PRESTINE: differenze tra le versioni

[versione verificata][versione in sospeso]
m (una versione importata: Import Volume XIV)
(Nessuna differenza)

Versione delle 07:42, 28 ago 2019

PRESTINE (in dial. Prèsten, in lat. Praestinis)

Centro della media Valcamonica posto sulla riva destra del vaso Prestello, affluente del torrente Grigna, quasi in capo alla valletta che ha questo nome. È addossato al versante della valle che culmina a N nel Roccolo di Dosso (m. 859). Si trova a m. 610 s.l.m. a 67,5 Km da Brescia. Ha una superficie com. di 16.06 Kmq. La stazione ferroviaria più vicina è quella di Cogno-Esine a 8 Km.




ABITANTI (Prestinesi): 400 nel 1562, 350 nel 1603, 300 nel 1573, 422 nel 1845, 600 nel 1870, 697 nel 1886, 637 nel 1900, 833 nel 1905, 1100 nel 1934, 860 nel 1951, 900 nel 1959, 756 nel 1961, 673 nel 1971 (pop. att. 240, nell'agr. 51), 595 nel 1980, 415 nel 1989.


Nel territorio la carta I.G.M. registra le frazioni di Monte Croce Domini e Campolaro, Fonte Salice e i caseggiati Rovinati, Ronzone, e ancora le località di Calvario, Nodano, Ronfadeno, la fontana del Trabucco; le malghe: Cogolo, Fontaneta, Cavallero, Prato, Verida, Spondone, Gera alta e Gera bassa, Albergo Alpino, ecc. Alessandro Sina fa risalire le origini di Prestine al tempo degli Etruschi che avrebbero dato il nome al paese. Ma secondo l'Ertani esso deriverebbe da Breh (= ponte, palizzata, palafitta su terrapieno) e dall'iberico Düno, per cui la fonetica, dovrebbe essere Brothön. Secondo l'Olivieri invece, rifiutata l'origine da un Prestenone, deriverebbe da "prestin" (voce lombarda per "forno") mentre il Pieri lo dedurrebbe da un possibile nome etrusco "Prestine". Qualcuno ha voluto fare derivare il nome da Prae-Stoenas, in riferimento a Storo nelle Giudicarie, capitale degli Stoeni, con la quale è congiunta mediante un'antichissima via. Per Carla Marcato il toponimo pare richiamare Prestinone (fraz. di Craveggia in provincia di Novara) e quasi certamente accrescitivo di prestino, ma aggiunge che altrimenti sarà da ipotizzare un diverso etimo e potrebbe convenire un antico personale "Prestina".


Prestine si trova sull'antichissima via che da Cividate Camuno (la Civitas Camunorum) saliva da Berzo, Bienno a Campolaro, fino al Passo di Croce Domini (m. 1895) per scendere poi a Bagolino il "Pagus Livii" e Storo (l'antico Stonos capoluogo dei Liguri Stoeni). Via o sentiero, questo, preistorico come hanno confermato reperti preistorici emersi a Campolaro e altrove. Sopra Campolaro, particolarmente, in località Novale, nel 1972 è emerso un interessante strumento in selce di epoca preistorica e una placchetta con incisione filiforme raffigurante una capanna. Rinvenimenti che mettono Prestine in relazione con le stazioni preistoriche dei laghetti di Ravenole lungo il torrente Vaia. Del resto il toponimo Castelar dato ancora alla parte superiore del paese ne attesta l'antichità avvalorata dalla conformazione del terreno propria dei castellieri preistorici, in seguito poi continuamente fortificati. La tradizione locale vuole che "dopo la conquista romana, furono qui stabiliti da Roma, come pure in altri paesi, i veterani provenienti dalle regioni conquistate e forse da quelli che qui vi posero stanza, deriva la differenza fonologica della parlata, che distingue la lingua dei Prestinesi fin da quella del vicino Bienno, che pur divide in gran parte la sua origine e la sua storia con la nostra". L'Ertani, invece, ritiene che la singolare parlata di Prestine non derivi dalla lingua latina ma sia tipicamente "triumplino-camuna". In effetti la località venne sempre più abitata anche in epoca romana. Sul Dosso "I Pagà" ora denominato Castelar nel 1874 affiorarono sepolture romane con corredo costituito tra l'altro, da un ascia di ferro ed una fibula in bronzo. Si parla anche del ritrovamento di monete fra le quali una con dedica a Giove e una lapide. Secondo Gabriele Rosa fra le dieci lapidi murate agli inizi dell'800 da Giacomo Simoni nella sua casa e che poi i suoi eredi nel 1847 donarono all'Ateneo e museo di Bergamo ve n'erano di raccolte nella valle della Grigna. Per G. Rosa il nome del paese deve essere di origine longobarda, perché si ripete in Preston "nel Lankshire, fondazione degli Anglosassoni". Ad epoca longobarda secondo qualcuno o anche romana secondo altri, si sviluppò l'escavazione e la lavorazione del ferro avvantaggiata, oltre tutto, dall'abbondanza di acqua. Probabilmente in epoca franca il territorio passò nell'ambito dei beni del vescovo di Brescia, che donò terre circostanti specie a Bienno anche al Monastero di S. Faustino. Anche il titolare della parrocchia a S. Apollonio indica il collegamento con Brescia e la città. Franco Bontempi è del parere che in questo periodo sia stata oltremodo potenziata l'escavazione e la lavorazione del ferro. Ma non solo. Gabriele Rosa infatti afferma «che gli abitanti di questo alpestre sito, quantunque boscaioli caprai e carbonai massimamente, appaiono gentili ed aitanti più di quelle de' paesi vicini. La diorite (porfido verde) emergente sopra Prestine verso la rocca, simile a quella a contatto del gesso a Volpino, e della quale i selvaggi preistorici traevano martelli e macine, le ardesie e le grandi lastre di schisti che tuttavia cavansi a Prestine, designano questo sito anche come fonte di costruttori». Importante la presenza, anche sul piano economico oltre che religioso degli Umiliati, che vi ebbero una loro casa o prepositura. Si vuole che prima di cadere sotto il dominio di Brescia, non mancarono resistenze anche sanguinose. Come quella opposta da certo Nobile Bono di Piazza di Sopra che prima di cedere resistette a lungo.


