BROZZONI Camillo
BROZZONI Camillo
(Brescia, agosto 1802 - 24 gennaio 1864). Di antica famiglia cresciuta nel commercio. Fin da giovane si innamorò della arti belle. Rimasto orfano di padre e trovatosi in possesso di un grosso patrimonio diede inizio ad una serie di viaggi per tutta la Penisola e più particolarmente in Toscana, nel Lazio, in Campania e in Sicilia, che gli permisero di riunire un ricco bagaglio di cognizioni e di affinare sempre più il gusto artistico. Lunghe soste fece soprattutto a Firenze, Roma e Napoli, dove entrato in familiarità con il celebre Mercadante, si appassionò anche alla musica. Visitando raccolte private e studi di artisti e botteghe di antiquari riuscì a mettere assieme una ricca raccolta di quadri, statuette, bronzi, armi, stampe, libri, medaglie preziose, cammei, smalti, nielli, maioliche, monete, mobiletti, ecc., oggetti che sistemò nella sua casa di Brescia e che amava mostrare agli amici fra cui il Basiletti, il Vantini e molti altri. Più particolarmente il Brozzoni raccolse ben 135 monete greche ed italiche antiche (e tra esse 2 d'oro e 70 d'argento); 30 monete auree romane, 452 d'argento, 232 di bronzo, consolari e imperiali; 44 quelle bizantine d'oro, 10 d'argento, 102 di bronzo e, alcune, dei Crociati. Inoltre una collezione assai notevole per numero varietà e conservazione dei pezzi provenienti dalle varie zecche d'Italia: con monete (dall'età longobarda fino alla metà del 1800) uscite da ben 110 zecche diverse; fra cui la serie di quelle bresciane e venete. Facevano spicco il gran pezzo aureo di Galeazzo Maria Sforza; quello di Gian Galeazzo, di Bona di Savoia, di Ludovico il Moro e Luigi XII di Francia; più monete di Carlo V, dei Gonzaga, dei Medici, dei Farnese. Nella raccolta delle medaglie figurava una buona parte della precedente collezione che il Mazzucchelli aveva radunato per decorare la sua opera "Degli scrittori d'Italia", raccolta che il Brozzoni era riuscito parzialmente a salvare; inoltre più di 300 medaglie e medaglioni, dal XV fino al XVII secolo, e fra questi (per citarne alcuno fra i più preziosi) la medaglia col ritratto di Niccolò Piccinino del Pisanello; quella di Ludovico Gonzaga, dello stesso; quella di Sperandio di Mantova, con la figura di Marino Caracciolo. Fra i bronzi, una bellissima placchetta del Donatello (la Madonna col Bambino), un candelabro di arte tedesca, un calamaio di un maestro anonimo (il "maestro del drago"?), un "tritone" della bottega di Niccolò Roccatagliata. Notevolissima, poi, una placchetta d'argento (Cristo fra un giudice e uno sgherro), probabile opera di Alberto Durer. Altro notevole reparto era quello degli smalti e dei nielli, con placchette di Limoges rettangolari e polilobate, con i ritratti di Dante e del Petrarca e soprattutto con la famosa "Pace" proveniente dal monastero di Rodengo (forse opera di Giovanni Antonio da Brescia), a forma di edicola di elegante struttura architettonica con entro una commovente "Deposizione dalla Croce". Una collezione particolarmente ricca era quella dei vetri di Murano (ben 214 pezzi fra piatti, coppe, fruttiere, compostiere, guantiere, portafiori candelieri, bocce, fiale, ampolle, ecc.) di cui non si saprebbe ancor oggi se più ammirare la purezza delle forme, l'abilità tecnica del soffiato ("vero alito rappreso e tradotto in vetro") o la trasparenza, o lo stupendo colore, o le eleganti decorazioni in smalto. E, accanto a questi preziosi esemplari venivano ad affiancarsi stupende maioliche di Faenza, d'Urbino, di Castel Durante, circa una sessantina di pezzi di eccezionale bellezza; e oggetti d'avorio o di legno scolpito, fra cui un cofanetto di bosso, riccamente e fantasiosamente intagliato con figure a gran rilievo; ed armi con fini ageminature. Molti anche i libri preziosi. Tutta questa ricchezza egli lasciò con testamento del 23 gennaio 1863 al Comune istituendo un Legato intitolato allo scopo di "pensionare convenientemente giovani di buone speranze della città e provincia di Brescia che attendano agli studi delle belle arti". Il legato contava allora un reddito di 5000 lire. Il suo nome venne perciò inciso fra i benefattori della Biblioteca Queriniana mentre un busto marmoreo gli fu dedicato sotto il porticato della Pinacoteca Tosio Martinengo con le parole: A Camillo Brozzoni /il Comune /perchè più viva /colle sembianze /si serbi conoscente memoria /del lungo studio /e del gentile e splendido amore /onde accrebbe alla sua Brescia /i tesori dell'arte. Agosto MDCCCLXIV. Appassionato anche di scienze naturali e di studi di agraria il Brozzoni creò intorno alla villa che fece costruire dall'arch. Rodolfo Vantini nel suburbio di Brescia, vicino alla chiesa della Madonna dei custù un parco ricchissimo di piante anche molto rare.Nella villa nel 1848 egli ospitò e vi morì come ricorda una lapide il I luglio il marchese Carlo Alessandro Bisio. Anche la villa egli lasciò al Comune di Brescia, che ebbe il torto di lasciarla cadere nel più triste abbandono.