SACCA (2)

SACCA (in dial. Shaca, in lat. Saccae)

Frazione di Esine a 4 km a SO del paese sulla sponda sinistra dell'Oglio a 240 m. s.l.m. lungo l'antica via Valeriana. Le località sono Toroselle, Casa Bianca, Codeghe, Busa, Casa del Cornel. Il nome (da shac = "sacco" "insenatura") deriva dalla condizione geografica della frazione che si trova in una sacca tra il fiume Oglio e la muraglia della montagna che nei mesi invernali lascia valicare il sole soltanto a mezzogiorno e anche più tardi. Il nome a questa contrada è venuto dall'ansa o sacca che l'Oglio è stato costretto a fare, e fa tuttora, quando, incontrata nel suo corso la roccia del Monticolo e poi del Monte Dragone, dovette piegare ad oriente per poi ripiegare a piè di monte verso Montecchio. Suggestiva la descrizione che Arturo Cozzaglio fa dell'ambiente nel 1895 in "Paesaggi di Valcamonica". E non per nulla tale paesaggio venne chiamato la "Valle dell'Inferno".




ABITANTI (Sacchesi): 50 c. nel 1728, 160 nel 1808, 202 nel 1817, 300 nel 1828, 650 nel 1967, 831 nel 1973. Come ha rilevato Alessandro Sina l'abitato è "di recente formazione" giacché nel 1600 "come risulta dall'estimo di quell'anno del comune di Esine, vi erano solamente due case. La prima era una «domus cum stabuio et teblato in Toroselle contrata Saccae» di proprietà dei fratelli Paride e Pietro Mattia Federici di Esine; la seconda casa aveva intorno un prato, ed era di proprietà di Leone Beccagutti pure di Esine. La contrada principale allora era Toroselle, dove si contavano pochissimi caseggiati, e dove erano più che altro stalle o fienili di proprietà di tre famiglie di Esine: i Federici, i Beccagutti ed i Puritani, che si preoccupavano di spremere il possibile dai loro beni, per difficoltà economiche. Costretti ad alienare i loro beni, questi vennero acquistati verso la metà del sec. XVII dalle famiglie che da tempo vi abitavano e i nuovi proprietari, passando da fittavoli a padroni, andarono a gara anche nel costruire nuove abitazioni. Fra questi si distinsero due famiglie: i Chiarolini ed i Gheza; ai primi si deve il primo nucleo di case nella contrada Sacca, ed ai secondi quello nella contrada Toroselle. Nel Catastico del 1610 il Da Lezze non registra nemmeno Sacca. La popolazione vissuta di agricoltura, con abbondanza di castagneti, di pesca, più tardi si dedicò anche ad attività artigianali come alla costruzione di zattere, le cosiddette "bine" utilizzate dal mercato di Pisogne. Artigianato modesto in balia dell'Oglio che, come nel 1814, distrusse per ogni dove. Nel frattempo, si andava verificando un lento ma continuo sviluppo che il paese registrò specie nella seconda metà del sec. XVIII, quando anche Sacca ebbe un suo cappellano. Salvo durante la carestia e l'epidemia di tifo petecchiale del 1816-1817 che colpì anche quello che è ancora oggi considerato "el beàt cüradì de Saca", don Bartolomeo Librinelli, il paese continuò a svilupparsi rapidamente tanto che i 200 abitanti del 1817 nel 1828 salivano a 300. Nel 1819, anche per dare degna sepoltura a don Librinelli, venne eretto un cimitero in luogo di quello provvisorio. Ad esso seguì nel 1822-1835 l'erezione di una nuova e bella chiesa, nel 1826 veniva costruita fra Toroselle e Casa Bianca una nuova strada. Non si ebbero per decenni fatti di rilievo salvo la costituzione della parrocchia il 3 maggio 1932.


Nel II dopoguerra la situazione economica costrinse la popolazione ad emigrare per il 30-40 per cento in Svizzera salvo poi a rimpatriare in gran parte negli anni '60 a causa dello sviluppo industriale nei centri più attivi della zona. Intanto in luogo si andavano sviluppando attività come il commercio ambulante e quello dell'autotrasporto, specie, del tondino e poi delle più diverse merci. Grazie a questo sviluppo economico-sociale il paese andò arricchendosi di nuove strutture come, negli anni, l'asilo e il completo restauro della chiesa parrocchiale. Nel 1956 venivano benedette nuove aule scolastiche. Iniziate nel marzo 1968 le pratiche per l'erezione di un nuovo asilo infantile, si conclusero solamente nel 1974. Negli ultimi decenni Sacca ha avuto una Polisportiva considerata fra le più attive della provincia. Negli anni '70 fu presente un vivace giornalino ciclostilato dal titolo "Il mulino di casa nostra". In sviluppo anche la viabilità con l'apertura nel 1974 di una strada in valle dell'Inferno. Il 13 novembre 1983 Sacca inaugurò un proprio monumento ai caduti di tutte le guerre, costruito su progetto del geom. Sergio Benedetti.