Nel 1288 - 1294 Prestine fu coinvolto nella gravissima ribellione della Valcamonica contro Brescia e quello di Prestine fu tra i castelli o rocche citati dagli statuti contro i ribelli della Valacamonica emessi nell'ottobre 1288 in occasione del recupero dei luoghi e persone di tutta la Valcamonica che tra l'altro promettono adeguati compensi a chi ne procuri la resa o vi appicchi il fuoco. Il 6 luglio 1251 il capitano Maffeo Visconti emetteva un lodo «riguardante i Ghibellini di Vallecamonica «et comune de Presteno et Comune de Breno», che venivano reintegrati dai Bandi e dalle condanne esentate per un lustro da quasi tutte le imposte bresciane, con l'obbligo a Brescia di pagare ai Federici L. 2.300 imperiali; in risarcimento dei danni recati alla Rocca di Gorzone, e di rinunciare per sei anni al possesso del Castello di Montecchio, ove intendeva porre nel frattempo un reggitore estraneo». Nelle ricognizioni del sec. XIII dei diritti signorili e possedimenti del vescovo risulta che fin dal 23 novembre 1234, dalla caccia all'orso Prestine riceveva dalla Vicaria di Cividate un piede della bestia, mentre Malegno riceveva l'altro piede. Ma già da allora Prestine godeva a confronto di altri centri, dominati da intermediari feudatari, di una sua autonomia. Negli stessi anni ad esempio Prestine e Bienno non erano obbligati a partecipare alla fabbrica del ponte di Cividate, usando essi del ponte Minerva di Breno, di recente costruito da S. Obizio. Nel 1295 e negli anni seguenti il comune e gli uomini di Prestine pagavano direttamente le decime al vescovo di Brescia. Il 14 aprile 1299, in Cividate, i rappresentanti di Prestine con quelli della pieve di Cividate giuravano fedeltà al vescovo ed oltre che alla definizione e riscossione delle decime per l'uso di beni di sua proprietà si impegnavano alla manutenzione delle strade e del ponte sull'Oglio. Il Comune continuò a godere a lungo di una sua autonomia, sganciato da ogni intermediario, come dimostra l'atto con cui il 17 ottobre 1336 il vescovo di Brescia investiva "iure feudi" dei diritti di decime, nel territorio, il comune e gli uomini di Prestine dietro pagamento di un canone annuo e del giuramento di fedeltà. La stessa investitura aveva luogo il 4 dicembre 1374, il 13 giugno 1388. Il 19 maggio 1399 più specificatamente Guglielmo del fu Giacomino detto Tosino, quale sindaco e procuratore del comune e degli uomini di Prestine, viene investito di tutte le decime dei novali e veterali del territorio di Prestine e dei redditi dei boschi, prati, pascoli, castagneti, del grano, del lino, dei legumi, dei frutti e di tutti gli animali nascenti. L'investitura del comune veniva riconfermata il 21 agosto 1423. Compromessi tra Prestine e Bienno portarono ad un modus vivendi tra i paesi confinanti. Inoltre Prestine pagava decime anche alla pieve di Cividate, come da documenti del 1444. Nel 1428 anche Prestine passava nell'ambito della Serenissima alla quale rimase fedele poi sempre. Ne subì le conseguenze fin dal 1432. Lotte tra ghibellini camuni e guelfi di Prestine portarono saccheggi e distruzioni e questo fu il motivo per cui Venezia premiò Prestine, in ragione della fedeltà dimostrata, concedendo inoltre l'esenzione da ogni imposta ed onere e prestazioni. Dal 1440 alcuni paesi, tra cui Prestine, ebbero il privilegio di formare specie di piccole repubbliche confederate. Scrive il Rosa che «Bagolino e Presten confinanti coi pascoli e colle selve, sui due versanti opposti del Rondini, erano due Comuni liberi come le Andorre ne' Pirenei, e due secoli or sono s'ammirava la gente ardita di Presten». Per scongiurare il pericolo di avere in Valcamonica dei ribelli il 29 settembre 1448 il duca di Milano concedeva a Prestine la cancellazione delle controversie verso la Comunità di Valle, il riconoscimento dell'allargamento dei confini. Tuttavia Prestine fu sempre fedele alla Serenissima e per tale ragione l'1 dicembre 1448 Venezia sanciva con «ducale» la distinzione di Prestine dalla Valle nel pagamento alla Camera Erariale Bresciana. Tale favore era in funzione di mantenere in Prestine un caposaldo guelfo ad essa favorevole nei confronti della stessa Bienno e di altri comuni con vicino i ghibellini e filomilanesi. Per questo Prestine ebbe l'appoggio di Pietro Avogadro e Guglielmo Sala, i massimi rappresentanti del partito guelfo a Brescia. Nuova prova di fedeltà a Venezia Prestine la diede nel 1453 battendosi sotto la guida di Marone Ronchi e di Bartolone dei Nobili di Lozio contro i Bergamaschi e Milanesi guidati dal Colleoni, impedendo loro di appropriarsi di Paspardo ricevendone di nuovo riconoscimenti e ricompense. Ciò portò ad accesi contrasti con Bienno, riguardanti i confini e la manutenzione di una strada dal Zovo al ponte sulla Grigna. "Per atavico spirito di ribellione" come scrive R. Putelli, Prestine tenne fin dai primi decenni di dominazione veneta atteggiamenti di fiera indipendenza e contestazione sia verso i rettori di Brescia, sia verso la Comunità di Valle. Per costringere nel 1466 Prestine assieme a Lozio a contribuire alla spesa per la ricostruzione delle mura di Brescia furono necessari mesi di trattative con riduzione dei contributi. Momenti difficili si ripeterono nel 1509 quando, entrati i francesi in Brescia, i ghibellini camuni, protagonisti particolarmente quelli di Bienno, conquistarono il castello di Breno. Subito dopo i Biennesi attaccarono e saccheggiarono Prestine che venne assoggettata a Bienno e quando nell'agosto 1512 i prestinesi rivendicarono l'autonomia venne loro negata. Quando poi i Nobili di Lozio, che si trovavano nelle stesse condizioni, ottennero giustizia dal governatore francese Aubigny, i Prestinesi, forse per disprezzo della dominazione straniera e per ribadire la propria fedeltà con Venezia, non rivendicarono lo stesso trattamento. Le discussioni durarono a lungo finché nel 1532 Prestine fu obbligata a contribuire con la Valle a tutte le imposizioni presenti e future, proporzionatamente al suo territorio. Ma non fu cosa pacifica ancora per una quindicina di anni, tanto da avere sull'argomento altre decisioni dei Rettori Bresciani e del Consiglio dei Dieci ancora nel maggio 1547 e il 30 aprile 1548. D'altra parte mentre si dipanavano gli avvenimenti storici ricordati, Prestine registrava uno sviluppo economico importante offerto oltre che dalla silvicoltura e dall'allevamento del bestiame dalla lavorazione del ferro in due fucine. Come nelle altre della Valgrigna (Bienno, Berzo, Esine), venivano, soprattutto, fabbricate falci e falcetti per fienagione, padelle che venivano smerciate sul mercato di Pisogne. Negli anni '70 del sec. XVIII venivano registrate 3 fucine, 2 mulini di cui uno a 2 ruote del Comune, una sega per legnami, un torchio. Inoltre a Prestine operava come "trafficante di ferrarezza" Girolamo Trombini proprietario di una fucina. La popolazione del paese posto fuori dal traffico si infoltiva nei tempi di peste da parte di persone che vi si rifugiavano nella speranza di sfuggire al contagio. Del vecchio castello, sostituito da una casa colonica, rimangono antiche murature e le fondazioni di quella che probabilmente doveva essere una torre. Interessante il fatto che il luogo non appartenne ad un'unica famiglia ma all'intera comunità. G. Panazza scrive che «si ha ricordo dell'antico "reggio" delimitato dalla piazzetta e da due strade, con due porte affiancate a pianterreno, contornate da grosse bugne, e al di sopra l'antico balcone donde si leggevano le leggi, posto su mensole; una porticina arcuata immetteva sul balcone da un rustico locale interno». Da questa contrafforte dello spirito indipendente a fiero dei Prestinesi tenuta saldamente in mano degli "originali" partirono tutte le azioni di difesa dei propri interessi in confronto anche dei comuni confinanti. Contrasti Prestine ebbe nel 1367 per confini con Bagolino. Più gravi furono quelli con Bienno in seguito ai quali alcuni facinorosi di Bienno recarono danni ed uccisero senza che i Reggenti di Bienno intervenissero. In seguito Bienno venne condannato a pagare i risarcimenti. Nuove definizioni di confini tra Prestine e Bienno si ebbero nel 1465 e 1467. Nel 1634 si verificò quella che p. Gregorio definì una "lacrimosa Iliade" cioè una gravissima alluvione che coinvolse Prestine e poi Bienno, Berzo, Esine, Niardo. Il 17 luglio una frana che ancora si vede, tra altre minori, rovinò nella Valle delle Valli o di Crocedomini, sotto al prato rotondo in Serla, rispetto a Salice, invasandosi perchè intrattenuta da materiali enormi per aprirsi dopo tre giorni poi un varco dilagando, sradicando boschi, travolgendo ogni ponte, una intera contrada, una fucina, il molino ed erodendo l'altura sulla quale sorgeva la chiesa parrocchiale e la casa canonica che in parte rovinarono. La tradizione vuole che sulle acque turbinose galleggiasse fino a fondo valle il simulacro della Madonna che recuperato venne poi riposto nel santuari mariano del luogo. A riparare i gravi danni il 9 settembre Venezia concedeva a Prestine come a Bienno, Berzo, Esine e Niardo l'esenzione "per dieci anni dalle Gravezze, dalle decime ecclesiastiche, l'imprestito di sei mila ducati di Camera e di Biave, per valore di altri sei mila Ducati da restituirsi entro dieci anni e li quattro primi anni vacui, li altri sei a rate". Grazie soprattutto all'intraprendenza e alla tenacia dei prestinesi vennero riordinati, come scrive A. Sina i canali del molino e della fucina, e due stessi edifici, costruito un nuovo ponte in fondo al Videtto in luogo del ponte distrutto sotto al Muracone, perchè servisse a chi volea passare la valle. Riedificarono il ponte della Fucina distrutto dal torrente Degna. Tracciarono le nuove strade di Prestello e di Serla, la quale ultima ebbe principio solo nel 1650, essendo consoli Panizzo Francesco e Valtropino Antonio, e sotto la sorveglianza di due incaricati della Vicinia, Tottoli Alessandro e Trombini Orazio. L'impresa di ricostruzione dopo l'alluvione e la costruzione della nuova parrocchiale portarono p. Gregorio di Valcamonica a definire Prestine "terra di gente animosa ed ardita, ma però anco pia" riferendosi con ciò alla costruzione della chiesa parrocchiale e all'ampliamento del santuario. Alla fine del 1799 si addivenne alla divisione del patrimonio degli antichi originari di Bienno del quale comune Prestine era una frazione. Parte dei beni andò al Comune di Bienno, parte degli originari antichi, che a Bienno costituirono una società detta «dei Signori» o «dei Compartecipi» ed a Prestine la Società degli antichi originari. Queste furono un tempo le famiglie: Trombini, Tottoli, Monchieri, cui venne per benemerenza aggiunta poi la famiglia Panizzoli. Unito al comune di Bienno quello di Prestine nei tempi napoleonici acquistò la sua autonomia nel 1815.


