TIBONI Pietro Emilio

TIBONI Pietro Emilio

(Campione del Garda, 6 dicembre 1799 - Brescia, 16 maggio 1876). Di Giovanni e di Emilia Soncini. Di modeste condizioni, un'alluvione nel 1807 costrinse la sua famiglia a trasferirsi a Vesio di Tremosine. A 14 anni perdette la madre, alla quale era legatissimo e della quale volle poi assumerne, come secondo, il nome. Dovette faticare molto prima di realizzare la vocazione al sacerdozio. Solo a 17 anni, preparato in parte dai sacerdoti del paese, potè entrare nel Seminario di Brescia, dove ottenne subito i più promettenti successi. Dai registri risulta che ottenne l'eminenza nella prima classe ginnasiale e il premio in tutte le altre. Compì rapidamente il ciclo di studi, appassionandosi soprattutto agli studi biblici, alle lingue orientali, oltre che al latino, al greco e alla patristica, sollecitato, in ciò da bravi insegnanti quali l'ab. Federico Chiaramonti e l'ab. Giuseppe Brunati. Ma decisivo fu anche l'orientamento verso ideali patriottici grazie all'insegnamento di preti come don Pietro Gaggia e don G.B. Passerini, che coinvolti nelle congiure del 1821 dovettero esuli lasciare l'Italia.


Ordinato sacerdote, il 20 dicembre 1823, dopo aver insegnato nel 1825-1826 presso il collegio Erra a S. Afra, potè iscriversi all'Università di Padova. Non sappiamo come mai il Tiboni compisse i suoi studi nel breve giro di un anno. Sappiamo invece che nel settembre 1827 discusse le 55 tesi teologiche, laureandosi tanto brillantemente in Sacra Teologia, da essere chiamato a far parte del collegio teologico presso l'Università di Padova. Tornato a Brescia, su indicazione dello stesso abate Brunati, dimissionario, venne nominato professore di Sacra Scrittura e di lingue orientali, incarico al quale attese con passione didattica ottenendo un sicuro successo; primo ad adottare testi scolastici, a perfezionare il metodo didattico, segnalandosi inoltre per vasta cultura e capacità oratoria. Tra le prime sue opere è l'"Antologia ebraica" (Padova, 1833) che il 16 marzo 1848 verrà approvata per l'uso nei Seminari. Ad essa seguirono altri lavori scritturistici. Ciò gli valse il 21 febbraio 1836 la nomina a socio dell'Ateneo di Brescia e il 15 febbraio 1842 quella di Canonico della Cattedrale senza che vi fosse rimarco da parte delle autorità austriache. Del Duomo di Brescia fu anche a lungo fabbriciere.


A contatto con professori e superiori di aperti sentimenti "italiani" anch'egli si andò schierando sempre più apertamente verso la "causa italiana" orientando in tal senso anche le menti dei chierici. Dopo il fallimento della rivoluzione del 1848 entrò a far parte del Comitato segreto insurrezionale del quale, come ha scritto Attilio Tosoni nella sua "Storia della Rivoluzione di Brescia dell'anno 1849", divenne "cancelliere ed archivista; ebbe così rara abilità e segretezza da sottrarre qualsiasi anche meno rilevante documento agli occhi d'Argo della polizia austriaca". In lui definito "caldo ma cauto" viene identificato quel professore di teologia di cui parla il Gualla in una lettera al Cazzago, su cui egli contava per reclutare giovani da inviare volontari in Piemonte. Nessun accenno invece ci consta che esista della sua partecipazione all'epica lotta delle Dieci Giornate di Brescia. Dovette essere, però, anch'essa attiva se, come attesta il Tosoni, "dopo la catastrofe, egli si ritirò nella riposta Tremosine, togliendosi alle ricerche probabili e possibili della polizia". Lassù rimase fino alla promulgazione dell'amnistia del 12 agosto 1849. Ritornato in città, riprese la sua solita vita, mantenendo ottimi rapporti con il Vicario Capitolare monsignor Ferdinando Luchi. Del resto forse per calcolo politico o per altre ragioni l'Austria non disturbò più di tanto il clero negli anni 1849-1859.


