OFFLAGA (2)

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OFFLAGA (in dial. Oflàga, in lat. Offlagae)

Centro a SO di Bagnolo Mella e a NO di Manerbio, presso la destra del Mella, fra le seriole Luzzaga e Calcagno a m 74 s.l.m. È a 22 km da Brescia. Ha una superficie di 21,96 kmq. Il territorio di Offlaga, Cignano e Faverzano si stende per circa dieci km da E a O e per circa quindi km da N a S. È limitato ad E dalla strada statale 45 bis Brescia-Cremona e dalla 235 Brescia-Quinzano, ad O. Dista da Brescia km 21. Confina a N con Bagnolo-Corticelle; ad O con Quinzanello-Dello-Barbariga; a S con Breda Libera (Verolanuova)- Manerbio; ad E con Manerbio-Porzano.


Frazioni: Cignano (a S), Faverzano (a SO) e inoltre Martinenghe di sopra e di sotto (km 1,80), Scuola del Duomo (km 2,50), Selva (km 4,10), Vinaccesa. Località e cascine: Cà di Dio, Madonna della Formica, Fenile Basso, Feniletti Provaglio, Fè Sopra, Arici, cascina Santi Pietri, Due Seriole, S. Faustino, Passere, Comune, Fortunale, Grande, Rovato, Radicchi, Mirandola, Mirandolina, Torcolo, S. Antonio, Sander Campagna, La Macchia, Vallone, Gualdo, Zamera, Molinetto, Mella, Badia, Calzaveglia, Camotta. Abitanti (offlaghesi). Una filastrocca popolare suona «Offlaga storta; Segnà (Cignano) sguers, Faersà (Faverzano) pers, Scarpisöl tont, Trignà (Trignano) en mes al mont». Nel folclore bresciano è nota la bionda di Offlaga, con relativa canzone. Anime 1200 (700 di comunione) nel 1565; 203 nel 1610 (utili 106); 800 c. nel 1745; 862 nel 1856; dal 1927 con Faverzano e Cignano; 4629 nel 1951, 3363 nel 1961, (popol. attiva 1282, agricolt. 683, industria 241 e costruzioni 128, commercio 71, servizio 90, amministraz. pubblica 24), 3016 nel 1991.


Per quanto riguarda il nome l'Olivieri si è riferito ad un supposto aggettivo Ofelaca, dal nome personale Ofellus. Pietro Gribaudi invece è ricorso al germanico «Hufe» per tratto di terreno occupato da un nucleo germanico. Nel sec. VIII era «Ofolaga», nel sec. XIII «Oflaga». Il territorio del comune è nettamente diviso in due settori dal fiume o torrente Mella, che fra Corticelle e Manerbio fa come un gomito, o ansa, precisamente a Offlaga. Geologicamente il terreno appartiene al Quaternario, ma con strati più profondi e marini del Pliocene e del Miocene. A Campagna fiori e ai Moltes, la sonda di escavazione di pozzi irrigui, a una profondità di centoventi metri ha trovato blocchi di fango e foglie che apparivano neri, ma ancora ben distinti. Tutto il territorio è compreso nella grande zona dei fontanili e delle falde freatiche che vanno dall'Oglio a Castenedolo all'inizio del grande anfiteatro morenico del Garda, prodotto dal ghiacciaio Atesino-Benacense. La struttura del terreno sulla sponda destra del Mella, è prevalentemente sabbiosa e permeabile. Sulla sinistra è decisamente argillosa e poco permeabile. Quasi ovunque, sopra ampi strati di ghiaia e sabbia, si stende uno strato di humus molto fertile che si presta alle varie coltivazioni. Il declivio va degradando, a volte sensibilmente, verso il fondo valle. L'erosione delle acque porta ad una lenta ma continua degradazione o abbassamento di quota di tutto il bacino, non più riparato dall'azione protettiva delle piante che vanno ora sparendo, per dar luogo alle moderne coltivazioni intensive. Strutture preistoriche e più precisamente fondi di capanne, materiali litici e ceramici relativi ad un abitato del neolitico (cultura del Vhò di Piadena 4500-3500 a.C.) vennero rinvenuti nel 1983 e poi scavati nel 1985 tra la cascina Vallone e la cascina Tesa, fra la statale Brescia-Cremona e la ferrovia. Tra i reperti di particolare interesse un vaso a tulipano, un'ascia-martello in pietra verde. Tombe di età romana vennero trovate nel 1958 presso la cascina Fenil Grande, verso Faverzano, e nel 1961 al dosso campo Cornaletto (proprietà Arici), presso la cascina Fenil Basso. In numero di circa trenta, ad incinerazione ed inumazione, esse offrirono un corredo con frammenti fittili e monete del sec. III d.C. di cui ben poco è rimasto. Delle due monete conservate una riproduce Marco Opelio Diadumeniano, figlio di Macrino che proclamatosi imperatore nel 217 d.C., se lo associò all'impero. L'altra riproduce Claudio II il Gotico, morto nel 270. Una fornace d'epoca romana venne individuata in un campo chiamato «Fornacetta». Sepoltura di epoca romana vennero trovate ai Santi Pietro al Sagrato nell'orto della canonica vecchia, alla Formica, ecc. Reperti romani e alto medievali assieme ad un cippo romano vennero scoperti nel 1968 presso la cascina Vinaccesa assieme a venti sepolture ad inumazione, alla cappuccina, di età tardo romano o altomedievale. Ad essi sono da aggiungere i materiali ceramici vari e monete relativi forse a sepolture romane, rinvenuti nel 1987 presso la cascina Vallone, Busseni-Gemella, lungo il lato S con la statale 45 bis. Si aggiunge l'iscrizione votiva con dedica a Castore e Polluce, ora dispersa, che si trovava nella sede del Municipio e il cippo anepigrafo (senza titolo) di età romana trovato nel 1988 presso Cignano. Se si accetta l'etimologia da un Ofilius (un personaggio di questo nome si incontra in una lapide romana di Sabbioneta) si può presumere anche l'esistenza di una villa romana, anche se il termine «villa» non si incontra nel territorio. Sicura l'esistenza di colonizzazione romana come indicano i chiari segni di centuriazione di cui sono stati rilevati da Luigi Andé i seguenti cardi principali: a E la statale 45 bis BresciaCremona; al centro la provinciale Manerbio-Offlaga-Quinzanello, al centro la Verola-Cignano-Offlaga; al centro la Cadignano-Faverzano-Dello; ad O la Quinzano Statale 235 per Dello-Brescia; mentre i decumani maggiori da O sono: la Madonnina-Faverzano-Cignano per Offlaga-Manerbio, la Militare Dello-Cinque Canali-Mirandole-Offlaga (rotta); a queste principali vanno aggiunte le carrarecce e i sentieri. Di grande rilievo anche il cippo funerario di Metellus, trovato nel 1951 presso il santuario della Madonna della Formica che suona «Metellus pause...». È stato osservato che il «pause...» della seconda riga si può completare in pauset (riposi); è evidente che si tratta di un frammento di cippo funerario, forse anche cristiano. L'altipiano della Formica era certamente abitato nei tempi più remoti e costituiva un "fundus paternus", tanto che ancora nell'elenco delle chiese e dei benefici della diocesi compilato nel 1410 la chiesa S. Maria della Formica è denominata S. Maria del Paterno grasso, con chiara allusione alla feracità dei fondi che la circondano e che fanno ancora parte del beneficio parrocchiale. Paolo Guerrini nella radice «off» e nel suffisso «ago» del nome ha voluto vedere un'etimologia longobarda; ritiene che il territorio sia stato un feudo longobardo e, a conforto dell'ipotesi, richiama il fatto che già nel medioevo, cioè intorno al secolo XII, la parte maggiore di esso territorio apparteneva alla mensa vescovile di Brescia, come le appartenevano i due confinanti territori di Bagnolo e di Manerbio, coi quali forse Offlaga formava un solo feudo ecclesiastico. La constatazione che il feudo vescovile di Bagnolo ebbe origine nel secolo XI dalla donazione di una contessa longobarda, la quale, "pro remedio animae suae", cedette al vescovo di Brescia la corte di Bagnolo coi relativi diritti feudali; e che pure per altre simili donazioni ebbe a formarsi intorno allo stesso tempo il potere temporale dei vescovi di Brescia, porta lo storico a pensare che anche Offlaga e Manerbio abbiano avuto, come feudi vescovili, la medesima genesi. Per di più, rileva ancora il Guerrini, nei registri economici dell'archivio della mensa vescovile, compilati nei secoli XIII e XIV, Offlaga è costantemente nominata con Bagnolo, Manerbio, Bassano, Gozzole e Montirone, che formavano forse la circoscrizione feudale di un gastaldo. Seguì quindi le varie vicissitudini politiche ed economiche degli altri feudi vescovili in quei foschi tempi di lotte nei quali si sfasciavano i vecchi e gloriosi comuni delle città per dar luogo alle signorie, ma si sfasciavano pure nelle campagne le antiche costituzioni feudali e sorgevano alla libertà e all'autonomia i nuovi comuni rurali.


