TURBINI Gaspare Antonio

TURBINI Gaspare Antonio

(Brescia, 16 dicembre 1728 - 1801). Uno dei tre figli di Antonio (Marcantonio) Turbini (v.), sacerdote e come lui architetto. Studia nei collegi dei Gesuiti a S. Antonio e alle Grazie ed è un alunno prediletto di p. Federico Sanvitali, alla cui scuola si appassiona allo studio della matematica e delle scienze, diventando suo assistente di laboratorio nell'Accademia di fisica sperimentale e di meccanica dal Sanvitali istituita, nella quale, scrive il Fenaroli ("Dizionario degli artisti bresciani", p. 245), «componeva misure, faceva agire le macchine per tutte le esperienze». Spirito eclettico spende presto, come scrive sempre il Fenaroli, «la maggior parte del tempo nel miniare fiori e frutta sulla pergamena. Sotto la guida del pittore Antonio Paglia, oltre che disegnare figure, si diletta soprattutto nel dipingere paesaggi, rottami ed anticaglie d'architettura, delineando a matita, e colorendo all'acquarello ed anche a semplice inchiostro di china. Fece alcuni quadri in tela dipinti ad olio, ed altri coloriti semplicemente a tempra, i quali erano tenuti in pregio non solo presso i suoi concittadini, ma anco da' forestieri, avendone spediti molti in diversi luoghi della provincia e nelle città circonvicine, specialmente a Bergamo, a Venezia, a Milano e a Trento».


Ma soprattutto si dedica allo studio dell'architettura. Scrive ancora il Fenaroli che «appena avuti in qualche modo i rudimenti in essa da suo padre, si pose da se medesimo, senz'altro maestro o direttore, a studiarla leggendo di continuo gli autori di quest'arte ed esercitandosi quotidianamente a disegnare sulla carta varie idee di fabbriche di propria invenzione, procurando sempre d'imitare pezzi di buon gusto, cavando lumi da antichi monumenti. Negli anni avanzati, nei giorni più liberi, e particolarmente l'inverno, teneva aperta accademia privata in casa propria, insegnando a molti giovani l'architettura e le regole della prospettiva, accrescendo vieppiù le sue cognizioni e la pratica, mentre frequentava ogni giorno i collegi dei Gesuiti a S. Antonio e alle Grazie, e quello dei Padri della Somasca a S. Bartolomeo, dando pure in questi collegi lezioni d'architettura civile, militare, nautica, ed insegnando il disegno di paesaggio a diversi nobili convittori, alcuni dei quali riuscirono ottimi dilettanti. «Acquistossi non poco credito colle assidue sue fatiche, e divulgatasi la di lui abilità, ebbe molte commissioni per disegni e fabbriche di vario genere e perché nol comportava il suo carattere di sacerdote, non volle mai assumere impresa a suo carico; anzi, pe' molti suoi disegni e per la personale sua assistenza e direzione, contentavasi egli delle tenuissime ricompense avventizie, che, senza richiederle, gli venivano di quando in quando inviate».


Vestito a 18 anni l'abito clericale e ordinato poi sacerdote, si firmerà di preferenza come prete e architetto. Dallo stato delle anime della parrocchia di S. Giovanni lo troviamo nel 1751 abitante, con il padre Antonio e la madre Teresa, nella parrocchia di S. Giovanni. Ruggero Boschi ("Le alternative del Barocco", p. 87) rileva: «La cronologia delle sue opere è difficilissima, oltre a tutto perché condotte con estrema lentezza; si può comunque tentare di proporla sulla base dei dati trovati sinora e che sembrano sufficientemente attendibili». Secondo il Boschi avrebbe iniziato la professione alla morte del padre (1756) completando i particolari (cancellata) del palazzo Lechi di Montirone. Altri gli attribuiscono nel 1750 il progetto della parrocchiale di Preseglie. Sembra che fra le prime sue opere da lui dirette siano da rilevare il santuario della Madonna della neve di Adro e la chiesa parrocchiale di Preseglie (dove ripete i moduli di A. Corbellini) ascrivibili al 1760 circa. Inoltre porta a termine i lavori della chiesa parrocchiale di Gussago su disegno del Massari. Ugo Vaglia gli attribuisce anche il progetto delle chiese di Mura e Vobarno. Nel 1761 lavora alla chiesa di Montirone, nel 1762 a quelle di Palosco e ancora di Montirone e incomincia la chiesetta della Madonna del Patrocinio sui Ronchi di Brescia, completata nel 1773.


