TERZI (2)

TERZI

Sono presenti negli estimi della città di Brescia nel 1517. Nassino scrive che "veneno de Antignate" e abitarono poi in Paratico e infine in Capriolo. Fausto Lechi suppone che siano una famiglia distinta da quella dei Terzi Lana (v. Lana de Terzi). È opinione corrente che il ramo bresciano abbia tratto origine dal Borgo di Terzi in Val Cavallina (Bergamo) e che abbia avuto in comune il ceppo con le varie famiglie dello stesso nome che ebbero particolare prestigio in Bergamo (sec. XIII) e in Parma (sec. XIV). Il capostipite di questo ramo dovette essere quel Gherardo Terzo che venne a stabilirsi a Paratico sul principio del sec. XV. Egli ebbe cinque figli e quattro di essi formarono rami distinti: quello di Francesco (con campagna ad Adro) spentosi parte a Sarnico nel Settecento e parte a Brescia; quello che visse sempre a Capriolo, discendente da Bartolomeo, ed è quello che continua ancora; quello di Giacomo, estinto nel Seicento e infine quello di Giorgio finito con Giorgio e Francesco ad Orzinuovi nel Settecento. In tutti i rami, ricorrono i nomi Gherardo e Terzo. I Terzi erano già conosciuti a Brescia nel sec. XV e probabilmente alle origini, mercanti di lana, si distinguevano anche per cultura e partecipazione alla vita sociale. Il noto umanista Boccardo dedicava infatti a Luca Terzi, da lui decantato come "splendore del patriziato bresciano e suo mecenate" la sua "Genealogia deorum" in cinque libri di distici elegiaci stampata, senza note tipografiche, probabilmente dai Britannici; lo stesso Boccardo dedicava a Scipione Terzi il suo "Vocabolarium" nel quale spiegava in esametri trecento vocaboli, stampato dapprima senza indicazioni tipografiche e poi con la data 1498.


Nel 1511 troviamo Scipione e Sebastiano Terzi coinvolti nella congiura antifrancese dell'Avogadro. Il ramo che tuttavia fece più fortuna fu quello di Gherardo qd. Gherardo (n. nel 1483) che, residente ad Adro, aveva sposato nel 1517 una Francesca qd. Francesco Taiardino d'Iseo e che intorno al 1540 si stabilì con i figli a Brescia. Qui i Terzi abitarono dapprima in contrada Mozia (ora via Marsala) ed esercitarono il commercio della lana. Il primo di essi, Giovanni Battista (n. nel 1516), ebbe da Bartolomea Franzoni (sposata nel 1545) molti figli. Di questi Giuliano (n. nel 1548), dottore del Collegio, venne accolto nel 1580 nel Consiglio comunale di Brescia. Fu lui a comperare la casa in Borgo S. Nazaro (sulla quale sorse poi il palazzo Calini Facchi) e a preparare per sé e per i posteri una tomba nella chiesa di S. Domenico, poi distrutta. Ma dei molti figli che ebbe da Giulia non sopravvisse che Ottavio (n. 1608) che morì canonico Arcidiacono della Cattedrale e lasciò i suoi beni, compresi quelli di Adro, ai cugini figli dello zio Terzo (n. 1557) qd. Gio. Battista e cioè Gio. Battista (n. 1613) e Gerardo; dal primo nacque Gerolamo (n. 1644) marito di Marta e padre di Sebastiano (n. 1674). Questo ramo aveva continuato ad allargare il suo patrimonio: oltre alla cascina in Borgo S. Nazaro ne aveva un'altra al Castelletto (oggi Violino) con 22 piò, e 30 piò a Roncadelle, la casa di Adro con 104 piò, una casa in contrada Sgrafigna di Palazzolo con 50 piò e una casa da massaro in Torbiato con 50 piò. Sebastiano qd. Gerolamo aveva sposato Teresa Fè e ne aveva avuto quattro maschi: Gio. Battista (n. 1717), Ottavio (n. 1720), Marcantonio (n. 1722) e Terzio (n. 1728) ma nessuno ebbe discendenza maschile. Terzio Terzi, che aveva sposato la nobile Ottavia qd. G. Paolo della Corte ebbe tre figlie, le quali alla sua morte si divisero il considerevole patrimonio: Marta, sposò Pietro Azzanelli ed andrà ad abitare in Milano, in contrada delle Grazie al n. 2671 (riteniamo che forse la figlia Marina, sposando il nob. Carlo Pecchio, abbia trasferito in questa nuova famiglia il Palazzo di via Roma che però risulta, almeno dalla seconda metà del '700 fin verso la prima metà dell'800, in proprietà dei nobili Baglioni); Giulia, sposò Giovanni Mordasini, rimase vedova e continuò ad abitare ad Adro, con la figlia Margherita, che andò in isposa a Bonomo Cacciamatta; Ippolita, sposando Francesco Cochard, portò in questa famiglia il palazzo di via Cavour. Il ramo vivente, discendente da Francesco qd. Gerardo, è continuato poi per generazioni fino a Scipione, padre di Giacomo (n. nel 1775), il quale da Teresa Rossa ebbe due figli: Gherardo (n. nel 1812) che per la morte prematura di quattro figli non ebbe discendenza; e Giuliano (1816-1865) che da Elisa Cadei ebbe Luigi Antonio (n. nel 1848) al quale, con decreto reale, Umberto I il 12 maggio 1889 rinnovava il titolo di nobile "del ramo" già esistito nella sua famiglia, trasmissibile ai suoi discendenti legittimi e naturali d'ambo i sessi per continuata linea retta mascolina.


