OROLOGI, orologiai

OROLOGI, orologiai

Il primo orologio pubblico conosciuto sembra quello della torre di S. Eustorgio a Milano che viene nominato in documenti del 1305 ma che qualcuno fa risalire al 1306. Maggior fama ebbe, in verità l'orologio posto sulla torre del palazzo dei Signori di Padova nel 1344 da Jacopo Dondi soprannominato "Horologius". Quanto agli orologi da tasca sembra che uno dei primi sia stato quello donato nel 1360 a Carlo V, Re di Francia. Rinomatissimo è l'orologio di palazzo Obizzi a Vienna (Schulof, 2).


Non è possibile sapere quando i primi orologi pubblici comparvero in città. Ne dovettero esistere comunque già nel sec. XIV a quanto rivela un documento dell'archivio Malatestiano di Fano dei primi anni del 1400, il quale contiene l'ordine di pagamento ad un fabbro per aver rifatto alcuni pezzi (che vengono descritti) di un orologio pubblico a ruota. Accenni ad un orologio pubblico ricompaiono nella Provvisione del 10 ottobre 1436 richiamata in suoi studi da Agostino Zanelli e nella quale si legge che avendo i Rettori deliberato di far costruire nella torre di Porta Bruciata un orologio con la sfera (raza) come si usava in altre città, il Consiglio (il 10 maggio 1437) affidava il lavoro al maestro Domenico da Caprinzolo, abitante a Salò, il quale promise di seguirlo e di metterlo a posto per 14 ducati, eccettuata però l'indoratura della sfera e le altre pitture necessarie a tale fabbrica. Ma siccome in quel tempo si veniva costruendo sulla Piazza grande, che era stata opportunamente liberata di molte casette, una Loggia, così gli anziani pensarono di ornare la piazza verso oriente «col far innalzare sulle mura della cittadella nuova oltre alla fossa un orologio sopra di una torretta», la quale doveva pure portare una campana per le ore: così si sarebbe soddisfatto anche il desiderio dei Rettori, i quali insistevano perché si sollecitasse il lavoro della raza da porsi in Piazza grande a decoro e vantaggio della città.


Però la deliberazione, come tante altre, rimase senza effetto per parecchi anni. Fu solo nel 1447 che, finiti la guerra, l'assedio, la peste e la fame, che avevano straziata la città, il Consiglio Generale poté ritornar a pensare anche agli orologi e, considerando come non solo nelle altre città, ma perfino in molti castelli del territorio veronese, padovano e vicentino, si fossero costruite nelle piazze delle raze, come il volgo soleva chiamarle, con l'orologio, per cui si potevano conoscere e distinguere le ore anche senza il suono delle campane, considerando che l'orologio già ordinato nel 1437 era quasi costruito e pagato, che era pure fatta già la torricella, e che finalmente il compimento dell'opera avrebbe recato decoro e vantaggio alla città e piacere ai forestieri, con Provvisione dell' 11 ottobre 1447 si deliberò di far fare anche la raza con tutti i suoi annessi e con le relative pitture, e che accanto ad essa fossero dipinte le armi dei Rettori e del Comune di Brescia. Ma nuove difficoltà sopraggiunsero. Cominciò l'artefice a dichiarare che l'orologio era quasi pronto; non mancargli che una ruota la quale in otto giorni sarebbe stata ultimata, e che egli era pronto a fare quanto aveva promesso, ma reclamava il pagamento della parte di somma che ancora doveva avere sui 38 ducati pattuiti. Il Consiglio a sua volta con Provvisione del 14 nov. 1447 contestò che la somma pattuita era di 34 ducati solamente, e del resto, siccome fino ad allora non s'era concluso nulla, così voleva che egli combinasse il congegno dell'orologio in modo tale che la stessa campana servisse pel suono delle ore e per indicare il mattutino, diana, terza, nona, vespero e completa, suonando a distesa per tutto il tempo che occorresse per andare dal palazzo del Podestà a S. Agata. La controversia veniva accomodata dal Podestà il 10 nov. 1449 fissandosi il compenso nella somma complessiva di 50 ducati.