È del 1764 la collaborazione del Turbini alla costruzione della Loggia che fu all'origine di una dura polemica fra lui e il Vanvitelli. Rispondendo infatti all'appello del Municipio di Brescia presentava alcune idee per stabilizzare la Loggia da gran tempo inservibile, ripromettendosi di svilupparle in seguito. Infatti nell'aprile 1769 presentava nuovi progetti tra i quali una sala ottagonale. Senonchè nel frattempo era stato interpellato l'architetto Vanvitelli, il quale, dopo un sopralluogo, accompagnato dall'allievo Piermarini, venne a sua volta incaricato di presentare un suo progetto che risultò, a parere del Turbini, una rielaborazione del suo, in parte migliorato ed in parte peggiorato. Alle proteste del Turbini il Vanvitelli si difenderà dicendo di averli appena sfogliati giudicandoli infantili e di non averne riconosciuto l'autore perché siglati solo con le iniziali G.T. Ma come ha rilevato Franco Robecchi ("Ma di chi è la cupola?" in Bresciaoggi, 24 gennaio 1984) dal catalogo della mostra dedicata al Piermarini e al suo tempo, a Foligno, che pubblicava una tavola segnata G.T. i disegni del Turbini erano stati affidati dal Vanvitelli al Piermarini che proseguì l'intervento sulla Loggia: «il bel disegno pare confermare l'autenticità della versione protestata dal Turbini. Egli affermava di aver progettato una cupola ottagona che presumibilmente si riferisce a un salone ottagonale sottostante e il disegno ne dà prova».


