SABBIO, Sabby, Sabbi
SABBIO, Sabby, Sabbi (da Sabbio)
Si chiamarono così i Nicolini di Sabbio, cartai e stampatori. «Il periodo preparatorio della loro impresa, scrive il Vaglia, certamente deve essere stato difficile, dispendioso e complicato per potere consentire una intensa e rapida produzione, che ha del prodigioso anche ai nostri giorni, se vogliamo considerarla in relazione alle possibilità di lavoro individuale necessario per sé e per coordinare il lavoro collettivo». Iniziati, come scrive sempre il Vaglia, a Toscolano, ai segreti della fabbricazione della carta, vennero avviati alla stampa da Paganino Paganini che da Venezia si era trasferito di nuovo a Salò e poi a Toscolano dove nel 1538, dettando al notaio Girolamo Colosini, ricordava tra i suoi collaboratori un certo Lodovico fu Bertolino de Marucco da Sabbio. Tuttavia già da anni, ma certamente dopo il 1520 (anche se altri avanzano date antecedenti, 1512, 1516, non tuttavia provate) i fratelli Giannantonio, Pietro, Stefano e Giovammaria si erano trasferiti a Venezia aprendo una stamperia dalla quale in pochi anni uscirono circa trecento edizioni. Si crede che la stamperia di "Zuane Antonio e fradeli da Sabio" fosse in Marzaria, cioè nella più popolosa via del centro di Venezia, fra la piazza di S. Marco al ponte di Rialto, detta Merceria dell'Orologio, presso la libreria dei fratelli del Jesus, dei quali erano editori.
Dal 1549 oltre che in proprio i Nicolini Sabbio continuarono a stampare per conto di editori e mercanti di libri quali i Torresani, i Garanta, i Del Jesus, i Marcolini. Come rilevano il Vaglia e altri storici della stampa: "Nella loro officina c'è una notevolissima produzione di uso corrente, ma non mancano tuttavia opere ricercate per valore ed originalità: i primi studi del Tartaglia, ad esempio, e le poesie dell'Aretino. Le loro edizioni sono per lo più in italiano e latino. Solo nel 1535 Stefano affronta la stampa in greco dei libri liturgici incorrendo però in errori dovuti a non attenta collaborazione da parte dei compositori e dei revisori; per cui Paconio Rusiano da Zacinto, con allusioni velate, lancerà contro di lui le frecciate satiriche di un libello epistola". In particolare Giovanni Antonio stampò a Venezia nel 1521 l'"Anatomia" dell'Achillini forse uno dei primi testi anatomici con interessantissime tavole a colori. Nel 1537 stampò l'"Opera dilettevole da intendere nella qual si contiene dai Itinerarij in Tartaria" di Giovanni da Pian del Carpine. Nel 1528 Stefano Nicolini (o da Sabbio) veniva chiamato a Verona dal vescovo di Verona G.M. Giberti «rifornendolo di nuovi strumenti e di caratteri molto belli, anche greci e molto manuziani» per la nuova tipografia in "Dòmo" dove stampava l'opera (in caratteri greci, dedicata a Clemente VII del 1529) «Divi Joannis Chrysostomi in omnes Pauli Apostoli epistolas accuratissime vereque aurea et divina interpretatio» del grecista veronese Bernardino Donato, ricevendo le lodi da Erasmo e da Richard Simon. Seguirono subito dopo (nel 1530) «Commentationes in omnes Psalmos» del teologo bizantino Eutimio Giovanni Zygadeno (Zigabenus) e dello stesso Giberti «Breve ricordo di quello che hanno da fare i chierici». Nel 1529 Stefano stampava «Libellus de rudimentis musices» di Biagio Rossetti, l'anno dopo «Syphilis sive morbus gallicus» di Girolamo Fracastoro. Sempre nel 1530 si stampava «Breve ricordo» (o «Memoriale breve») di Tullio Crispoldi, collaboratore del Giberti. A Verona con la ragione Stefano e fratelli Nicolini da Sabio (Stephanum et fratres de Nicolinis de Sabio), viene pubblicato il "Libellus de rudimentis Musices" (1529) del Rossetto, a spese e a richiesta dell'autore. In Venezia intanto la ditta madre con la ragione "Giovanni Antonio e Fratelli de Sabio" pubblicò la "Musica theorica" del Foliano (1529) e la "Regula murice piane" di Bonaventura da Brescia (1533).