Il nome, con la forma Ofolaga, appare per la prima volta in un documento bresciano del 25 marzo dell'anno 761, sotto il regno dei due ultimi re longobardi Desiderio e Adelchi. Il documento indica due nomi ebraici, Ofret e Faraone di Ofolaga, e lascerebbe supporre che a Offlaga vi fosse nel secolo VIII una ricca famiglia di ebrei, mercanti o banchieri. Questi due cittadini di Offlaga avevano però donato in Brescia una pezza di terreno, sulle falde del Castello, a Godolo, suddiacono della cattedrale, il quale, a sua volta, lo cedette ad Ansilperga, badessa del monastero di S. Giulia, per scavare il nuovo acquedotto delle fonti di Mompiano. È probabilmente di fondazione longobarda la chiesetta di S. Michele che esisteva alla Formica e che venne demolita dopo il 1565. Assieme al vescovo ebbero soprattutto, per donazioni longobarde, possedimenti i principali monasteri di Brescia e soprattutto quello di Leno, per cui si può ripetere quanto ha scritto Paolo Guerrini che cioè «lo sviluppo demografico ed edilizio di questo territorio campestre si svolge, nei secoli X e seguenti, sotto l'influsso dell'operosità agraria della badia di Leno e del vescovado di Brescia. La Badia è ancora denominata una vasta tenuta agricola che si stende lungo il fiume; il vescovado poi possedeva tutta la zona denominata la Selva la quale era adiacente a beni del vescovado in Bagnolo. Alcuni nomi dei vari cascinali, che costituiscono la parte maggiore del territorio comunale di Offlaga, rispecchiano le loro origini da enti religiosi: S. Faustino; la Scuola del Duomo; la Casa di Dio e altri consimili rivelano quanta parte di benemerenze sociali abbiano avuto gli istituti religiosi nella bonifica di questo territorio. Si può dire che la storia di questo paese è stata identificata nella storia delle tre cappelle che costituiscono, coi loro benefici fondiari, l'attuale unico beneficio parrocchiale. Vi era al centro la cappella di S. Imerio scomparsa quando fu eretta entro il piccolo castello l'attuale chiesa parrocchiale. All'estremità occidentale sorgeva l cappella di S. Pietro con l'annesso cimitero popolarmente chiamata di S. Peder e anche il vecchio sagrato.


Ai Gambara nel 1190 il monastero di Leno cedeva, per permuta, i beni di Offlaga (e di tutta Cignano e Faverzano) e di Bassano. Il 18 marzo di tale anno infatti con atto siglato in Leno da "Iohannes Leonensis imperatoris notarius", Enrico, Ustiano e Gherardo qd. Ughezono De Gambara rinunciavano al feudo loro concesso dal monastero di Leno nella corte di Offlaga e, contemporaneamente, veniva fissata la permuta, fra i nominati Gambara, l'abate Gonterio e il priore Romano del monastero di Leno, di beni nella corte di Bassiano (sic!) e Offlaga. Tra coloro che erano obbligati a corrispondere le decime al vescovo si trovano nel 1305 dominus Ariginus de Tangetinis. La decadenza del potere vescovile in epoca comunale e quella di monasteri fece sì che parecchie proprietà degli stessi passassero in mano di vassalli, gastaldi e amministratori. Assunsero particolare prestigio oltre i Gambara, gli Offlaga, i Boccacci, (feudatari vescovili), i Barbisoni, i Luzzago, i Martinengo, i Vinaccesi. Mentre parte delle proprietà dei Barbisoni passarono poi in eredità dei Lechi, in altri possedimenti entravano i Calzaveglia ed anche i Paitoni. Alcuni fondi passarono poi per donazione a confraternite o luoghi pii, onde ebbero la nuova denominazione di Scuola del Duomo, Casa di Dio, Badia ecc. Largo benefattore verso l'Ospedale del Serpente, alla periferia di Brescia e verso la congregazione di S. Domenico fu fra Giovanni da Oflaga, ministro della Congregazione, nel 1265 e che nel 1276, lasciava ad essi tutti i suoi beni nel territorio di Offlaga. Accanto ai feudatari vescovili e dei monasteri s'era intanto andata formando una vicinia che sulla fine del sec. XIV o agli inizi del XV, nello sfacelo della giurisdizione ecclesiastica seguita allo scisma occidentale, si trasformò in comunità autonoma sia amministrativamente che ecclesiasticamente da Manerbio, erigendosi in parrocchia e comune. Come ha sottolineato il Guerrini: «Offlaga piccolo comunello, povero di abitanti e coperto in gran parte da boschi e da selve, ricetto di lupi e di selvaggina, ottenne dal vescovo il dominio diretto di molti fondi che vennero ripartiti agli abitanti in enfiteusi, come il comune di Manerbio aveva ottenuto la proprietà della Selva vescovile, e quello di Bagnolo la proprietà dei Boschi e dei Ronchi per la raccolta della legna. L'attuale cascina di Offlaga ancora denominata Il Comune, e che sorge fra il Vescovado (in territorio di Bagnolo) e la Selva (in territorio di Manerbio) richiama chiaramente le sue origini». Nel frattempo si era formato intorno alla chiesa e alle case ad essa addossate un piccolo borgo fortificato o castello del quale si vedono ormai pochissime tracce in alcune vecchie case intorno alla parrocchiale e la linea delle fosse, ora scomparse del tutto per interramento. La famiglia Luzzago aveva in questo castello una bella casa o palazzo di campagna: l'unico palazzo signorile, che conserva ancora il suo antico splendore, è quello dei Fè d'Ostiani, elegante costruzione del secolo XVIII, già appartenuto ai nobili Barbisoni. Il borgo (o Castello), era circondato da mura e fosse che partendo dal lato N della torre venivano ad O, correvano davanti alla chiesa attuale e, per via Luzzaga arrivavano fino al vicolo che mette nella cascina Caldana, la attraversavano (la parte E di detta cascina fu costruita molto più tardi) si rinforzavano in un torrione di guardia (ghiacciaia) e per il vicolo Torre sfociavano in via Chiesa ritornando alla torre. Unico rudere superstite è la torre quadrata ora adattata a canonica.