Tiboni, pur con cautela, continuò tuttavia ad intrattenere rapporti diretti con i patrioti d'un tempo. A ciò si deve se, quasi a nuova sfida, l'Ateneo, che da essi era diretto, il 4 agosto 1850 lo nominava suo socio effettivo in luogo del defunto prof. Assioni. All'Accademia bresciana egli diede il più fattivo dei contributi, sia sul piano organizzativo che su quello scientifico. Nel 1855-1856 fece parte della Commissione per la riforma dello Statuto. Nel frattempo, nel 1852, lasciava l'insegnamento in Seminario, assunto da don Angelo Berzi di Bergamo, trovando così tempo per dedicarsi agli studi e anche per affrontare le polemiche che il suo "Misticismo biblico" suscitò alla sua comparsa nel 1853 specie da parte della "Civiltà Cattolica" che, pur non mettendo in dubbio l'ortodossia dell'autore, vi trovava settantasei errori e la giudicava "superflua ai dotti e pregiudizievole agli ignoranti". Alla rivista dei Gesuiti, come anche all'"Amico Cattolico", Tiboni rispose con una valanga di pagine, rimarcando tra l'altro l'appello al clero perché "si tenga al passo con il progresso civile e con la cultura laica", citando l'esempio di S. Girolamo e sottolineando come ciò fosse stato sempre raccomandato dalla Chiesa e da grandi scrittori tra i quali Gioberti e Rosmini. La "Risposta alle osservazioni della Civiltà Cattolica sopra il Misticismo biblico" non ebbe l'imprimatur, ma venne lo stesso pubblicata a Padova nel 1856. Pur preso da argomenti religiosi nel 1856 non mancò di collaborare al giornale l'"Alba".


Nel 1859 con la caduta del potere austriaco il Tiboni si buttò a capofitto nella polemica politica. Con gli omaggi di dediche e di versi a Vittorio Emanuele II, con la celebrazione dei morti per l'indipendenza, con la collaborazione sempre più intensa a "La Sentinella bresciana", "Il Mediatore", "La Pace", l'"Esaminatore" e altri giornali, con frequenti letture all'Ateneo di Brescia e con discorsi celebrativi si affermò come uno dei leader del clero liberale bresciano in sempre più aperta polemica con quell'intransigentismo riunito attorno al giornale "L'Osservatore Lombardo". Sue preoccupazioni sono la difesa del clero dall'accusa di "insensibilità e neghittosità" di fronte al "movimento nazionale" e il sostegno alla legislazione governativa, affermando che "solo sotto Vittorio Emanuele II la religione è veramente protetta e libera", la rivendicazione della libertà di stampa senza riserve, ma soprattutto la rinuncia da parte del Papa al potere temporale, la proclamazione di Roma capitale d'Italia, sostenendo essere "il potere politico dei Papi nocivo alla loro autorità spirituale e alla reale efficacia della loro missione".


Accanto all'affermazione dell'idea unitaria e all'acceso patriottismo rispunta in Tiboni anche l'insegnamento universitario di Padova impregnato di giurisdizionalismo e giuseppinismo per cui arriva a sostenere le proposte di legge del matrimonio civile suscitando pagine di vivaci polemiche in don Pietro Chiaf che si allargheranno anche ad altri esponenti del clero liberale. Preferisce gli studi alle polemiche a base di argomentazioni teologiche, storiche, giuridiche, e, come era stato nell'azione patriottica "cauto ma caldo" anche in quella politica agisce nell'ombra e si espone per quanto basta, ma dove crede di dover intervenire, è tra i primi e tra i più attivi. Nel marzo 1860 si fa promotore, infatti, con don Antonio Salvoni, il can. Giovanni Rossa, di un indirizzo di omaggio a Re Vittorio Emanuele che ottiene la sottoscrizione di ben quarantacinque sacerdoti firmatari. Nel maggio 1861 è tra i cinquanta sacerdoti firmatari di un indirizzo a Giuseppe Garibaldi. Nel giugno dello stesso anno è uno dei più accesi sostenitori, contro l'espressa volontà del Vescovo mons. Verzeri, della celebrazione religiosa della festa dello Statuto. Anzi, il vescovo in una lettera al Vicario generale, lo rimprovera come un Canonico della Cattedrale possa essere andato di persona ad offrirsi per celebrare religiosamente la festa dello Statuto, nonostante la sua volontà contraria. La sua attività si esplica soprattutto nella raccolta di firme all'indirizzo di Pio IX che P. Passaglia inviò, nel 1862, per convincerlo a lasciare Roma al governo italiano.