Nel 1882 una nuova alluvione travolse argini, difese e minacciò di investire violentemente l'intero abitato. Nonostante ciò nell'ultimo decennio dell'800 si andarono delineando elementi positivi. Nel 1892 venne dagli studi del dott. Gerolamo Tempini rivalutata la Fonte di Salice (v. Salice, Salice Terme) mentre l'intraprendenza di Giacomo Trombini costruiva in luogo un albergo di 25 stanze che passò poi in proprietà ad Enrico Mainetti. Grazie anche alla rivalutazione della Fonte di Salice sulla fine dell'800 e agli inizi del '900 Prestine puntò sul turismo. Vennero costruiti e adattati tre alberghi: "Stella", "Mirto" e "Panizzoli". Essi andarono ospitando oltre a villeggianti bresciani anche mantovani e cremonesi, per i quali l'intraprendenza, in particolare, del maestro Bortolo Trombini organizzava escursioni. Ma nonostante tali sforzi in una guida del 1905 si legge «Gli abitanti emigrano da anni con fortuna e la maggior parte, al ritorno, si fabbricano la casetta; abbondano nelle valli e nei prati enormi massi erratici di granito». Nel 1905 avvenne una nuova alluvione. La I guerra contò caduti che vennero poi ricordati in un Monumento dovuto alla ditta Bonifacio di Brescia ed inaugurato il 16 agosto 1922. Una qualche influenza ebbe nel Dopoguerra il Movimento combattentistico di Guglielmo Ghislandi ma più determinante fu quella di esponenti locali come il maestro Trombini, e il comm. Lorenzo Tottoli, alto funzionario, che si dedicarono alla vita amministrativa del paese. Con R.D. del 27 ottobre 1927 (n. 2080) il comune di Prestine venne unito a quello di Bienno. Negli anni '20-'30 si verificava un certo qual risveglio e Prestine ebbe una nuova strada che lo congiunse a Bienno; inaugurata nel 1932 in comunicazione anche con la stazione ferroviaria di Cogno-Esine. Il 28 ottobre 1933 veniva inaugurato un nuovo edificio scolastico, costruito su progetto dell'ing. Angelo Tosana.