Le grandi opere di bonifica e di sviluppo agricolo continuarono sotto i feudatari e i proprietari di terra che specie dal sec. XII e poi ancora più nei sec. XIV e XV tracciarono una fitta rete di rogge, fosse e canali derivati dal Mella che a volte hanno preso il nome del proprietario che la ebbe a scavare o dal luogo attraversato. In particolare nel territorio offlaghese vennero scavate la Brazzaga, o Bressaga, la Barbisona (dei nob. Barbisoni), la Cignana (dei nob. Cignani), la Manerbia, la Calinazza (dei nob. Calini), la Ravenola o Roggia Fiume (dalla quale si distacca la S. Faustino), il Lavacolo. Attraversano ed irrigano il territorio altre rogge come la Gambaresca (nob. Gambara) da una diga a Corticelle per Cignano dove riceve la Calina e perde la Cavallera, muove un mulino e prosegue verso la Breda; la Calcagna (nob. Calcagni) da una diga a Corticelle, per i campi di Offlaga e Cignano va verso S; la Luzzaga (nob. Luzzago) entra da Corticelle bordeggiando il costone che degrada sul Mella, muoveva un mulino in Offlaga e va verso Manerbio; la Bassana, da una diga in quel di Offlaga, a mezzacosta si dirige su Manerbio-Bassano. Fuori delle strade principali, Offlaga visse marginalmente le vicende militari dei sec. XIV e XV. Sappiamo che nell'agosto 1483 Offlaga con Cignano e Bassano si arrese senza resistenza di rilievo a Francesco e Antonio Sanseverino, passati al servizio del duca di Milano. La peste del 1575-1576 mietè ben 400 vittime circa, raccolte almeno in parte nella cascina Caldana (dei Luzzago) trasformata in Lazzaretto per intervento specialmente del ven. Alessandro Luzzago e del parroco don Morelli. Il Da Lezze nel 1609 indicava Offlaga come una «villetta» con un territorio di un miglio e mezzo di estensione e suggeriva che il Comune era governato «nell'istesso modo di quello di Manerbio». La peste del 1630 sembra abbia mietuto circa due terzi della popolazione di 1200 abitanti e alcuni nobili ritiratisi a Offlaga per sfuggire al morbo. Grande aiuto alla popolazione fornì la Confraternita del S.S. Sacramento tanto da meritare l'eredità di certo Giovanni Battista di Calvisano, «per gli grandi benefici e soccorsi... mentre che di contaggio era ammalato». Nel 1600 il territorio era ancora infestato da lupi che, nel 1638, fecero due vittime. Nel 1646 venne inaugurato il nuovo cimitero. Nel 1682 viene annotata la presenza del primo medico condotto, il dott. Giulio Tebaldi, originario del luogo. Assieme a segni di progresso si riscontrano pagine di cronaca nera come il fenomeno del "bulismo" che accompagnò i sec. XVII e XVIII. Bastano due esempi: nel 1759 sul ponte Rabbioso sulla strada per Bagnolo si verificarono ben sette aggressioni a passeggeri con tre morti e parecchi feriti. Le cronache ricordano anche gigantesche cacce ai banditi condotte nel 1794 nei boschi della zona. Più rari in questi secoli, ma devastatori i passaggi di eserciti delle truppe imperiali del principe Eugenio di Savoia come quello nel marzo 1705; il 24 giugno seguente fu la volta di 32 mila francesi, mentre il giorno appresso passarono altri 20 mila imperiali.


Il vaiolo mieteva nel 1800 una ventina di vittime, mentre ricorrenti carestie videro l'impegno caritativo dell'arciprete Desidera (morto nel 1804). Nel 1808 viene avviata la costruzione del nuovo cimitero accanto al santuario mariano, mentre pesarono sempre più sulla popolazione le coscrizioni obbligatorie di soldati al seguito di Napoleone. Nel 1815 Offlaga perdette la sua autonomia comunale e venne aggregata a Cignano, creando dissapori e vivi contrasti. La costruzione di un ponte sul Mella venne avviata nel 1875, con il sostegno della Provincia di Brescia, deliberato l'8 settembre, che aumentò i suoi sussidi nel marzo 1877. Ma poco dopo alcune piene del fiume lo rovinarono e solo nel 1890 si provvide a riparare i danni grazie ancora una volta al sussidi della Provincia. La prima guerra mondiale seminò anche a Offlaga morti e vita grama. Acceso fu anche a Offlaga il dopoguerra. Scontri fra socialisti e fascisti si verificarono alla cascina Selva nel maggio 1922, terminati con feriti. Nuovi incidenti si verificarono il 3 luglio dello stesso anno presso il circolo da poco costituito «Libertà». Il fascismo si rafforzava anche attraverso il finanziamento di opere pubbliche come l'arginatura nel 1924 del fiume Mella dal ponte di Offlaga a quello di Manerbio.


