BONORIS Gaetano
BONORIS Gaetano
(Brescia, 21 gennaio 1861 - Montichiari, 19 dicembre 1923). Di Achille e di Marianna Soncini. Nella prima giovinezza viaggiò molto e studiò legge a Losanna. Si dedicò poi all'agricoltura. Il 29 marzo 1891 Umberto I lo insigniva del titolo trasmissibile di conte. Dal 1890 al 1900 il conte Gaetano restaurava l'antica rocca di Montichiari. Amico di Zanardelli, nel 1900 diventava deputato per il Collegio Elettorale di Lonato. In Parlamento partecipò a numerose commissioni e fu segretario della Camera. Nel 1893 faceva erigere il Ricovero di mendicità di Montichiari, più tardi, fece eseguire gli affreschi interni della Torre di S.Martino ed abbellire il Teatro di Montichiari. Con testamento del febbraio 1922 dispose, salvo un legato ad un suo parente, che l'intero suo patrimonio valutato allora varie decine di milioni fosse destinato alla fondazione di un ente in grado di sussidiare istituti di beneficenza nelle provincie di Brescia e Mantova specialmente per l'assistenza degli esposti dell'infanzia abbandonata e affidato alla sovrintendenza dei vescovi di Brescia e di Mantova. Con il reddito dei beni da lui lasciati, la Congrega della Carità Apostolica di Brescia diede vita nel 1928 alla Fondazione Bonoris che edificò un Quartiere che ebbe il suo nome e fondò un Istituto medico psico-pedagogico che ospita circa duecento ragazzi dai 12 ai 16 anni per cura e rieducazione. Morendo aveva lasciata erede universale di tutti i suoi beni la Congrega Apostolica di Carità di Brescia, fatta eccezione del Castello di Montichiari che legò al figlio terzogenito del nob. Federico Soncini, Ercole, con tutti i mobili, quadri e arredi. Quando tuttavia si procedette all'inventario si sarebbe scoperto, nascosto in un andito remoto dietro la cappella nella parte del castello dove nessun familiare veniva mai ammesso una cassaforte in cui si sarebbero trovate monete e gioielli per un peso che si disse di 35 Kg. e numerosi titoli di ogni taglio e di ogni paese per una somma ingentissima. Il testamento fu perciò impugnato dei fratelli Achille, Cesare ed Enea Sivelli Smania Bonoris, figli del generale Eugenio Sivelli e della contessa Elisabetta Smania a sua volta figlia di Amalia Bonoris, zia del testatore. Questi, sostenendo che il conte non era, al momento della compilazione del testamento, sano di mente, impugnarono il testamento. La causa si protrasse a lungo con clamorosi processi nel gennaio 1931 e si concluse soltanto con la sentenza della Corte di Cassazione del 5 dicembre 1947 - 20 febbraio 1948 che diede torto ai Sivelli assicurando definitivamente alla Fondazione Bonoris una somma di L. 62.990.348 (dieci centesimi) da dividersi in parti uguali fra le provincie di Brescia e Mantova. Grazie a tale eredità e soprattutto alle dicerie divenne proverbiale nel bresciano la locuzione "borsa di Bonoris" per indicare una ricchezza senza fondo.