Prestine visse momenti difficili durante la II guerra mondiale e nel periodo della Resistenza. I caduti sui fronti furono dodici, ma gli avvenimenti bellici toccarono direttamente il paese dal settembre 1943 all'aprile 1945. Dopo l'8 settembre 1943 Prestine e specialmente la canonica del parroco don Luigi Albertoni fu quasi posto obbligato di passaggio per molti sbandati per raggiungere la Svizzera e fu punto d'appoggio all'attività resistenziale del prof. Aldo Gamba. Le montagne vennero frequentate da partigiani e non mancarono rastrellamenti. Lo stesso albergo di Fonte Salice venne in gran parte distrutto. Il Decreto Legislativo del Capo Provvisori dello Stato 6 maggio 1947 (n. 444) ricostituiva il Comune autonomo.


Nel II dopoguerra il paese andò lentamente spopolandosi sempre sostanzialmente isolato come un comune povero. Prestine conobbe una massiccia emigrazione verso Francia, Svizzera e Belgio. La sera del 23 settembre 1960 un violento temporale scatenava una nuova alluvione che distruggeva alberi, piante, argini e ponti. Il paese si era da poco ripreso che nel novembre 1966 subì una nuova alluvione causata dal torrente Val delle Valli. A ricordo di esso un emigrante, Luigi Tottoli, volle porre in via Ripa in sostituzione di un affresco votivo distrutto dalle acque una statua della Madonna dell'emigrante. Nel 1973-1974 veniva ampliato e sistemato il tronco stradale Bienno-Prestine prolungamento della provinciale 8 Cogno-Esine-Bienno, con svincolo della statale 42 del Tonale a Mezzobreno. Al contempo veniva progettata la Tre Valli. Venivano inoltre avviati lavori per lo sfruttamento commerciale della Fonte Salice. Tali realizzazioni tuttavia se facilitarono il turismo togliendo Prestine da un secolare isolamento non salvarono il paese da un lento inesorabile spopolamento (che portò i residenti a ridursi da 596 nel 1979 a 415 nel 1989) e che portò all'abolizione nel 1992 delle scuole elementari essendosi ridotti a 11 i bambini in età scolare. Si sviluppavano invece, fra vivaci polemiche trovandosi Prestine compresa nel Parco dell'Adamello, le zone di Campolaro e di Salice. Di Prestine furono fra Pasquale Maria (1848-1924), laico cappuccino di santa vita; il comm. Lorenzo Tottoli (v.), suor Eraide Tottoli.