Con legge del 12 gennaio 1928 venivano assorbiti nel comune di Offlaga quelli di Cignano e Faverzano, il primo dei quali aveva gravitato con Offlaga su Manerbio, mentre il secondo era stato anticamente legato al pago e alla pieve di Oriano. Con la nuova amministrazione democratica dal 1946 al 1951 vennero migliorate le comunicazioni stradali interne di ben 27 km tra frazioni e cascine, con la costruzione di due ponti, aperti l'ambulatorio, la farmacia, sistemati i cimiteri, rimodernate le scuole delle frazioni e ad Offlaga migliorato il palazzo comunale. Vennero inoltre rimodernati gli asili d'infanzia. Nel 1960 venne avviata la costruzione di un nuovo edificio scolastico a Offlaga e sistemati quelli di Cignano e Faverzano. Inoltre vennero asfaltate le strade interne, completata l'illuminazione pubblica, posata la rete del metano, costruiti appartamenti e case per lavoratori agricoli. Nel 1961 venne fondata per iniziativa di don Angelo Gazzina e del medico condotto G.B. Pontoglio l'A.V.I.S. di Offlaga, Cignano, Faverzano. Nel 1970 veniva avviata la costruzione di un acquedotto. Se non ottennero l'autonomia, Faverzano e specie Cignano, continuarono a rivendicare servizi e prestazioni con manifestazioni a volte vivaci, specie per conservare le scuole di frazione. Spinte autonome manifestò Cignano nel 1986 e nel maggio 1987 con proteste e tafferugli specie per l'autonomia scolastica, mentre nel 1988 vennero affrontate importanti ristrutturazioni nel centro storico di Offlaga e nelle due frazioni. Nel luglio 1986 venne data vita al Palio delle contrade, iniziato dalla sezione Federcaccia e dall'Oratorio, avente come trofeo uno stendardo, opera di Sergio Pagiaro. Cignano rispose da parte sua con una rievocazione storica in costumi quattrocenteschi della battaglia svoltasi in luogo tra le truppe venete condotte da Francesco Sforza e quelle milanesi al comando di Nicolò Piccinino, cui seguì nel 1991 una partita a scacchi in costumi d'epoca a ricordo della battaglia del 24 giugno 1441. Una nuova rete fognaria con depuratore ed il potenziamento dell'illuminazione pubblica venne avviata nel 1986. Al contempo venivano costruiti la palestra e il campo sportivo. Nel giugno 1990, su iniziativa del Club «Blue Devil», venne inaugurato in località Morettina delle Martinenghe un bel campo di volo per ultraleggeri. Dal 1990 venne costruita una nuova fognatura e ristrutturate le scuole d'Offlaga.


ECCLESIASTICAMENTE Offlaga appartenne alla pieve di Manerbio mentre i germi della parrocchia - secondo P. Guerrini - si devono ricercare nelle tre cappelle di S.Maria, di S. Imerio e di S. Pietro, soggette alla pieve di Manerbio, ma unite poi a formare un titolo unico ed un solo beneficio, quello parrocchiale. I documenti medievali sono muti circa le origini di quelle cappelle e soltanto un debolissimo spiraglio di luce ci viene da una leggenda cremonese, secondo la quale, una donna bresciana fu favorita da un miracolo fra i molti avvenuti sulla nuova tomba a S. Imerio eretta nel 1196 nel duomo di Cremona. La donna aveva infranto il voto e la promessa del marito di non lavorare la festa di S. Imerio (17 giugno) e si era vista inaridire una mano. I due coniugi, spaventati, riconfermato il voto di festeggiare il santo, si erano portati a Cremona a visitare la sua tomba, ottenendo subito la guarigione. Il Guerrini suppone che i due coniugi abbiano edificato poi in Offlaga una cappella intitolata al santo, dotandola di alcuni beni per costituire un beneficio ecclesiastico. Qualche altra pia persona dotò di benefici anche le altre due cappelle dedicate alla Madonna e a S. Pietro poste ai due opposti punti estremi del territorio di Offlaga: quella di S. Pietro, esistente ancora sulla fine del secolo XVI e distrutta per ordine del vescovo Bollani, era posta in mezzo ai fondi dell'arciprebenda denominati S. Peder; e precisamente nel campo chiamato il sagrato in memoria del cimitero ivi esistente dinnanzi e dintorno alla chiesa stessa; questi fondi formano una specie di promontorio, circondato da profondi canali irrigatorii, verso il confine di Offlaga con Quinzanello e Corticelle. L'altra cappella di S. Maria è l'attuale Santuario della BEATA VERGINE DELLA FORMICA, pure esistente sopra un dosso verso Manerbio, e sulla riva meridionale del Mella. Dalle accennate tre cappelle ebbero, come pensa il Guerrini, origine al principio o alla metà del sec. XIV, la parrocchia e il beneficio parrocchiale di Offlaga, che si concentrò poi nella cappella di S. Imerio, cioè in luogo più sicuro accanto al castello, al riparo da scorrerie e movimenti di eserciti. In essa si sarebbero fusi in uno solo, sulla fine del secolo XIV, i benefici anche delle due altre cappelle tanto che nel catalogo del 1410 la chiesa aveva il titolo complessivo e unico di S. Maria, S. Pietro e S. Imerio. Offlaga ebbe una vita religiosa viva come dimostra l'esistenza della confraternita o scuola del SS. Sacramento, sorta nel sec. XVI e «ben diretta» all'epoca della visita pastorale del vescovo Bollani. Ad essa si aggiunse nel 1642-1643 la confraternita della B.V. per la redenzione degli schiavi. Anche se il beneficio passò poi in mano a commendatari fra i quali il patrizio veneziano don Andrea Trevisano, che nel 1532 la passò al nipote Camillo Trevisano, la vita parrocchiale si svolse positivamente sotto la guida di buoni rettori che diedero prestigio alla parrocchia. Verso la fine del sec. XVI la presenza di diretti curatori d'anima fece progredire grandemente la parrocchia sia spiritualmente che economicamente. Un contributo diedero numerosi sacerdoti dimoranti. Nel 1695 se ne contavano sette. Le cure attente alla parrocchiale ricostruita agli inizi del '600 e poi continuamente abbellita specie verso la metà del '700, al santuario della Madonna della Formica, l'incremento del beneficio parrocchiale diedero sempre più prestigio ai parroci che vennero chiamati arcipreti. Sollecitando riconoscimenti per il parroco di Offlaga, l'arciprete di Manerbio scriveva al vescovo di Brescia il 18 maggio 1626: «la bellezza di quella chiesa nova, la civiltà di quella terra ornata di molta nobiltà, la bellezza et la comodità delle case da patrone et da massaro, et la honesta entrata di quel beneficio merita soggietto di qualche eminenza in virtù, et che egli non sia puovaro». Dal 10 febbraio al 19 marzo 1682 la chiesa rimase, non si sa per quale motivo, interdetta. Il 19 settembre 1760, in considerazione del fatto che da più di 70 anni i rettori della parrocchia erano chiamati arcipreti, il vescovo di Brescia riconosceva ufficialmente il titolo.


