SABBIO CHIESE: differenze tra le versioni

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SABBIO CHIESE (in dial. Sabio, in lat. Sabii)

Centro industriale e agricolo della media Valsabbia, a m. 280 (massima m. 747, minima m. 276). Sorge lungo la riva destra del fiume Chiese. Dista da Brescia km. 35. Comuni limitrofi: Vobarno, Villanuova sul Clisi, Gavardo, Vallio Terme, Odolo, Preseglie, Barghe, Provaglio Val Sabbia. Ha una superficie comunale di kmq. 18,61 circa. È attraversato dal fiume Chiese e dai torrenti Vrenda di Odolo, Trinolo che, in sponda sinistra, raccoglie le acque del versante opposto e Preane che raccoglie le acque della fonte delle Pule, dei Miracoli e del rio Mandinello che scende dall'altopiano di Magno. Il territorio è completamente circondato da alture di media altezza; solamente i monti Corvino (in territorio di Odolo) e Acuto raggiungono rispettivamente i 713 e 747 metri. Il Maidone, ai confini con Provaglio si eleva per 693 metri, mentre Rasina (493 m.), Vergomasco (486 m), Mignon (484 m) e Sant'Onofrio (402 m.) restano al di sotto dei 500 metri. I monti Casto (399 m.) e il Roccolo Parocla (351 m.) non raggiungono i 400 metri. Il comune comprende più centri abitati; fra i principali sono: Sabbio di Sotto e più propriamente Sabbio Chiese che sorge nel fondovalle, alla confluenza con il Chiese del rio Fontana, e presenta il maggiore sviluppo edilizio riunito attorno all'altura sulla quale sorge la Rocca; Sabbio di Sopra (m. 307) che sorge invece a 600 m. più a monte su un ampio terrazzamento sulla sinistra del Chiese appoggiato al Monte Draga e ai Ronchi ed estesosi fino alle cave di Zoler nella zona di Belvedere. A due chilometri, a N, sempre sulla sinistra del fiume, si trova Pavone (Paù); Clibbio, invece, è situato a SE del capoluogo nella valle del Rio della Selva, tributario di destra del Chiese, ai piedi dei monti Magno e Selvapiana. Località rilevate dalla cartografia sono: La Trinità - Belvedere - Chiese - Castagnino - Santuario - Mondatino - Zaighe - Ponte della Fame - Giardino - Rive - Sotto Costa - Fontanelle - Spassati - Fornaci - Fontanino - Fenili Vassalini. S. Onofrio. Fienile: Leonesio della Selva.


Sia Sabbio di Sotto che di Sopra sorgono su terrazzamenti estesi su vasti depositi morenici di sabbia, qui più vasti che in altri luoghi, per la maggiore larghezza della valle. Tali depositi appartengono al pleistocene e sono coperti da superficie rissiana (glaciazione del Ris). Come sottolinea Italo Zaina il "più vasto ed interessante terrazzamento" è quello di Paline in sponda destra, subito a valle del centro di Sabbio. In gran parte dilavato, mostra con spettacoloso apparato, i massi nudi ed emergenti per dilavameno fluviale. Denominazioni: Sabbio (sec. XII), Sabi cum Clebio (sec. XV), Sabbio con Clibio (sec. XIX).




ABITANTI ("sabbiensi"; nomignoli: "fura baghe" o "giopì de Sabio"): 980 nel 1493 (Sabi cum Clebio), 720 nel 1552 (senza Clibbio), 720 nel 1557, 1.400 nel 1566 e nel 1580, 800 nel 1658, 960 nel 1727, 889 nel 1748, 1.768 nel 1768, 850 nel 1805, 1.167 nel 1861, 1.250 nel 1871, 1.255 nel 1881, 1.480 nel 1901, 1.803 nel 1911, 1.767 nel 1921, 1.853 nel 1931, 1.911 nel 1936, 2.074 nel 1951, 2.179 nel 1961, 2.401 nel 1971, 2.716 nel 1981, 2.805 nel 1991.




Il nome viene fatto derivare dal latino "sabulum" o dal basso latino "sabla= sabbia, arena, a causa, come s'è detto, dei vasti giacimenti di sabbia. Secondo altri, come Stefano Dotti, potrebbe derivare dalla voce prelatina "Sabh" = tribù, popolo, o, ancora, da "Saba", "Sapa" = corso d'acqua, fosso. Secondo alcuni storici il nome sarebbe derivato dalla gens (gente) Sabina che Roma, dopo la sottomissione, avrebbe mandato per colonizzare la valle fondandovi il primo "municipium" lasciando in ricordo il suo nome al paese e alla valle tutta. La presenza umana è documentata dal Neolitico superiore e dalla Media Età del Bronzo, come rivelano i ritrovamenti in zone vicine come Monte Covolo a Villanuova s. C. e specialmente nella piccola grotta "Cuei de Baratù" che si apre nella valletta Pule sul versante del Monte Magno verso Sabbio, dove sono venuti alla luce nel 1962-1963 materiali (strumenti di selce, ceramici, ecc.) ascrivibili all'eneolitico, bronzo antico. Già nel 1873 oggetti di industria litica di età preistorica erano venuti alla luce nella frazione Pavone; materiali ceramici databili al bronzo tardo o alla prima età del ferro emersero ai piedi della Rocca. Plausibili anche le presenze transalpine, retiche, celtiche, etrusche, ecc. Soprattutto su una presenza etrusca, contrariamente a quanto altri studiosi hanno affermato, ha insistito, basandosi sulla toponomastica, Enrico Morelli che si è soffermato particolarmente sulla etimologia di Casto (altipiano strapiombante verso Sabbio, e digradante sulla parte opposta sino a Sabbio), Rasina, Varoher, Blevio Corvino, Vergomas, Tesa, Disa (ora S. Onofrio), Paline, Vasella, Minivi, Loera, Fol, Carebio, Zoller, Pule, ecc.


Di grande importanza sono: il ritrovamento nel 1903 di una fibula di bronzo, attribuita dall'Arslan al II-I sec. a. C., e donata da don Filippo Cantoni al Museo di Storia Naturale di Brescia nel 1873 e di una iscrizione preromana rinvenuta sotto il costone della Rocca e assegnata al I sec. a. C. che il Mommsen giudicava più probabilmente retica che latina e che il Kretschmer, l'Albertini e il Tibiletti ritengono ligure. Enrico Morelli vi ha visto, invece, una presenza etrusca attestante addirittura le origini cinesi di tale popolo. Secondo il Morelli «L'iscrizione risale all'incirca al primo secolo dopo Cristo e all'inizio presenta la parola "Dieu": vista l'invasione gallica e l'occupazione cenomane della terra bresciana, Dio è detto in termini francesi (Dieu appunto) e non più con l'etrusco "Ais". Segue la parola "Pala". Secondo il professor Pallottino "Fala" significa cielo e "Pala" rotondità; quindi la traduzione ottimale è "volta del cielo". Infine l'ultima parola "Minyi", che dall'etrusco si può tradurre in "Io appartengo". Quindi il significato della lapide etrusco sabbiense (l'iscrizione esatta è Dieu pala minyi) sarebbe "Io appartengo al Dio del cielo"». Con ciò viene richiamata la triade capitolina formata da Giove (Tin), Giunone (Uni) e Minerva (Menrva).