ECCLESIASTICAMENTE Prestine dipese da sempre dalla pieve di Cividate Camuno dalla quale si staccò nel sec. XIV e già nel sec. XVI il rettore di Prestine non era più obbligato a portarsi il Sabato Santo alla chiesa plebana per ritirare i S. Olii. Il culto di S. Apollonio considerato principale patrono di Brescia, sembra indicare rapporti economici con il Capitolo della Cattedrale. L'influenza francescana del Convento di S. Pietro di Bienno è avvertibile dall'esistenza nel sec. XVI nella parrocchiale di un altare dedicato a S. Bernardino. Nel 1562 durante la sua visita mons. Pandolfi trovava a riguardo della chiesa "tutto in ordine". Mons. Bollani nella visita pastorale del 10 settembre 1567 trovava la chiesa di S. Apollonio consacrata anche se non vi si conservava il SS. Sacramento. Interessante la segnalazione dell'esistenza di una chiesa in Campolaro ma quasi distrutta. La vitalità religiosa della parrocchia è dimostrata dall'esistenza nel 1573 di una Disciplina con 32 confratelli, e di una Confraternita del SS. Sacramento (circa 130 confratelli). Ad esse nel 1603-1613 si aggiungevano le confraternite del Nome di Dio, del S. Rosario, e della B.M. de Victoria. Un aiuto alla parrocchia venne dalla Società degli Antichi Originari che si accollò il mantenimento di un curato. Sotto il parrocchiato di don Reccagni sorsero gli oratori femminile e maschile e si formò una piccola banda musicale. Solennemente partecipata, l'ultima domenica di luglio, la festa del Redentore, con processione con la statua acquistata nel 1908. Particolarmente sentite le feste dell'Immacolata, di S. Monica, di S. Luigi. Grandi feste si tennero nel novembre 1908 per il Giubileo Sacerdotale di Pio X presente mons. Angelo Antonio Fiorini vescovo di Pontremoli. Zelante fu don Giovanni Mariotti. "Pieno, scrive chi lo conobbe, di grande bontà", studioso, di carattere rude, ma ricco di doti umane. Si deve a lui la chiamata il 16 novembre 1926 delle Suore Canossiane di Rovato, l'istituzione dell'oratorio e delle classi di catechismo femminili. Intensi ed esemplari si succedettero i parrocchiati della seconda metà dell'800. Esempi di integrità sacerdotale e di zelo lasciarono don Stefano Tovini (1845-1864), don Reccagni, don Avanzini. Impulso apostolico secondo le esigenze del tempo venne da don Giovanni Maria Mariotti (1913-1937). Un buon sostegno alla vita parrocchiale venne dal 6 luglio 1937 dalla presenza dei padri Barnabiti che aprirono una casa donata all'Ordine da Virginia Francesconi. Ma l'impulso più determinante alla vita della parrocchia venne da don Luigi Albertoni. Grazie ad una donazione dell'arciprete mons. Zani il 21 luglio 1938 veniva inaugurata in Campolaro una nuova cappella. Ma l'opera più importante intrapresa dal parroco don Albertoni fu il prolungamento ed ampliamento della chiesa parrocchiale terminato nel dicembre 1938. La partecipazione della popolazione venne resa con efficacia da don Carlo Gnocchi che ebbe a scrivere nel 1939: "Avevano ragione quei quattro alpigiani, che ho trovato sulla piazza del paese, gambe penzoloni sul muricciolo e pipa in bocca, di fasciare con sguardo di tenera dimestichezza quella loro bella e grande Chiesa, tutta già così bella al nuovo sole di agosto". Sotto il parrocchiato di don Luigi Albertoni la vita ecclesiale si è arricchita di tutti i rami dell'A.C., delle opere missionarie. A don Albertoni si deve anche la costruzione nel 1939 della canonica, la costruzione nel 1940 di una colonia montana, di una casa per studenti (Casa Aldo Marcozzi) affidata ai padri Barnabiti, la costruzione del nuovo Cimitero, il restauro, nel 1950 del santuario della Madonna delle Consolazioni. La II guerra mondiale interruppe la serie delle opere, ma non arrestò lo slancio sacerdotale del parroco che fin dal settembre 1943 aprì la sua casa ad una famiglia di ebrei, ospitò prigionieri alleati in fuga verso la Svizzera, protesse partigiani e resistenti. Arrestato il 23 novembre 1944 a Tirano e incarcerato a Sondrio dopo 18 giorni veniva rilasciato. Dal novembre 1947 al 20 giugno 1948 venne edificato un edificio per i piccoli sordomuti dell'Istituto Sacra Famiglia di Cremona. Venne inoltre restaurato il Santuario della Madonna, inaugurato il 10 gennaio 1951. Nel 1958 don Albertoni poteva inaugurare nuovi affreschi fra i quali le stazioni della Via Crucis nella parrocchiale, opera di Oscar di Prata e di Giacomo Olini. Nel 1962 veniva inaugurato il campo sportivo e benedetta la nuova grotta della Madonna di Lourdes.