Con tutto ciò l'orologio e la sfera nel 1454 non erano ancora a posto! In quest'anno venivano incaricati dal Consiglio due cittadini, Aloysius de Stella e Franciscus de Bonis, per contrattare con un altro maestro, valentissimo nella medesima arte, per la raza e l'orologio ed altri meravigliosi (mirabilibus) ornamenti da lui promessi. E l'anno successivo il 22 agosto 1455, si conferiva ad altri ampio mandato di fiducia sia per tutti i provvedimenti necessari al collocamento dell'orologio sia per ritrovare il denaro occorrente per simile spesa. L'incarico venne affidato ad un famoso mastro francese che lavorava con Antonio de Bernardi da Cremona; il primo detto m. Francigene, disegnò la razza (il quadrante) ed il secondo costruì il meccanismo. Questo orologio si vede in una tarsia della chiesa di S. Bartolomeo a Bergamo e in un affresco del Ferramola conservato a Londra. E il 27 novembre i delegati riferivano che alcuni buoni cittadini della contrada di Mercato Nuovo della cittadella si offrivano di dare cento lire planet purché ordinassero che in ogni mercoledì si potesse fare un pubblico mercato sulla detta piazza come il sabato se ne teneva uno nella piazza detta de terzanis. Il Consiglio acconsentì considerando che ne sarebbe venuto vantaggio alla città e che in tal modo si sarebbe potuto avere il danaro per pagare l'artefice, che, creditore ancora di una buona parte della somma pattuita, non cessava di molestare ogni giorno i deputati, ed aveva ragione. Ma, come sostiene Fausto Lechi, le cose non procedettero molto chiare se nel 1459 e 1460 si stringono accordi e si pattuiscono i prezzi con Antonio Pesarolis per costruire l'orologio agli ordini dell'ingegnere Lombardi. Nel 1464 un forestiero, secondo il consigliere Giovanni Roberti, si impegna a restaurare l'orologio della piazza in modo che l'immagine della Vergine e dell'Angelo «exeant et motus animationis faciant». Non se ne fa nulla ma con provvisione del 31 ottobre 1481 si richiama la necessità di completare l'orologio e si prendono accordi con Andreolo marengone da Urgnano, per ultimare i lavori della «razza» che era stata incominciata da un maestro francese da Rezzato, che è forse quel Paolo Gennari pure di Rezzato che viene dallo Zamboni ritenuto come l'autore di un nuovo orologio su incarico del Consiglio Generale del 1543 e finito il 4 dicembre 1546. Da ciò si vede che i nostri buoni avi di quel secolo fortunoso procedevano coi piedi di piombo. Con provvisione del 9 agosto 1501 l'Orologio veniva affidato insieme a quello della Pallata a maestro Falco "peritissimo in geometria e aritmetica" cui nel 1504 seguiva maestro Paolo.