Come scrive R. Boschi: «...attorno al 1765 gli può essere attribuito il palazzo Ferraroli a Santa Croce, con quadrature dello Zanardi e del Gandini e affreschi dello Scalvini (1772); pure qui continua uno stanco stile barocchetto, anche nella cancellata al di là della strada, benché non si possa negare un certo interesse del fabbricato. Nello stesso anno 1765, però, è di sua mano il progetto di palazzo Onofri, adiacente a quello Ferraroli, dove già abbandona le forme precedenti e si orienta sul suo più congeniale stile compassato. Il palazzo Onofri detiene forse il primato della lentezza di esecuzione, essendo terminato soltanto nel 1880». Forse suo è il disegno della chiesa parrocchiale di Nuvolera, mentre sembra abbia lavorato alle parrocchiali di Vobarno, di Fiumicello e di Manerba. Da documenti del 1769 è impegnato in lavori di casa del nob. Teodoro Polini di contrada S. Croce. Il 13 marzo 1770 consegna «il computo generale delle spese di materiali e fatture occorrute al restoramento della grande sala del palazzo pubblico della Ragione» (cioè del palazzo della Loggia) ricevendo in dono, come da delibera del Comune di Brescia in data 24 dicembre 1770, un bacile d'argento del valore di quaranta filippi. Il 20 luglio 1774 viene chiamato, dai deputati alla costruzione del Duomo di Montichiari, per decidere "se si deve fare la cupola o vela per compiere il volto". Egli li esorta a costruire la cupola. Vi ritornava nel 1782 in compagnia di Antonio Marchetti e suggeriva «la costruzione all'interno della rotonda di un gran solaio a circa 30 m. di altezza, sostenuto da dodici potenti antenne (detto il castello delle dodici antenne) che avrebbe dovuto servire sia di riparo e di appoggio per consolidare la copertura, sia di punto di base per l'eventuale innalzamento della cupola o di un semplice catino...». Nel 1775 stende la planimetria dell'atrio di palazzo Ugoni e del palazzo Luzzago di Manerbio. Nel 1778 è ritenuto progettista della parrocchiale di Lavenone. Ruggero Boschi indica nel 1780-1790 «il decennio di maggiore attività del Turbini: dal palazzo Vertova di Quinzano, ove sono ricordi del portale Onofri e del portico di Montirone, al palazzo Salvi in Brescia in cui l'atrio, molto interessante, e lo scalone, appaiono quasi certamente suoi. Sempre attorno al 1780, certo per suggerimento dei Lechi, inizia la costruzione del palazzo Polini, dove la cancellata ricorda quella di Montirone e prelude a quella Martinengo Villagana a S. Filippo e dove tutta la facciata è certamente sua. Lascia la fabbrica incompiuta e quasi al rustico nel 1795, alla morte del conte Teodoro Polini, ed il palazzo viene completato nei primi anni dell'Ottocento dagli eredi Lechi ad opera del Donegani». Attorno al 1780, dietro probabile presentazione dei Lechi, viene incaricato dai marchesi Archetti della costruzione della casa civile e della filanda di Campione sul Garda. Del 1780 esistono suoi disegni dell'ospedale di Salò. Sempre nel 1780 disegna l'oratorio dei conti Gambara a Gambara, ma (nel 1782-1790) soprattutto si dedica alla grande fabbrica del palazzo Gambara di Pralboino, che il Boschi ritiene «tra i più importanti e forse l'ultima espressione dell'architettura settecentesca bresciana». Contemporaneamente (1782-1790) lavora alla chiesa parrocchiale di Pralboino. Nel 1782 realizza il maestoso ingresso del Teatro Grande di Brescia assieme ai portici del Mercato del vino. Nell'aprile 1784 era sul cantiere della parrocchiale di Pisogne per giudicare se le variazioni recate al progetto del Marchetti dal capomastro Cetti erano valide o meno. In questa circostanza il Turbini si schierò apertamente con il Cetti e da questo atteggiamento scaturì una violenta polemica col Marchetti. Alla morte di questi nel 1792 verrà incaricato alla direzione della costruzione della chiesa, modificandone ampiamente, a quanto scrive il Cappelletto, la facciata e la copertura, attenuando la solennità progettata dal Marchetti. Nel 1788 progetta la chiesa parrocchiale di Berlingo e nel 1791 quella di Cologne. Inoltre progetta il collegio delle Dimesse di Quinzano d'Oglio (poi scuole comunali). Come scrive Sandro Guerini: «si impegna anche per i Benedettini di S. Eufemia, ma al dire del Marchetti, con i suoi molteplici pentimenti, fa spendere più del previsto». Progetta anche palazzo Torriceni di via Grazie, palazzo Lechi, ora Guaineri, di via Moretto. Secondo Fausto Lechi gli si potrebbero attribuire villa Boroni di Cellatica, casa Pilati (poi Ghirardini) di Montichiari, palazzo Peroni (poi Ciocca) di Quinzano d'Oglio e ancora altri cui si aggiungono le case Covi di via Musei, il palazzo Truffi di San Zeno, i palazzi ville o case a Coccaglio per il conte Gaetano Fenaroli; una casa a Gussago per i nobili Averoldi; una a Bettegno per i nobili Ugoni; una a Villa Cogozzo per Padre Giuseppe Quaranta; a Orzinuovi un grande caseggiato rustico per il conte Silla Martinengo, e nella frazione Gavazza un palazzetto per il conte G.B. Soardo; a Maderno rimodernò il palazzo dei conti Luzzago; altrettanto fece per il palazzo dei conti Provaglio a Monticelli d'Oglio (Verolanuova); a Ca' di Marco (Gambara) costruì la casa Verneschi; a Salò l'ospedale. A quanto afferma il Boschi: «altri due palazzetti in Brescia sono sicuramente di Gaspare Turbini: quello Duranti in via Cairoli e quello Torriceni in via Grazie. Forse di suo disegno, anche quello Baitelli in via Moretto e quello Avogadro del Giglio in via Monti. Moltissimi gli altri lavori da lui compiuti per abbellire palazzi e chiese. Sua è la scalinata del convento di S. Chiara, sue le cancellate di palazzo Lechi (poi Guarneri) e di villa Martinengo (poi villa S. Filippo).


