CARCINA: differenze tra le versioni
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− | + | CARCINA | |
− | + | CARCINA (in dial. Carshina, in lat. Carcinae) | |
− | Paese alla sinistra del fiume Mella ai piedi del monte Palosso nella Bassa Valtrompia. Si trova a. m. 240 s.m. a 10 Km. da Brescia. | + | Paese alla sinistra del fiume Mella ai piedi del monte Palosso nella Bassa Valtrompia. Si trova a. m. 240 s.m. a 10 Km. da Brescia. Il nome ricorre nel Liber Potheris Brixiae nel 1226 come " Carshina ". Carcina deriverebbe perciò il suo nome da Carectina o caricectina ed indica una palude di giunchi, pianta palustre che i bresciani chiamano "caresa", donde il nome di caresina contratto in carsina. Dove oggi sorge il paese vi era infatti una depressione provocata dal fiume Mella, aumentata dal displuvio della valle e formante una lama o palude di giunchi. Probabilmente di proprietà del demanio pubblico e poi del vescovo, il territorio passò in gran parte al monastero benedettino di S. Eufemia che vi operò una profonda bonifica. Nel maggio 1038 il nome di Carcina ricorre in una permuta di beni fra l'ab. Giselberto del monastero di S. Eufemia e il vescovo di Brescia Olderico. Il monastero sostenne poi contese col comune di Brescia per proprietà esistenti nel territorio di Carcina. Questo passò poi in feudo degli Avogadro. |
− | + | Nel 1493 Carcina è citata insieme con le altre frazioni di Villa, Cailina, Cogozzo e Pregno, nuclei abitativi alle porte della Valle Trompia, quindi risulta nel1’estimo della valle del 1557 e nello Statuto della Valtrompia del 1576. | |
− | + | Nel “Catastico Bresciano” deI 1609, il compi1atore Giovanni da Lezze così definì Carcina:“Commun ultimo et primo alla città”, sottolineandone in questo modo non solo la particolare posizione strategica, ma anche l’importanza della località che all’epoca contava “400 abitanti riuniti in 90 fuochi” | |
− | + | Il 14 agosto 1850 ci fu una devastante alluvione che procurò gravi disastri ambientali commovendo tutti gli italiani, che si mobilitarono in una generosa gara di solidarietà. | |
− | Parroci: Giov.Maria Gottardi ( | + | Fino alla metà del sec. XIX rimase un piccolo villaggio popolato da pastori o contadini. Vi esistette dal cinquecento in poi anche una piccola cartiera o follo situato in territorio di Pregno e Carcina in contrada de Bocha Rotha di proprietà Rivetta poi Spinazzari, De Sediis, Zucchi , rev. Zappetti Domenico, scomparsa poi nella seconda metà del sec. XIX. |
− | + | Il paese rinacque a nuova vita dal settembre 1859 quando Francesco Glisenti vi aprì il grande stabilimento metallurgico che assunse sempre più vasta importanza. | |
− | + | All’inizio del Novecento Carcina, come gran parte degli altri paesi della Bassa Valle, visse il processo di industrializzazione che portò, nei volgere di poco tempo, da un tipo di economia basata essenzialmente sull’agricoltura, l’allevamento del bestiame, il taglio di boschi e poche attività manifatturiere, ad un nuovo assetto socio-economico che rivoluzionò anche il volto urbanistico del territorio con un incremento demografico significativo (nel 1921 la popolazione di Carcina arriverà a quota 1296 unità). | |
+ | La legge fascista del 1926 introdusse una magistratura unica, il podestà, che sostituì gli organi elettivi precedentemente in carica , nel 1927, i Comuni di Carcina e di Villa Cogozzo, vennero soppressi per costituire il nuovo Comune di Villa Carcina, denominazione che mantiene tutt’ora. | ||
