SALA (3)
SALA (de Salis)
Antichissimi nobili rurali bresciani presenti in Brescia e nel territorio che costituirono una tra le più potenti casate di parte guelfa. Il nome sembra di origine longobarda dall'etimo sala (grossa casa colonica e poi palazzo) surrogato dal latino -aula-. Fausto Lechi, facendo eco ad altri studiosi afferma che è «impresa veramente ardua quella di voler mettere insieme la genealogia di questa «gens» che vantava lontanissime origini e che nel fiorire del Comune ha dato alla città un grappolo di bei nomi sempre di parte guelfa». Alessandro Sina pensa che la famiglia Sala sia stata, assieme a quella dei Brusati, la più potente famiglia feudataria della Valcamonica. Egli cita particolarmente Arderico q. Alberto de Foris abitante a Brescia vicino all'Arco Vecchio, arciprete della pieve di S. Lorenzo di Manerbio, fratello di Attone, abate del Monastero di S. Eufemia, e forse nipote, per lo meno parente, del vescovo di allora, Olderico. I beni donati da questo ricco ecclesiastico al detto monastero, ascendono, comprese alcune montagne pascolive e zerbi, e secondo un calcolo approssimativo, a quasi duemila ettari. Il Sina rileva come Arderico, di alcuni di tali beni, case, terreni ecc., ne godesse solo la metà, e che l'altra fosse posseduta da altri, probabilmente da qualcuno della sua famiglia. Sempre secondo il Sina, Arderico, arciprete di Manerbio, padrone di vaste possessioni nel territorio della pieve di Cividate, appartiene a questo nobile casato, come vi apparteneva il vescovo Olderico, il quale di certo deve aver cooperato ad innalzare questa sua famiglia col prestigio e il dominio del vescovato. Ancora secondo il Sina nobili Sala sarebbero stati anche gli Avogadro, da Fiumicello e come senza dubbio ne provengono i signori del Castello di Figna, i Ronchi di Breno ed altri nobili camuni. Il trovare poi questa famiglia ed i suoi rami, proprietari di beni là dove il monastero di S. Faustino ebbe in antico i suoi possedimenti, e cioè: nella pieve di Cividate, dove oltre l'Ospedale di Campello, avea beni nella valletta del Grigna; a Figna di Ceto, dove è ancor oggi la Chiesa dei SS. Faustino e Giovita; a Cemmo, ove il detto monastero ancora nel 1133, secondo la bolla di Innocenzo II, teneva con «la cappella di S. Faustino anche dei fondi» chiesa che ancora esisteva nel secolo XVI e che oggi è ricordata solo dalla contrada di S. Faustino; a Malonno, a Paisco, a Vione e a Dalegno, fa sospettare che essa abbia avuto in feudo fin dal principio tali beni, e che sui medesimi, ed in seguito su quelli vescovili, essa abbia formata la sua ricchezza e la sua potenza in Valle Camonica. Cinquant'anni dopo di quella di Arderico un'altra donazione, veniva fatta da un Oddo, Oddone Sala "clericus et ordinarius sancti Faustini de civitate Brixia" il quale con atto 10 gennaio 1087 dona al b. Alberto da Pontida e per lui ai monaci della riforma di Cluny, moltissimi beni nella pianura bresciana, in Franciacorta ed in Valle Camonica; sui quali fondi, e come in Franciacorta e nella bresciana, così anche in Valcamonica, sorse il monastero cluniacense di S. Salvatore delle Teze di Cemmo. Oddone Sala aveva altri tre fratelli: Wido (Guido), Magifredo o Maifredo, e Olrico, ed era figlio di Adelardo o Alderado de loro Sale.