Ancora da precisare l'attività svolta fuori il Bresciano. Sappiamo che a Bergamo rimodernò la chiesa di San Leonardo; a Palosco (Bergamo) costruì la chiesa parrocchiale; a Cremona fornì il suo consulto per il rimodernamento del palazzo Silva e per l'Ospedale Maggiore; a Volongo (Cremona) progettò la facciata e l'atrio della chiesa; a Piacenza rimodernò il palazzo Scotti, e nella provincia, a Monticelli d'Ongina, il palazzo Tredicini; a Castiglione (Mantova) venne richiesto del suo parere per la costruzione della chiesa parrocchiale, parere che servì ad altri come idea propria; a Castelgoffredo (Mantova) diede disegni per il modernamento del palazzo detto del Principe; a S. Benedetto (Mantova) fornì un'idea per la ricostruzione del teatro distrutto da un incendio; fece disegni per un grande teatro, dedicati a S.A.R. l'arciduca Ferdinando, spediti a Milano nel 1777; compose i disegni per un casino di campagna per il marchese Toulon, ministro di Spagna a Venezia, e per lo stesso Toulon disegnò una grandissima basilica di forma circolare a tre navate e crocera, disegni spediti a Lisbona ed alla Reale Accademia di Parma, alla quale vennero pure mandati quelli per una Cappella Reale per il palazzo di Colorno. In rapporti con l'Accademia Reale di Parma, lavorò in quelle zone, più precisamente a Colorno dove su suoi progetti venne eretta tra il 1775 e il 1777 la chiesa di S. Liborio: purtroppo poco più tardi, tra il 1789 e il 1792, la chiesa venne rigirata e ampliata e poco resta dell'originale fabbrica turbiniana mentre resta nell'Archivio di Stato di Parma un progetto per la pianta e in una collezione privata quello della facciata.


Ma la sua attività si allarga oltre la progettazione di chiese e palazzi. Egli infatti fornisce più di un centinaio di disegni di altari a Toscolano, Salò, Vobarno, Orzinuovi, Savallo, Preseglie, Carpenedolo, Pescantina di Verona, ecc. e disegni di tabernacoli, apparati di Tridui, candelieri, sedie da coro, pulpiti, orchestre, ecc. Per fare solo degli esempi nel 1789-1800 disegna e segue la costruzione dell'altare maggiore della parrocchiale di Bagolino eseguito da Antonio Tagliani di Rezzato; il 2 dicembre 1766 viene pagato assieme a Giuseppe Telaroli per la soasa dell'altare maggiore della pieve di Inzino della quale egli stese il progetto. Per il duomo di Chiari inventa nel 1761 la macchina dei Tridui, per la chiesa parrocchiale di Montirone, di cui è progettista, viene pagato per l'indoratura della Croce della facciata. Del resto basta sfogliare il voluminoso suo carteggio conservato nella Biblioteca Queriniana per trovare i numerosissimi disegni, pareri, consigli, estimi, dispensati per le più diverse circostanze.


Eclettico e culturalmente curioso dall'architettura passa alla topografia. Infatti nel "Modo di disegnare un globo in carta, note tratte da Turbini dalla Guida allo studio geografico di G.B. Nicolai" edita nel 1662, rilevò tutta la penisola di Campione formandone una carta topografica. Intensa è la sua attività culturale. È ascritto alle principali Accademie non solo bresciane, quali quella di fisica e storia naturale, quella di agraria di Brescia, della Clementina di Bologna e della Reale di Parma. È inoltre frequentatore assiduo del salotto della contessa Bianca Capece della Somaglia. Dà vita egli stesso ad un'Accademia di architettura che ha però breve vita. Dalla sua scuola esce Pietro Donegani.