Frattanto di fronte al torricello andava sorgendo, lentamente anch'esso, uno dei palazzi municipali più belli del mondo: la Loggia. La piazza nuova, che noi poi chiameremo vecchia, si andava formando; la fossa, che lambiva il muro della Cittadella nuova, era stata coperta e dopo la terribile burrasca del primo ventennio del Cinquecento, si poteva procedere più alacremente a dar forma architettonica anche al lato di mattina. Nel 1533 il Comune fece aprire la via pedonale che doveva addurre direttamente al Broletto, senza fare il giro di porta Bruciata e Lodovico Beretta la disegnò completa, coi negozi e tutto e ne uscì un delizioso scampolo delle Mercerie di Venezia. Questa strada si apriva sulla piazza della Loggia con l'attuale grande arco sul quale si doveva applicare un nuovo orologio che è poi quello oggi felicemente restaurato. Antichi cronisti non sono d'accordo sul nome del costruttore del meccanismo, chi dice Pietro Fanzago di Clusane, chi il Padre Gerolamo Lodovico Barcella di Chiari; certamente tutto l'insieme è abbastanza ingegnoso perché, se si osserva bene il quadrante, in esso sono segnate, non soltanto le ore, ma anche le fasi della luna e la posizione del sole, che passa nel giro delle costellazioni dello zodiaco. Più semplice il congegno per mezzo del quale due rozze statue di ferro battono le ore col martello sopra la campana, lassù in alto, sul fastigio. Questi, che i bresciani chiamarono scherzosamente «Tone e Batesta» o anche «I macc dè le Üre» rappresentano forse i nostri operosi artigiani del ferro. Finalmente nel 1547 Giangiacomo Lamberti, della famiglia dei nostri grandi artisti, ebbe l'incarico di dipingere il grande quadrante. L'opera fu compiuta quando il Bagnadore, sulla guida dell'arco centrale del Beretta, elevò il grande porticato e le costruzioni superiori, ornandoli di marmi bianchi e neri, di indiscutibile eleganza. Lo Zamboni, parlando dell'orologio pubblico della piazza Vecchia, riferisce che i quattro cherubini in rame indorati che stanno negli angoli del quadrante esterno di esso orologio furono lavoro di Antonio Trobioli, cesellatore e lavoratore in metallo, il quale operava nell'anno 1553. La campana su cui battono i martelli dei «macc dè le Üre» porta la firma di Nicola, figlio di Giovanni de Cattani, anno 1581. Sul sonante bronzo sono incisi uno stemma col leone di Brescia, i Santi Faustino e Giovita ed i nomi dei magistrati che ordinarono la campana: Fulvio Ugoni e Quinto Calzaveglia.


L'orologio di piazza della Loggia che si vede in un dipinto del Ferramola in palazzo Calini fu conosciuto anche fuori Brescia. Esso appare infatti in una interessante tarsia nella chiesa di S. Bartolomeo a Bergamo. Restauri all'orologio caldeggiati fin dal 1961 dagli "Amici dei Monumenti" vennero apportati dal 1981 al 1986 ed inaugurati con una mostra tenutasi nel dicembre di tale anno e con un catalogo.


"El reloi dei macc dè le Üre" come venne chiamato dai bresciani non fu il solo a decorare le torri della città. Ne esisteva uno molto antico alla Pallata affidato a maestro Falco e a maestro Paolo di Rezzato. Nel 1489, come scrive Monsignor Fè, si collocò sulla Torre del Popolo l'orologio che prima stava sulla torre della vecchia cattedrale e fu dato a governare con quello della Pallata a mastro Falco. Anche il campanile del Duomo, quello che si innalzava sulla porta del Duomo vecchio, e che poi crollò, portava un orologio, ma non andava bene ed allora nel 1490 si decise di porlo sulla torre del popolo, sopra una «capitellum» secondo il disegno presentato. Nel 1539 Paolo Gennari di Rezzato, costruì, come attesta Pandolfo Nassino, un orologio posto nel palazzo del Broletto. Il quadrante della Torre del Broletto mostra una distribuzione delle ore all'italiana con la XXIV a destra, analoga a quella dell'orologio di piazza Loggia.


IN PROVINCIA. Antichi orologi esistettero anche in provincia. Alvero Valetti ritiene coevo a quello di piazza della Loggia l'orologio astronomico di Clusane. Sempre negli stessi anni a Palazzolo il Consiglio comunale (in data 11 gennaio 1467) riconfermava a Battistino Palazzoli l'incarico di riattare l'orologio del Comune, nel 1468 sostituito per incapacità da Bartolomeo di Pascho. È del 4 aprile 1474 l'incarico da parte del Consiglio comunale di Salò all'orefice maestro Cristoforo di riparare l'orologio della Piazza. Sempre a Salò nel 1530 tale Giovanni Maria Profetini veniva incaricato della manutenzione dell'orologio della chiesa di S. Giovanni. Sempre riguardo a Salò il Solitro enumera cinque orologi nel sec. XVI (uno in Piazza, uno sopra Porta S. Giovanni, uno sulla Torre delle ore e altri due senza indicazione di ubicazione). Antichi orologi sono segnalati a Breno sul campanile della chiesa di S. Antonio, a Pisogne sull'antica torre detta del Vescovo, a Maderno sulla torre dell'antica Pieve. A Lonato nel 1555 ebbe inizio la costruzione della torre che continuò negli anni successivi finché, con deliberazione del consiglio comunale in data 17 settembre 1589, veniva destinato il ricavato delle legne del bosco della Lugasca per portarla a compimento e nello stesso tempo venivano tassati tutti gli abitanti per un complesso di lire 4000 per mettere il pubblico orologio sulla medesima e si incideva sulla pietra il quadrante.