Il successo dei Sabbio (o Nicolini) si andò rapidamente diffondendo tanto da convincere la Curia Romana ad invitare Stefano a Roma. Dal 1547 al 1556 Stefano nel colophon usava anche la qualifica di «stampatore apostolico con privilegio», e, talvolta, anche quella di «chalcographus Apostolicus». Alcune edizioni in greco furono stampate sempre a Roma presso la tipografia Blado, a cui seguirono «Contra Hereticos» o «De Haereticis fabulis» e «Divinorum dogmatum epitome» o «De Decretis orthodoxis», ritenute entrambe apocrife. Stefano Nicolini è il primo della famiglia che nelle sottoscrizioni sostituisce il cognome col nome del paese d'origine: per Stefano de Sabbio (1525, 1535, 1537, 1539), stampato per maestro Stefano de Sabio (1526, 1535, 1536), in aedibus Sthephani Sabiensis (1535), apud Stephanum Sabiensem (1536), impresso per maestro Estephano de Sabbio (1536), Sthephanus Sabiensis exudebat (1537). Oltre che stampatore, egli appare anche letterato e autore nel libro «Corona Pretiosa» (1527) "compilatum atque in luce editum ingenio et industria Stephani a Sabbio utriusque litteraturae impressoris in inclita urbe Venetorum", esemplare ormai rarissimo. Conclude il volume la notizia: «Impress. est hoc Opusc. per Jo Ant. et fratres de Sabbio, impensis Viri dom. Andreae de Toresano de Asula 1527».
La tipografia di Venezia ebbe dal 1530 al 1540 il più ampio sviluppo stampando oltre venti edizioni, fra le quali nel 1535 gli statuti della Riviera di Salò, attirando autori da ogni parte d'Italia. Nel 1550 Stefano, che si definiva anche "calcografo" operava, per i mercanti-librai di Venezia Nicolò e Domenico Del Jesus, alla stampa di venti incisioni del Dürer sulla Vita della Vergine copiate in rame dal Raimundo, siglandole assieme all'impresa" dei Del Jesus con le lettere F. e S. che il Petrucci legge: "Fratres Sabienses". Dopo la morte nel 1550 circa di Giovanni Antonio e nel 1556 di Stefano i fratelli Pietro, Giovanni Maria e i nipoti Domenico e Cornelio continuarono a stampare in Venezia fino al 1599. In particolare per Nicolò e Domenico Del Jesus i Sabbio stamparono la «De humani corporis anatomia» dell'Achillini (1521); per Andrea Cunadis, che sovvenzionò edizioni in lingua greca tra cui forse il più antico libro liturgico greco, il «Psalterio» (giugno 1521). Inoltre stamparono per l'oriundo dalmata Damiano di S. Maria Da Spici, editore di libri liturgici destinati soprattutto ai mercati del mondo ortodosso ed ellenico; inoltre per Domenico e Francesco Garanta (per i quali nel 1527 stamparono il famoso «Chaos del Tri per uno» del Folengo); per Gio. Battista Pederzani che sovvenzionò la stampa di un'opera di medicina e chirurgia; per Gio. Antonio Garufa editore di libri in greco e latino. Figurano inoltre: Nicolò D'Aristotele detto Zoppino, i fratelli Puttelletis, Lorenzo Lario, Venturino Roffinelli, Comino da Lovere, Ottaviano Scoto, Gio. Domenico De Baccolis di Portesio. Inoltre Francesco Marcolini da Forlì, grande amico di Pietro Aretino, i fratelli Marchio e Melchiorre Sessa (che lavorarono con i Nicolini dal 1530 al 1550) e fecero stampare «La vera arte de lo eccellente scrivere de diverse varie sorti de litere» di Gio. Antonio Tagliente. Lo stesso Nicolò Tartaglia fece stampare dai Sabbio nel 1537 la sua "Nova Scientia". Verso il 1550 Lodovico Sabbio si trasferiva a Brescia aprendo una stamperia, in contrada Cossere nella seconda quadra di S. Giovanni, nella casa del curato di Mompiano don Giovanni Caffon. Come scrive Luciano Pelizzari, a Brescia "arrivarono ricchi di quelle cognizioni artistiche e tecniche capaci di far distinguere l'opera loro per fisionomia e valore da altre edite dai Britannico e dai Turlino, che furono i più noti stampatori bresciani del tempo. In breve li