Tradusse dal tedesco "Elementi d'architettura civile" di Cristoforo Aieger; cominciò una dissertazione sulle cappelle domestiche e della loro conveniente struttura; un "Commento a «L'Architettura» di Vincenzo Scamozzi"; una traduzione della "Geometria" di Mons. Le Clerc; un trattato sulla costruzione di templi sacri; una "Giunta alle «Memorie intorno alle pubbliche fabbriche più insigni di Brescia» di Baldassare Zamboni", giunta che avrebbe dovuto essere inserita nel libro dello Zamboni. Fatto eccezionale nella cultura architettonica bresciana che da molti anni non vedeva la pubblicazione di lavori su tale argomento ed era molto scarsa anche di manoscritti che dibattessero le questioni teoriche dell'architettura; è ritenuta da lui curata la pubblicazione degli "Elementi di architettura civile" del gesuita p. Federico Sanvitale dopo quattro anni dalla morte e dedicata al conte Bartomeo Fenaroli. Scrive dei più svariati argomenti. Oltre che produrre un "Trattato di agricoltura", tratta più specificatamente dell'industria casearia. Chiestagli da G.G. de Lalande dell'Accademia di Scienze di Parigi una dissertazione sopra la custodia dell'armento vaccino e sulla maniera usata per formare il cacio nelle cascine bresciane, gli manda una relazione accompagnata da disegni il 5 settembre 1767. Scrive una dissertazione sopra i camini e i bagni degli antichi, sulle stufe moderne, su una stufa per i bozzoli dei bachi da seta e per riseccare i grani, di sua invenzione; sopra l'uso dei camini, note critiche ad una descrizione della stufa di Pensilvania inventata da Beniamino Franklin.


Si dedica all'aerostatica e appronta due opuscoli alla scoperta del globo aerostatico di Montgolfier, affacciando un progetto giudicato dagli studiosi degno di essere ricordato se non altro per la sua singolarità. Lo scritto reca questo titolo "Lettera del signor abate dr. Gasparo Turbini architetto bresciano, con due tavole che dimostrano la maniera di dirigere il globo per linea orizzontale - Brescia 1784". La lettera è indirizzata ad un amico anonimo e prende le mosse dalla scoperta dei Montgolfier; le tavole prospettano una specie di omnibus aereo circolare sostenuto da un involucro ad aria calda che il Turbini riteneva di potere governare facilmente con un timone posto alla sommità dell'involucro e con una comune vela marina laterale. Malgrado la singolarità del progetto lo scritto del Turbini è particolarmente interessante per la fede che l'autore dimostra nelle sorti della navigazione aerea e per alcune notizie storiche che la lettera contiene. Appare quindi strano come da ultimo il Turbini consigli l'amico a non cimentarsi in viaggi aerei come i "viaggiatori acrobatici parigini", ma è da ritenersi che a questa conclusione debba averlo indotto la paura di tradire il suo ministero sacerdotale o la costrizione della censura ecclesiastica. Nel 1765 stampa la "Dissertazione sui camini" e il "Giornale d'Italia" del 26 luglio 1766 pubblica la lettera intorno alla stufa per seccare i grani. È del 1778 "L'economia per la filatura delle sete". Tutti argomenti, questi, da lui trattati anche in pubbliche conferenze, che l'Accademia Sanvitaliana e l'Accademia d'Agricoltura facevano tenere nella sala terrena della Queriniana, ove lesse pure una sua dissertazione sulla storia dei teatri antichi e sulla costruzione dei moderni. Scrisse anche poesie.