Affidata per decenni a sacerdoti zelanti, ma anziani, particolarmente fecondo fu il parrocchiato di don Carlo Alessandrini. Oltre ai restauri alla chiesa parrocchiale e al santuario della Madonna della Formica, la costruzione della cappella del cimitero, egli rilanciò la parrocchia sul piano pastorale e sociale. Il 26 aprile 1925 chiamò a reggere l'asilo e l'oratorio femminile le Ancelle della Carità. Inoltre eresse l'oratorio maschile, con la casa del curato, con la sala conferenza del teatro, del cinema, promosse l'Azione Cattolica maschile e femminile. Fece della canonica un cenacolo frequentato da alcuni fra i sacerdoti bresciani più distinti fra i quali padre Bevilacqua, mons. Guerrini, don Manera, ecc. In grande onore fu tenuta la musica sacra, grazie alla passione musicale di don Alessandrini e prima di lui del curato don Bartolomeo Plona. In seguito di spicco fu la scuola di canto di Offlaga che si fece onore in esecuzioni memorabili anche fuori del piccolo ambiente locale, come quella della "Giuditta", oratorio composto per essa dal compianto M.o Giuseppe Castellazzi in onore dell'arciprete Alessandrini nel XXV di parrocchiato a Offlaga. Sotto la sua direzione furono eseguite musiche classiche di Anerio, di Palestrina, di Allegri, di Vittoria e dei moderni Göller, Stehle, Plona, ecc. nelle solennità dei Tridui, delle Quarantore, della Sagra, di S.Imerio, alle quali le esecuzioni musicali davano una impronta particolare. Intensa l'attività del movimento cattolico agli inizi del secolo. Nel 1902 veniva fondata la Società Operaia di mutuo soccorso che due anni dopo raggruppava 179 soci, ridotta a 98 nel 1909. L'anno appresso veniva fondata la Cassa Rurale Cattolica di prestiti. Adunanze operaie si tennero a Offlaga nel marzo 1904 e in seguito. La parrocchia ebbe un grande rilancio durante il parrocchiato di don Giuseppe Fiorini (1953) che costruì il nuovo asilo e oratorio femminile, adibì la vecchia canonica ad un oratorio maschile, creando un ricreatorio e un campo sportivo, costruì nel vecchio asilo una nuova casa canonica ed una sede e ritrovo delle ACLI, rifece il cinema-teatro.


LA CHIESA PARROCCHIALE: secondo il Guerrini, l'antica parrocchiale di S. Imerio si ergeva fuori delle fosse del castello sulla sponda della Calcagna e precisamente sull'area occupata dal giardino della canonica, e ora dell'oratorio maschile dove furono rinvenuti gli avanzi delle fondazioni. Divenne poi il centro del paese. Piccola, ad una sola navata, era rivolta a sera. Come ricorda una epigrafe sull'altare maggiore la «dedicatio eccles. celebrat, domin. 2a octobris dies S. Himerii tit.s celebr.r die 17 iunji». Quando fu costruita la nuova chiesa, non venne abbattuta ma fece parte dello scenario della piazza fino a pochi anni fa. Danneggiata da un incendio, subì crolli nell'ottobre 1981 e venne poi abbattuta nel marzo 1982.


LA NUOVA PARROCCHIALE venne costruita per intervento della popolazione e della famiglia Barbisoni nei primi decenni del '600 entro il borgo fortificato. Probabilmente fu a chiusura dei lavori che nel 1621 fu steso un inventario dei beni della parrocchia. La «bellezza di quella chiesa nuova», viene decantata dall'arciprete di Manerbio don Tebaldo Foresti nel 1629: «non molto vasta e nemmeno rilevante per la sua forma architettonica, ma però ben proporzionata e... nella semplicità delle sue linee appaga anche le esigenze dell'arte sacra». Negli anni seguenti la chiesa venne completata e arricchita di nuove opere per cui una iscrizione latina sul volto, appena dopo l'ingresso suggerisce che venne dedicata nel 1640 dalla pietà della famiglia Barbisoni, e dalla «Spettabile Comunità di Offlaga» alla Natività di Maria e a S. Pietro apostolo. Sopra una colonnetta della balaustra dell'altar maggiore sta scolpita questa breve epigrafe, che ricorda alcune opere fatte nel 1651 a spese del nob. Ludovico Barbisoni: «vitreas fenestras altar maior/ hosq. marmoreos cancellos/ Ldv. Barbis. Fac. Cvravit / aere svo an. MDCLI». Nel 1653 vennero poste le balaustre in pietra sostituite nel 1739 dalle attuali in marmo. Notevoli opere di restauro vennero compiute nel sec. XVIII. Il 25 aprile 1730, veniva posta la prima pietra del campanile su progetto di mastro Lorenzo Porro di Manerbio, con il concorso generoso di tutto il popolo. Il parroco don Giovanni Testa fece erigere, nel 1735, a sue spese l'altare maggiore ponendo la seguente epigrafe: «Marmoreum hocce pallium - erectum fuit aere proprio oannis Testae archipr. Anno domini 1735». Benché fosse stata eretta da appena un secolo l'arciprete don Carlo Angelo Carli, dopo la sua nomina a parroco avvenuta nel 1745, ne promuoveva la costruzione di una nuova, investendo redditi propri, ma soprattutto grazie alle offerte della popolazione e dei nobili Barbisoni. Venne compiuta e decorata in quindici anni. In premio con decreto del 19 settembre 1760 il vescovo Molino conferiva a don Carli ed ai suoi successori il titolo di arciprete. Il Carli dotò inoltre la chiesa di molti paramenti. Nel 1755 veniva fabbricato un nuovo banco della sagrestia. Nel 1757 il falegname Lorenzo Girelli di Verolavecchia costruiva un nuovo confessionale. Inoltre nel 1758 veniva allestita una sepoltura per i sacerdoti. Nel 1784 vennero eseguite le stazioni della Via Crucis opera di Francesco Micheli, discepolo del Tiepolo e restaurate dal Moneghini nel 1950. Nel 1902 venne compiuto il pavimento. Nel 1908 per iniziativa dell'arciprete don Alessandrini tutta la chiesa venne restaurata e poi decorata da Giuseppe Trainini, il quale a giudizio di Paolo Guerrini «ha dato ad Offlaga una delle sue opere più riuscite e più indovinate; avendo con sapiente disposizione di colori e di luce, con motivi ornamentali ispirati allo stile barocco della chiesa stessa, ha saputo vivificare quasi di uno spirito nuovo le linee eleganti delle lesene, delle arcate, dei cornicioni e degli specchi, rendendo la completa illusione di un magnifico lavorio di stucchi secenteschi allietati dai vividi colori degli scorci e delle modanature». Nel volto della navata il giovane pittore bergamasco Giovanni Battista Gallizzi dipinse in un grande medaglione la Vergine Assunta e il trionfo dei santi. Fra le opere d'arte Paolo Guerrini elenca: la pala dell'altar maggiore che rappresenta l'Assunta con S. Imerio e S. Pietro ed è probabilmente di Sante Cattaneo, la SS. Eucarestia adorata da S. Carlo e S. Francesco all'altare della Scuola del S.S. che il Guerrini stesso attribuisce con certezza a Grazio Cossali di Orzinuovi, la pala dell'altare di S. Antonio di Padova è segnata dallo stemma della nob. famiglia Barbisoni e dall'iscrizione «Iulius Barbisonus f.t. anno domini 1652» e ricorda quindi la munificenza del nob. Giulio qd. Vincenzo Barbisoni, che la fece fare a sue spese; è notevole l'altare della B.V. del Riscatto degli schiavi dotato anche di una cappellania. Alle opere di ornamentazione pittorica si sono aggiunti due artistici pulpiti, lavorati ad intaglio dai valenti fratelli Beneducci di Coniolo, le decorazioni delle due cantorie, e la riforma liturgica dell'organo, opera di Giovanni Tonoli compiuta da Diego Porro. Nei fregi della decorazione del volto è stato posto un ricordo delle opere compiute con questa breve epigrafe: Quam nob. Barbisoniae familiae pietas / ac. spectab. Offlagae comunitas / Virg. nativit. ac d. Petro apost. princ. / dicabant anno salutis MDCCXL / hanc viva Offlagae religio / decore illustravit MCMVIII. Nel 1932 venne restaurata la facciata. Nel 1950 omaggio all'arciprete don Alessandrini vennero offerti i quattordici quadri della Via Crucis, firmati «Fr. Micheli fecit 1784» e, restaurati dal Moneghini con cornici della bottega Poisa di Brescia. Nel 1990 la parrocchiale venne restaurata su progetto degli arch. Luigi Fontana e Dezio Paoletti. Entrando si incontrano due acquasantiere eseguite da Francesco Bombastone di Rezzato nel 1739. Ai lati della porta centrale stanno due confessionali di Lorenzo Girelli di Verolanuova. Sulla porta principale sta una grande pala della Crocefissione di autore ignoto, postavi a spese , come ricorda una scritta, del nob. Gerolamo Giov. Barbisoni nel 1690. Il primo altare a destra è dedicato a S. Antonio di Padova, in marmo rosso di Verona con rialzo in legno dipinto e una tela raffigurante il santo di autore ignoto. La pala è segnata dallo stemma dei Barbisoni e dall'iscrizione «Julius Barbisonus f.f. anno Domini 1652». Segue l'altare della «B. Vergine del riscatto degli schiavi» in bel marmo rosso di Verona con uno svaso ad eleganti colonne con putti. La tela primitiva è stata sostituita con una statua di Maria Ausiliatrice. Era dotato di una cappellania. L'altare maggiore tutto di marmo, con una elegantissima tribuna era nella precedente chiesa parrocchiale. La mensa venne eretta nel 1735, mentre la tribuna venne eseguita nel 1740, su commissione della confraternita del SS. Sacramento. Le portine del tabernacolo vennero eseguite da G.B. Filiberti su disegno di Giovanni Zanardi. L'altare venne restaurato per iniziativa anche della Confraternita del SS. Sacramento nel 1903 come ricorda un'epigrafe. Nel coro spicca la tela del Cattaneo, raffigurante l'Assunta e i S.S. Pietro, Paolo e Imerio.