Tutto ciò ha suggerito ad Alessandro Sina l'opinione che la nobile famiglia Sala di Brescia fu forse dal secolo X la più potente, assieme a quella dei Brusati, feudataria della Valle Camonica. I Sala ebbero notevole potenza economica e sociale assieme o alla pari con i Martinengo, gli Avogadro, i Gambara ecc. La loro potenza in città e nel territorio bresciano è avvalorata dal fatto di aver ricoperto la carica di console della città e di aver tramandato di padre in figlio l'ufficio di podestà in grandi e piccole città italiane. Consoli od esponenti della vita amministrativa di Brescia furono, per fare esempi, Arderico I (v.) che ricoprì la carica di console più volte ed istituì nel 1173 il mercato nuovo nell'odierna piazza Tebaldo Brusato; Ribaldus de Sale nel 1175 partecipa alle riunioni della Lega Lombarda; Guglielmo, esponente del Comune di Brescia, il 30 luglio 1195 a Borgo S. Donnino negozia accordi fra i comuni lombardi; Ribaldo, Lafranco e Giroldo furono nel 1192 tra i firmatari del patto con l'imperatore Enrico; Consoli furono Lafranco (1218), Ottino (1220), Lanfranchino (1221), Bonifacio (1267) ecc. Lafranco Sala con il console Alberto Ranza il 7 ottobre 1215 è delegato a rappresentare Brescia a risolvere con i cremonesi diatribe circa le acque del fiume Oglio. Tra i podestà in varie città si possono citare: Arderico I (v.) che oltre ad essere stato podestà di Lodi (1183) lo fu per due volte di Cremona (1186-1188), una volta di Bologna (1194); Alberto di Cremona (1186); Giroldo di Mantova (1214) e di Bologna (1250); Bonifacio (v.) podestà di Milano (1247-1248), e di Bologna (1251); Lanfranco, podestà di Pozzolengo (1253); Bornato podestà di Brescia e di Mantova; Alberto, podestà a Piacenza (1264); Bresciano (v.) podestà di Reggio Emilia (1277), di Cremona (1284) e di Piacenza (1285); Albertino o Alberico, podestà di Firenze (1297); Ubertino senatore romano podestà di Firenze (1298), e di Siena (1300) e ancora di Firenze (1322); Bertoldino o Bertolino podestà di Siena (1314); Rolandino o Orlandino podestà di Siena (1329), di Vicenza (1333-1334), di Firenze (1338), di Modena (1340). Giovanni (v.) era nel 1475 podestà di Trento. Apollonio era nel 1488 podestà di Lonato. Lanfranco de Salis, podestà di Pozzolengo nel 1253, ottiene il 23 dicembre, in nome di un rinnovato patto di fedeltà di Pozzolengo a Brescia, di poter riedificare e adattare il castello sul monte Fluno. A Pozzolengo l'anno appresso è confinato un ramo dei de Salis ritenuto nemico di Brescia. Parecchi gli ecclesiastici fra i quali il più illustre fu il vescovo di Brescia, Cavalcano (1254-1263) oltre ai citati Arderico, arciprete di Manerbio, Oddone chierico di S. Faustino. Analoghi i rapporti che ebbero oltre che con Pontida, con S. Salvatore e con altri monasteri. Sala Vitale è ritenuto con il Comune di Brescia e specialmente con il vescovo Arimanno fra i fondatori del monastero vallombrosano dei S.S. Gervasio e Protasio o della Badia. Intensi rapporti ebbero i Sala con i monasteri di S. Giulia, di S. Fiorano ecc.
