CAPOVALLE

CAPOVALLE (in dial. Capoval, in lat. Hani)

Paese dell'alta Valsabbia ai confini con la Valvestino. Si trova a 933 m.s.m. su un pianoro dominato dalle cime di monte Stino e Manos le cui pendici lo raccolgono come in una conca ricca di erbe aromatiche, frutta e grani. E' a 53 Km. da Brescia, ha una superficie comunale di 23,07 Kmq. Il comune è composto delle frazioni di Zumie, Vico e Vie. Al centro stanno la chiesa dedicata a S.Giovanni Battista, il municipio e le scuole. Abitanti (capovallesi): 511 nel 1609, 410 nel 1657, 730 nel 1861, 741 nel 1864, 745 nel 1871, 732 nel 1881, 877 nel 1901, 840 nel 1911, 762 nel 1921, 704 nel 1931, 656 nel 1938, 717 nel 1951, 563 nel 1961, 609 nel 1971 (con 190 famiglie, 313 maschi, 296 femmine, 62 add. all'agric., 184 ad altre attività). Fino al 1907 il paese si chiamò Hano (v.) e cambiò il nome in Capovalle grazie al R.D. del 27 ottobre, conclamato da delibera comunale del 16 giugno dello stesso anno dal sindaco Pietro Lombardi e dal segretario Bartolomeo Pialorsi. Il rinvenimento sul versante occidentale del Monte Manos di una selce, nonostante il carattere sporadico, può confermare la presenza nella zona di uomini preistorici e più precisamente del periodo Eneolitico. La scoperta poi rapportata ad altri rinvenimenti potrebbe confermare l'esistenza di un sentiero preistorico da Campione sul Garda a Tremosine al passo Nota fino al villaggio palafitticolo di Ledro. Le sue strade furono conosciute fin dalla preistoria, e poi percorse, per secoli, da mercanti e contrabbandieri, eserciti e banditi. Ha scritto il Vaglia: "Quassù vissero guardinghe alcune tribù degli Stoni, perseguitate dai Romani; di qui passarono nel medioevo i soldati del Barbarossa (1162) e del Piccinino (1437-1439); poi i lanzichenecchi del Frundsberg (1527) e i fanti di Napoleone (1796); finalmente i bersaglieri del Durando (1848-1849), i cavalli del Cialdini (1859), le camicie rosse di Garibaldi (1866). Il paese, caduto l'impero romano fece parte dell'arimannia longobarda che si estendeva dal Maniva a S.Pietro di Salò; quindi alla quadra vescovile di Bagolino. I Visconti di Milano (1385-1426) lo inclusero nella quadra di Valle Sabbia; il governo di Venezia (1426-1797) lo aggregò alla quadra di Montagna della Riviera dai Salò (3); la repubblica cisalpina nel 1798 lo fece frazione di Idro, dal quale ottenne la separazione col governo di Vienna, e tale rimase nell'ordinamento amministrativo del Regno d'Italia pubblicato nel 1868. Il comune ebbe a trascorrere decenni sereni sotto il dominio della Veneta Signoria, che vi estese i provvedimenti del Doge per effetto delle ducali 18 settembre 1440, 16 marzo 1449, 28 maggio 1557, e 1 febbraio 1612, intese ad esentarlo dal pagamento dei dazi sullo scambio delle merci e dall'obbligo di alloggiare milizie. Spettava al comune eleggere gli amministratori delle opere pie. Con testamento 7 gennaio 1743, del notaio Giovanni Martini, certo Nicola Capelletti qd. Antonio istituiva una cappellania specialmente a beneficio della frazione Zumie e la fabbriceria amministrava il patrimonio per la distribuzione del sale agli originari. Due leggende si richiamano alla vita religiosa di Capovalle: l'una afferma che la prima chiesetta cristiana sorse sul sacello del sanguinario Saturno; l'altra che papa Alessandro III per fuggire alla minaccia del Barbarossa, dopo essere passato per Bovegno, Marmentino e Mura, sia rifugiato a Capovalle, ove concesse a quella chiesa e alla limitrofa pieve di Valvestino il Perdono. Ecclesiasticamente dipendente dalla pieve di Idro, il paese si emancipò e divenne parrocchia autonoma verso la metà del sec. XVII. La primitiva cappella quattrocentesca fu sostituita dall'attuale chiesa, sempre dedicata