PARROCCHIA DI S. APOLLONIO. La vecchia chiesa parrocchiale era situata quasi a picco, all'altezza di più di 10 metri sul torrente che scende dalla Valle delle Valli con le sue acque ingrossate da quelle di Degna. Si trattava di una bella chiesa comoda, capace, con un bel rosone in facciata, due porte, l'altar maggiore adorno di una bella pala e due cappelle una dedicata alla Madonna, l'altra a S. Bernardino, un campanile con una sola campana che probabilmente è ora la maggiore delle tre campane collocate sul campanile del Santuario della Consolazione, salvata dalla avvedutezza del Parroco, nella requisizione delle campane in tempo di guerra. Poco lungi dalla Chiesa sorgeva la casa Parrocchiale. Non vi è riferimento all'esistenza nella vecchia chiesa parrocchiale ad una statua che la tradizione vuole abbia galleggiato sulle acque alluvionali. Nel 1578 invece esisteva sull'altare della B.V. solo un "pallium" che serviva sia per pala d'altare che per stendardo nelle processioni. La chiesa venne poi ingrandita. In gran parte distrutta dall'alluvione del 1634, che ne erose le basi, venne per forza maggiore completamente abbattuta per costruirne intorno al 1668 una nuova in luogo più sicuro, a fianco del monte, mentre per qualche anno i fedeli frequentarono il santuario della Madonna. La chiesa venne consacrata nel 1669. La chiesa venne affrescata da Beppe Grimani di Castro nel 1938, all'epoca ventisettenne, che nella volta del presbiterio raffigura S. Apollonio in gloria, nella parete di sinistra il profeta Elia, in quella di destra Davide che riceve nel Tempio i pani della preposizione. Lo stesso pittore raffigurò nella volta della navata, in grandi medaglioni l'Annunciazione, la Visita di Maria SS. a S. Elisabetta, la Natività e la Disputa di Gesù nel tempio. "Sono affreschi, sottolinea Bertolini, di colore molto vivace che danno un'aria di gioiosa primavera". Entrando, a destra il primo altare è dedicato alla Madonna del Rosario. Raccolta in una ancona lignea dorata settecentesca è la Statua della Madonna col Bambino e attorno, i Misteri del Rosario; affiancano l'altare due affreschi di Oscar Di Prata raffiguranti la Madonna con Gesù adolescente (a destra) e la morte di S. Giuseppe (a sinistra). L'ultima cappella a destra ha un'ancona lignea dorata del Settecento che contiene una Madonna col Bambino, dorata, policromata, ed ai lati i quindici quadretti dei misteri del S. Rosario. I quadretti sono del Settecento di un autore che ha certo visto il Canaletto e i Guardi ai quali si ispira mettendo qua e là delle pennellate o puntini bianchi, «sfavillii di luce» direbbe il Longhi. Tele rubate nella parrocchia la notte del 12 aprile 1973 vennero trovate il 25 giugno seguente. L'altare maggiore particolarmente solenne ed ornato assieme alle balaustre è in marmi policromi, diritto, eseguito dalla ditta Comana di Bergamo nel 1938. Nel paliotto, in marmo bianco, è rappresentata l'Ultima Cena. Sui lati del presbiterio fanno mostra due belle edicolette per le reliquie. L'ancona dietro l'altare maggiore come sottolinea A. Bertolini, è lignea, di imitazione settecentesca, così come gli stalli del coro. Essa ha colonne cilindriche intagliate a tortiglione con foglie e bacche; capitelli corinzi. A lato delle colonne sono intagliati fiorami, angioletti, volute. L'arco dell'ancona è a tutto sesto e il timpano è spezzato e porta due angioletti musicanti; nel campo è scolpito il pellicano. La pala è del Seicento, bella, di autore ignoto. Rappresenta la Madonna col Bambino in gloria, S. Apollonio e S. Filastrio, i compatroni della chiesa, S. Giuseppe, S. Domenico con numerosi Angeli e Cherubini. È dipinto anche, in piccolo, il Santuario della Madonna. Ai lati dell'ancona sono due dipinti, su tela di circa m. 1.00 x 2.00, che rappresentano i Santi Faustino e Giovita del pittore Salvetti di Breno. L'altare del lato di sinistra intarsiato con marmi policromi ha una bella pala dell'Ultima Cena (m. 2 x 1.30) attribuita a Mauro Della Rovere detto il Fiamminghino che è stata invece assegnata da Felice Murachelli a Pompeo Ghitti di cui egli lesse la firma con la data 1672. È racchiusa in una ancona in stucco con colonne cilindrate in nero con capitelli corinzi con timpano ricurvo con sopra due angeli musicanti. Ai lati dell'ancona, come ha annotato A. Bertolini, sono affrescate due scene, di cui una rappresenta l'incontro di Melchisedec che benedice Abramo; l'altra rappresenta un Angelo con la navicella; sulla destra è la scena dell'asino adorante il SS. Sacramento e un Angelo col turibolo. Sono affreschi del '600, belli, forse del Fiamminghino. Sulla volta della cappella, che ha un arco a tutto sesto, sono dipinti il Padre Eterno, S. Maddalena e un'altra Santa. Sono affreschi buoni, della fine del '700, di autore ignoto. L'organo, della metà dell'800, venne rimesso a nuovo nel 1938 da don Gioacchino Mazza. Nel gennaio 1908 veniva benedetta una nuova statua (m. 1.25) del Redentore della ditta Nardini.