ECCLESIASTICAMENTE la popolazione gravitò da sempre prima sulla pieve di Esine e poi sulla chiesa di S. Martino di Plemo. Per l'assistenza religiosa sia a Plemo come a Sacca, Toroselle e Casa Bianca si provvide per lunghi anni con i redditi del chiericato di S. Martino eretto nella parrocchia di Esine e che durò a lungo venendo soppresso solo nel 1927. Non passarono molti anni che l'aumento della popolazione e, specie nelle stagioni inclementi, i frequenti straripamenti del Rezio convinsero gli abitanti di Sacca ad erigere in luogo una chiesetta dedicata alla Visitazione della B.V. ad Elisabetta. Il 21 luglio 1728 alcuni degli abitanti della Sacca e "case vicine" (che allora contava una cinquantina di abitanti) tutti delle famiglie Chiarolini chiedevano al notaio Donato Federici di Esine di stendere un atto pubblico per domandare al vescovo di Brescia "di allungare e ridurre in piccola Chiesa capace, una piccola Cappelletta o Santella già esistente in detta contrada e costruita da molti anni dai loro antenati con il Titolo della Visitazione di Maria SS.", impegnandosi a costruirla, tassandosi per costituire un beneficio per mantenere in luogo un sacerdote. La chiesetta nel 1730 era in piena costruzione e, presto, si pose l'esigenza di avere un sacerdote che vi celebrasse. In seguito sempre all'assistenza religiosa si provvide il 23 luglio 1683 con la fondazione della cappellania di S. Giovanni grazie alla generosità del medico Andrea Guerini di Borno e del nob. Francesco Federici qd. Aurelio. Il cappellano era peraltro obbligato ad insegnare a leggere e scrivere oltre che ai fanciulli di Plemo anche a quelli di Toroselle e Sacca. Non passarono molti anni che con atto notarile del 6 giugno 1743 veniva arricchita, per elargizione della nob. Maria Federici, qd. Giovanni Battista, di una cappellania che la stessa benefattrice dotò nel 1749 di un legato di Messe per 18 scudi l'anno e nel 1762 di un piccolo beneficio di due prati. Il 25 aprile 1760 la signora Federici rinunciava alla designazione del Cappellano affidandola ai parroci di Esine e di Cividate e, mancando la loro designazione, al voto di ogni famiglia. Sacca ebbe da allora un suo cappellano. Nel frattempo la Vicinia di Sacca andava, nel 1746-1748, rivendicando una sua indipendenza da Plemo e da Toroselle, portando il 18 luglio 1786 alla soppressione del chiericato di S. Martino il cui beneficio veniva incorporato in quello della chiesa della SS. Trinità o di S. Paolo di Esine. Dal maggio 1788 fino alla morte, avvenuta nel giugno 1817, a Sacca visse don Bartolomeo Librinelli (1755-1817) che vi svolse intenso apostolato e grande carità verso tutti. Nell'estate del 1808 Sacca fu meta della visita apostolica del vescovo Gabrio Maria Nava.


Dopo la grave crisi prodotta nel 1815-1817 da una generale carestia, da disoccupazione e da tifo petecchiale, Sacca ebbe in pochi anni una impensata espansione demografica che convinse il cappellano don Antonio Fiorini e la popolazione a costruire una nuova chiesa, il cui disegno venne affidato all'architetto o ingegnere milanese Gerolamo Barili. Il disegno presentato nel maggio 1822 era già in esecuzione nell'agosto e procedette celermente per l'intervento dell'impresario Giacomo Pellini di Marchirolo Milanese. La storia della chiesa è così riassunta da Alessandro Sina: "Nell'anno 1829 si parla già dell'aggiustamento del battistero. Nel 1838 si stanno compiendo le opere di abbellimento nell'interno e tra l'altro vien fatta «indorare l'urna della B. Vergine». Nel 1841 è la volta del pulpito e dei banchi della chiesa, lavorati dal falegname Giovanni Giacomini di Bienno. Nello stesso anno il pittore Guadagnini Antonio termina il bellissimo quadro della Visitazione che vien collocato dietro l'altare maggiore. Nel 1843 lavorano per la nicchia di S. Rocco (la cui statua era stata scolpita in legno dal sig. Luigi Pietroboni da Vione) il falegname Guadagnini Battista di Esine, e per la «stabilidura» il capomastro Giacomo Pellini. Nel 1844 vengono date poche lire al pittore Guadagnini «per pittura della statua di S. Rocco ed aggiustamento del quadro di S. Luigi». In seguito si ordina al falegname Giacomini la soasa per la pala dell'altar maggiore, i cui ornati vengono affidati all'intagliatore Remigio Pietroboni di Vione, mentre a Luigi Pietroboni viene commessa la costruzione della tribuna da collocarsi sull'altare maggiore. Mancava ancora l'organo, per la fabbrica del quale fu scelto l'organaro Gregorio Mottironi di Cortenedolo, il quale, tra l'altro, nel 1847 riceveva un acconto di lire 49. Nel 1850 furono terminati i capitelli delle lesene; e i Pellini che avevano accettato di compierli a lire 15 l'uno, ne ricevettero il saldo. Finalmente nel 1860 furono terminati i confessionali e la bussola, opera del falegname Francesco Tottoli di Prestine".