Più frequenti e sicuri sono i segni di epoca romana. La celebre iscrizione mutila del I secolo che i Sabini e i Valtrumplini dedicarono a Druso, figlio di Tiberio che nel 15 a. C. condusse la campagna di sottomissione delle popolazioni alpine, ha fatto pensare a qualcuno che Sabbio sia stata, dopo Vestone, capitale della Valsabbia; i cui abitanti, prima chiamati Stoni, vennero denominati Sabini. Nel territorio sono stati trovati poi una lapide votiva con la scritta "Jovi" cioè "a Giove", che, già conosciuta nel sec. XVIII è ora murata nella centrale del "Capitolium", un cippo già conosciuto dalla fine del sec. XV, poi scomparso e ricomparso, e ora murato nel cortile dell'ex canonica. Essa segna le fasi di passaggio alla romanizzazione; difatti ricorda tre generazioni: l'avo Primillone Secondo, non ancora cittadino romano, il padre Marco Mestrio Severo, il primo a godere della piena cittadinanza romana, ed il figlio, forse primogenito in base all'onomastica. Degna di considerazione è la condizione del padre, il cui gentilizio sembrerebbe di probabile origine italica (umbra?), come quello di ben altri ventitre individui ricordati nella Cisalpina; costui era riuscito ad ottenere il sevirato augustale, il primo gradino, per chi, ex liberto o indigeno di umile estrazione, voleva assurgere a cariche municipali. Tombe romane vennero trovate nel dicembre 1960 sulla "strada del bosco" da Sabbio a Odolo; altre tombe vennero trovate nel luglio 1965 in un terreno di proprietà Baccoli e delle quali è rimasto un balsamario di vetro; materiali ceramici romani vennero rinvenuti nel marzo 1973 in una cava di ghiaia di proprietà Buffoli; manufatti di selci erano stati trovati in frazione Pavone nel 1873. Un'olpe in terracotta rossa-arancione era stata trovata nel 1863 e donata ai Musei di Brescia; un vaso doppio di pietra ollare e un bracciale monoansato di età tardo-romana ed alto medioevale, vennero rinvenuti nel 1960-1962 ai piedi dello sperone roccioso sul quale sorge la Rocca. In una località imprecisata nel 1863 vennero rinvenuti un'olpe a corpo globulare, collo tronco-conico e ansa a nastro, diffusa tra la prima età imperiale ed il IV sec. d. C..


Dei secoli bui che seguirono i tempi di Roma non si conoscono finora tracce. Entrata, con il diffondersi del Cristianesimo, nell'ambito della Pieve di Provaglio, nel territorio sorse, in località Pavone, un ospizio per pellegrini dedicato a S. Giovanni Battista. Fece parte con tutta la valle Sabbia del Ducato longobardo di Brescia. Un riferimento alla dominazione longobarda é probabilmente la dedicazione di una chiesa a S. Michele. Si presume, invece, che sebbene non si siano trovati materiali collegabili con i secoli IX e X, sembra che ad essi risalga la prima rocca. Una roccaforte esisteva inoltre al confine tra Sabbio e Barghe nella piana di Dessinico costruita sul rialzo tra la vecchia strada e il Chiese. Don Basilio Pasinetti ne descrisse ampiamente i contorni, oggi dispersi tra la vegetazione. Forse erano avanzi di un fortilizio romano, adattato nel IX secolo per fronteggiare le scorrerie ungariche. Coinvolta nelle guerre fra i comuni e l'Impero nel 1162 la rocca dovette fare i conti con l'imperatore Federico I il Barbarossa, guidato lungo la valle dai conti di Lodrone. Nel frattempo anche la rocca di Sabbio assieme a lunghi tratti delle valli Sabbia, Trompia e della Riviera del Benaco, vennero dal Vescovo infeudati prima ai Brusati, poi agli Avogadro che ancora negli anni 1159-1194 ricevevano le feudalità vescovili da Vobarno, Sabbio, Gavardo, Maderno, Toscolano, Pisogne, ed altre terre che non conta qui enumerare. Gli Avogadro investirono la famiglia Medici delle gastaldie di Gavardo e di Vobarno per soldi 20 imperiali e 3 soldi per ogni anno oltre l'obbligo di ospitare i messi fornendo loro cibo, bevande e fieno per il cavallo. In tal modo la rocca di Sabbio divenne un baluardo della corte vescovile di Vobarno. Come rileva Ugo Vaglia, negli anni 1157-1180 della corte di Sabbio veniva investito certo Macasio, che pagava per la gastaldia due soldi imperiali con tutti gli obblighi e prerogative annessi dal governo autoritario di G. Galeazzo Visconti nel 1385. Nel 1197-1199 Oberto Savallo rinchiudeva e teneva nelle rocche di Sabbio e di Nozza in ostaggio coi consoli Raimondo Ugoni e Galzerio Calchera, al fine di garantire la pace alla città dilaniata dalle lotte intestine, sessanta nobili bresciani. In un documento del 1206 risulta che il vescovo di Brescia teneva in Sabbio un gastaldo o esattore dei suoi beni dipendenti della corte vescovile di Vobarno. Nel frattempo nascevano piccole comunità e vicinie specie a Sabbio sopra, Clibbio, Pavone ecc. Un segno di vitalità religiosa e civile vi è nella presenza di una suora conversa nell'ospedale di S. Giulia, Benvenuta da Sabbio Inferiore, che il 27 ottobre 1293 riceveva da Giovanni Pestarole un appezzamento in franco allodio. Nel 1330 la rocca venne occupata dai ghibellini di Mastino della Scala, Signore di Verona; ma tosto riconquistata dai Guelfi comandati da Tebaldo Graziotti di Vestone. Pochi decenni dopo nel 1362 la rocca di Sabbio con quelle di Vobarno e di Nozza, per domare i guelfi valsabbini, venne smantellata da Bernabò Visconti. Nel 1401 le Rocche di Sabbio e di Nozza diventarono punti di appoggio del Castiglione che ne ordinò la ricostruzione e delle truppe viscontee ma tenute in scacco dai ribelli guelfi guidati da Giovanni Ronzoni. I guelfi valsabbini trovarono poi nel 1407 appoggio in Pandolfo Malatesta diventato signore di Brescia che concedeva a Sabbio notevoli benefici economici, affidando le rocche di Sabbio e di Nozza a Galvano da Nozza. Pochi anni dopo, nel 1406, Sabbio otteneva da Pandolfo Malatesta particolari privilegi fra i quali, probabilmente, quello del pedaggio delle greggi nel tempo della transumanza lungo la Valsabbia. Sebbene il 20 giugno 1413 le fazioni valsabbine avessero giurato pace fra di loro, nel 1420 quelli di Sabbio rimasti con la Valsabbia fedeli al Malatesta, caddero, in primavera, nelle mani del Carmagnola. Ma la rocca venne poco dopo liberata con un audace colpo di mano da Galvano da Nozza che ricacciò le truppe viscontee le quali tuttavia nell'aprile ritornarono, obbligando alla capitolazione i difensori. Nel 1426 durante la guerra fra Milano e Venezia, assieme alle altre rocche della Valsabbia anche quella di Sabbio veniva, dal Piccinino, al servizio dei Visconti, affidata a Talliano del Friuli per impedire, senza riuscirvi, che i valsabbini portassero soccorsi a Brescia assediata. Mentre il Bresciano nel 1426 passava sotto Venezia, la rocca di Sabbio nel 1427, ancora presidiata dalle truppe viscontee del Piccinino, veniva assalita dalle truppe veneto-bresciane e diroccata. Di nuovo ricostruita e ancora contestata, nel 1437 venne di nuovo in parte distrutta.