Dagli invidiosi del suo genio seppe difendersi, disposto sì ad ascoltare la critica a' suoi difetti, ma pronto anche a giustificarli come appare da questi suoi versi: «Sordo alle ciance, i miei difetti ascolto ; / Quelle tralascia e dimmi questi in volto. / Pronto a purgarmi, o a confessargli io sono; / Chè ragion mai, nè il ver non abbandono». Ruggero Boschi lo ritiene «più erudito e buon disegnatore che buon architetto...», «risentirà (nei suoi progetti) della sua predilezione per l'ingegneria, la miniatura e la pittura del paesaggio...». Sempre secondo il Boschi «Non riesce mai a darsi uno stile personale; infatti lo si vedrà passare con molta facilità dal gusto rococò a uno stile quasi neoclassico molto freddo, un poco ingegneresco, ma forse il suo più congeniale, e contemporaneamente riesumare modi classici quasi cinquecenteschi».




HA PUBBLICATO: "Elementi di architettura civile. Opera postuma del P. Federico Sanvitale, tradotta dal latino dall'ab. Gaspare Turbini architetto bresciano" (Brescia, per G.M. Rizzardi, 1765, in 4°); "Dissertazione/sopra l'uso dei camini/e sulle cagioni principali/del fumo/dell'abate/ Gasparo Antonio Turbini/architetto bresciano" (Brescia, MDCCLXV, dalle stampe di Giambattista Bossini, 24 p.); "Lettere sopra una nuova stuffa per iscottare, onde non vadano alla corruzione ed al guasto degli insetti" (in "Giornale d'Italia" di F. Griselini 26 luglio 1766 vol. VIII); "L'economia per la filatura della seta e descrizione di tutte le fabbriche ad esse appartenenti perfino all'uscita delle stoffe lavorate". Dissertazione letta in varie adunanze nell'Accademia dell'Agricoltura di Brescia (Brescia, Vescovi, 1778, in 8°); "La costruzione e l'uso di globi aerostatici, lettera seconda del signor abate don G. Turbini architetto bresciano" (Brescia, 1783, 18 marzo, presso Giuseppe Filippini); "La nuova scoperta del globo aerostatico di Montgolfier, lettera del signor abate don Gaspero Turbini architetto bresciano con 2 tavole che dimostrano la maniera di dirigere il globo per la linea orizzontale" (Brescia, 1784, 15 gennaio, stampato a spese del signor Giuseppe Filippini qm. Antonio); "Il Palazzo pubblico alle ragioni della città di Brescia antica e modernamente disegnato da Gasparo Turbini" (in 16 tavole, 1778, in folio, di esse l'opera dell'ab. Zamboni contiene soltanto 17 tavole).