SANTUARIO DELLA NEVE O DELLE CONSOLAZIONI. Sorge alto sopra il paese e la valle, adagiato su una forte roccia che si butta a picco formando un poggio aereo, sull'antica strada che sale da Bienno. Antichissimo, probabilmente del sec. XV, è un vero gioiello d'arte per gli affreschi votivi che adornano le pareti raffiguranti più volte la Madonna e santi, dalle splendenti aureole. Nel 1567 aveva anche un altare dedicato a S. Rocco. Nel 1573 era denominato della Madonna del Corno, era già consacrato assieme all'altare maggiore e vi si celebrava il sabato. La tradizione popolare attribuisce alla Madonna fatti miracolosi come quelli che sarebbero accaduti durante la ricordata l'alluvione del 7 luglio 1634 e di cui don Sina ha raccolto una testimonianza dalla viva voce del popolo che racconta come sulle tumultuose acque che tutto travolgevano e sulla distrutta chiesa fosse riapparsa la statua della B.V. che in essa veniva venerata la quale sempre galleggiando attraversò i territori di Bienno e di Berzo andandosi a posare nelle vicinanze di Esine. Da qui venne poi dal popolo prestinese ricollocata nel santuario. Dopo l'inondazione del 1634 venne ampliato e servi per qualche tempo da parrocchia. Negli stessi anni venne eretto il campanile. A. Bertolini lo dice bello «con paraste verticali, agli angoli, e fasce orizzontali in conci di granito». L'edificio non presenta rilevanti attrattive architettoniche salvo il portale in arenaria di Sarnico, ben lavorato con timpano diritto e spezzato che reca la data MDCXXXX posto evidentemente quando il santuario venne ampliato di una campata. Il Portichetto appoggiato al lato di sinistra dell'edificio è ad arco a tutto sesto ed è interamente affrescato. Ad Occidente è raffigurata la Madonna col Rosario e Santi e la data 1718. Sull'arco a oriente è raffigurato a sinistra S. Apollonio che predica e, a destra, la B.V. e S. Antonio. Sono d'ignoto autore. Nel centro della volta è affrescata, in un rotondo e grande medaglione, la Nascita della Vergine, nei peducci sono: la Visitazione e l'Assunzione a sinistra; a destra sono l'Annunciazione e l'Immacolata. Nel riquadro di sinistra sono S. Antonio Abate e S. Gregorio Magno; nel riquadro di destra sono scomparsi gli affreschi. Sulle spalle dell'arco che divide la navata dal coro sono a sinistra S. Valentino, a destra S. Rocco. Tutti questi affreschi, rinchiusi in eleganti cornici a stucco possono essere, per la finezza del disegno e la vivacità dei colori, del Paglia, o di un suo allievo. L'interno è ad una navata a volta di crociere in tre campate. Sulla parete di destra si vedono numerosi ex voto raffiguranti S. Sebastiano, la Madonna in trono col Bambino, S. Rocco, S. Caterina, S. Antonio Abate. Nella campata di mezzo si trova una Madonna in trono con Bambino, e un dipinto, assai posteriore, che rappresenta la Visitazione e che rassomiglia, come asserisce A. Bertolini, alla scena analoga di S. Maria Elisabetta di Artogne e quindi fa pensare essere un'opera di un seguace di Callisto Piazza. Alcuni ex voto portano il nome Trombini e la data 1480. Vi è inoltre una grande ancona lignea recante al centro una statua di S. Rocco della fine '500 e sulla cimasa una deposizione in cui domina come soggetto raro e originale la Madonna in deliquio sostenuta dalle tre Marie con ai lati i S.S. Giovanni Ev. e Rocco. Ci sono inoltre una "Visitazione" attribuita ad un seguace di Callisto Piazza, ecc. che il Mazzini, il Ferrari e il Panazza sono concordi nell'attribuire al cosiddetto Maestro Erratico e che al Panazza richiama la Madonna dell'Umiltà, esistente nel salone dell'ex Camera di Commercio di Brescia ma, come scrive Gaetano Panazza, "ingrandita e arricchita", con uno schema però che riprende anche le forme che già si erano viste nel maestro di Montecchio, ma con altra sensibilità plastica. L'affresco è interessante anche per i copricapi e le acconciature femminili. Sull'arcosoglio sono affrescati, a sinistra, S. Valentino e a destra S. Rocco. Il coro originariamente quattrocentesco, venne rifatto nel sec. XVII, come scrive A. Bertolini, con volta a vela a tutta monta con eleganti medaglioni a stucco (che fanno pensare ai Corbellini) che contengono affreschi, probabilmente del Paglia. Medaglioni a stucco sono anche sulle pareti laterali e sulle spalle dell'arco che divide il coro della navata. Vi sono raffigurati episodi della vita della B.V. Maria. Nel coro fanno da ancona due affreschi quattrocenteschi riscoperti nel 1948 e restaurato da Tino Belotti. Quello superiore raffigura una drammatica Crocefissione con ai piedi la Madonna e S. Giovanni secondo il Panazza di impronta mantegnesca, quello inferiore, raffigura la Madonna della Misericordia. Scrive A. Bertolini: "Sulla parete sinistra, di pregevole fattura, è la Madonna col Bambino ed il vecchio Simeone, poi un'altra Madonna che allatta il Bambino. Il trono ove è assisa la Madonna è molto lavorato con intagli di guglie gotiche, di architettura simile a quella degli affreschi della cappella del cimitero di Erbanno. Le aureole delle Madonne, annota il Bertolini, dei Santi e degli Angeli in questa chiesa, sono tutte, oltrechè incise, anche dorate, cosa che non si riscontra in nessuna altra chiesa della Valle". "Nella seconda campata, sottolinea ancora il Bertolini, è ancora un affresco assai posteriore, probabilmente della metà del Cinquecento, che rappresenta la Madonna con Bambino ed i Santi Valentino e Maurizio. In calce vi è una iscrizione con la data, purtroppo illeggibili". Il santuarietto fu sempre al centro delle cure dei prestinesi tanto che le campane furono fuse nello stesso paese. Restauri furono eseguiti nel 1950, «anno mariano» per intervento del prof. Tito Anselmi di Milano che ha restituito il prezioso documento d'arte al suo splendore. I restauri furono inaugurati il 15 agosto dello stesso anno e sulla fronte del tempio venne posta la scritta «Templum B.V. Mariae a Consolatione» mentre su una parete esterna ne fu posta un'altra che suona: «Antichi affreschi venerandi testimoni della fede di Prestine coperti nel 1700 da intonaco ritornano in luce nel tempio restaurato in onore di Maria S.S. della Consolazione. Anno santo 1950».