I Sala di Gussago sono citati in molti documenti del monastero di S. Giulia. Pietro fu priore dell'abbazia di Rodengo (1288-1309) e del monastero di Verziano. Richelda m. nel 1198 fu badessa del monastero di S. Fiorano. Un'altra Richelda fu badessa di S. Giulia (sec. XII). Beatrice Sala fu nel sec. XIII reggente del monastero durante una lunga vacanza. Vasta la loro presenza nell'ambito assistenziale in città e in provincia. Furono tra l'altro generosi benefattori della Chiesa di S. Afra. Figli del loro tempo, anche i Sala vennero coinvolti in fatti a volte delittuosi o trasgressivi. Lo schieramento per la parte guelfa e il sostegno a Tebaldo Brusato provocarono nel luglio 1311 spedizioni punitive nelle terre dei Sala che costarono la morte di signori ghibellini fra i quali un Prandoni, un Manducaseni, un Calvisano. Il Nassino non manca di sottolineare come i Sala, assieme agli Avogadro, i Lana, i Porcellaga fossero nei sec. XIV-XVI fra "le poche famiglie che esercitarono con partigiana animosità l'effettivo controllo municipale". Nei sec. XIV e XV la famiglia ebbe una diffusione straordinaria. Di essa si conoscono in quei secoli ben quindici rami dei quali dovrebbe essere, secondo il Fe' d'Ostiani, capostipite un Bresciano, noto come podestà di Reggio E. (1277) e di Piacenza (1284). Compresi nella Matricola Malatestiana del 1406, figurano tra gli ottimati firmatari del patto di unione con Venezia nel 1426 e tra i patrizi originari, già appartenenti al Consiglio prima del 1488. Come ha scritto Paolo Guerrini: «La ricostruzione degli alberi genealogici di questa immensa progenie non è ancora stata tentata; già nel secolo XIII le ramificazioni erano numerosissime, e non poche restavano ancora vigorose nel secolo XVII, disperse in vari punti della città e non collegate da nessun vincolo di parentela». Prevalentemente mercanti i Sala andarono poi allargando di nuovo le loro proprietà specialmente a partire dal sec. XIII. Ebbero infatti possedimenti e case a Gussago e specialmente a Sale, da dove si diffusero a Cellatica, Castegnato, Cologne, Orzinuovi (già nel sec. XIV) Milzano, Milzanello, Seniga ecc. Nella Bassa bresciana si resero noti per le vaste opere di irrigazione. Già nel sec. XIII erano proprietari di miniere e fucine di ferro e di argento a Preseglie per l'amministrazione delle quali nel 1244 si obbligavano a mantenere due gastaldi. I Sala ebbero a Padernello e Pedergnaga possedimenti e diritti feudali che poi con transazione del 24 settembre 1391 cedettero a Prevosto III Martinengo ed ai suoi fratelli Antonio e Gerardo. Ebbero vaste proprietà anche a Clusane, compreso il castello che era stato del Carmagnola. In cambio forse di beni usurpati il nob. Orlandino Sala con testamento del 10 maggio 1517 aveva obbligato i suoi eredi a fabbricare alla Ponta di Clusane una piccola chiesa in onore di S. Rocco con una casetta per il cappellano. Pochi anni dopo compare come rettore della parrocchia di Clusane un nob. Lancellotto Sala cui succedeva un semplice chierico nob. Luigi abitante a Pievedizio che godeva contemporaneamente i benefici di Brandico e di Clusane e che il vescovo Bollani obbligò nel 1565 ad una scelta fra l'uno o l'altro. In città i Sala ebbero diverse abitazioni: a S. Caterina, via S. Chiara tra la contrada dell'Olmo e S. Tommaso, vicolo dell'Arciprete, via Tosio (già dei Lupatini, questa casa fu ereditata dai Sala; fu poi acquistata dal pittore Luigi Basiletti; ora è dei Mazzola), ecc. a S. Maria Calchera, nell'attuale via Nino Bixio ecc. Nel quattrocento costruirono su più antichi resti, come ricordava una lapide trovata recentemente, di una casa costruita dalla famiglia romana Agidara, in via dei Fiumi (ora via Fratelli Bandiera). Possedettero inoltre il palazzo Gambara poi Micheletti. Belle abitazioni ebbero anche a Cellatica: le attuali villa Folonari e villa Trebeschi Maggi. A Cellatica si imparentarono con i Borgondio, svolgendo un'attività prevalentemente agricola e particolarmente, nei fondi denominati "La Cinta", la viticoltura.