Pronunciamenti del genere non potevano non attirargli addosso una serie continuata di attacchi da parte intransigente, attraverso opuscoli ed articoli, specie dell'"Osservatore Lombardo", che di tale corrente era l'organo ufficiale, non solo a Brescia, ma in tutta la provincia. "Il Bignami del nostro Capitolo" lo gratificava il giornale, riferendosi al corifeo del clero liberale milanese, anche lui Canonico del Duomo, e con un articolo mordace, dopo aver parlato della sua dappocaggine e servilismo, ironicamente si congratulava con l'Ateneo per aver scelto a presidente un erudito di tal fatta e una persona così "eminente". Più tardi lo stesso "Osservatore Lombardo" sussurrerà che i suoi sentimenti verso il Re d'Italia erano, dopotutto, pari a quelli da lui professati nei riguardi dell'Imperatore d'Austria. Gli attacchi più massicci furono quelli però di don Chiaf e di Ercoli. Verso la fine di settembre comparve un opuscolo di don Pietro Chiaf dal titolo: "Gli articoli politici-religiosi del Can. Pietro Tiboni inscritti nel giornale ufficiale la Sentinella Bresciana. Analisi critica del sacerdote D.P.C.P.". In particolare il Chiaf, esaminando minutamente gli articoli che il Tiboni era andato sciorinando su "La Sentinella" gli rinfaccia gli errori di carattere storico, scritturistico e giuridico per quanto soprattutto riguardava le origini del potere politico e dei rapporti fra Chiesa e Stato. Concettoso, erudito, egli prende spesso il Tiboni in castagna, rivelando errori storici e teologici. L'Ercoli, nell'opuscolo "I gravi che ascendono", con stile più giornalistico, ma con argutezza, raggruppando gli argomenti in capitoli, e rieccheggiando gli stessi argomenti del Chiaf, rileva soprattutto gli argomenti ad hominem del Tiboni contro il clero intransigente e contro i sostenitori del Potere Temporale. A ripagarlo dei contrasti gli vennero qualificati riconoscimenti fra i quali l'elezione il 12 febbraio 1860 a vicepresidente dell'Ateneo e a presidente il 5 gennaio 1862, lasciando il posto al poeta Aleardo Aleardi il 3 gennaio 1864, per riassumere la presidenza il 20 febbraio 1870, riconfermata il 7 gennaio 1872 fino al 15 gennaio 1874. All'Ateneo diede gran parte della sua attività di studioso e di polemista con molte relazioni, letture, commemorazioni.


Pur presente, anzi instancabile nelle polemiche politiche, Tiboni continuò a coltivare gli studi biblici e a battersi per la diffusione più ampia possibile del Libro sacro tra il popolo, la sua "secolarizzazione", rivelandosi precursore convinto di un movimento che solo nel Concilio Vaticano II, dopo cento anni, si rivelerà vincente. Anche nel pieno del marasma politico nel 1860, il Tiboni teneva all'Ateneo una lezione dal titolo "La secolarizzazione della Bibbia", in cui, per il bene della civiltà e della religione, proponeva che la Bibbia venisse secolarizzata, cioè popolarizzata, osservando che la traduzione doveva essere fedele al testo originale e corredata da brevi note, secondo i progressi moderni della critica letteraria, dell'archeologia, della filologia orientale e della etnografia. Tale argomento trattò anche in un lungo articolo inserito nella "Sentinella bresciana". Altre letture di carattere biblico egli tenne su "Il canto di Debora", tradotto in italiano dall'originale ebraico e commentato. Nel 1862-1864 scrive "Della Trinità platonica" mettendo in rilievo le analogie tra concetti platonici e cristiani. In quella riguardante le "Relazioni d'Italia con la Bibbia", del 1870, raccolta poi in un volumetto, va alla ricerca di tutte le notizie e le allusioni all'Italia contenute nel Vecchio e Nuovo Testamento, soffermandosi soprattutto sui viaggi di S. Paolo a Roma, finendo con l'auspicio che il governo avesse ad introdurre nelle scuole italiane gli studi biblici. Nel 1876 poco tempo prima di morire, quasi come testamento, terrà all'Ateneo di Brescia una lettura sull'"Armonia della Bibbia e le scienze naturali".