Ristabilitosi il governo veneto, Sabbio entrò a far parte della Quadra di Montagna con capoluogo Vobarno e conobbe un notevole sviluppo economico come centro di controllo di merci in transito e di attività artigianali. Al Bettolino di Sabbio venivano controllate le fedi e le bollette del commercio valsabbino. Il 19 novembre 1497 da Sabbio si separava Clibbio che poi si costituiva in comune e parrocchia autonoma. Nella guerra fra Spagna, Francia, Impero (1509-1517), Sabbio subì brevi occupazioni di truppe francesi e spagnole. Momenti terribili Sabbio registrò nel 1526 in occasione del passaggio dei Lanzichenecchi diretti, al comando di Giorgio Frundsberg, verso Roma. In un documento del 1547 si legge: «che essi allozorno in Sabbio, ed il Nodar del Comun quella notte medesima si morisse e le scritture ed instrumenti che lui aveva in casa sono malmesse brusati e parte buttati zozo nel Chiese sicchè non si può avere». E la notizia viene confermata in una nota di spese dove si tratta del danno di lire quattordicimila pl. avuto dal Comune «per causa del saccheggiamento datoli dalli todeschi» e poi più chiaramente dove si trova che la Chiesa di S. Michele di Sabbio fu riconsacrata l'8 gennaio 1527 «per causa di aver in detta una notte alloggiato li todeschi, quando svaleggiarono il paese ed il Comune che fu il giorno 18 novembre 1526».


Nel frattempo con la costruzione nel sec. XV della Rocca di Anfo e di quelle di Comero e di Vobarno la rocca di Sabbio, come quelle di Nozza e Bernacco, venne sempre più abbandonata e trasformata via via in una chiesa dedicata alla B.V. detta del Campanile della Rocca. Nel 1588 con bolla pontificia di papa Paolo IX, la rocca veniva eretta ad oratorio non consacrato e senza titolo, perché appunto servisse come luogo destinato a difesa degli abitanti e delle loro case in tempi di pericolo. Ciò si verificò particolarmente nel 1629 in occasione della guerra per Mantova quando si provvide a «rinforzare le muraglie della B. B. M. della Rocca... mettere guardie di giorno e di , notte sopra li campanili... procurar moschetti che portino Onza con Assalini ed incassadure per li soldati del Comune... far provvisioni di Polvere e Balle per diffesa da insulti nel passaggio delle milizie... distribuir armi... dirigere le persone arruolate per la difesa, ecc. ecc.». Tutto ciò accadde nonostante i tentativi di sventare l'occupazione di truppe con copiosi donativi perché le truppe si allontanassero. Ciò che presto non avvenne, per cui si ricorse a messe propiziatorie in onore di S. Felicissimo. Esauritisi i tempi di guerra la rocca, già trasformata in chiesa, dal 1645 venne considerata un vero e proprio santuario mariano.


Sabbio nel frattempo aveva raggiunto uno sviluppo civile, religioso, economico di rilievo. Nel 1693 Ottavio Rossi nelle sue «Memorie Bresciane» scriveva che: «Sabbio è pieno d'huomini sottilissimi, i quali han per propria, e connatural professione il Mestiere delle Stamperie de i libri, nel cui essercitio s'impiegano da putti piccoli, se ne trovano fin fuori d'Italia». La vitalità della borgata è infatti testimoniata sempre più dall'aver dato a Venezia, a Roma e a Brescia apprezzati stampatori come i Nicolini detti anche Da Sabbio, i fratelli Giovanni Battista e Giacomo Gelmini a Trento, come i Ventura a Bergamo oltre alcuni modesti artisti come i Baruzzi. Tuttavia anche Sabbio nei secoli XVII-XVIII, fu, come la maggior parte dei centri, sfiorato dal banditismo o in esso vennero coinvolti come dimostrano alcuni casi fra i quali quelli del 1696 che videro tre "buli" o contrabbandieri uccidere sparandogli alla schiena un loro compagno, e nel 1781 la morte per un'archibugiata di un Domenica Zanotti di Sabbio. Nonostante una certa importanza logistica e una presenza di attività artigianali ed economiche in genere nei secoli XVI e seguenti in un "Repertorio di antiche memorie" si legge di miseria, di fame e alienazione di beni comunali sotto un denominatore di "Miserevol condizione del Comune di Sabio". Incontro a situazioni del genere vennero numerose iniziative caritative come ad esempio la "Carità del Venerdì Santo" essendo la zona ricca di molti pascoli, monti e beni stabili. Non mancano gesti caritativi come quelli del legato di Giovanni e Antonio Petrobelli, per la dispensa del sale (1631), di Caterina Avanzini (26 febbraio 1666) per la dispensa di pane nelle Rogazioni; quello di don Giovanni Passera per "maritar donzelle" (1764), di don Bortolo Zani, per i poveri (1806), di Pier Antonio Passera (a favore di zitelle) (1808). Beneficarono largamente la Congregazione di carità Domenica Moretti (1878), Battista Bertella (1910) ecc. Fedele a Venezia, Sabbio partecipò, all'instaurarsi nel 1797 della Repubblica giacobina o bresciana, alla controrivoluzione, subendo poi con Vobarno gravi punizioni. Sottomesso, fece parte del Distretto del Naviglio con capoluogo a Gavardo. L'occupazione di truppe francesi e giacobine costrinse parecchi giovani alla diserzione sui monti circostanti. Una epidemia bovina e la carestia crearono nuove gravi difficoltà. Nel 1799 scesero truppe austro-russe che distrussero l'albero della libertà, imposero nuove tasse, ma concessero anche maggiore libertà religiosa. Nel 1801 Sabbio con altri comuni entrò a far parte del Distretto delle Fucine. La richiesta da parte della Riviera che tale appartenenza fosse ridotta al solo "civile" finì poi, dopo lunghe vertenze, con l'appartenere in tutto a Salò. La fine del dominio napoleonico coincise con una grave crisi economica e con una grave epidemia di grippe. Singolare segno di presenza culturale fu l'Istituto di Educazione per studenti fondato dal maestro Antonio Zani (1791-1864) con il sostegno del fratello Pietro (1780-1868), particolarmente apprezzato in Valsabbia. Nel 1819 si ritirava a Sabbio, dopo quattro anni di prigionia per aver partecipato alla "congiura dei colonnelli", il col. Silvio Moretti e qui riprese con tutta la cautela l'attività cospirativa che, scoperta, lo portò il 12 ottobre 1822 ad un nuovo arresto, a processi, a condanne che lo portarono alla morte nel 1832 nella fortezza dello Spielberg. In casa Ferrari, nella quale visse il Moretti, venne murata il 26 maggio 1909 una lapide con l'iscrizione: «Silvio Moretti - colonnello nell'esercito italiano - la sua gran gloria militare consacrò alla Patria tornata serva - in tempi di poca speranza - ma di indomabile valore - figura austera di martire al cimitero dello Spielberg l'ossa - all'Italia - a questa valle natia - dava l'ultimo suo pensiero - MDCCLXXII - MDCCCXXXII - Sabbio Chiese XXVI - V - MCMIX». 