I vari rami ebbero tre tombe nella chiesa di S. Domenico. Mentre nel 1634 il nob. Ottino Sala faceva costruire una sepoltura per la famiglia in S. Faustino, un altro ramo della famiglia e particolarmente Federico, Marco Antonio, Giovanni Battista, erigevano, nel 1660, una tomba in S. Barnaba. Federico q. Vincenzo era ancora vivo nel 1661, di anni 70; la sua famiglia si estinse col pittore Alessandro Sala. Giov. Battista q. Vincenzo fu ammesso al Consiglio Generale nel 1648. Marco Antonio q. Giovanni Battista ebbe nella sua discendenza parecchi sacerdoti e religiosi e alcuni Canonici della Cattedrale. Marcantonio, generale della Repubblica di Venezia nelle guerre contro i Turchi, è ricordato da una monumentale lapide tombale. Continua fu nei tempi la fedeltà, al di là di quella per la parte guelfa, per Venezia. Lorandino Sala nel 1428 riceve una pensione da Venezia come ricompensa per l'appoggio dato alla sottomissione di Brescia alla Serenissima. Nel 1438 Guglielmo Sala fece parte con Giacomo Sajani e Balduccio Longhena di una ambasceria al Gattamelata per complimentarsi della sua nomina a generale. Nel 1487 Marco Sala era, in momenti di tensione fra Venezia e il Tirolo, capitano in Valcamonica. La fedeltà a Venezia venne riconfermata dal 1509 al 1516 nella guerra fra Francia, Spagna e Impero. Nelle tribolate vicende vennero coinvolti Filippino, Gaspare (v.), Giovanni Francesco, Orlandino (v.). Tale fedeltà a Venezia continuò anche nei secoli seguenti. Alcuni Sala si distinsero nelle guerre d'Oriente: Marcantonio combattè nei mari dello Ionio e dell'Egeo; Prospero, colonnello, partecipò nel 1571 alla battaglia di Lepanto; Taddeo morì sul campo di battaglia in Istria nel 1616. Un Sala nel 1799 fece parte sotto l'occupazione austro-russa della Commissione sulle finanze e i dazi. L'impegno nella vita bresciana vide nel sec. XVI Filippo Sala impegnato in città nella costruzione di nuovi edifici e nella sistemazione di altri.
Neanche i Sala si salvarono dai disordini e dalle contraddizioni di quell'epoca. Avventure del tempo coinvolsero nei primi decenni del sec. XVII fratelli Filippino (v.) e Marsilio. Nel 1491 fu assassinata Margherita, moglie di Venturino Sala. Nel 1548 un Sala veniva ucciso in una via di Brescia. Nel 1550 fece rumore il duello, rientrato per indisponibilità del tempo, con Giulio Tiberi. Il 4 gennaio 1625 il nob. Giov. B. Sala, spalleggiato dal conte Pietro Caprioli, assaliva e feriva sulla porta del Broletto il nob. Lodovico Chizzola. Tuttavia, ciò nonostante, fino al sec. XIX numerosi esponenti dei diversi rami della famiglia Sala furono responsabili di istituzioni civili e religiose in Brescia (Aloisio Sala (1657 - post 1 agosto 1737) abate, beneficò, tra l'altro, la fabbrica del duomo nuovo di Brescia); alle imprese militari e politiche, altri ancora aggiunsero impegni nelle arti e nelle lettere. Tra i Sala cultori delle arti, va ricordato il pittore Alessandro Sala (v.). Nel tempo i Sala ebbero anche l'onore dell'arte: Gentile Bellini ritrasse un Sala (Jacopo, mercante, che inginocchiato chiede un miracolo per il figlio ammalato alla reliquia della Santa Croce), nella tela raffigurante "la Processione di piazza S. Marco" ora nell'Accademia d'arte di Venezia. Di un altro gentiluomo Sala rimasto anonimo fece il ritratto il Moretto; tale dipinto è ora conservato nella Pinacoteca Tosio-Martinengo.
La famiglia si diffuse anche oltralpe. Studi di p. Nicolò Salis del monastero benedettino di Beuren (Hohenzollern) segnalava come oriunda da Brescia una famiglia Sala o De Salis nel cantone dei Grigioni e in Boemia. La famiglia andò decadendo sempre più nel sec. XIX. Conosciamo nel 1813 un Giovanni Battista Sala inviato nel 1813 dal gen. Bonfanti a presidiare con il commissario Giuseppe Treboldi la Rocca d'Anfo. Epigoni di tale stirpe si registrano a Pontevico dove nel 1822 nasceva un nob. Gaetano Salis: nel 1828 nasceva un nob. Giulio Salis e nel 1835 un nob. Francesco Salis, tre fratelli, figli di Paolo, tutti e tre suonatori. Ultimi Sala ricordati nel sec. XIX-XX furono Giovanni Battista q. Giuseppe Battista, Camillo q. Pietro, Carlo e Pietro q. Alessandro Lodovico e Nicola q. Marsilio tutti senza successori. L'ultimo ramo nobile della famiglia si estinse nel sec. XX con il nobile Marsilio. Stemma: «Di rosso alla fascia di tre file, di vaio». Cimiero: Una testa di drago, d'oro, con la lingua trifida, di rosso.