L'erezione della nuova chiesa spinse la popolazione di Sacca ad aspirare ad una completa autonomia mettendo in discussione la dipendenza da Plemo. Sacca precedette nel 1932 Plemo nell'autonomia parrocchiale in vista del fatto che su di essa si erano andate sempre più orientando le contrade di Toroselle e Casa Bianca mettendo in discussione sempre più la originale dipendenza da Plemo. Per questo fin dal 1926 una commissione incaricata dal vescovo di dirimere la secolare questione proponeva che il reddito della Cappellania di S. Giovanni B. venisse ripartito fra le cappellanie di Plemo e di Sacca. Arbitrato, questo, sanzionato da più precise proposte il 30 marzo 1927, sfociate il 30 agosto 1927 in un decreto vescovile che esonerava il cappellano di Plemo dall'obbligo di prestare l'assistenza religiosa alla Sacca affidandola al beneficiario della Sacca, al quale venivano assegnati i 3/8 delle rendite del chiericato di S. Martino. Ciò permise la creazione il 5 maggio 1932 della parrocchia di Sacca e il 7 giugno 1939 di quella di Plemo. Eretta il 3 maggio 1932 la parrocchia fu affidata a don Giuseppe Donati di Cimbergo.


Nella CHIESA PARROCCHIALE è notevole la pala dell'altare maggiore del pittore esinese Antonio Guadagnini raffigurante la visita di Maria SS. a S. Elisabetta. Accanto alla Chiesa parrocchiale esiste ancora la primitiva, ricavata dall'ampliamento avvenuto nel 1728 di una cappella o santella precedente. Abbandonata a lungo, dopo l'erezione circa cento anni dopo della nuova chiesa, e adibita a vari usi è stata riaperta nel 1985-1986 dopo il restauro della pala che Tino Belotti tende ad attribuire ad uno dei Corbellini e nella soasa rimessa in ordine dallo scultore dalignese Onorato Ferrari. La facciata, come ha sottolineato G. S. Pedersoli, è di stile neoclassico, molto bella, con quattro colonne di stucco su alti piedistalli e quattro colonnette nei comparti laterali con nicchie rettangolari nelle specchiature e trabeazione di timpano spezzato che ricompare sopra il portale con modanatura a dentello come ha il timpano triangolare, sormontato da una croce in metallo. L'interno, a una navata, è caratterizzato dagli spazi ascensionali delle cappelle laterali, della volta a botte, molto alta, con campate definite da grandi archi e dalla cupola del presbiterio. Ha un altare maggiore in marmo sul quale è la pala di Antonio Guadagnini del 1842 (olio su tela cm. 235 x 180) raffigurante la Visitazione della B.V. a S. Elisabetta, riconosciuta come una delle opere più significative del pittore esinese. La pala è raccolta in una cornice lignea di Remigio Pietroboni di Vione e di Giovanni Giacomini di Bienno. La chiesa è adorna inoltre di una Sacra Famiglia (olio su tela cm. 100 x 132) di ignoto, di ottima fattura; Madonna con Bambino (sec. XVII) olio su tela di ignoto con cornice ovale in legno dorato; una statua lignea di S. Rocco di Luigi Petroboni qd. Tommaso, di Vione (1843). L'organo è di Gregorio Mottironi di Cortenedolo (1848); i confessionali e la bussola sono opera (1860) di Francesco Tottoli di Prestine, il pulpito e i banchi sono di Giovanni Giacomini di Bienno (1838).


EX CHIESA PARROCCHIALE, VISITAZIONE DI MARIA SS. La facciata è a due ordini con un bel portale in pietra grigia di Sarnico e cimasa a tettuccio; sopra il semplice finestrone, una modanatura aggettante risalta il timpano mistilineo. Questo portale richiederebbe un adeguato restauro, dove la pietra si è scrostata a causa degli agenti atmosferici. Campanile (sec. XVIII), a base quadrata con una finestrella senza cornici al centro delle specchiature definite da cornici rettangolari di stucco; cella campanaria inclusa tra modanature a fascia con archi a pieno centro, collocati nella parte centrale della specchiatura tra lesene tuscaniche in stucco. Serve anche per l'attuale chiesa parrocchiale che ne è priva. Il 26 ottobre 1996 il vescovo ausiliare di Brescia mons. Olmi benediva la chiesa della Visitazione che dopo decenni di abbandono, era stata restaurata.