+ | Vi sorgeva un ospizio per pellegrini eretto dai Monaci di S. Eufemia in luogo e come trasformazione di un'antica stazione della strada romana detta della Pendesa, che metteva a Zanano e a Lumezzane. Dell'ospizio era titolare S. Giacomo, protettore dei pellegrini, che rimarrà patrono della parrocchia. Nel 1522 la parrocchia di Carcina ottenne la sua autonomia dalla parrocchia di Villa come da copia dell’atto conservato nell’archivio parrocchiale e che fa riferimento al rogito N° 164 del notaio Antonio Badili. La primitiva chiesa sebbene consacrata era povera come gli abitanti. Nel 1580 Mons. Antonini , covisitatore di S. Carlo Borromeo, scrive che la casa del Signore risulta essere antica e senza volto, povero l’ovile, poverissimo il gregge. | ||
+ | Il 15 marzo 1739 il Gran Consiglio della Comunità di Carcina prese la decisione di fabbricare un nuovo tempio e che nel 1782 i parrocchiani fanno apporre sulla facciata l’iscrizione “Fede di Popolo eresse nell’anno MDCCLXXXII. A fianco della chiesa nel 1763 la ditta Lepreni e Gamba di Rezzato eresse il nuovo campanile avente l’altezza di metri 34.5 e che ospita il concerto attuale in MI di 6 campane. Il parroco don Carlo Barcella sul registri dei battesimi scrive che il 9 aprile 1797 , domenica delle Palme, il paese venne devastato e saccheggiato e nello scontro fra i Valtrumplini e le truppe del Governo Provvisorio e si ritrovavano morti 27 tra i quali dodici parrocchiani. | ||
+ | Sul sagrato della chiesa una lapide ricorda la visita del Re Ferdinando I° ed un'altra ricorda S. Ecc. Mons. Giovan Battista Bosio arcivescovo di Chieti e Vasto, sentinella coraggiosa della fede per tutta la Valletrompia. | ||
+ | La chiesa conserva buone tele. Sull'altare maggiore campeggia una pala (olio su tela 378 x 217) raffigurante la Madonna col Bambino e i S. S. Apostoli Giacomo e Giovanni, firmata "Stephanus Vivianus fecit 1621". Sul primo altare di destra la Madonna del Rosario col Bambino, con i S. S. Domenico di Guzman e Caterina da Siena (olio su tela 310x176) firmata Palea Vito 1730, la tela era attorniata dai 15 misteri del Rosario (ovali, olio su tela 0,58x0,45) di ignoto del 1700 3 rubati nel 1983 e 12 nel 1987; sull'altare di sinistra una pala (olio su tela 265x162) raffigurante la Deposizione di Ottavio Ronchi firmato e datato 1846. Altre tele adornano la chiesa e più precisamente: sopra la porta laterale destra una "Ultima Cena" (olio su tela 220x150) di ottima fattura di Scuola bresciana del 1600 ed una "Madonna con il Bambino e S. Gaetano di Thiene" (olio su tela 128x190) di discreta fattura firmata Piet. Scalvini./F.A. 1756. Sulla porta che conduce alla sagrestia una pala raffigurante la Madonna col Bambino, S. Vicenzo Ferreri e la comunione di S. Luigi Gonzaga (olio su tela 234x160) di Giorgio Anselmi. Sul lato destro del presbiterio si trova la tela L’Eucarestia esaltata dai Santi Pietro e Paolo (olio su tela 185x140) di un maestro bresciano della seconda metà del cinquecento. . Sul lato sinistro del presbiterio una Madonna col Bambino e i S. S .Giacomo e Rocco (olio su tela 153x100) attribuita a Giovan Battista Moroni. A sinistra sopra la porta della cappella laterale una Madonna col Bambino in gloria ed estasi di Santa Teresa d’Avila (olio su tela 240x140) di Domenico Vantini. Sopra la porta laterale sinistra si trova la tela Deposizione (olio su tela 40x165) firmata "Petrus Scalvini civis brix. 1752"). Nella cappella laterale esiste una tela con S. Luigi Gonzaga e S. Angela Merici e S. Dorotea firmata "L.Campini Brescia 1853". Sopra