Scendendo a sinistra si incontra l'altare della confraternita del S.S. Sacramento con una bella pala raffigurante l'Eucarestia adorata dai S.S. Carlo e Francesco, opera di Grazio Cossali. Segue presso la porta maggiore l'altare delle Reliquie, eretto per delibera comunale del 28 ottobre 1737 per ospitare le ossa di martiri e confessori donati alla parrocchia, in gran parte da Don Orazio Barbisoni (1651), abate di S. Faustino in Brescia e altre da Faustino Febretti (1678), dai fratelli Barbisoni (1725). La mensa e la soasa in marmo a vari colori vennero eseguite da Vincenzo Baroncini di Rezzato; i putti in marmo con i simboli della Passione vennero scolpiti da Antonio Calegari mentre Bernardino Carboni scolpiva ornamenti e bassorilievi. La pala raffigurante la Pietà è opera di Francesco Monti (1744), mentre gli affreschi della cappella vennero eseguiti da Girolamo Orlandini. I reliquiari vennero realizzati dall'orefice Giuseppe Filiberti, mentre gli arredi dell'altare (crocifisso, candelabri, secrete, vasi portafiori vennero eseguiti da Giambattista Filiberti). Nel 1748 veniva completata la bella torre, la cui pietra era stata posta nell'aprile 1730 ed orientata in modo da segnare con i quattro angoli i quattro punti cardinali. Sull'antico campanile vi era una sola campana, che rottasi venne rimpiazzata nel 1498 da una nuova grazie al concorso di tutta la popolazione come prova un elenco di sottoscrittori pubblicato da Paolo Guerrini. Nel 1742, grazie ad offerte raccolte nei tre anni precedenti, la vecchia campana venne rifusa in una più grande da Gaetano Soletti di Brescia. Ad essa, l'arciprete don Giorgio Desidera nel 1802 ne fece aggiungere altre quattro. Nel 1932 il concerto venne rifuso dalla ditta D'Adda di Crema in uno nuovo in Do maggiore di 52,90 quintali, consacrato il 18 settembre dal vescovo ausiliare mons. Bongiorni.