CHIESETTA DI CAMPOLARO. Una chiesa molto antica era già cadente ai tempi della visita del vescovo Bollani nel 1565. L'attuale venne costruita per iniziativa del parroco di Prestine don Luigi Albertoni e venne inaugurata il 25 luglio 1937. Diroccata la prima chiesetta, nel 1993 per iniziativa di privati (specialmente di Francesco Bellini, Lucia e Rosella Pedretti) e su progetto del geom. Gabriele Bandini, ne venne costruita una nuova in acciaio rivestito di sassi del luogo, su terreno donato dalle famiglie Cominini e Tottoli.


CHIESETTA MADONNA DEGLI ALPINI. In Bazena. Attigua al rifugio Carlo e Filippo Tassara a 1.700 m. Il 9 settembre 1990 sulla chiesetta venne posta e benedetta una scultura bronzea raffigurante la "Madonna degli alpini" dello scultore Federico Severino e donata dal dott. Giuseppe Camadini.


FESTE: celebrata solennemente fino a pochi decenni fa, era la festa del Redentore. Sopravvivono oggi la festa patronale di S. Apollonio (7 luglio) e quella della Madonna della Consolazione (8 settembre).


ECONOMIA. Franco Bontempi riconosce a Prestine e alla valle della Grigna in generale un ruolo singolare nella struttura economica valligiana per l'integrazione fra l'economia silvo-pastorale e siderurgica. Praticata anche la caccia, compresa un tempo quella all'orso e al lupo. Probabilmente già dall'epoca longobarda erano in attività miniere cui seguirono le prime fucine. Proprietari di fucine erano i Fantoni che avevano costituito anche un rilevante negozio per il commercio dei prodotti specialmente sul mercato di Pisogne. Su di esso gravitavano i Tottoli, i Trombini, i Valtrumplini, i Panizzoli, i Romelli. Le fucine di Prestine erano in Prada. Produzione e commercio del ferro andarono ristagnando negli ultimi decenni del sec. XVIII in concomitanza con la crisi della Repubblica Veneta. Oltre al negozio Fantoni Bontempi, ebbero un ruolo commerciale i Tottoli. Carbonili nel sec. XVIII e nell'800 erano in località Faiet, Faiet di dentro, Sareto, Splasane, Paghera, Chamidino, Val Serone, Plagna Rainella, Tremiache, Saiote, Castalas. Attive anche alcune cave di gesso. Il crollo dell'economia alpina e la crisi agricola portarono ad una crescente emigrazione locale verso Breno e Piancogno e all'estero, specie verso la Francia.


PARROCI. Jacobo Tutibullis (?); Nicolino di Vaprio Milanese (nom. 7 novembre 1380); Giacomo Ore di Prestine (nom. 1399); Giov. Maria Trombini di Prestine (beneficiale, nom. 11 agosto 1461); Laffranco dei Socii di Pontedilegno (1562-1563); Martino o Martire Calini (4 aprile 1563 - rin. 9 agosto 1569); Appollonio de Apolloniis di Prestine (9 agosto 1563 - 4 giugno 1602); Lelio Arrigoni Mignani (1602 - rin. 3 marzo 1606); Giov. B. Agostani di Capodiponte (1600 - rin. 1 gennaio 1607); Giovanni Balzarini di Vione (15 gennaio 1607 - 17 dicembre 1632); Giovanni Bertoli di Bienno (29 aprile 1633 - m. 8 giugno 1658); Faustino Fantoni di Bienno (5 luglio 1658 - M. nel febbraio 1669); Giov. B. Panteghini di Bienno (3 gennaio 1665 - m. nell'agosto 1716); Giuseppe Maria Rizzi da Bienno (30 gennaio 1717 - m. 26 aprile 1751); Francesco Frassi di Solato (29 aprile 1772 - m. 17 aprile 1796); Giacomo Casagrandi di Palazzolo (12 luglio 1793 - m. 15 aprile 1827); Antonio Chiodi di Corteno (31 maggio 1827 - m. 23 maggio 1837); Domenico Comensoli di Ceto (17 ottobre 1837 - m. 1844); Stefano Tovini di Cividate Camuno (6 giugno 1845 - rin. 1864); Angelo Panizzoli di Prestine (6 giugno 1864 - rin. nel 1869); Maifreo Rossi di Rovato (18 agosto 1869 - m. 1878); Guglielmo Avanzini di Bienno (1878 - m. novembre 1906); Giuseppe Reccagni di Villa di Gussago (7 luglio 1907 - m. 13 ottobre 1909); Giovanni Maria Mariotti di Odecla di Malonno (10 giugno 1910 - m. nel 1937); Luigi Albertoni di Santicolo (25 gennaio 1937 26 settembre 1970); Santo Matteo Ongaro (21 ottobre 1970 - 3 dicembre 1978); Paolo Ravarini (13 gennaio 1979 - 1 ottobre 1984); Giovanni Giuseppe Figaroli (dall'1 novembre 1987).




SINDACI dall'anno 1947: dal 26/10/47 al 1/06/52: Francesco Monchieri fu Luigi; dal 2/06/52 al 14/08/53: Antonio Poli fu Antonio; dal 15/08/53 al 14/12/55: Angelo Romelli; dal 15/12/55 al 9/06/56: Francesco Monchieri; dal 10/06/56 al 12/11/60: Giuseppe Tottoli; dal 13/11/60 al 5/12/64: Alessandro Monchieri; dal 6/12/64 al 21/5/67: Giuseppe Tottoli; dal 27/8/67 al 27/6/70: Massimiliano Imperadori; dal 28/6/70 al 9/7/75: Giacomo Monchieri; dal 10/7/75 al 7/6/90: Augusto Trombini; dall'8/6/90: Aldo Monchieri.