Nel 1848 Sabbio vide la partecipazione attiva agli avvenimenti di Antonio Zani che sostenne la necessità di una resistenza ad oltranza per risparmiare la Valsabbia da rappresaglie, mentre Michele Zani si arruolò nelle truppe sarde. Ma Sabbio vide anche il passaggio dei volontari lombardi del Manara. Prima dell'Unificazione il paese conobbe di nuovo nel 1855 il colera il quale fra le vittime contò Carlo Contratti della patriottica famiglia verolese qui rifugiatosi per sfuggire all'epidemia che, invece, ebbe a mietere 35 vittime, contro 16 a Vestone e 47 a Bagolino. Non molti gli avvenimenti dopo l'Unità. Nel riordinamento amministrativo dopo l'unificazione nazionale Sabbio con Clibbio entrò a far parte del Mandamento di Preseglie. Un richiamo singolare fu il poligono di tiro che portò a Sabbio sempre più numerosi contingenti militari specie i bersaglieri (nel luglio 1904), la brigata Lombardia (luglio-agosto 1907) ecc. Abbastanza intenso il risveglio economico, civile e sociale nei primi anni del nuovo secolo che, oltre all'impianto nel 1907 di una centrale SEB e nel 1908 del Cotonificio di Sabbio Chiese, registrava il 27 luglio 1909 l'inaugurazione del palazzo comunale e dell'acquedotto, dedotto dal Monte Corvino. Fra i provvedimenti pubblici più utili vi fu la creazione della ghiacciaia per i malati del comune. Durante la prima guerra mondiale Sabbio ospitò contingenti militari, truppe di passaggio o in alloggio in chiese, case: mitraglieri, fanti e arditi provocarono danni alla chiesa superiore della Rocca sfasciando l'organo e deturpando statue. Nel giugno 1917 il paese alloggiò, assieme a un battaglione composto di 19 ufficiali, 880 uomini di truppa, ecc. Nei pressi della casa comunale venne allestito un ospedale da campo, nel quale morirono, particolarmente per la Spagnola, una ventina di militari. Il 27 febbraio 1918 cadeva a Sabbio di Sopra un aereo nel quale trovò la morte il ten. Raoul Simonini di Salò. La I guerra mondiale registrò 17 fra caduti e dispersi.


Nel dopoguerra nonostante tentativi di attività artigiana si sviluppò un intenso movimento migratorio. Intanto veniva eretto il monumento ai caduti. Il paese non venne percorso da episodi di violenza da parte socialista, mentre da parte fascista non mancarono atti di violenza, gradassate e pestaggi. Il paese visse anni difficili per la crisi economica dal 1929 in poi. Nella crisi economica che si manifestò nel primo dopoguerra con l'intensificarsi dell'emigrazione non mancarono segni di solidarietà con la costituzione di una "Famiglia Cooperativa" e nel 1926 si costituiva una casa di riposo, nella quale nel dicembre facevano l'ingresso le suore. Con R.D. del 4 ottobre 1928 al Comune di Sabbio veniva aggregato quello di Barghe dal quale si separò nel 1956. Sempre importante negli anni '30 il poligono militare a disposizione di truppe stanziate a Brescia, Bergamo e Milano per le esercitazioni collettive del tiro. In ragione di queste presenze Sabbio vide il 22 agosto 1941 la presenza del principe Umberto di Savoia.


Particolarmente attivo il movimento resistenziale, fin dall'autunno 1943, che reclutò validi elementi come Giacomo Bignotti (Pipa) al quale altri presto si associarono. Un gruppo del luogo partecipava nel gennaio 1944 al recupero di armi. Attivo fu soprattutto Guido Bollani il quale, contattato dal C.N.R. clandestino, assumeva fin dal febbraio-marzo parte dell'organizzazione partigiana in Valsabbia. Come scrive Luciano Pelizzari: 5 maggio 1944 a Sabbio furono arrestati Cirillo Tallone e i fratelli Serafino e Battista Richelmini che facevano parte del gruppo già attivo fino dal periodo di Perlasca, organizzato e diretto da Guido Bollani (Gigi). All'inizio di ottobre del 1944 Guido Bollani contattava Tobia Scalvini (Cesare) convincendolo ad unirsi a lui nella lotta clandestina. Scalvini oltre a essere persona onesta e fidata, era stato esonerato dal compiere il servizio militare; ciò gli avrebbe permesso di circolare con una certa libertà. I due stabilirono contatti con don Angelo Bianchi curato a Gazzane di Roè, con Marcello Vezzulli di Vobarno (Niko) che dirigeva le S.A.P. di Roè, ed era impiegato al Ministero della Cultura della Repubblica Sociale Italiana di Salò; con Francesco Zane (Franco Bianchi poi Carlo Veneziani), industriale di Salò diventato dopo il 1945 personaggio di spicco della politica gardesana".


Le prime amministrazioni democratiche, guidate dal sindaco Guido Bollani, provvidero alla sistemazione della Casa di ricovero, al miglioramento, all'estensione della rete stradale, dei cimiteri, delle scuole e della casa comunale e alla costruzione dell'acquedotto di Barghe. Inoltre venivano eseguiti i lavori per l'acquedotto di Sabbio Sopra, e per il ponte, il primo del genere in Valle Sabbia, che, valicando il fiume Chiese, congiunse la frazione di Clibbio con Sabbio e con Vobarno. Nel 1960 su progetto del geom. Italo Vaglia venne costruito un nuovo asilo. Nel 1964 si progettava un campo di aviazione della Nato tra Sabbio, Pavone e le pendici di Monte Magno. Una realizzazione di rilievo fu negli anni '70 la costruzione della strada da Lumezzane a Sabbio. Ad essa seguirà nel dicembre 1993 il progetto di un tronco stradale da Sarezzo a Sabbio. Fra le realizzazioni in luogo sono, il 29 aprile 1990, il monumento agli internati nei lager nazisti, nel 1996 una nuova caserma dei carabinieri per sei comuni; nel 1997 un parco; nel 1996 il metano raggiungeva Palina e Pavone. Alla Valgas il comune ha confermato la propria fornitura del metano, la depurazione delle acque, l'acquedotto, ecc. Mentre il paese progrediva, i giornali e la TV davano rilievo alla originale figura di un solitario: Domenico Marchi detto "Menec Fitàol" morto il 17 dicembre 1994 nella capanna di eremita. D'altro canto l'associazionismo specie degli anni '70 si rafforzava continuamente. Notevoli successi ha registrato il coro "La Rocca" nato nel 1974 con il nome di Stella Alpina" e diretto dal maestro Piero Pelizzari, che ha poi lasciato il posto al maestro Primo Franzoni; l'attuale denominazione deriva dal fascino esercitato dalla rocca che domina il paese. Accanto al coro sono sorte altre associazioni: A.V.I.S., Federcaccia, Libera caccia, Gruppo Volontari Ambulanza, Fanti, Alpini, Scuola di canto, Artiglieri, Combattenti, Pescatori, Ass. Volontari per l'assistenza agli anziani, A.N.E.I. (Ass. Naz. Ex Internati), A.V.U.S.S.L. (Ass. Volontari Un. Socio-Sanitaria Locale). In particolare sul piano assistenziale si sono imposti il Gruppo A.V.I.S. costituito il 14 gennaio 1979 e l'Associazione di Volontariato (A.V.U.L.S.) nata il 15 aprile 1985 proposta da Vittorio Bresciani e sostenuta dal Gruppo Alpini. Dal 1990 l'amministrazione comunale pubblica il periodico "Sabbio Chiese".