S. MARIA DELLA FORMICA. Sorge su un'altura incantevole sul vecchio alveo del fiume Mella, sulla riva meridionale in direzione di Manerbio per cui il posto si presta anche ad allegre scampagnate specie nelle domeniche di primavera. Il luogo era chiamato nei documenti medievali «Paterno grasso», nome che indica l'esistenza di un fondo passato a costituire per eredità paterna la dote di una primita cappella longobarda eretta lì sotto il titolo della Beata Vergine e di S. Michele Arcangelo. Il termine grasso indica la particolare fecondità del suolo pur non potendo per il dislivello essere irrigato. Angelo Bonaglia ha individuato in questa chiesa quella «S. Maria di Paterno del Mella, ossia di Paterno» elencata nel catalogo capitolare come dotata di due benefici clericali del valore di libbre 2 e soldi 4 ciascuno. Un'immagine della Vergine attirò sulla cappella, forse del sec. XIII sorta su fondo detto Chiosetto, sempre più frequenti folle di fedeli, tanto che nel 1542 si pensò di sostituirla forse in seguito ad un incendio con un più ampio santuario. Anche alla Vergine fu dedicato in quel tempo un nuovo quadro di vivido colore e soave espressione, mistica, in cui è affiancata da S. Pietro e da S. Paolo che il Guerrini attribuisce al Romanino o alla sua scuola. L'antichissimo titolo di Madonna della Formica è dovuto probabilmente all'esistenza nella zona di numerosi formicai, annidati nei terreni alluvionali delle due sponde del fiume. Nel 1565 il vescovo Bollani nella sua visita pastorale imponeva che si erigesse un altare di pietra al posto di quello di legno, che venissero rimossi e ridipinti i due grandi angeli sull'altare e che venisse rimesso in ordine l'altro altare. Un'interessante notizia viene fornita dal Da Lezze nel Catastico del 1609, che suggerisce come alla custodia della chiesa, in «una casetta» da loro abitata, provvedevano un prete che viveva di elemosina ed un «nobile veneto heremita», il quale «ha fatto gran meglioramento alla chiesa ed in essa, se li dice messa ogni giorno». Nel 1723 vi veniva sepolta Aurelia Barbisoni, nel 1757 Dorotea Poncarali ved. Pontoglio. Il crescere della devozione portò nel 1776 ad un nuovo ampliamento con la costruzione di un nuovo coro come ricorda l'epigrafe che si legge sulla porta maggiore: fu edificata nel 1542, e riedificata nel 1770, l'ampliamento venne condotto a termine nel 1779 per iniziativa dei fratelli nobili Giorgio e Alessandro Barbisoni che provvidero alla decorazione del tempio e al restauro anche della casa attigua del romito, o custode del santuario. Le opere murarie furono dovute ad Antonio Boninsegna e le decorazioni a Lorenzo Pozzi di Manerbio. Le opere di stucco sono dovute a Carlo Zueghi, quelle in ferro a Giuseppe Donegani di Brescia, quelle in marmo a Vincenzo Poli. Le indorature dei quadri della Via Crucis furono a loro volta eseguite da Ottavio Peluzzi, mentre le portelle marmoree furono disegnate da Bernardino Carboni ed eseguite da Benedetto e Giovanni Ogna, tagliapietre di Rezzato. A ricordo dei restauri fu posta dietro l'unico altare dell'abside nuova una lapide latina con lo stemma dei Barbisoni che suona: «Hoc templum ornatu perfectum / chorum a fundamentum erectum / suorum majorum exemplo / Georgius et Allexander fratres Barbisoni erix / B.M. Virgini MDCCLXXIX P.». (Sull'esempio dei loro antenati i fratelli Giorgio e Alessandro Barbisoni, nobili bresciani, dedicarono alla B. Maria Vergine, l'anno 1779, questo tempio completamente ornato, con il coro nuovo eretto dalle fondamenta). Fra i romiti del santuario è ricordato un frate Maricco che moriva nel 1638, a Manerbio mentre attendeva alla questua per il santuario. Più tardi fu costituita una confraternita, mentre all'amministrazione fu preposta una commissione laica di reggenti o fabbriceri che tentarono ad ogni costo di rendersi indipendenti dal parroco locale come ricorda una lapide che fino al 1925 era posta sulla porta della casa attigua alla chiesa e che suonava: «Questo pubblico antico oratorio è sempre stato indipendente nell'amministrazione dal parroco come lo dichiarano le venerate lettere avogaresche del 26 aprile 1760». Queste beghe certo disdicevoli per un santuario si acuirono dal 1797 al 1803 all'epoca della rivoluzione giacobina, come dimostra una protesta indirizzata il 30 gennaio 1803 da un buon numero di offlaghesi al «cittadino prefetto» contro il parroco locale don Giorgio Desidera che aveva osato chiedere la designazione di due persone incaricate della cerca e due sindaci del Triduo, gesto nel quale si vedeva un tentativo di prevalere nell'amministrazione del santuario per cui si chiedeva che venisse invalidata la elezione promossa dal parroco. La prefettura il 3 febbraio dava tuttavia torto ai protestatari e convalidava le nomine fatte. Nel 1808 accanto veniva costruito il cimitero. Interessante è ciò che afferma il parroco in una sua relazione del 1831: «All'oratorio campestre della formica, si celebra messa tutte le Domeniche, e tutti li sabbati coll'Elemosina di più legati, quantunque non consti esservi peso di messe. Una volta all'Oratorio stesso mandavano un Monaco ossia cappellano li Riv.di Padri Benedettini de' S.S. Faustino e Giovita in Brescia col dovere di celebrare messa nell'Oratorio medesimo per nove mesi ogni anno come da testamento del Riv.do Padre Orazio Barbisoni Abate. Le due messe, cioè quella del sabato e della Domenica si celebrano anche di presente, eccetto che la Domenica invece di celebrarla all'Oratorio si celebra in Parrocchia per maggior comodo del Popolo, quando poi in paese vi fosse un altro Cappellano, anche questa verrebbe celebrata all'Oratorio. Riguardo a' Monaci esiste quasi nemmeno l'idea». Una iscrizione ricorda «L'anno 1855, il cholera infierendo / questa mensa si eresse / dalla popolazione di Offlaga in ringraziamento». La lapide fu rimossa in occasione del giubileo sacerdotale dell'arciprete don Carlo Alessandrini. A questi, per 52 anni parroco di Offlaga, si devono i nuovi restauri al santuario. Vi operarono Giuseppe Trainini che compì la decorazione, Vittorio Trainini che dipinse il medaglione centrale del soffitto, raffigurante la Madonna del Rosario e S. Domenico. Le balaustre marmoree dell'altare furono fatte dalla ditta Bonifacio di Brescia, la grande cantoria di sfondo dal falegname Rocco Pedroni di Offlaga, il trasporto del nuovo organo dall'organaro Maccarinelli e così via. A ricordare questi restauri restano due epigrafi dipinte sulla parete sinistra del santuario: «Negli anni, 1920 e 1921, sedata la guerra mondiale, a propiziazione, di perpetua pace cristiana, questo tempio sacro, alla Regina della pace, fu restaurato e decorato, per voto di popolo, auspice l'arciprete don Carlo Alessandrini». «Antico sacrario, di memorie cristiane dedicato a Maria Vergine, col titolo della Formica, fu dedicato nel 1542, riedificato nel 1776, auspicio di celesti favori, al devoto popolo di Offlaga». Nel 1959 il Comune deliberava di abbattere in parte la vecchia casa del custode, mettendo così in piena luce l'armoniosa facciata del Santuario, di allargare e rinnovare la vecchia cinta, di costruire nuovi loculi e cappelle, di aprire sul davanti un ampio piazzale. Nel 1960 veniva asfaltato il viale di accesso al santuario. Nel 1984 vennero rilanciati nuovi restauri. Tradizionale la festa della Domenica in Albis celebrata con grande concorso di popolo specie da Bagnolo Mella, Corticelle Pieve, Dello, Verolanuova e Manerbio. Il primo di maggio, dal 1960, si incominciò a celebrare la festa dell'ammalato, organizzata dal Centro Volontari della Sofferenza.


S. MICHELE. Cappella probabilmente di origine longobarda. Antichissima, era già cadente all'epoca della visita del vescovo Bollani (1565). Il vescovo ordinò che fosse distrutta e che in suo luogo venisse eretto un capitello. Sorgeva sull'altopiano chiamato Paterno Grasso.


NATIVITA' DI MARIA alla VINACCESA. Di una chiesetta vi sono accenni nel 1670, probabilmente più piccola e, forse combaciante con l'attuale sacrestia. Venne poi ricostruita verso la metà del '700, allineata col muro esterno a nord della cascina.


S.S. FAUSTINO E GIOVITA. Nella cascina omonima. È nominata negli atti della visita del vescovo Bollani nel 1565 arricchita di un legato della famiglia Barbisoni. È poi nominata nel 1658 e ancora nel 1914. Venne poi abbandonata.


S. ROCCO. Costruita dal Comune per voto popolare nel 1565 era situata sotto la torre campanaria. Si trattava di una cappelletta chiusa da un'inferriata con davanti un portichetto. Il vescovo Bollani ordinava che si facesse il muro con una porta; venne riattivata agli inizi del sec. XVII.