emularono fino a potere, senza contrasti, dominare il movimento tipografico bresciano nella seconda metà del sec. XVI e nei primi decenni del successivo. "A poco a poco, scrive Ugo Vaglia, una accolta di dotti delle più diverse attitudini intellettuali strinsero intorno a sè i Da Sabbio: teologi, grammatici, filosofi, matematici, storici, patrizi curiosi e generosi, quasi tutti soci di accademie cittadine; così da potere dominare l'attività tipografica bresciana della seconda metà del sec. XVI e restare, coi Britannico, i soli tipografi al servizio della città" ove tengono bottega al servizio di vari librai editori, quali il Marchetti, Giovanni Bonola, Tomaso Bozzola, e altri, mentre la famiglia continua a stampare a Venezia fino al 1599. Nel 1544 i Da Sabbio stampano in 4° i "Carmina selecta" dell'erudito bresciano Francesco Facci. L'indicazione tipografica editoriale «apud Sabbios» ci conferma che essi avevano già una propria stamperia e propri erano i caratteri con i quali stamparono opere di carattere religioso, morale, storico, filosofico, letterario e scientifico opere che vogliono essere, soprattutto, utili, ed in questo l'attività loro assume maggiore interesse. Come sottolinea Ugo Vaglia: «Il loro programma è decisamente fermato nel presentare utili cognizioni, e non desistono dal divulgare, arditamente, i pensieri di autorevoli studiosi e di eminenti personaggi. Quantunque non esenti dai difetti del loro tempo, i Da Sabbio sanno così continuare una tradizione nella quale Brescia si era affermata fin dai primordi tendendo a espandersi anche fuori dalle mura cittadine». Conducono la stamperia Lodovico (m. forse nel 1565) che ha una libreria anche a Riva di Trento e pubblica su commissione dei Bozzola libri del Concilio di Trento. A lui come a G.B. Bozzola e Damiano Turlini venne affidata da s. Carlo Borromeo e dal vescovo di Brescia D. Bollani (v.) la stampa degli Atti e Decreti del Concilio di Trento. Stampò inoltre il "De clade ac depopulatione brixiana" (1561) di B. Teano (v. Teani o Teanio Bartolomeo). Nel 1564 Lodovico stampa l'ultimo libro a Brescia.
Ne continua l'attività il figlio Vincenzo che, come afferma il Vaglia, tenne fino al 1603 "il primato tipografico bresciano" sviluppando l'attività tipografica aiutato finanziariamente anche dal suo compaesano don Ippolito Barucco di Sabbio Chiese, da Cattanio Lodi, dal nob. Palazzo Palazzi, dal prete Caffon e dal libraio Pietro Maria Marchetti. Fu amico del ven. Alessandro Luzzago che aiutò nelle sue opere di carità stampando per lui immaginette, opuscoli, fogli volanti di vario formato. Nel periodo di maggiore sviluppo dell'azienda, nel 1573, Vincenzo aprì una tipografia anche a Bergamo, ma dopo due anni la cedette a Comino Ventura. A Milano stampò un "Messale Ambrosiano". I Sabbio specie Vincenzo stamparono anche belle edizioni musicali spesso per commissione di altri editori. Per Giovanni Antonio Degli Antoni pubblicò le Messe a 5 v. del Ruffo (1580); per Pietro Bozzola una delle prime opere del giovane Monteverdi, i Madrigali spirituali a 4 v. (1583); per i fratelli Francesco e Simon Tini (v.Tini Michele e altri fratelli) rist. il I lib. di Madrigali a 4 v. di Maddalena Casulana (1583), e per Francesco ed eredi di S. Tini l' "Armonia super davidicos psalmos" a 5 v. del Colombani (1584). In proprio pubblicò invece V vol. di musiche sacre del Falconi (Psalmodia vespertina, 1579; Responsoria, Threni Hieremiae, Turbarum voces, Voces Christi, 1580), dell'Antegnati (1581), del Canali (1581), di Didaco Mensa (1585), del Colombani (1580) e i Madrigali spirituali di Bertani e Antegnati (1585). Nel 1588 pubblica l'antologia "L'amorosa Ero rappresentata da più celebri musici d'Italia con l'istesse parole et nel medesimo tuono".