a S.Giovanni Battista edificata dal 1724 al 1731 dai milanesi Cristoforo Borri e Domneico Pedazzi grazie all'iniziativa coraggiosa del parroco don Gerolamo Bernardi di Gargnano. Venne poi consacrata nell'ottava di Pasqua del 1748. La chiesa parrocchiale è stata ampliata e restaurata verso la fine del sec. XIX per iniziativa del parroco don Giuseppe Rizzetti che fece riportare sulla facciata la dedica del Duomo di Milano: "Mariae Nascenti". Don Gaudenzio Squaratti la fece restaurare e la provvide di un nuovo concerto di campane. Ad una sola navata, di stile barocco è adorna di tre altari. Quello della Madonna ha una pala attribuita da qualcuno al Romanino, con figure di sposi, celebrante e assistenti che sembrano ritratti dal vero del sec. XVI. L'organo fu firmato il 7 agosto 1846 da Francesco Marchesini e restaurato nel 1942 da Armando Maccarinelli. La parrocchiale dedicata a S.Giovanni B. è ricca di opere d'arte. Nel presbiterio esiste una bella tela ad olio (2,50x1,50) raffigurante la nascita di S.Giovanni Battista attribuita al Celesti. Sopra la stessa sta un'altra tela ad olio (0,60x0,40) raffigurante il Battesimo di Gesù sempre attribuita al Celesti. Sul primo altare di destra vi è una tela ad olio (1,85x100) raffigurante i S.S.Antonio ab.; Rocco e Sebastiano di scuola veronese. Sul secondo altare a destra esiste una bella tela ad olio (1,80x1,20), raffigurante la Madonna Assunta attribuita anch'essa al Celesti. Sul I altare a sinistra vi è una tela ad olio (110x200) raffigurante S. Vincenzo Ferreri di ignoto. Sul secondo altare a sinistra una tela ad olio (100x150) raffigurante S. Lucia di ignoto. Ad autore veronese è attribuita la tela ad olio raffigurante il Battesimo di Gesù. Nella volta della chiesa esistono discreti medaglioni incorniciati da stucchi, raffiguranti "Gesù nell'orto", "Il Battesimo di Gesù", "Giovanni al Giordano" "Il Risorto di autore ignoto. Il presbiterio è stato invece decorato dal Vittorio Trainini nel 1958 con medaglioni raffiguranti il "Battista e discepoli" il "Buon Pastore", il "Battista ed Erode". Gli altari sono di marmi vari. Il maggiore ha una bella soasa del Boscaì. Altre soase barocche sono sugli altri altari. Le stazioni della Via Crucis sono del Lusetti (1952). Banconi, Banchi, confessionali sono di buona fattura settecentesca. Del '700 e '800 sono anche numerosi e bei candelieri. La chiesa ha anche bei paramenti. Molto venerata anche nella zona circostante è la Madonna del Rio Secco alla quale è stato dedicato su un poggio roccioso ad un'ora di strada dal paese verso il passo della Fobbia, un bel santuario. Una tradizione locale vuole che carbonai e mandriani, abbagliati di notte da una luce vivissima trovarono in tale località una immagine dolce e maestosa della Vergine. Dopo averla raccolta in una santella, crescendo la devozione e i pellegrinaggi fu tentata la costruzione di una chiesa più vicino al paese ma gli operai dalla sera al mattino e ripetutamente non trovarono i materiali adibiti alla costruzione, trasportati misteriosamente sul poggio di Rio Secco che fu scelto per la costruzione del santuario, già edificato nel 1715. Disadorno e angusto esso fu ampliato nel 1906 per iniziativa del parroco don Gaudenzio Squaratti e su disegno del geom. Marsilio Vaglia. Fu poi affrescato dal pittore G.Morzoni ed inaugurato da mons. Bongiorni il 15 agosto 1928. Le leggi sancite dalla Magnifica Patria di Salò definendo l'enfiteusi antica indivisibile e non affrancabile obbligavano a trasmettere ad un solo erede il fondo ridotto generalmente a bosco o a prato, e con esso la possibilità dell'allevamento diffuso del bestiame, reso più difficile dopo l'alienazione dei boschi comunali. Abrogate le leggi venete, anche Capovalle