Dominante nello sport da secoli il gioco della palla a mano. La squadra locale si impose specie nei primi decenni del secolo. Negli anni '30 si impose il calcio che si fece conoscere negli anni '40 e '50 anche attraverso i tornei del C.S.I. (con quattro squadre nel 1997). Nel 1989 nasceva l'Associazione Calcio "Sabbio Chiese", unica società a disporre in Valsabbia di sei formazioni. Nel frattempo venivano praticati la pallavolo che ha trovato un perno nell'Associazione Volley Sabbio, l'Hockey (con la squadra H.C. Valsabbia nel 1979), lo Sci Club (nato nel 1988), le bocciofile, il tiro a volo, il tiro all'arco (il gruppo Arcieri nato l'1 dicembre 1996). Praticato inoltre il ciclismo nel quale si distinsero Piergiorgio Scalvini, Fulvio Benellini, Sergio Vezzola. Curiosa nel 1986 la nascita della scuola di scacchi per ragazzi. Queste ed altre discipline sportive hanno fatto scrivere nel 1997 ai giornali bresciani che Sabbio era in Valsabbia non solo capitale dell'industria ma anche dello sport.


Fra le antiche tradizioni, sono rimaste ancora quelle della "Stella", il rogo della vecchia a metà Quaresima e i falò di Natale. Anticamente erano considerati in Lombardia insuperati suonatori di pifferi i pastori e boscaioli di Clibbio. Oltre alle suggestive e solenni feste decennali a Sabbio centro sono ancora in vigore: la sagra patronale di S. Michele il 29 settembre che è solo festa religiosa con funzioni nella chiesa parrocchiale. "La Madóna de Mars" il 25 marzo, con celebrazione all'altare dell'Annunciazione alla Rocca; dal 1952, in seguito ad un referendum popolare, la festa si celebra il giorno dopo Pasqua, con grande solennità. "La Madóna dei osei" la cui ricorrenza è l'11 ottobre. La messa solenne viene però celebrata la seconda domenica di ottobre, anche questa alla Rocca, nella chiesa superiore. A Sabbio Sopra, la sagra patronale di S. Martino, dell'11 novembre, viene festeggiata la domenica successiva a tale data. In questi ultimi anni è stato dato nuovo impulso alle feste dell'Assunta e di S. Rocco, il 15-16 agosto. Oltre alle funzioni religiose, numerose sono le manifestazioni, tra le quali primeggia il torneo della bàla a mà (palla a mano), gioco a squadra di origini antichissime, che raccoglie nella piazza maggiore della frazione tutti gli abitanti. Tra i prodotti naturali più apprezzati sono funghi, castagne e miele. Fra i piatti tipici: "casonsei", spiedo con polenta, salumi, formaggi, dolci vari.


LA ROCCA si erge al limite di un dirupo scosceso sulla riva destra del Chiese, accessibile solo da S e dominante la valle sottostante mentre tre cerchie di mura la avvolgono sugli altri lati. Seguendo la forma della rupe, doveva avere pianta rettangolare allungata e sorgere su ripiani di varia elevazione, come ancora è indicato dal pavimento della chiesa. Non sono conservati molti segni che possano dare in qualche modo notizie sulla struttura del forte edificio. Su tre lati la rocca è a picco, difficilmente accessibile; l'unica via di accesso si trova sul lato a S ed è formata da una scalinata che sale dal sottoposto borgo fiancheggiata da un muro rustico con strane aperture irregolari. Non rimane che il portale d'ingresso posto sotto la torre, aperto in un tratto di muro nel quale vi sono quattro finestre cannoniere strombate. Altre simili aperture esistono nella bassa cortina che continua ai due lati. La Rocca col caratteristico posto di guardia, feritoie e baltresca coperta è stata trasformata in nicchia dalle donne di Azione Cattolica nel 50° della loro costituzione, per collocarvi la statua dell'Immacolata. Trincee di protezione si avvallavano quindi verso le rive del torrente Vrenda e del fiume Chiese, ove le case più vetuste presentano alte pareti interrotte da poche e piccole finestre. Avevano anch'esse una loro funzione; quella di assicurare alla rocca acqua e vettovaglie in caso di bisogno. Superata una scalinata si incontrava la cappella della Rocca dedicata a S. Pietro, trasformata poi in abitazione privata. Salendo ancora attraverso due rampe di scale si saliva alla Rocca trasformata in Santuario verso la fine del sec. XV e gli inizi del XVI e finita sicuramente nel 1527. La torre merlata venne trasformata in campanile e su di essa venne sistemato nella seconda metà del '500 un grande orologio ritenuto da alcuni il primo della valle. Nel 1597 poi la possente e severa mole fu ingentilita con una aerea loggetta ed un nartece, dai quali, in serena contemplazione, si può ammirare lo splendido panorama della valle. Tra le dimore di interesse architettonico sono la casa di via Parrocchia, 25, che ha un interessante portale con quei medaglioni ottagonali che girano tutt'attorno, sui pilastri e sull'arco. Sono da notare una cornice e alcuni frammenti di fregi a stucco che lo contornano. Sulla via per Odolo al n. 76, sottolinea F. Lechi, vi è una casa interessante, probabilmente del Cinquecento e di proprietà Belli. Nel cortile si apre un portico con colonne rustiche e in alto, al secondo piano, corre una loggetta ad archi scemi con colonnine ottagonali, abbastanza singolari. Interessanti ed eleganti elementi di architettura rustica del sec. XVII sono in case di via Remedio.


ECCLESIASTICAMENTE. Niente prova, come vorrebbe una tradizione, che la prima sede della comunità ecclesiale locale sia sorta in Pavone (dove invece è sicura l'esistenza di un ospizio o diaconia) per essere poi trasferita a Provaglio. A questa tradizione e ad alcuni documenti Angelo Galotti pensa che forse si debba attribuire il fatto che vari parroci di Sabbio hanno conteso il titolo di "plebano" all'Arciprete di Provaglio. Un documento esistente nell'archivio di Provaglio ci fa sapere però, che già nel 1193 esisteva la parrocchia di S. Michele Arcangelo in territorio di Sabbio. Il documento riguarda una sentenza pronunziata dal Vescovo di Brescia sopra una vertenza tra l'Arciprete di Provaglio e la Chiesa di S. Michele, della quale era Procurator (leggi Rettore) un certo «Clericus Maifredus» circa l'onere della spesa di andare a prendere l'Olio Santo alla Città di Brescia nel Giovedì Santo. La sentenza obbligò l'una e l'altra Chiesa a sostenere la spesa dell'Olio Santo, ordinando a Provaglio di andare a rilevarlo a Brescia negli anni dispari, ed a Sabbio negli anni pari. La sentenza è ancor oggi,dopo settecentotrentanove anni, piamente e pienamente rispettata ed osservata. Anzi per Sabbio l'obbligo passò in diritto; diritto che i Sabbiesi non cederebbero per tutto l'oro del mondo, appunto perché ricorda la parità, se non la superiorità, della loro parrocchia a quella di Provaglio. Fin dal sec. XIV e precisamente con il primo arciprete ricordato, il chierico Maifredus, la comunità parrocchiale rivendicava la sua autonomia specie per l'obbligo di ritirare gli oli santi da Provaglio Sotto. Resistenza addirittura al potere episcopale circa le tasse imposte manifestarono i suoi successori tra cui il prete Pietro (1328). La resistenza all'arciprete di Provaglio durò secoli con continui appelli e ricorsi, liti e sentenze ancora vive nel sec. XVIII: "Il 20 settembre 1720 l'Arciprete di Provaglio manda, a mezzo di un certo Faverzani (forse avvocato), a Don Andrea Passera, Rettore di S. Giovanni di Pavone e di S. Michele di Sabbio, che ha eletto domicilio presso l'avv. Fiorentini Pietro, una citazione per convincerlo che ingiustamente si rifiuta di pagare e prestare sollievo al detto Arciprete, riguardo al terzo delle decime ed alla subiezione degli ecclesiastici ed altri gravami pubblici".