La Bibbia lo portò anche ad aperture ecumeniche ante litteram che solo a distanza di decine e decine di anni e nel Concilio Vaticano II trovarono accoglienza. La diffusione tra il popolo del Libro Sacro lo avvicinò soprattutto al mondo anglicano e protestante in genere, entrando particolarmente in contatto con il segretario della Società Continentale F. Meyrick, con la Società della Dottrina Cristiana, con il pastore C.G. Langoon, nonostante gli venissero rivolte critiche in merito anche dalla "Civiltà Cattolica" fin dal 1854. Singolare il fatto che l'anno dopo la sua morte L. M. Hogg della Società anglocontinentale offriva all'Ateneo di Brescia la somma di 250 lire "per l'acquisto delle quattro Bibbie sulle quali il compianto mons. Tiboni fece i lodati suoi studi, e per la completa collezione delle opere dello stesso, affinchè in decorosa mostra siano conservate nell'Ateneo". Innegabile l'influenza di questi contatti sulle sue posizioni, fra le quali si possono sottolineare i postulati dell'elezione dei vescovi da parte del clero e dei laici, la superiorità sia pure espressa in forma dubitativa del Concilio sul Papa, la "riforma" della Chiesa secondo le linee primitive di fede e di costumi, la liturgia celebrata nelle lingue nazionali, ecc. Bisogna tuttavia anche sottolineare che il suo "ecumenismo" non travalicò i limiti al momento consentiti. Quando a nome di un "amico" scrisse nel 1866 al decano della chiesa giansenista di Utrecht per chiedere notizie sugli sviluppi che aveva avuto la chiesa stessa e la lettera cadde casualmente in mano al decano cattolico, ne nacque un caso del quale si interessarono il Nunzio Apostolico e il cardinale Segretario di Stato, allarmati, addirittura, che si volesse creare un'analoga chiesa in Italia. Il Tiboni, chiamato dal vescovo Verzeri, affermò recisamente che non si trattava d'altro che di una raccolta di notizie, ribadendo la sua fedeltà alla Chiesa romana. È ciò che, in fondo, lo salvò da censure sempre più gravi. Il Tiboni morì, si può dire, in pace. La morte lo colse la sera del 15 maggio 1876. Nella solita passeggiata serale sullo spalto di Porta S. Alessandro giunto di fronte al Macello pubblico, sovrappensiero o per difetto di vista cadde nella fossa sottostante. Soccorso e portato a casa finì di vivere poco dopo. Fu ritenuto sacerdote di soda pietà e di larga carità, "grave di costumi e di vita innocente" che "non diede mai appigli a sospetti di sorta circa la sua condotta morale". Fu invece indicato ambizioso di figurare come patriota e di mettere in rilievo i suoi titoli e le onorificenze. Alcuni lo stimarono di molto ingegno, altri come Carlo Cocchetti ("Del movimento intellettuale", p. 146) "di non grande levatura, ma di moltissimo e profondissimo studio" e soggiunge che fu di "carattere leale. Nella sua vita non smentì mai se stesso; e la costante gravità de' costumi e la innocenza della vita attestarono della sincerità de' suoi insegnamenti".


