DOMENIGHINI Francesco

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DOMENIGHINI Francesco

(Breno, 5 ottobre 1860 - Bergamo, 1 maggio 1950). Garzone di un fornaio presso l'Albergo alpino di Breno si appassionò presto al disegno e quando il pittore bergamasco Giuseppe Rota (detto Rotì) fu a Breno per dipingere in alcune case signorili, egli lo avvicinò e nel 1876 lo segui poi a Bergamo, crescendo alla sua scuola e a quella dello Scuri e sotto la guida dei consigli del Tallone. Inoltre seguì Antonio Guadagnini. Per quattro anni prestò servizio in un reggimento di cavalleria di stanza a Milano. Fu poi a Roma dove lavorò e studiò dal vero nella "Scuola del costume" arrampicandosi su pareti per dipingere in palazzi e case. Partecipò anche ad una esposizione nella quale ebbe un insperato successo e vivi apprezzamenti con un "Ritratto della sorella".


Notato da alcuni americani fu invitato a Buenos Aires dove rimase dal 1885 al 1896, salvo un viaggio in Italia, a Breno nel 1890 dove sposò una "intellettuale" del tempo, Laura Campana, appassionata di pittura e già sua allieva. Con lei ripartiva per l'America meridionale. Come ha scritto Riccardo Lonati, del "periodo americano" (1888-1896) rimane doviziosa documentazione anche perché l'artista fin dall'imbarco, a Napoli, inizia un diario nel quale con i vari momenti e le emozioni del viaggio ("Emigranti" ne è frutto conclusivo) è il ricordo di "incontri e di addii". La sua attività in terra argentina iniziò con la decorazione del teatro Colon di Buenos Aires, cui seguirono le decorazioni della villa del sig. Uriburo, ministro delle finanze della Repubblica Argentina (1889), del palazzo del dott. Quintana che fu Presidente della Repubblica Argentina (1891), una Via Crucis per la chiesa della Recoleta, la cappella mortuaria per la famiglia Uriburo al cimitero Recoleta, la decorazione del vestibolo del teatro Ourubia (1891), la decorazione completa del teatro Odeon, boccascena e sipario compresi (1892), del gran salone d'onore della Facoltà di medicina, al centro una grande medaglia rappresentante la Panacea, e sul fregio 12 quadri rappresentanti i fatti salienti della medicina e chirurgia (1893), lo scalone d'onore della Facoltà di medicina, con riquadri alle pareti rappresentanti soggetti mitologici inerenti alla medicina, la decorazione di palazzo Lagarretta (1893), sipari di teatri vari (padiglione argentino, Vittoria, Olimpo, Rivadavia...) cui s'aggiungono varie composizioni in case signorili; fantasie per "camere" in stile giapponese, imitazioni di arazzi, schizzi per seggi di cattedrali, per troni e bozzetti che attestano un programma vasto di altri lavori fuori Buenos Aires, e infine la decorazione dell'Albergo Americano uno dei più sontuosi di Buenos Aires, col quale si chiude il periodo argentino (1896). Ma un elenco che consenta una più veritiera visione dell'operosità del nostro artista si può redigere.


In America adotta la figlia di un cognato, Laurita, rimasta orfana dopo la drammatica scomparsa in viaggio dei suoi genitori. Sembrano frutto di effervescente fantasia i motivi del ritorno in patria e lo sciogliersi dei risparmi a causa del fallimento della banca alla quale erano stati affidati. È verosimile che abbia sentito la nostalgia dell'Italia. Nel 1897 si stabilì a Bergamo dove dal 1898 fu insegnante nella scuola A. Fantoni e come decoratore e pittore.


