CONFRATERNITA dei Bresciani in Roma

CONFRATERNITA dei Bresciani in Roma

Nata in epoca imprecisata, ebbe la sua sanzione ufficiale il 6 novembre 1569 in una riunione in Roma in casa del card. Giovanni Francesco Gambara. Oltre al card. Gambara tra i promotori si nota il nob. G.B.Averoldi, il notaio pontificio Dusina, i ricchi mercanti d'armi Stefano Paris e Gerolamo Franzini, i monsignori Gerolamo Monti e Gerolamo Martinengo Cesaresco, il tipografo e libraio Marco Amadori, il nob. Maffeo Cozzano ecc. Scopo dei promotori della Confraternita, confermata con Bolla di Gregorio XIII dell'11 giugno 1576, con indulgenze particolari fu quello che la "religione indirizzasse e santificasse il patrio affetto dei Bresciani residenti in Roma". La Confraternita comprendeva una compagnia maschile primaria sotto la protezione dei SS. Faustino e Giovita ed una femminile sotto quella di S.Anna. Gli statuti stampati nel 1594 prevedevano la preghiera in comune e funzioni religiose (tra cui solenni quelle del 15 febbraio, festa dei santi patroni); gli uffici di "procuratore" per la tutela gratuita degli interessi della Compagnia e dei poveri in Roma presso qualsiasi tribunale, di "medico" per l'assistenza agli ammalati. In più la Confraternita provvedeva a seppellire e a suffragare i defunti e a curare i loro interessi in Roma a favore della Confraternita. Inoltre si adoperava a conciliare le liti insorte tra i bresciani in Roma, a mantenere gli orfani bresciani d'ambo i genitori e a distribuire doti per le zitelle. Venivano considerati come appartenenti alla "nazione bresciana" non solo i nativi di Brescia ma anche le due successive generazioni. Sacro dovere dei confratelli era anche l'ospitalità ai pellegrini bresciani. Per essi veniva istituito un ospedale e un ospedaletto (forse per gli infettivi). Nel 1575 la Confraternita ebbe come sua sede una cappella curiale di stile corinzio annessa all'incompiuto palazzo di Giustizia edificato in via Giulia dal Bramante per conto di Giulio Il. Dedicata ai S.S.Faustino e Giovita venne benedetta il 15 maggio 1578 e rifatta alla fine del sec. XVI. Alla Confraternita concesse indulgenze Paolo V. Protezione ebbe da Urbano VIII e da altri pontefici. La Confraternita aveva come protettore un Cardinale ed era retta da un primicerio, scelto un tempo tra prelati o patrizi bresciani, da un priore che presiedeva le adunanze, da tre guardiani o custodi assistiti da quattro consiglieri con voto deliberativo. Tutti i componenti rimanevano in carica per un anno. Alla scadenza del mandato dovevano rendere conto del proprio operato a due sindaci nominati dai confratelli. Molti bresciani elargirono sostanze alla Confraternita, che permisero l'abbellimento della chiesa e il potenziamento dell'assistenza e dell'attività in genere. Superati i momenti difficili del periodo napoleonico, la Confraternita riprese vigore sotto il Pontificato di Pio VII per entrare in crisi dal 1830 in poi. I soci diventarono sempre meno numerosi, e l'attività si andò riducendo fino a quando si estinse praticamente nel 1860. La chiesa venne poi alienata e demolita nel 1888 e la Confraternita venne soppressa dalla legge Crispi. Un Comitato di Bresciani residenti a Roma si costituì in comitato per succedere alla Confraternita. Ne nacquero polemiche vivaci in cui vennero coinvolti gli onorevoli Giuseppe Zanardelli e Ulisse Papa. Al regime commissariale subentrò una nuova fondazione che prese il nome di Opera Pia dei Bresciani (v. Opera Pia dei Bresciani in Roma) retta da un consiglio nominato dalla Amministrazione Provinciale di Brescia e soggetta all'autorità tutoria della Prefettura di Roma. Ne furono protettori oltre il card. Gambara, il card. Agostino Valier, il card. Pietro Ottoboni, il card. Giuseppe Vallemano, il card. Casali, il card. Calini, Carlo Rezzonico, mons. Pianetti, il card. Mattei, patriarca di Antiochia, il card. Zacchia, il card. Pietro de Silvestri, il card. Raffaele Monaco La Valletta.