Ma la vita religiosa andò ben oltre le contese territoriali ed amministrative. E fu particolarmente fertile come dimostra verso la fine del sec. XIV la nascita della chiesa di S. Giovanni B. (1372) e le altre che seguirono specie nei sec. XV e XVI, ma, ancor più, l'esistenza di confraternite fra le quali già nella seconda metà del '500 quella del SS. Sacramento. Il fervore religioso è espresso da feste per accogliere reliquie di santi (quelle di S. Zeno, le reliquie di S. Felicissimo nel 1682, della S. Croce, ecc.), ma vanno di pari passo le opere di carità attraverso i vari legati già ricordate. Numerose le manifestazioni religiose come processioni, devozioni particolari. Vivissima la devozione alla B.V. diffusasi specie nel sec. XVI che la fantasia ha avvolto di un'aura di leggenda sorta intorno all'affresco della «Vergine con Bambino», situato in una nicchia nella Cappella della chiesa superiore, che è denominato «Madonna dei oséi» o «Madonna del Frassino». Si narra infatti che la Vergine (il dipinto di essa) sia apparsa nei pressi di Odolo, ma contrariata dalla freddezza con cui era stata accolta dalla popolazione si trasferisse a Sabbio sul frassino esistente sulla sommità del colle della Rocca. Gli abitanti di Odolo ne rivendicarono la proprietà e la riportarono in solenne processione alla sua primitiva dimora. Il giorno successivo l'effigie della Vergine fu ritrovata sul frassino della Rocca dimostrando che Lei eleggeva il devoto popolo di Sabbio come il suo prediletto. Ottenuta nel 1734 l'assegnazione della chiesa di S. Lorenzo, con decreto vescovile dell'1 aprile 1740 la frazione di Clibbio otteneva di erigersi in parrocchia autonoma staccandosi da Sabbio. Tramontò presto invece nel 1745, il progetto di edificare a Sabbio un nuovo convento di religiosi cappuccini. Su tutte le devozioni campeggiò sempre quella alla B.V. del Campanile per celebrare la quale nel 1782 furono introdotte le feste decennali che ancora oggi continuano con apparati straordinari (nel 1982 vennero eretti straordinari archi, nel 1992 vennero utilizzati più di centomila fiori).


Accompagnarono le manifestazioni religiose le opere di restaurazione e di arricchimento delle chiese e specie di quella parrocchiale. Nel 1577 tre sabbiesi, G.B. Madinelli, Annibale e Giacomo Bonibello erano promotori a Bagolino della Confraternita di S. Nicola. Nel 1592 i fratelli Vincenzo e Gerolamo Butturini e G.B. Pelizzari di Sabbio sono attivi confratelli della Scuola del S.S. Sacramento in S. Agata in Brescia. Nel 1623 è presente anche la Compagnia di S. Orsola, l'istituzione di cappellania come quella di S. Antonio e Firmo. Operosi di iniziative specie edilizie furono i parrocchiati di don Gianmaria Gazzaroli (1832-1872) che provvide ai banchi della chiesa e all'installazione di un nuovo organo e che inoltre ristabilì la devozione della Messa del Sabato alla Rocca; di don Filippo Cantoni (1872-1884) che restaurò e ampliò la casa canonica e pose le premesse per restaurare la chiesa parrocchiale, progetto proseguito da don Andrea Bartoli (1884) e specialmente da don Celso Rossi (1885-1923). Sotto il suo parrocchiato si sviluppò il primo oratorio maschile e presero impulso l'Azione cattolica e la "schola cantorum", mentre don Codignola diede vita ad una delle prime attività imprenditoriali con il Calzificio che avviò il paese ad un primo progresso economico e industriale. Nel 1908 aveva sede in un piccolo cortile che venne poi trasferito nel 1915 nelle vicinanze. In quell'anno aveva già ben 145 iscritti e aveva come direttore don Bortolo Antonioli. Ma fu soprattutto il parroco don Angelo Galotti (1923-1946) a promuovere opere, iniziative pastorali fra le quali particolarmente l'istruzione e l'educazione giovanile, con scuole serali, scuole private, scuole di catechismo, e con l'organizzazione di tutti i rami dell'Azione Cattolica. Diede vita all'oratorio festivo, riorganizzò le Congregazioni religiose, Figlie di Maria, Madri Cristiane, Confratelli, assecondando poi il desiderio della popolazione di iniziare e condurre a compimento i restauri della Chiesa Parrocchiale.


Sotto il parrocchiato di don Francesco Pizzoni (1946-1980) l'organizzazione prese nuovo impulso. Come ha rilevato Pelizzari: "Le opere realizzate lungo il suo apostolato sono innumerevoli: dal 1948, con il restauro della Chiesa di San Martino e la riparazione del campanile di quella di San Giovanni; il completamento delle opere pittoriche affidate a Vittorio Trainini (Via Crucis), rifacimento del pavimento a mosaico. Nuovi interventi pittorici di Trainini a Pavone nel 1953, quindi l'oratorio maschile ultimato nel maggio 1956. Un anno dopo si inaugurava l'oratorio femminile costruito dall'impresa Girelli di Barghe, con l'ingresso a Sabbio di due religiose concesse dalle Suore di Santa Giovanna Antida Thouret. Alle stesse suore veniva affidato anche l'asilo. La costruzione del cinema-teatro rappresentò per la parrocchia di Sabbio uno sforzo notevole. Il progetto eseguito dall'ing. Vittorio Montini coadiuvato dall'ing. Giacomo Laffranchi veniva realizzato dalla ditta Francesco Dolcini di Campoverde, inaugurato il 19 novembre 1961. Seguiva nel 1965 la costruzione del nuovo asilo, nel 1970 il restauro della chiesa di S. Martino. Operatività intensa che è stata continuata dal suo successore don Innocente Baresi.




CHIESE.