il battistero si trovava il "Battesimo di Cristo" di L. Campini (1842) che è stato rubato nel 1987. Nel presbiterio si trovano i due dipinti di S. Pietro e di S. Paolo (olio su tela95x75), attribuiti a Francesco Paglia ed le 14 Vie Crucis (olio su tela 54x72), di pittore ignoto. Parecchi i quadri della sagrestia fra cui notevoli una "Adorazione dei Magi" (olio su tela 135x100) di Pietro Liberi; una S. Rosa di Lima (olio su tela 110x90) di pittore ignoto del 1700, un S. Domenico di Guzman (olio su tela 113x90) pure di pittore ignoto del 1700 ed i ritratti degli arcipreti G. Pellizzari, Enrico Gatta, . Sono di marmo intarsiato gli altari tutti del 1600. Recenti invece le statue del S. Cuore, di S. Luigi, di S. Giuseppe ecc. Pregevoli alcune opere in legno (fra cui scranni e banchi) della fine 1600 o del 1700. Notevoli alcune suppellettili specie candelabri e calici, della stessa epoca. Fu una curazia mercenaria di proprietà dei comizi. Il curato era un tempo accordato dalla vicinia di Carcina per due, tre o quattro anni e poi licenziato o riconfermato. | ||
+ | Parroci: Aurelio Coffetti (1567 – 1580), Giovanni Retondo (1580 – 1606), Simone Zappetti (1606 – 1614), Gianbattista Avogadro (1614 – 1634), Ludovico Pilati (1634 – 1639),Giov.Maria Gottardi (1639-1656),Giovanni Rusconi (1656 – 1657), Carlo Vescovi (1657 - 1658), Stefano Salvoni (1659 - 1661), Gianbattista Sbettega (1661 - 1669), Francesco Coppino (1669 - 1672), Giovanni Battista Avogadro (1672 - 1679), Gian Maria Bertuzzi (1679 - 1689), Stefano Bonetti (1689 - 1691), Gianbattista Giacomelli (1692 - 1700), Bartolomeo Benaglia (1701 - 1703), Stefano Bianchi (1703 – 1719), Domenico Ricci (1719 - 1720), Antonio Rosini (1720 – 1765), Domenico Perotti di Sarezzo (1765 - 1771), Francesco Mascardi di Castrezzone (1771 - 1782) , Carlo Barcella di Caino (1783 – 1805) , Giuseppe Pellizzari (1805 – 1859) , Pietro Comini di Cimmo (1860 - 1893), Eugenio Lodrini di Calcinato (1893 - 1901), Enrico Gatta (1901 - 1907), Pietro Cerutti (1908 - 1960), Emilio Zanardelli (1960-1966), Emilio Magrinello (1966 - 1974), Giuseppe Cavesti (1974 - 1985), Francesco Bonazza (1985 – 2008), Oliviero Faustinoni (2009 – 2013), Cesare Verzini (2013). |
Versione attuale delle 07:25, 24 giu 2016
CARCINA
CARCINA (in dial. Carshina, in lat. Carcinae) Paese alla sinistra del fiume Mella ai piedi del monte Palosso nella Bassa Valtrompia. Si trova a. m. 240 s.m. a 10 Km. da Brescia. Il nome ricorre nel Liber Potheris Brixiae nel 1226 come " Carshina ". Carcina deriverebbe perciò il suo nome da Carectina o caricectina ed indica una palude di giunchi, pianta palustre che i bresciani chiamano "caresa", donde il nome di caresina contratto in carsina. Dove oggi sorge il paese vi era infatti una depressione provocata dal fiume Mella, aumentata dal displuvio della valle e formante una lama o palude di giunchi. Probabilmente di proprietà del demanio pubblico e poi del vescovo, il territorio passò in gran parte al monastero benedettino di S. Eufemia che vi operò una profonda bonifica. Nel maggio 1038 il nome di Carcina ricorre in una permuta di beni fra l'ab. Giselberto del monastero di S. Eufemia e il vescovo di Brescia Olderico. Il monastero sostenne poi contese col comune di Brescia per proprietà esistenti nel territorio di Carcina. Questo passò poi in feudo degli Avogadro. Nel 1493 Carcina è citata insieme con le altre frazioni di Villa, Cailina, Cogozzo e Pregno, nuclei abitativi alle porte della Valle Trompia, quindi risulta nel1’estimo