ERCOLANO, S.

ERCOLANO, S.

Incerta la cronologia e la collocazione nella gerarchia della chiesa bresciana. Il Faino pone S.Ercolano tra il 552 e il 12 agosto 576; il Gradenigo circa il 570, il Brunati verso la metà del secolo VI; il Barchi riporta le due date del 552 e 588; l'Onofri dà il 581 circa; il Savio ipoteticamente il 536-552; il Guerrini circa il 536 e gli Annuari Diocesani il 555-580. S.Ercolano, comprendendovi S.Anatolio, è il diciannovesimo vescovo di Brescia tra i SS.Cipriano e Onorio. Il Faino lo pone ventunesimo nella serie; il Gradenigo il Brunati, il Barchi, l'Onofri e gli Annuari Diocesani diciannovesimo; il Savio, il Lanzoni e il Guerrini diciottesimo. La leggenda di S.Ercolano, ritenuta perduta dai Bollandisti, fu ritrovata dal prof. Florio Banfi nel codice cartaceo n. 1622 ff. 59-62 del XV secolo e deriva probabilmente da un Passionario romano del sec. II. Due sono i racconti biografici molto tardivi del Santo, intessuti di moltissimi elementi fantastici. Dallo scarso valore critico di queste fonti, nulla risulta quindi di certo sulla vita e la cronologia del Santo; tanto meno poi che sia stato abate o anche semplice monaco benedettino di Leno, perché quella potente abbazia che fu il primo monastero benedettino bresciano, non sorse che due secoli dopo, nel 750 per opera di re Desiderio (oppure, secondo altri autori nel 762) e neppure si comprova che la salma del Santo, contesa tra i vari paesi finitimi di Campione, sia stata affidata a una barca senza remi e senza guida e che abbia potuto approdare prodigiosamente a Maderno. Più probabilmente Maderno, che fino al 1377 e quindi assai anteriormente a Salò, fu a capo della Riviera prima con un podestà e poi con un vicario, avrà rivendicato a sé quel sacro deposito più d'autorità che per prodigio. Anche il Brunati ne tracciò la vita in due pagine di testo e sette di note, però tutto quello che si può dire è che si pensa che S.Ercolano abbia pontificato verso la metà del secolo VI, e per un periodo che la tradizione vuole di ventisette anni. La morte l'avrebbe raggiunto in Campione, e cioè su quel banco di deiezione, creato nei millenni dal torrente Tignazzo, trascinando detriti montani dalla precipite forra di S.Michele, tra Gargnano e Limone. Quell'istmo, ora fervido di opifici e per turismo, era allora isolato nella selvaggia solitudine. "Là notava Marin Sanudo nel suo "Itinerario" del 1483 - è un buso in asperrimo et piccollo (a picco) con una portella di pietre cote, nel qual l'heremita S.Herculiano refudando li doni del mondo, habandonando Brexa ivi si vixe et morì". Forse quella grotta remota e quasi inaccessibile come lo speco di Subiaco che però a quel tempo doveva, secondo i geologi, essere al livello del lago e non in alto come vediamo ora - era sede abituale di qualche eremita, dei quali uno sarebbe stato S.Ercolano, portatovi - se si accetta la cronologia del Savio e del Guerrini - circa il 536 da un richiamo ascetico frequente a quei tempi, oppure sospintovi dalla persecuzione imperversante nella diocesi, devastata dai barbari eccessi dei Goti arrabbiati ariani, che la desolarono trucidandone le popolazioni.


La leggenda più diffusa riguarda il trasporto del corpo del santo vescovo, conteso dalle popolazioni gardesane subito dopo appresa la notizia della sua morte. Per troncare le diatribe si decise di porre la salma su una barchetta e di abbandonarla al capriccio delle onde del lago, obbedienti in ciò alla volontà di Dio. Il giorno appresso la barchetta approdò al porto di Maderno, fra la grande esultanza della popolazione che la pose nella basilica di S.Andrea. A ricordo del fatto oggi sul molo di Maderno una lapide dice: "In omaggio a religiosa tradizione locale viene conservata questa pietra segnante l'antico approdo". A riconferma della destinazione della salma a Maderno un'altra tradizione vuole che essendo stata trafugata la salma dai Toscolanesi, i Madernesi corsi a riprendersela, avendo trovato nel ritorno il fiume Toscolano in paurosa piena, le acque si quietarono d'improvviso e si aprirono al passaggio delle reliquie. Il culto del santo è attestato da sette antichi calendari manoscritti (dal sec. XIII al sec. XV) e dalle antiche litanie monastiche raccolte in un codice del sec. X edite da p. Giuseppe Bianchini. Gli è dedicata la parrocchiale di Campione. Il 6 luglio 1466 la Magnifica Patria lo eleggeva a particolare protettore della Riviera di Salò istituendo come festa di precetto il 12 agosto che venne approvata dal vescovo di Brescia Marin Giorgi e dal vescovo di Verona Sebastiano Pesaro nel 1647. La festa decadde con la caduta della Repubblica Veneta. Il culto riprese vigore nel 1836 e nel 1855 in occasione di due epidemie di colera. Nel luglio 1836 su invito dell'arciprete di Maderno venne fatto voto di erigere un monumento davanti all'antica basilica di S.Andrea. Scomparso il morbo entro un mese dal voto, questo venne sciolto con la commissione del monumento allo scultore Cesare Nesti che lo realizzò entro il 1858 nel qual anno il 25 luglio venne posto e il 12 agosto venne benedetto dal vescovo Ferrari (v. Maderno). Nella epidemia di colera del 1855 i Madernesi fecero voto di una preziosa bandiera ricamata dalle Ancelle della Carità di Milano. A Maderno S.Ercolano viene ricordato ogni anno il 12 agosto anche con una settimana di cerimonie liturgiche, luminarie, fuochi d'artificio (detti fuochi di S.Ercolano) e con concerti ecc. Le reliquie vennero dapprima conservate sul romitorio Campione per cura della Badia di Leno che ne era divenuta proprietaria. Sul luogo venne eretta una cappelletta esistente nel 1283. Da Campione le reliquie forse per iniziativa dei Monaci di Leno vennero trasportate (secondo il Brunati prima del 1022, secondo il Gradenigo nel 1286) a Maderno, e raccolte in un'arca marmorea nell'antica pieve, sventando un tentativo dei Toscolanesi di avere essi le reliquie. Le reliquie vennero più volte riesumate e distribuite tanto che nel 1486 il vescovo Paolo Zane trovò nell'arca solo tre ossa che depose in un sarcofago romano di Cesia Festa, moglie di Minucio Macro che venne collocata in mezzo alla chiesa e coperta da una mensa, chiusa in grate e cancelli per impedire ruberie (v. Maderno). Una nuova ricognizione compì S.Carlo il 13 agosto 1580, che provvide a far scalpellare dal sarcofago le figure pagane. I madernesi eressero poi al Santo un altare dove, dopo una nuova ricognizione il 10 maggio 1587, le reliquie vennero riposte, collocate in una nuova urna di marmo. Il 26 ottobre 1825, previa una nuova ricognizione da parte del vescovo Nava, le reliquie vennero collocate nella nuova parrocchiale sull'altare dedicato al santo, adorno di una tela di Paolo Veronese. L'ultima urna in cui vennero riposte il 12 agosto 1863, venne donata dai coniugi Antonio e Paola Brunelli.