Gli orologi bresciani, primo fra tutti quello di piazza della Loggia, battevano le ore all'italiana cioé dal tramonto del sole o più precisamente, per comodità di segnale, al suono dell' "Ave Maria" circa mezz'ora dopo il tramonto. Il quadrante dell'orologio di Piazza della Loggia infatti segna il compiersi della XVIII ora in alto poiché essa, in corrispondenza degli equinozi, segnava il mezzodì, cioè il culmine del sole al meridiano; così pure il compiersi della XXIV ora è posto a destra, in corrispondenza del punto ovest per un osservatore che volga la fronte a sud. Solo dopo la restaurazione veni va introdotto il sistema francese che fissava le ore dodici al passaggio del sole al meridiano locale e perciò batteva le ore dal mezzogiorno. Solo a partire dal 19 dicembre 1866 agli orologi vennero regolati secondo il tempo medio di Roma.


Nella seduta del 30 nov. 1905 il Consiglio comunale su relazione dell'assessore ing. Mazzola approvava l'installazione di alcuni orologi elettrici col sistema più perfezionato possibile, già studiato da mesi dall'Ufficio Tecnico. Dai 10 proposti gli orologi salirono poi a 15 e il loro impianto fu accolto come un avvenimento. Fu scelto il sistema "Magneta" inventato dallo svizzero Martin Fischer e utilizzato da un'industria di Zurigo; sistema ampiamente illustrato da don Angelo Zammarchi in giornali e riviste del tempo. Gli orologi elettrici furono collocati nel febbraio 1907 alle Porte: Stazione, sulla casa d'angolo tra Corso Vittorio Emanuele e Corso Carlo Alberto; Milano, sulla casa d'angolo tra Corso Garibaldi e via Giuoco del Pallone; Venezia, all'angolo Piazza Arnaldo e via Trieste; Trento, all'angolo tra via Trento e Nicolò Tartaglia; Cremona, all'angolo via Re Galantuomo, Spalto S. Marco e agli angoli di: via Marsala, S. Francesca Romana; Corso Mercanzie, via Rossovera; Corso Carlo Alberto, via Cairoli; Broletto, via Mazzini, Torre d'Ercole; Corso Palestro, via Dolzani; via Trieste, Veronica Gambara; Corso Zanardelli sopra la fontana del Gambero; Corso Magenta, via Arsenale; via Umberto I, Corso Cavour, via Moretto. In epoca più recente tra gli orologi più noti in città fino a qualche decennio fa vi era quello della Crocera di S. Luca, che qualcuno (Enzo Borian) definì "l'orologio degli orologi" e che scandiva la vita mondana o meno del corso. Altri importanti orologi furono quello della Madonnina della Pallata, di Piazza delle Erbe e, dal 1932, quello di Piazza della Vittoria.