CHIESA PARROCCHIALE DI S. MICHELE. La prima venne forse costruita come indicherebbe la dedicazione in epoca longobarda. È citata in un documento, già ricordato, del 1193. L'attuale venne costruita nel sec. XV-XVI in stile romanico lombardo, ritenuto unico edificio del genere rimasto in Valsabbia. Nello schema a capanna del tetto (munita di contrafforti laterali, di un rosone e di un oculo tondo), si inserisce un portale cinquecentesco. Sulle pareti laterali vi sono dei contrafforti di pietra squadrata e si aprono finestre allungate, concluse in alto da archi inflessi. I contrafforti sono separati da due cornici che ribadiscono a breve distanza le normali conclusioni della bassa zoccolatura. L'interno, purtroppo guastato da una decorazione recente, comporta una serie di cinque campate separate da quattro archi acuti sostenuti da semipilastri. L'imposta è segnata da una piccola cornice. Il profondo coro strutturato in una volta a vela, collegato attraverso una fitta serie di «unghie» ad un sistema di pilastrini che fanno da tramite alla cornice d'imposta, rappresenta probabilmente la fase terminale della costruzione, con mezzi che si possono dire, per questo periferico angolo della provincia, "rinascimentali"». Sulle quadrelle del soffitto è stata più volte segnata la data 1548, sotto la cornice esterna in granito dell'abside centrale si legge 1549, quasi alla base della conchiglia decorativa dell'abside minore a destra è scritto 1551. Queste date segnano alcune fasi della ricostruzione della chiesa, notizia confermata anche dall'indicazione 1482 figurante sotto al deposito degli olii santi. Sull'ampia abside romanica si è innestata la nuova navata che utilizza il tracciato della vecchia chiesa forse altrettanto ampia. Della chiesa primitiva si sono in parte imitate le forme e lo stile, ma alla nuova costruzione si è probabilmente data maggiore ampiezza. Si possono osservare una serie di campate coperte da un tetto a vista, con rivestimento interno di travetti e mattonelle dipinte con curiosi motivi. Gli archi trasversi a sesto fortemente acuto partono da sostegni parallelepipedi con imposta piuttosto alta separata da rozzo abaco. Negli interspazi della terza navata si sono ricavati due altari. Della prima chiesa sono emersi nella parete sinistra un elegante arco a sesto acuto, un affresco si trova sulla parete del campanile raffigurante S. Michele che uccide il drago. Trasformata e ampliata nei secoli, nel 1740 con la costruzione di una nuova sagrestia venne riformata l'abside principale, soppressa quella laterale, chiuse due finestre laterali di fianco all'altare maggiore per riaprirne due sopra il cornicione a semicerchio. Nel riformare l'abside maggiore vennero scalfite le pitture di Profeti e Sibille, attribuite a Paolo da Caylina il Giovane e inoltre coperti con calce i vani delle lunette che si rincorrevano lungo la rotonda del coro. Nel 1843, vennero costruite invetriate delle finestre laterali, il finestrone della facciata, ed un vestibolo laterale alla chiesa. Nel 1883-1885 il pittore Verenini di Salò copriva tutti gli affreschi cinquecenteschi. Entrando sulla destra si incontra sul primo altare in una ancona lignea una pala attribuita da Mucchi, Peroni, Panazza a Johannes de Ulma, raffigurante la Deposizione. Nell'abside laterale vi è un altare dedicato al S. Cuore. La calotta dell'abside centrale è coperta di antichi affreschi raffiguranti intorno al Padre Eterno profeti, sibille, evangelisti e l'Annunciazione. Sotto il cornicione V. Trainini ha raffigurato il Sacrificio di Melchisedech e l'Ultima Cena. Sull'altare maggiore nell'abside centrale il polittico datato dal Panazza 1548-1551 (anni della ricostruzione della chiesa) è sicuramente opera di Dionisio Brevio. È suddiviso in sei scomparti (in origine trattenuti da una cornice della «Bottega» dei Boscaì): in alto «San Lorenzo» con «San Michele Arcangelo» e «Santo Vescovo», mentre in basso vi sono «San Giovanni Battista», «Madonna con Bambino e angeli» e «San Pietro». Il Panazza assegnava al Brevio soltanto cinque delle sei tavole; la Madonna con Bambino aveva preferito assegnarla ad un artista vicino ai modi di Zenon Veronese, mentre Luciano Pelizzari raffrontandola con altre opere la ritiene come le altre del Brevio. Ridipinte forse agli inizi dell'800, le tavole vennero restaurate negli anni '40. Sull'angolo destro della balaustra è affrescato un S. Michele che viene ritenuto l'opera più antica conservata nella chiesa. Nell'abside di sinistra è raffigurato S. Giuseppe. Sull'altare di sinistra sta una bella pala firmata di Giov. Battista Galeazzi, figlio di Agostino raffigurante la B.V. del Rosario (1585). Nella mensa in un'urna di legno di stile barocco sono conservate le reliquie del martire S. Felicissimo. Nel 1930-1940 Vittorio Trainini restaurò l'abside e l'affrescò assieme alle cappelle laterali mentre per interessamento del sopraintendente Calzecchi la chiesa venne dichiarata monumento nazionale. Nel 1951 il pittore V. Trainini affrescava i quattordici quadri della Via Crucis. Nel '52, per iniziativa del parroco don Pizzoni veniva progettato il pavimento nuovo a mosaico su disegno di V. Trainini. La ditta Giulio Papis di Brescia riprodusse l'opera con cura particolare, ornando la corsia di centro con 14 simboli eucaristici. In quell'anno il vescovo di Brescia Giacinto Tredici consacrava solennemente la chiesa. Nel 1969, causa la caduta di un travetto, si convenne, su indirizzo dei soprintendenti prof. Costanza e geom. Cominelli, dell'ing. Nello Brunelli, e geom. Morettini Arrigo da Sabbio, con l'assistenza di una commissione capeggiata dal sindaco di Sabbio cav. Giovanni Vecchia, di affidare all'Impresa Giuseppe Erculiani il rifacimento totale della chiesa, conservando solo le tavelle dopo una ripulitura. L'opera veniva eseguita nei mesi di luglio e agosto 1969 e collaudata nella festa patronale di S. Michele Arcangelo il 29 settembre 1969. Dietro l'altare maggiore è l'organo costruito nel 1995. Ne ha sostituito altri. Il primo risalirebbe al 1600 poi ricostruito nell'800 da Giovanni Tonoli; restaurato nel 1889-1890 da Gaetano Marchesini, venne rifatto nel 1909 dal Bianchetti. Subì manutenzioni da Paride Fancini. Abbattuto con la cantoria nel 1930, nel 1949 venne costruito dietro l'altare maggiore con due tastiere a trasmissione elettrica dalla ditta Arturo Pedrini di Binanuova (Cremona) su progetto sonico del parroco don Pizzoni riveduto e corretto dal maestro Arnaldo Bambini. Un nuovo organo veniva programmato dal 1995. Il patrimonio ecclesiale consiste in arredi e suppellettili di valore quali croci astili in lamina d'argento (1537, 1568, prima metà del sec. XVI, ecc.).