MANOSCRITTI: "Commentari all'Architettura di Vincenzo Scamozzi mss. presso gli eredi"; "Traduzione della geometria di Le Clerc" (ivi); in Biblioteca Queriniana, Brescia, con relativa collocazione: "Dell'architettura" (F. IV. 1 m. 10); "Dissertazione sopra l'origine ed il progresso della civile architettura (1756)" (E VI. 4 m. 7); "Trattato dei camini con disegni a penna" (E VI. 1); "Dissertazione sopra i camini degli antichi" (F. VI. 1); "Stuffe per i Bozzoli dei bachi da seta e stanza per alloggiarli" (F. VI. 1); "Dissertazione sull'origine e progresso della civile architettura. Elementi delle fortificazioni" (F. VI. 4 m. 7); "Descrizione della stuffa de Pensilvania, dell'inventore di essa Beniamino Franklin"; "Lettera alla R. Accademia di Parma in proposito della Sala del pubblico palazzo di Brescia e risposta di quella Accademia" (F. IV. 5 e F. VI. 4); "Descrizione di tutti i luoghi e comodi dell'Ospital grande e del Pio luogo della città di Brescia" (F. IV. 5 m. 3); "Parere sopra due disegni eseguiti per la nuova fabrica dell'Ospitale di Cremona con altre carte relative" (F. IV. 5 m. 3 e F. III. 1 m. 3); "Lettera ai Deputati alla Fabrica della Sala del Palazzo publico di Brescia" (F. VI. 4); "Annotazioni ai pareri di tre publici architetti di Bologna intorno ai disegni di detta sala" (F. VI. 4); "Brevi osservazioni dell'ab. Turbini sul modello del Vanvitelli con una lettera in proposito di Tommaso Temanza" (C. VI. 4); "Risposta alla lettera falso-critica satirica di Luigi Vanvitelli" (F. IV. 5 m. 6); "Brevi osservazioni intorno al modello di L. Vanvitelli" (ibidem); "Presentazione all'Accademia Clementina di Bologna alle difficoltà da essa fatte o soluzione di esse" (C. VI. 4); "Risposta ad una lettera critica di Luigi Vanvitelli" (C. VI. 4); "Pareri di tre publici periti architetti bolognesi intorno ai disegni della magnifica sala da riedificarsi nel publico Palazzo della città di Brescia eseguiti da G. Turbini" (C. VI. 4 e F. VI. 4 m. 6); Disegni e Fabisogni per la fabrica del Palazzo Publico"; "Lettera di G. Turbini ai Deputati alla fabrica della Sala"; "Progetti in disegno e dichiarati con scrittura per la fabrica e compimento della Sala del Palazzo publico di questa città di Brescia" (C. VI. 4); "Presentazione dei suddetti progetti alla R. Accademia di Parma colla risposta" (C. VI. 4); "Parere sulla costruzione del nuovo pavimento di marmo da eseguirsi nella chiesa parrocchiale di Leno" (F. IX.1); "Esame dei disegni per la chiesa parrocchiale di Cignano" (ibidem); "Progetto d'un teatro publico con alcuni disegni a penna. Dissertazione letta all'Accademia il 3 aprile 1777" (F. VI. 1); "Dell'Architettura" (115 p., F. VI. 1); "Dissertazione sulla conveniente Architettura delle capelle domestiche"; "Parere sopra il disegno per la rimodernazione di una chiesa" (F. VI. 1); "Parere sopra il disegno di una macchina di illuminazione con disegno a penna" (F. VI. 2); "Riflessioni sulle istruzioni date dal medico Lodovico Dusini intorno alla fabrica dell'Ospitale Maggiore di Brescia con disegno a penna" (F. IV. 5. m. 3); "Parere pel palazzo Silva di Cremona con parecchie lettere relative" (F. III. 1); "Estimo delle case nobili e rustiche delle nobili sorelle Marta e Giulia Suardi Martinengo Ugoni" (F. IV. 5. m. 3); "Riflessioni sul modello della nuova facciata del teatro di Brescia 1782 e 1784 con altre carte"; "Parere sulla costruzione della capella della chiesa nuova di Montechiaro"; "Vari pezzi apparecchiati pel trattato sulle costruzioni dei templi sacri"; "Ragionamento intorno all'inganno e all'uso delle diverse specie di modello"; "Elementi delle fortificazioni" (F. VI. 4 m. 7); "Dissertazione sopra la custodia dell'armento vaccino e sulla maniera da' nostri usata per fare il formaggio ed i disegni delle cascine bresciane spediti a Parigi il 5 settembre 1767" (F. VI. 1).


MANOSCRITTI IN QUERINIANA RELATIVI AL TURBINI: "Lettera di L. Vanvitelli intorno alla fabrica della sala publica"; "Lettera di nomina di socio all'Accademia di Parma, altra di socio all'Accademia di Agricoltura di Brescia e diplomi per la medesima" (F. VI. 1); "Parte presa dalla Banca di Brescia di donare un bacile d'argento a G. Turbini in rimunerazione de' suoi disegni" (F. IV. 5 m. 6); "Parti prese dal Consiglio di Salò onorevole pel detto Turbini per disegni del suo Ospitale di Salò" (F. VI. 1); "Regali fatti al medesimo Turbini pel libro sulla filatura della seta o pei disegni della sala del palazzo della Loggia" (E VI. 1).