PUBBLICAZIONI: "Theses ex universis theologicis disciplinis quas in pervetusta et celeberrima I.R. Universitate Patavina publice defendendas suscipit P.E.T., suprem. sacr. Teologiae Laurea donandus die VII septembris 1827" (Patavii, 1827); "Honori et virtuti Marci Antonii Bolzoli" (Brixiae, 1828); "Anthologia hebraica cum lexico ipsi accommodato quam ad usum seminarii brixiani edidit Petrus Aemilius Tiboni benacensis doctor sacrae theologiae, adlectus in collegium doctorum facultatis theologicae caesareae regiae universitatis patavinae, professor in seminario brixiano linguae hebraicae, archaeologiae et hermeneuticae biblicae, exegeseos et introductionis in sacros libros antiqui et novi foederis" (Patavii, Typis Seminarii, 1833); "Il Misticismo biblico. Prospetto e prefazione dell'opera" (Padova, Tip. Sicca, 1851, 14 p.); "Manifesto di associazione all'opera II Misticismo biblico" (Ibidem, 1851); "Il Misticismo biblico di monsignore Pietro Emilio Tiboni dottore in sacra teologia membro del collegio teologico dell'università di Padova già professore di lingua ebraica e dello studio biblico nel seminario canonico della cattedrale e socio attivo dell'Ateneo di Brescia" (Milano, presso il libraio Giuseppe Cioffi, 1853; Milano, Arzione e C., 1853); "Risposta alle Osservazioni della Civiltà Cattolica sopra il Misticismo biblico" (Padova, 1856); "Commemorazione di Giosuè Pedercini, letta nella chiesa di Vesio" (Brescia, Apollonio, 1857); "Che cosa è il Papa" (Brescia, Apollonio, 1859); "Risposta ai Farisei" (Estr. da "La Sentinella bresciana", Brescia 1860); "Tremosine cenomano, romano e cristiano. Discorso" (Brescia, Apollonio, 1859, 160 p.); "Allocuzione letta nella Chiesa parrocchiale di Vesio nella II domenica di maggio, festa dello Statuto" (Brescia, Apollonio, 1860); "Allocuzione nella commemorazione dei morti nelle battaglie della Indipendenza d'Italia, letta nella chiesa parrocchiale di Limone il 30 settembre 1860" (Brescia, Romiglia, 1860); "Analisi critica degli articoli politico religiosi" (Brescia, Tip. Vescovile del Pio Istituto, 1860, 102 p.); "A Vittorio Emanuele re d'Italia. Salmo latino-italiano" (Brescia, Tip. F. Apollonio, 1860, 19 p.); "La secolarizzazione della Bibbia" (Brescia, F. Apollonio, 1861, 142 p.); "Relazione del naufragio accaduto sul lago di Garda agli 8 di ottobre 1860" (Brescia, Tip. nazionale F. Apollonio, 1861, 28 p., 1 tav.); "Quando sia infallibile il papa e dell'indirizzo fatto a Pio IX dai vescovi raccolti a Roma nel giugno 1862. Discorso" (Brescia, Apollonio, 1862); "Il passo militare del monte Notta in Tremosine" (Brescia, Tip. nazionale F. Apollonio, 1862, 14 p.); "Antologia ebraica" (Padova, 1863); "Osservazioni sopra la dichiarazione del clero gallicano del 1862", (Brescia, Tip. F. Apollonio, 1864, 36 p.); "Allocuzione nelle esequie anniversarie dei morti di Sammartino e Solferino letta al Campo Santo di Brescia il 25 giugno 1863" (Brescia, 1863); "Della libera Chiesa in libero Stato" estratto dall'"Esaminatore", Anno I,1864 n. 11 (Firenze); "Delle condizioni presenti della Teologia dogmatica romana, ossia esame della Bolla "Infallibilis Deus" 8 dicembre 1854, portante la definizione dogmatica dell'immacolata concezione di Maria Vergine" (Firenze, 1866); "Qual luogo sul lago di Garda accenni Dante nei versi 67-69 del canto XX dell'Inferno. Memoria" (Brescia, Tip. Apollonio, 1868, 23 p.); "Del futuro Concilio Ecumenico e del Concilio di Basilea" (estratto dall'"Esaminatore") (Firenze, 1869); "Le relazioni d'Italia colla Bibbia. Memoria" (Firenze, Barbèra, 1870, 27 p.); "Mattia Ugoni vescovo di Famagosta. In appendice la lettera con la quale il vescovo Ugoni dedicava i suoi Synodi a cinque cardinali, l'altra a Paolo III e il breve di questo in ringraziamento ed elogio" (Brescia, Apollonio, 1872, 40 p.); "Osservazioni sulla Bolla Unam Sanctam di Bonifacio Ottavo" (Brescia, 1875); "Il Camposanto di Brescia" (Brescia, 1877); "La prefazione della Secolarizzazione della Bibbia" (Bergamo, F.lli Bolis, 1877, 21 p.); "La libertà italiana. Pensieri" (Brescia, Stab. lit. Apollonio, 1895, 46 p.).