I libri stampati dai Sabbio furono ornati con xilografie e con decorazioni che esaltano scene campestri, figure mitologiche o bibliche. Di xilografie Lodovico si servì ampiamente nell'"Opera nuova che insegna alle donne a cucire, a ricamare, ecc. pubblicata nel 1530 e che è uno dei più antichi e artistici esemplari di merletti. Anche il figlio Vincenzo riproduceva stupende xilografie vantando tra i collaboratori l'incisore Bartolomeo dell'Olmo, autore dei frontespizi e degli stemmi che accompagnano le 'Rime' (1568) e i 'Carmina' (1570) degli Accademici Occulti. Gli stampatori avevano la tendenza ad usare caratteri sfarzosi e molto ricercati, non deve essere considerato esagerato o capriccioso lo studio che i migliori tipografi dedicavano all'invenzione e alla scelta dei caratteri. Coi Da Sabbio erano state introdotte a Brescia le iniziali venete decorate, dalla forma quadrata, dimensioni piccole, il fondo bianco tratteggiato (prodotto dall'unione del fondo bianco con quello nero) e, spesso, recavano vivaci scenette della mitologia. Altre iniziali avevano dimensioni maggiori (intorno ai 3,5 cm) disegnate con semplicità e con tendenza alla forma arrotondata. Una delle marche usate dai Da Sabbio raffigura un grifone appoggiato ad una tavola di legno che tiene fermo con una zampa l'anello di una catena e, a sua volta, regge una palla alata; marca usata più o meno modificata in diverse edizioni.
Ne continuarono l'attività i figli Lodovico, don Paolo Antonio (1585-1635) e Giovanni Battista (1588-1644). Il 28 febbraio 1605 Lodovico Sabbio e fratelli davanti al notaio Giacomo Filippo Angoni con i librai Tebaldini e Bozzola sottoscrivevano l'atto costitutivo di una "compagnia di far stampare libri" denominata "La Nuova Compagnia Bresciana". Dopo Vincenzo nessuno dei figli firmò col proprio nome, ma con formule come Apud Heredes Sabbi, Apud Sabbios, per li Sabbi, e simili, salvo alcuni casi particolari come Giovanni Battista che nel 1614 ristampava gli Statuti di Bagolino, ricavati da quelli del 1473, "tradotti in volgare" e aggiornati. Alla morte di Giovanni Battista (1544) al quale successe il figlio Vincenzo, l'azienda entrò in crisi e pochi anni dopo, nel 1568, cessò la sua attività. Il materiale tipografico fu acquistato dai Turlini. Epigoni della famiglia furono Cecilio e i fratelli i quali nel 1695 vendevano a Faustino Rizzardi la casa in contrada delle Cossere "dove li heredi Sabbij esercitavano la stamperia". Tra le opere più notevoli stampate a Brescia dai Da Sabbio si ricordino almeno le "Constitutiones" del vescovo Bollani del 1575, la "Historia della Riviera di Salò" del Gratarolo del 1575, il "Rituale Sacramentorum" del 1584 e alcune delle opere militari di Girolamo Cattaneo. Parecchie opere ebbero particolare fortuna e ripetute ristampe.