PALOSSO, Pallozio, Pallozzo, Pallodio, Palòt

PALOSSO, Pallozio, Pallozzo, Pallodio, Palòt (in dial. Palòsh)

Monte a NE di Concesio tra Carcina e Lumezzane a m. 1157 s.l.m. Tutto a bosco ceduo e tondeggiante è l'ultima cima a occidente di quella lunga cresta che separa la Valgobbia da Caino, Nave e Concesio e che ha inizio col monte Doppo (m. 1216) e prosegue poi con la punta di S. Giorgio (m. 1125), il monte Calone (m. 1119), il Dosso Vallero (m. 1068) e il monte Predosa (m. 1077). È questo il punto di incontro dei territori comunali di Nave, Concesio, Villa Carcina e Lumezzane. Lo sguardo dal Palosso nelle giornate terse, abbraccia un vasto panorama, compresi i lontani Appennini e, in giornate terse le Alpi, compresi il Bianco e il Rosa. Anche se qualcuno per spiegare il nome è ricorso addirittura a termini pre-indoeuropei o liguri nella più ovvia etimologia significa monte Paludoso, onde Palòs (come nel trentino Palù e nella toponomastica bresciana Pavù, poi, per es. Pavone). Il monte Palosso difatti costituisce nel suo versante settentrionale il principale contributo acquifero della valle di Lumezzane, donde proveniva l'antichissimo acquedotto romano di Brescia, essendo quel monte di proprietà del municipio bresciano, come rimase poi per tutto il Medioevo il gagium o bosco comunale della città di Brescia, nella quale tutti avevano diritto a fruire del legnatico o del pascolo, cioé degli usi civili di far legna e di pascolare il bestiame. Altri hanno pensato invece ad altro termine per indicare una cima erbosa adatta al pascolo. Di rilievo le grotte che si aprono nei fianchi del monte di certo interesse speleologico esplorate negli ultimi decenni del sec. XIX. Nel fianco del monte Palosso sopra Sarezzo nella seconda metà del sec. XIX venne scavata calcite usata come fondente negli stabilimenti Glisenti. Alle falde del Palosso digradanti a mezzogiorno su Cortine di Nave, in località Prada è venuta alla luce una necropoli romana. Il monte costituì con il monte Denno (Maddalena), la risorsa di legna da ardere e per costruzione per la città di Brescia e per questo è diffusamente menzionato nel Liber Potheris nel 1225 «Palozio», nel 1226 «Pallodio»; nel 1232 «Pallotio», «montis Pallotiis», «monte Pallozii»; nel 1470: «monte Denno nec Pallocii». Il Palosso, con il monte Denno (Maddalena), e Costalunga era custodito fin dall'epoca medioevale e ancora nel sec. XV da sette conservatori dei beni comunali mediante la sorveglianza di ispettori, custodi o campari salariati dal Comune di Brescia. E ciò perché non mancasse agli abitanti legna da ardere e da costruzione. Ciò richiamava il 28 luglio 1469 le provvisioni comunali. Anzi nel 1475 veniva concesso agli abitanti di Nave il possesso assoluto di quei tratti della selva Palot di proprietà dei cittadini di Brescia che fossero stati dissodati da venti anni, e, con piccolo tributo, di quelli dissodati più recentemente. Non solo ma pochi anni più tardi i Comuni di Nave, Carcina, Sarezzo andarono usurpando pascoli e boschi come avvertono provvisioni del 18 aprile 1483, del 18 luglio 1484 e varie altre ducali. Nuovi capitoli per la custodia di pascoli e boschi che però non fermarono le usurpazioni vennero emessi con Provvisione del 14 dicembre 1499. Per la posizione privilegiata nella I guerra mondiale vi venne piazzata una postazione di cannoni ed "i carm" si chiama una località specifica. Anche durante la II guerra mondiale vi fu collocata una batteria contraerea. Del resto una larga mulattiera sul versante occidentale si chiama ancora la "via dei soldàcc" .