Antica anche la chiesa «Santi Pietri» che il vescovo Bollani nel 1565 ordinava di distruggere e di ridurre in santella. Una cappella viene nominata nel 1684 alla Mompiana. Una chiesetta dedicata a S. Tommaso era segnalata nel 1699 al Vallone.


EDIFICI. Fra gli edifici più notevoli è il palazzo già dei nobili Barbisoni, ora sede del Municipio, che Paolo Guerrini assegna al sec. XVIII, mentre G. Cappelletti lo fa risalire al primo Seicento. Il Petrogalli lo dice «molto probabilmente un prodotto composito dovuto ad interventi di diverse epoche, di cui quello che diede la veste definitiva si verificò, per quanto si può attualmente vedere, nel XVII secolo. Si ha un corpo di fabbrica principale, sviluppato per tre piani e concluso verso il giardino in un'alta cornice sottogronda a mensole marmoree, simili a quelle del palazzo Luzzago di Manerbio. Su questo si innesta un'ala di minor altezza, con un effetto di marcata orizzontalità; un porticato fa da tramite al giardino ed iconograficamente si congiunge all'androne, senza tuttavia essere esteso fino al grande portale (un tempo ingresso principale)». «Al primo piano, rileva Fausto Lechi, la grande galleria aveva il soffitto a travetti decorati e una larga fascia dipinta a racemi e volute fra i quali appaiono piccoli riquadri con paesaggi e motti. Sullo sfondo uno strano boccascena di due arcate decorato in alto con due finte lunette gotiche e al centro uno scudo con lo stemma Barbisoni (d'azzurro al leopardo rampante d'oro). Una bizzarria dell'Ottocento? Dalla galleria, attraverso porte con stipiti di pietra, si passa in vari ambienti, il centrale dei quali, il salone d'onore, ha il soffitto a travetti dipinti alla moda del nostro Seicento, in maniera egregia. Altrettanto in un salotto vicino». Dal Seicento è Casa Mercadoni, detto il Palazzo (poi di proprietà Moretti) che, nonostante decenni di decadenza, ha conservato i segni di una originale, signorilità. Interessanti sono anche a Faverzano il Palazzo Motta del sec. XVII e la villa Longo poi Agliardi.


ECONOMIA. Eminentemente agricola, Offlaga venne avvantaggiata dalle già citate numerose rogge, che tuttavia non tolsero tutte le lame e i boschi. Da sempre furono coltivati il frumento, il miglio e la melica, cui si aggiunsero il lino, i gelsi e il granoturco. Presente fino a pochi decenni era la vite. Diffuso l'allevamento del bestiame (bovini e suini). Il territorio andò acquistando produttività negli ultimi secoli. Ancora nel 1609 il Da Lezze nel Catastico valutava a 3 mila circa i piò di terra, ma soggiungeva che «non sono della bontà di quelli di Manerbio, essendo di valuta li miliori soldi 300». Lo stesso Catastico registrava l'esistenza in luogo di 25 paia di buoi, 30 cavalli, 30 vacche e 36 carri. Con lo sviluppo agricolo dei primi decenni del XX secolo sorsero due caseifici, di Francesco Bertoli e di Giovanni Fiorini. Un stalla sociale venne aperta negli anni Settanta alla cascina Selva. Fiori vengono coltivati alla cascina Sandher. In auge in passato la tessitura in famiglia di lino che ebbe sfogo commerciale anche a Venezia. Scarse le attività artigianali di rilievo. Fra queste la fabbrica di carrozze di Rocco Pedroni attiva ancora negli anni Trenta. Negli anni Sessanta incominciarono a nascere le prime industrie di apparecchiature elettriche e di sedie in metallo. Nel 1974 venne impiantata la «Acciaierie e ferriere fratelli Busseni s.p.a.». Nel 1982 Francesco Zinoni dava vita alla «Gulliver s.r.l.» che fabbrica mescolatrici planetarie per pasticcerie.


PARROCI. Bertramino Franchi di Giovanni di Orzinuovi (rinuncia il 20 gennaio 1372). Tonino Franchi qd. Fachino, di Orzinuovi (investito il 20 gennaio 1372), Andrea Trevisano (già investito nel 1532); Camillo Trevisano, patrizio veneto (rinuncia verso il 1571); Francesco Morello di Meano (1571 m. il 14 settembre 1583); Paolo Dornini di Verolanuova (12 ottobre 1582 - rinuncia nell'aprile 1592); Ippolito Spalenza di Verolanuova (1592, m. il 20 aprile 1592); Lodovico Marchetti, di Pralboino (6 maggio 1592, morto nel giugno seguente). Prospero Pontoglio di Verolanuova (18 novembre 1626, promosso a Salò nel 1632). Bernardino Baiguera, di Verolavecchia (2 ottobre 1632, m. il 9 aprile 1650); Paolo Dusi di Brescia (el. 23 aprile 1650, rin. il 23 ottobre 1653); Francesco Vecchi di Pontevico (el. l'8 novembre 1653, m. il 20 febbraio 1657); Angelo Vecchi di Pontevico (el. il 19 luglio 1657, m. il 9 dic. 1689); Giuseppe Bertella, veronese (el. il 10 febbraio 1690, nel 1696 promosso Manerbio); Giacomo Zanini, di Navazzo (el. il 20 maggio 1696-1714); Giovanni Testa, di Manerbio (el. 11 dicembre 1714, m. il 9 novembre 1744); Carlo Angelo Carli, di Brescia (el. il 23 luglio 1745-1769); Giorgio Desidera di Sabbio Chiese (el. il 16 giugno 1769, m. l'8 maggio 1804); Lorenzo Ghirardi, di Offlaga (el. il 13 giugno 1804, rin. il 22 luglio 1808); Giuseppe Ghirardi di Offlaga (el. 2 maggio 1809, rin. il 5 giugno 1814); Giuseppe Betta di Muscoline (el. 5 settembre 1814, m. l'11 gennaio 1831), Agostino Pietta di Muscoline (el. il 15 marzo 1831, m. il 17 gennaio 1849); Angelo Gatta di Borgo S. Giacomo (el. il 2 ottobre 1850, m. l' 11 giugno 1876); Stefano Boni di Pontevico (el. il 22 settembre 1870, m. il 14 marzo 1892); Angelo Mazzardi, di Nuvolento (el. il 4 luglio 1887, m. il 14 marzo 1892); Agostino Paracchini, di Bassano Br. (el. il 24 giugno 1892, rin. senza entrare in parrocchia); Paolo Pasqua di Navazzo (el. 28 maggio 1894, m. il 23 novembre 1899); Carlo Alessandrini, di Verolavecchia (el. il 15 marzo 1900, m. il 13 aprile 1952); Lorenzo Caffi (el. 5 luglio 1952, rin. 7 ottobre 1953); Giuseppe Fiorini (el. 13 novembre 1953, rin. 15 marzo 1965); Bruno Pelati (el. 24 marzo 1965, rin. 1 gennaio 1984); Aldino Cominardi (nom. il 13 febbraio 1984).