Come decoratore sono ritenute un suo capolavoro le decorazioni del Teatro Donizetti di Bergamo (1903). Fra le sue opere sono da ricordare: Alzano Maggiore: decorazione della chiesa di S. Pietro martire (tre grandi affreschi e parecchi piccoli), Bergamo: sala da pranzo di palazzo Mazzola, decorazioni nell'appartamento di Giuseppe Ghislanzoni, per la cui famiglia decora la cappella mortuaria (1914), volta della chiesa del cimitero unico (1913), salone principale dell'albergo Italia, sala Piatti per concerti, palazzo Morlani, soffitto dello scalone nella Banca Piccolo Credito, salone nella sede delle associazioni cattoliche, decorazione della chiesa delle monache del Conventino (grande medaglia centrale, il trionfo della croce, medaglioni alle pareti), decorazioni nelle ville Finazzi e Perico; Breno, lunette nella Banca di Valcamonica, opere nella chiesetta di Degna (1937); la Madonna del Volto; Bossico: decorazione della villa Gregorini (1912); Chiuduno: Madonna della Presolana donata dall'ing. Paolo Storti (1913); Cogno: decorazione nella chiesa parrocchiale; Cortenova: decorazione nella villa del co: Guido Morlani, la cui famiglia ha proprietà a Carvico ove opera il pittore; Iseo: dove, con Ponziano Loverini già aveva creato architetture della Cena degli apostoli nella parrocchiale (1913), allieta la chiesetta dell'ospedale; Lovere: due sale di villa Gregorini (1898) e, quindi, agli stessi committenti, la sala da pranzo del palazzo (1917-1919); il salotto di villa Zitti (1900), l'appartamento nella casa del cav. Milesi; Lugano: cinque medaglie e parecchie altre decorazioni nella villa Soldati; Medolago: decorazione di tutta la parrocchia, cui aggiunge nel 1921 le stazioni della Via Crucis; Merate: villa Fossati; Peghera: decorazioni nella parrocchiale; Pian Borno: Sacra famiglia con santi (pala d'altare, 1913); Pontedilegno: medaglie della volta e affreschi della facciata della parrocchiale; Ranica: cappella mortuaria della famiglia Beretta; S. Gervasio d'Adda: decorazione dell'abside della parrocchiale; Soresina: decorazione della navata centrale della parrocchiale; Verdello: cella mortuaria della famiglia Giovazzi, con grande fregio di angeli oranti, stile 1400. affreschi della cupola e navata laterale nella parrocchiale (1910).


Altre località sono ricordate per possedere opere di Domeneghini e sono: Borno, Almenno, Ghiaie, Sabbionello, Schilpario, Castro, Zanica, Cervia, Berzo e in genere in Valcamonica, Val di Scalve, nell'alta Valseriana e in Val d'Aosta.


Si dedicò poi sempre più a composizioni libere, da cavalletto, su temi religiosi, paesaggi, ritratti. Alternando l'olio alla tempera fece rivivere impressioni della Valle Camonica (Concarena, Re di Castello, ghiacciaio del Forno, ecc.), della Val Seriana, la Val Gardena, la Val Bondione e il lago d'Iseo. Pittore instancabile e di facile maniera, dipingeva per un bisogno spirituale e nella serena contemplazione della bellezza del creato, non chiedeva alla sua tavolozza se non di dargli, come gli dava, la possibilità di riprodurre fedelmente ciò ch'era oggetto della sua ammirazione. Nel quadro "Bergamo sotto la neve" della raccolta Carrara, nei "dos del termen" e nel "Mercato a Roma" di proprietà della famiglia, nel quadro "Le cascate del Pisgana" della collezione Bertolini (per citarne solo alcuni) il Domenighini ha raggiunto un'armonia di linee, di prospettiva e di colore da grande artista.


Meno numerosi i ritratti eseguiti per personalità e mecenati, ma, scrive il Lonati, "accanto alle figure rese con naturalezza e precisa fisionomia stanno le svelte pennellate a inventare figurette popolaresche, giovinette efficacissime in questi studi minuscoli e felici v'è la sbrigliata fantasia dei pittori napoletani, anche se si tratta della produzione meno nota dell'artista".


Tenne mostre a Gandino nel 1898, a Bergamo presso il Circolo artistico (1925-1929), nella Galleria di piazza Dante nel 1929, con "Visioni del Lago d'Iseo" nelle sale "Pro arte" nell'aprile 1931, ecc. Nel 1933 e nel novembre 1937 tenne mostre a Breno nel Teatro Manzoni. Partecipò inoltre a mostre collettive, come quella dell'Accademia Carrara (1899), e l'altra di Torino del 1911. Nel giugno 1933 gli veniva consegnata a Bergamo una medaglia d'oro di riconoscenza. Nel 1947 regalò al Museo Camuno una ventina di tele firmate da pittori bergamaschi dal '500 all"800.