della valle del 1557 e nello Statuto della Valtrompia del 1576. Nel “Catastico Bresciano” deI 1609, il compi1atore Giovanni da Lezze così definì Carcina:“Commun ultimo et primo alla città”, sottolineandone in questo modo non solo la particolare posizione strategica, ma anche l’importanza della località che all’epoca contava “400 abitanti riuniti in 90 fuochi” Il 14 agosto 1850 ci fu una devastante alluvione che procurò gravi disastri ambientali commovendo tutti gli italiani, che si mobilitarono in una generosa gara di solidarietà. Fino alla metà del sec. XIX rimase un piccolo villaggio popolato da pastori o contadini. Vi esistette dal cinquecento in poi anche una piccola cartiera o follo situato in territorio di Pregno e Carcina in contrada de Bocha Rotha di proprietà Rivetta poi Spinazzari, De Sediis, Zucchi , rev. Zappetti Domenico, scomparsa poi nella seconda metà del sec. XIX. Il paese rinacque a nuova vita dal settembre 1859 quando Francesco Glisenti vi aprì il grande stabilimento metallurgico che assunse sempre più vasta importanza. All’inizio del Novecento Carcina, come gran parte degli altri paesi della Bassa Valle, visse il processo di industrializzazione che portò, nei volgere di poco tempo, da un tipo di economia basata essenzialmente sull’agricoltura, l’allevamento del bestiame, il taglio di boschi e poche attività manifatturiere, ad un nuovo assetto socio-economico che rivoluzionò anche il volto urbanistico del territorio con un incremento demografico significativo (nel 1921 la popolazione di Carcina arriverà a quota 1296 unità). La legge fascista del 1926 introdusse una magistratura unica, il podestà, che sostituì gli organi elettivi precedentemente in carica , nel 1927, i Comuni di Carcina e di Villa Cogozzo, vennero soppressi per costituire il nuovo Comune di Villa Carcina, denominazione che mantiene tutt’ora. Vi sorgeva un ospizio per pellegrini eretto dai Monaci di S. Eufemia in luogo e come trasformazione di un'antica stazione della strada romana detta della Pendesa, che metteva a Zanano e a Lumezzane. Dell'ospizio era titolare S. Giacomo, protettore dei pellegrini, che rimarrà patrono della parrocchia. Nel 1522 la parrocchia di Carcina ottenne la sua autonomia dalla parrocchia di Villa come da copia dell’atto conservato nell’archivio parrocchiale e che fa riferimento al rogito N° 164 del notaio Antonio Badili. La primitiva chiesa sebbene consacrata era povera come gli abitanti. Nel 1580 Mons. Antonini , covisitatore di S. Carlo Borromeo, scrive che la casa del Signore risulta essere antica e senza volto, povero l’ovile, poverissimo il gregge. Il 15 marzo 1739 il Gran Consiglio della Comunità di Carcina prese la decisione di fabbricare un nuovo tempio e che nel 1782 i parrocchiani fanno apporre sulla facciata l’iscrizione “Fede di Popolo eresse nell’anno MDCCLXXXII. A fianco della chiesa nel 1763 la ditta Lepreni e Gamba di Rezzato eresse il nuovo campanile avente l’altezza di metri 34.5 e che ospita il concerto attuale in MI di 6 campane. Il parroco don Carlo Barcella sul registri dei battesimi scrive che il 9 aprile 1797 , domenica delle Palme, il paese venne devastato e saccheggiato e nello scontro fra i Valtrumplini e le truppe del Governo Provvisorio e si ritrovavano morti 27 tra i quali dodici parrocchiani.
Sul sagrato della chiesa una lapide ricorda la visita del Re Ferdinando I° ed un'altra ricorda S. Ecc. Mons. Giovan Battista Bosio arcivescovo di Chieti e Vasto, sentinella coraggiosa della fede per tutta la Valletrompia.