Nei "Commentari dell'Ateneo di Brescia" ha pubblicato: "Risposta ad alcune osservazioni, fatte sopra la sua opera Il Misticismo biblico" (1852-57, p. 154); "A Vittorio Emanuele, re d'Italia. Salmo latino-italiano" (1858-61, p. 258); "Relazione del naufragio, accaduto nel lago di Garda il giorno 8 ottobre 1860" (1858-61, p. 261); "Proposta della secolarizzazione della Bibbia" (1858-61, p. 266); "Allocuzione letta nell'adunanza del 19 gennaio 1862" (1862-64, p. V); idem letta nella pubblica adunanza del 21 agosto 1862, p. XIV; idem, letta nell'adunanza del 4 gennaio 1863, p. XXI; idem, letta nella pubblica adunanza del 19 agosto 1863 p. XXXI; idem, letta nell'adunanza del 3 gennaio 1864, p. XXXVIII; idem, nelle solenni adunanze di gennaio ed agosto degli anni 1870, 1871, 1872 e 1873, e 1870-73, p. 9, 16, 25, 33, 48 e 57; "La trinità platonica" (1862-64, p. 242); "La Santa Sede e la Corte romana" (1862-64, p. 246); "Quando sia infallibile il Papa, e dell'indirizzo fatto a Pio IX dai vescovi, raccolti a Roma nel giugno 1862" (1862-64, p. 254); "Libera chiesa in libero stato" (1862-64, p. 262); "Del ricorso al Principe, ossia del diritto del minor clero di appellare dalla ecclesiastica alla civile autorità, e del dovere che ha questa di proteggerlo" (1862-64, p. 267); "Dell'exequatur e del placet regio" (1862-64, p. 270); "Osservazioni sopra la dichiarazione del clero gallicano, nell'anno 1862, intorno alla potestà della Chiesa" (1862-64, p. 274); "Tremosine cenomano, romano e cristiano" (1862-64, p. 281); "Del matrimonio" (1865-67, p. 101); "Il cantico di Debora, dall'originale ebraico tradotto in italiano, con commento" (1865-67, p. 193); "Qual luogo sul lago di Garda accenni Dante nei versi 67 e 69 del canto XX dell'Inferno" (1868-69, p. 45); "Le relazioni dell'Italia colla Bibbia" (1870-73, p. 79); "Cenni necrologici dei soci: Matteo Gatta, Nicola Gaetani Tamburini, Bartolomeo Gualla, Ettore Quaranta" (1870-73, p. 181); "Della vita e delle opere di Mattia Ugoni, vescovo di Famagosta sul finire del XV secolo e sul principio del secolo XVI" (1870-73, p. 187); "Cenni necrologici del dr. Antonio Schivardi" (1870-73, p. 267); "Il comunismo ed il vangelo" (1870-73, p. 268); "Dell'antica mercatura in oriente" (1870-73, p. 269); "Cenni necrologici dei soci: Bernardino Maceri, Giovanni Bertoli, Francesco Beretta, Antonio Piazza, barone Gerolamo Monti, Paolo Baruchelli, Gian Luigi Gianelli" (1870-73, p. 365); "Del regno di Saulle, ed elegia di Davidde in morte di Saulle e di Gionata" (1870-73, p. 495); "Cenni necrologici dei soci: G.B. Torri, Gregorio Bracco, Giulio Laffranchi, Francesco Maza, Francesco Zantedeschi" (1870-73, p. 500); "Delle antichità e del museo bresciano. Allocuzione per la prima adunanza del 18 gennaio 1874" (1874, p. 5); "Delle antiche iscrizioni bresciane, stampate in Berlino per cura dell'Ateneo" (1874, p. 194); "Errori di artisti in soggetti biblici" (1875, p. 81); "Come tra la sacra Bibbia e le scienze naturali non sia, né possa essere contradizione" (1876, p. 108).