baroncelli esclude che sia autore di una grande pala del secondo altare a destra che si trova nella chiesa di S.Giovanni Evangelista (raffigurante la "Crocifissione dei diecimila Martiri sul monte Ararat') a Brescia e sostiene che l'unica opera certa è una piccola stampa firmata contenuta nel libretto "Il glorioso martirio delli diecimila soldati crocifissi sul Monte Ararat nell'Armenia già posta in luce da P.D. Floriano Canali, hora ristampato ad istanza delli molto R.R. P.P. Canonici di S.Giovanni di Brescia" (Brescia, Rizzardi, 1674). Sebbene ripeta il soggetto del quadro, la stampa non è assolutamente la riproduzione dello stesso. "La scena" della stampa, scrive la Baroncelli, "è ricca di movimento (...), il segno tutto vibrazioni si confà bene alla scena concitata; vivace è pure il contrasto tra luci ed ombre...". Disperso é un "S.Nicola che scaccia gli spiriti maghi da una donna" che Francesco Paglia scriveva, nel 1686, esistere in S.Barnaba e che cita come opera di Angeletto Fiamenghino.