La chiesa conserva buone tele. Sull'altare maggiore campeggia una pala (olio su tela 378 x 217) raffigurante la Madonna col Bambino e i S. S. Apostoli Giacomo e Giovanni, firmata "Stephanus Vivianus fecit 1621". Sul primo altare di destra la Madonna del Rosario col Bambino, con i S. S. Domenico di Guzman e Caterina da Siena (olio su tela 310x176) firmata Palea Vito 1730, la tela era attorniata dai 15 misteri del Rosario (ovali, olio su tela 0,58x0,45) di ignoto del 1700 3 rubati nel 1983 e 12 nel 1987; sull'altare di sinistra una pala (olio su tela 265x162) raffigurante la Deposizione di Ottavio Ronchi firmato e datato 1846. Altre tele adornano la chiesa e più precisamente: sopra la porta laterale destra una "Ultima Cena" (olio su tela 220x150) di ottima fattura di Scuola bresciana del 1600 ed una "Madonna con il Bambino e S. Gaetano di Thiene" (olio su tela 128x190) di discreta fattura firmata Piet. Scalvini./F.A. 1756. Sulla porta che conduce alla sagrestia una pala raffigurante la Madonna col Bambino, S. Vicenzo Ferreri e la comunione di S. Luigi Gonzaga (olio su tela 234x160) di Giorgio Anselmi. Sul lato destro del presbiterio si trova la tela L’Eucarestia esaltata dai Santi Pietro e Paolo (olio su tela 185x140) di un maestro bresciano della seconda metà del cinquecento. . Sul lato sinistro del presbiterio una Madonna col Bambino e i S. S .Giacomo e Rocco (olio su tela 153x100) attribuita a Giovan Battista Moroni. A sinistra sopra la porta della cappella laterale una Madonna col Bambino in gloria ed estasi di Santa Teresa d’Avila (olio su tela 240x140) di Domenico Vantini. Sopra la porta laterale sinistra si trova la tela Deposizione (olio su tela 40x165) firmata "Petrus Scalvini civis brix. 1752"). Nella cappella laterale esiste una tela con S. Luigi Gonzaga e S. Angela Merici e S. Dorotea firmata "L.Campini Brescia 1853". Sopra il battistero si trovava il "Battesimo di Cristo" di L. Campini (1842) che è stato rubato nel 1987. Nel presbiterio si trovano i due dipinti di S. Pietro e di S. Paolo (olio su tela95x75), attribuiti a Francesco Paglia ed le 14 Vie Crucis (olio su tela 54x72), di pittore ignoto. Parecchi i quadri della sagrestia fra cui notevoli una "Adorazione dei Magi" (olio su tela 135x100) di Pietro Liberi; una S. Rosa di Lima (olio su tela 110x90) di pittore ignoto del 1700, un S. Domenico di Guzman (olio su tela 113x90) pure di pittore ignoto del 1700 ed i ritratti degli arcipreti G. Pellizzari, Enrico Gatta, . Sono di marmo intarsiato gli altari tutti del 1600. Recenti invece le statue del S. Cuore, di S. Luigi, di S. Giuseppe ecc. Pregevoli alcune opere in legno (fra cui scranni e banchi) della fine 1600 o del 1700. Notevoli alcune suppellettili specie candelabri e calici, della stessa epoca. Fu una curazia mercenaria di proprietà dei comizi. Il curato era un tempo accordato dalla vicinia di Carcina per due, tre o quattro anni e poi licenziato o riconfermato. Parroci: Aurelio Coffetti (1567 – 1580), Giovanni Retondo (1580 – 1606), Simone Zappetti (1606 – 1614), Gianbattista Avogadro (1614 – 1634), Ludovico Pilati (1634 – 1639),Giov.Maria Gottardi (1639-1656),Giovanni Rusconi (1656 – 1657), Carlo Vescovi (1657 - 1658), Stefano Salvoni (1659 - 1661), Gianbattista Sbettega (1661 - 1669), Francesco Coppino (1669 - 1672), Giovanni Battista Avogadro (1672 - 1679), Gian Maria Bertuzzi (1679 - 1689), Stefano Bonetti (1689 - 1691), Gianbattista Giacomelli (1692 - 1700), Bartolomeo Benaglia (1701 - 1703), Stefano Bianchi (1703 – 1719), Domenico Ricci (1719 - 1720), Antonio Rosini (1720 – 1765), Domenico Perotti di Sarezzo (1765 - 1771), Francesco Mascardi di Castrezzone (1771 - 1782) , Carlo Barcella di Caino (1783 – 1805) , Giuseppe Pellizzari (1805 – 1859) , Pietro Comini di Cimmo (1860 - 1893), Eugenio Lodrini di Calcinato (1893 - 1901), Enrico Gatta (1901 - 1907), Pietro Cerutti (1908 - 1960), Emilio Zanardelli (1960-1966), Emilio Magrinello (1966 - 1974), Giuseppe Cavesti (1974 - 1985), Francesco Bonazza (1985 – 2008), Oliviero Faustinoni (2009 – 2013), Cesare Verzini (2013).