Mentre il 20 febbraio 1896 moriva in Brescia il conte Berardo Terzi senza aver contratto matrimonio, il fratello nob. Luigi sposava Giuseppina Vittoria Cocchetti (1874-1927) dalla quale ebbe Giuliano Gherardo (n. a Brescia il 2 gennaio 1874, m. a Graglia, Vercelli, il 4 agosto 1927) che dallo zio Eugenio Cocchetti, sposato all'inglese Evelina Martinengo Cesaresco Carrington non aveva avuto figli, ereditò il palazzo di via Tosio 6, quello di Barbarino di Martinengo e la villa di Rovato. Il nob. Giuliano, da donna Teresa Maria dei principi Torlonia (sposata il 22 novembre 1913), ebbe il conte Ottobono Luigi (1914-1978) (il quale da Maria Antonietta Maggi, sposata il 27 settembre 1947, ebbe il conte Giuliano Camillo nato a Milano il 14 marzo 1955, sposato a Brescia il 23 settembre 1989 con Paola Udeschini) e Luigi Manfredi (n. a Roma il 7 giugno 1916 e m. a Roma il 26 febbraio 1969) dottore in legge che fu sindaco supplente, effettivo e consigliere (dal 1958 al 1968) del Credito Agrario Bresciano, cavaliere maggiore del Sovrano Militare Ordine di Malta. Da donna Ludovica Ruffo dei principi della Scaletta ebbe Benedetta (n. a Roma il 15 giugno 1948 e sposa nel 1968 al nob. Carlo dei conti Radice Fossati); Gherardo (n. a Roma il 25 marzo 1955, sposato a Bruxelles nel 1977 con Marie de Broux) da cui Manfredi (n. 1977) e Lucrezia (n. 1979); Maria Teresa (n. a Roma l' 11 aprile 1952 sposata nel 1989 a Pier Marino Albanese Trigosa).


Dei Terzi, oltre quelli citati, altri si distinsero: il maestro Giacomo aveva nel 1590 un'officina per costruire carrozze nella quarta Quadra di S. Faustino. Prospero fu prevosto di Verolanuova e il 10 gennaio 1633 diede inizio alla costruzione dell'imponente Basilica della Collegiata. Giovanni Battista venne ucciso nel 1705 dagli sbirri per aver a sua volta provocato l'uccisione di un prete reo soltanto di aver celebrato il matrimonio di una sua sorella, contro la volontà della famiglia, con un capitano degli Schiavoni. In tempi recenti, Francesco Terzi nel 1934 fa parte del G.U.F. e collabora al "Popolo di Brescia".


Una famiglia Terzi, originaria del Trentino, è documentata a Lumezzane S. Apollonio, dove Antonio Terzi, di Borzago della Val Rendena, battezza il figlio Bartolomeo Antonio, nato il 20 gennaio 1730, padrino Giovanni Fostini, pure trentino; e il 23 gennaio 1733 battezza il figlio Gian Battista, padrino il notaio Antonio Ghidini. Antonio Terzi morì nell'aprile del 1739, a 55 anni circa. Stemma: "Portano-semipartito, spaccato di rosso, d'argento e di nero col capo d'oro, all'aquila nera coronata del campo". L. F. Fè d'Ostiani sottolinea "Lo stemma qui sopra descritto secondo il Beaziano sarebbe però della famiglia De Terzi Lana. Forse che i Terzi portassero solo lo scudo diviso in tre parti (come arma parlante). Soprapartito, spaccato di rosso, d'argento e di nero". Alias: "Semipartito troncato di argento, di rosso e di nero, col capo d'oro carico di un'aquila di nero, coronata del campo".