impoverì più che per l'eccessivo censo dei boschi, contrariamente a quanto si crede, per gli enormi balzelli e la tassa di successione, essendosi la proprietà frazionata tra famiglie prive di una ricchezza mobiliare. Soltanto negli ultimi decenni grazie alle rimesse degli emigranti anche Capovalle si andò evolvendo, rendendo più accogliente il paese, più evoluti i servizi pubblici. Venne anche posto un monumento ai caduti opera dello scultore Cirillo Bagazzi inaugurato il 9 agosto 1964 e rinnovata la sede municipale riaperta il 14 agosto 1966. Nel 1961 era stato inaugurato il nuovo e ampio asilo infantile. Il 6 agosto 1972, a grata testimonianza ai coraggiosi pionieri della rinascita economica di Capovalle venne inaugurato un monumento all'emigrante opera dello scultore Angelo Aimè. Povero economicamente (nel 1609 il Da Lezze nel suo catastico annota che i campi davano raccolti utili solo per tre mesi all'anno e che gli abitanti dovevano rifornirsi di grani al mercato di Desenzano) la popolazione visse di pastorizia, di produzione di carbone, di cacciagione (grazie all'abbondanza di cotonifici e lepri sul monte Stino). Nel 1807, assieme a Idro, Capovalle possedeva due mulini, esercitati da un solo mugnaio. Nuove esigenze spinsero la popolazione ad emigrare in massa. Ma le rimesse degli emigranti e l'alacre amministrazione pubblica hanno reso possibile un sia pur recente ma promettente sviluppo turistico che ha visto aumentata la ricettività, potenziata da parchi gioco al centro (1972) e nella frazione Vico (1974). Tale sviluppo è stato reso possibile dalla bella strada da Idro a Capovalle, costruita dalla amministrazione provinciale che ha creato anche possibilità locali di lavoro, e la strada che conduce a Monte Stino e ad i suoi stupendi pianori, in un non lontano domani aperti agli sport invernali. Altre possibilità sono offerte dal Mandoal da dove si domina il lago d'Idro. E già l'amministrazione comunale e lo Sci Club Capovalle si propongono la costruzione di una o più sciovie. Particolari attrattive offre al turista anche la pineta che ricopre l'intero versante dei Monti Manos e Carzen per circa 130 ettari, attraversata da stradette comode e da innumerevoli sentieri. Dista poco dall'abitato e la ricchezza di flora alpina e di aria pura e salubre è motivo peculiare di attrazione e meta preferita. Tradizionale a Capovalle è la "spongada" una specie di dolce nero preparato specie al ferragosto in coincidenza con la festa del santuario del Rio Secco.


Rettori-parroci: Bocchio di Manerba (1564 1567); Vincenzo Lusriano, veronese (1568 - 1568); Martino De Grandi (1568 - 1589); Gian Domenico Pulii detto Romano (1590 - 1594); Giovanni de Zanis (1594 - 1630); Zaccaria Zani (1630 - 1634); Benvenuto Beltrami di Hano (1634 - 1640); Bernardino Cappa di Vestone (1640 - 1678); Antonio Comparoni di Vestone (1678 - 1704); Giuseppe Ghirardi di Limone (1705 - 1715); Benedetto Frizza di Anfo (1715 - 1722); Girolamo Bernardi di Gargnano (1723 - 1753); Giovanni Zani di Eno (1753 - 1767); Simone Fucina di Hano (1767 1800); Giovanni Comincioli di Provaglio (1800 1835); Giovanni Massari di Treviso Bresciano (1836 - 1854); Bartolomeo Levrangi di Levrange (1854 1857); Giuseppe Rizzetti di Brescia (1857 - 1897); Cav. Uff. gaudenzio Squaratti di Paspardo (1899 1942); Giovanni Rota di Ponte Caffaro (1943 1953); Carlo Martinelli di Borgo S.Giacomo (1954 1960); Andrea Troni di Roccafranca (1960). Sindaci: Faustino Fucina (1907 - 1910); Pietro Lombardi (1910 - 1919); Attilio Graziotti (1919 1926); Podestà cav. Carlo Viani (1926 - 1930); Giuseppe Graziotti (1931 - 1945); Domenico Testa (sindaco della Liberazione) (1945 - 1946); cav. Felice Piccini (1946 - 1960); Giuseppe Lombardi (1960).