Orologi meccanici di valore si trovano in palazzi e case private. Fra i molti viene indicato di particolare pregio quello conservato nell'ex convento di S. Giuseppe. E a due piani e tre quadranti. L'ingranaggio è siglato: «Antonius Bettoni fecit a.d. 1791», e porta le date di due rifacimenti: 1937 e 1956. L'accesso agli ingranaggi e ai quadranti è nella sala delle riunioni; il secondo quadrante si trova nella Galleria; il terzo, di dimensioni più modeste ma graziosamente dipinto a motivi floreali, è al piano terreno, nella sacrestia. L'orologio ha un suo campanilino, che batte le ore, i quarti e le mezze. Per le ore, però, i colpi non sono più di sei, esauriti i quali, bisogna fare esercizio di abaco. Un solo colpo, ad esempio, può indicare l'una o le sette; due colpi possono dirci che sono le due o le otto, e così di seguito: uno sprovveduto potrà pensare che l'orologio non funzioni, ma una persona «ben istrutta», farà svelta il suo conticino e accetterà tranquillamente l'inesorabile scorrere del tempo. Orologiai. Non sappiamo quando fu introdotto a Brescia l'orologio da tasca, il cui primo esemplare conosciuto viene fatto risalire a quello donato, come già detto, nel 1360 a Carlo V Re di Francia.


Sappiamo invece che a Brescia orologi "svegliaroli" ed orologi meccanici "piccoli e portativi" venivano nei sec. XV e XVI importati dall'Ungheria e dal Nord o attraverso Milano. Tuttavia non mancavano a Brescia orologiai. Nel 1505 un tale nei pressi di S. Francesco faceva gli "orioli". Conosciuto e più volte illustrato, è l'orologio tascabile del Gnutto, della raccolta Martinengo da Barco di Brescia. Alfonso Cazzago in una sua cronaca annota come fosse «degna da notarsi la introduzione familiare fatta di tante mostre di Orologgi fatti in Inghilterra o in Ginevra, i quali mostrano le ore e son d'argento e si tengono nello scarsellino, e sogliono valere da 6, 8, 10 doble; e pochi Signori, Dame e religiosi vi sono che non abbiano di questi orologgi, che pure sono di tanta spesa e nei tempi passati non si usavano». L'arte di costruire orologi diffusasi nel sec. XV nella media e alta Italia specialmente per opera del fiorentino Lorenzo della Volpaia, del parmigiano Raineri, del reggiano Rinaldi, di Toschi di Brescello e di Manfredi di Mantova, trovò cultori anche nel Bresciano. Tra i primi orologiai bresciani sono da segnalare oltre il già ricordato maestro Domenico da Caprinziolo, abitante a Salò, Comino da Pontevico, ingegnere ma anche "abilissimo nel fare horilogi senza contrappesi" e che si segnalò specialmente a Mantova presso la Corte dei Gonzaga. Sono inoltre da ricordare Battistino Palazzoli di Palazzolo (1467), Bartolomeo di Pascho operante in Palazzolo nel 1468. Il Racheli assicura che una fabbrica di orologi esistette a Rovato fin dal 1400. Venne rinverdita nei primi anni del sec. XIX da certo Stefano Boldini che aiutato da un canonico rovatese si mise a costruire orologi da torre (nel 1813 quello dell'Ospitale, nel 1820 quello della Parrocchiale e altre decine). Un suo allievo fin dal 1830, Carlo Frassoni di S. Pellegrino sposata una figlioccia del Boldini ne continuò l'attività, ampliando l'azienda che divenne fra le più attive. Alla ditta Frassoni si deve la costruzione di migliaia di orologi da torre collocati in ogni parte d'Italia e anche fra i più grandi d'Europa (v. Frassoni). Analoga fabbrica avviarono nel 1831 a Leno i Tonolini (v. Tonolini orologiai), che pure costruirono un gran numero di orologi del genere. Tra i costruttori di orologi si segnalarono verso la fine dell'800 Enrico Dall'Era e Eugenio Cozzi che esposero a Brescia, a Torino nel 1898 e altrove, con successo, i loro prodotti. Furono tra i primi a fabbricare orologi completamente meccanici. Il Cozzi si segnalò per una sveglia internazionale adottata in molti alberghi, e per aver costruito orologi con nuovi sistemi e in grado di segnare l'ora universale e quella comune. Con il 1° novembre 1892 entrò in esecuzione anche in Brescia la nuova divisione delle ore sul secondo fuso, in modo che l'Europa centrale avesse un'ora unica, sulla quale vennero regolati gli orari delle ferrovie e dei telegrafi di tutti gli Stati interessati a tale "rivoluzione delle ore".