MADONNA DELLA ROCCA. Conosciuto santuario venne ricavato su due piani nell'antica Rocca a partire dalla fine del sec. XV continuata agli inizi del sec. XVI e finita sicuramente nel 1527 come suggerisce la scritta che si legge sulle assicelle del soffitto che dice: «YHS / maestro Bianchi / Antonio de ser Amadio el / mens dicembris adi 1527 / fece dicta ecclesia dicata a / Gesù e Maria». In seguito la torre merlata fu trasformata in campanile. La prevalenza della destinazione a luogo di culto si accentuò nel sec. XVI. Nel 1588 un decreto pontificio vi riconosce un oratorio anche se non consacrato. Nel 1597 la possente mole venne ingentilita con un'aerea loggetta dalla quale si ammira uno splendido panorama, mentre nel 1645 esauritosi il compito di difesa venne definitivamente trasformata in un vero e proprio santuario. Esso anche se logorato dal tempo conserva, dedicata oggi alla SS. Annunciata, due altari. Il maggiore è ornato di stucchi. Avariati sono invece gli affreschi ai lati dell'abside, raffiguranti la fuga in Egitto e la Deposizione. L'altare laterale, distrutto il 29 maggio 1958 da un incendio, è stato restaurato dal parroco don Franco Pizzoni. La statua della Vergine con il Bambino in grembo che vi si trovava fu trasportata nella chiesa superiore e fu qui sostituita con un'altra simile della ditta Poisa di Brescia. Rimangono ai lati dell'altare le due statue di S. Carlo e S. Giuseppe. I restauri operati dal pittore Mario Pescatori del 1959 portarono alla scoperta di una bella scritta in caratteri gotici che suona: «Y.H.S. esultate all'annuncio dato a Maria per la nascita del Messia Salvatore delle genti Cristo Nostro». Sull'altra parete esiste una cantoria in legno, dipinta a fiori ed arabeschi con tre medaglioni che rappresentano l'Assunta, l'Annunciazione e la Maternità. Alla chiesa superiore detta della Maternità della B.V. o della Rocca si accede per due scale, una sul fondo ed una laterale. L'abside è racchiusa in una cancellata in ferro battuto. Nella nicchia, ricavata dal vecchio pertugio, è affrescata la Vergine col Bimbo. Ai lati quattro statue di profeti. Nei quattro spicchi del volto a crocera, riccamente decorato, sono dipinte l'Annunciazione, la Visitazione, l'Incarnazione, la Maternità e la Morte di Maria SS.ma. Da notare la caratteristica cassetta delle elemosine ricavata da un grosso ramo d'albero. Numerosi e interessanti gli ex voto fra cui uno raffigurante S. Aio, unico documento sulle ferriere valsabbine dei secoli scorsi. Fra le date degli altri segnaleremo: 13 luglio 1503, 20 agosto 1503, 1503, 1507, 19 agosto 1504 (f.f. Andrea Quintini), 14 febbraio 1503 (f.f. Francesco de Masi); 22 agosto 1505 (f.f. Battista Tolomeo qm. Gerolamo da Sabbio); 1508 (F.R. Stefani); 1545 (Bartolomeo q. Girolamo de Madi). Sull'antica torre di vedetta trasformata in campanile con orologio cinquecentesco, nel 1899 furono poste cinque buone campane in do maggiore. Sulla parete di sinistra della prima navata esisteva dal sec. XVII un piccolo organo distrutto da militari durante la I guerra mondiale, salvo la cantoria. Nella seconda metà del sec. XIX la manutenzione era affidata a Gaetano Marchesini.


S. MARTINO A SABBIO DI SOPRA. Assegnata al XV-XVI secolo, venne comunque finita o risistemata nella seconda metà del sec. XVI. Su quadrelle del soffitto si leggono le date 1573 e 1584. Le legne impiegate nella chiesa vennero assegnate nel 1575, 1588 ecc. Come rileva Luciano Pelizzari: "All'esterno della struttura si conservano tratti di antico intonaco con decorazioni a finto bugnato eseguite a graffito. Di stile romanico-gotico col tetto a capanna, forse appartenente al tipo di architettura promossa dagli Ordini mendicanti, ha l'aula lunga 23 metri. Contiene tre cappelle: l'altare maggiore si presenta con un'opera raffigurante «Madonna con Bambino, San Martino e Santo Vescovo», mentre nelle cappelle laterali sono visibili, «L'Assunzione della Vergine» e «Madonna con Bambino coi Santi Sebastiano e Rocco». San Carlo Borromeo, in occasione della sua visita a Sabbio avvenuta il 14 agosto 1580, la definì «parochialis nuper a Populo magnifice extrui cepta». La chiesa venne illuminata con energia elettrica soltanto nel 1954". Chiusa nei primi mesi del 1970 per crepe, venne, dopo i restauri, riaperta il 15 agosto 1970.


S. GIOVANNI DI PAVONE. Romanica, venne finita nel 1372 come indica una data su un'architrave o forse nel 1394 data che si legge su un'acquasantiera "alla struttura".


S. ONOFRIO. Sorge su un suggestivo pianoro del monte Disa a S di Sabbio, fra un verde intenso. Ha una facciata semplice con una porta di una certa dignità, con mezzo occhio sopra. L'interno, spoglio com'è, sembra ancor più vasto di quanto è in verità. È ad una sola navata, con presbiterio semiovale, con ai lati due ex altari. Il soffitto è a vista, ma singolarmente ornato da tavolette colorate, decorate, che dovevano dare un aspetto vario e quasi allegro al santuario. La storia del santuario è scritta nelle tavolette che coprono con decorazioni, cifre e nomi il tetto a vista. Vi si leggono date come 1529, 1612, 1620, 1629, 1722, sigle di nomi come "Hieronimo Bonibello", "Baldisera", "Zaina", "R.B. Sofri", "Rainaldi B-B, R-B" ecc. oppure "Per elemosina", "Laus...", scritte che testimonierebbero essere questi i resti di tavolette votive che un tempo adornavano la prima cappella e che vennero utilizzate per coprire il tetto della chiesa. Alla chiesa si accenna già negli Atti della visita del 1636 che la dicono "oratorio" o eremitorio, fatto con le elemosine. Le chiavi sono tenute dalla Comunità che non rende conto di nulla al parroco. Gli Atti della visita pastorale del settembre 1646 dicono che sorge su un monte chiamato "Frontale". Ha un unico altare e vi si celebra solo per devozione. Secondo documenti trovati da don A. Gallotti, "il colle di S. Onofrio, su cui sorge l'oratorio in onore del santo, apparteneva alla Congregazione laica dei Confratelli di S. Nicola e manteneva sul S. Onofrio un romitorio con casa di abitazione". Restauri vengono adottati in seguito; è custodita da un romito, viene officiata il giorno del santo, possiede alcuni beni. Il vescovo mons. Nava nel 1810 trova la chiesa con tre altari dedicati a S. Onofrio, S. Lucia e S. Gaetano e si limita a poche e insignificanti prescrizioni; nonostante le confische delle leggi eversive del 1866 e il passaggio in proprietà comunale il santuario continuò per decenni una vita tranquilla. Dopo le ultime trasformazioni risalenti agli anni '30 il santuario aveva sull'altare maggiore un affresco o tela raffigurante la Madonna e S. Onofrio. Ai lati della navata, a fianco del presbiterio, esistevano due altari, l'uno a sinistra dedicato a S. Agnese e S. Lucia con una tela firmata "...N. Grisia... P.F." che dovrebbe corrispondere al nome di quel "N.T. Grisiani" che firmò la pala di S. Liberale di Treviso Bresciano. L'altare di destra, intitolato agli inizi a S. Gaetano, risulta dedicato a S. Francesco d'Assisi. Un breve inventario ci assicura dell'esistenza di un Crocefisso e sei candelabri in legno, di un tabernacolo e di un altro Crocefisso. Fotografie di un bel Crocefisso cinquecentesco e di ex voto, già appartenenti al santuario di S. Onofrio, sono riportate in un recente volume su Sabbio Chiese e fanno parte di una raccolta privata. Il 22 maggio 1944 il Comune vendeva la chiesa all'avv. Alessandro Belli che nel 1947-1949 provvide ad opportuni restauri e cure, abbandonati poi nel 1964 con la sua morte. I restauri vennero ripresi nel 1990 dal Gruppo Alpini sotto la guida del presidente Guido Girelli.


S. PIETRO E S. NICOLA DA TOLENTINO. Un'antica chiesetta di S. Pietro, diventata sede di una Confraternita, ha raccolto a Sabbio viva devozione. Era situata sulla prima scalinata verso la Rocca. Venne forse eretta verso la metà del sec. XVI. Nel 1566 all'epoca della visita del vescovo Bollani era ancora "imperfecta et aperta" e come tale la trovava anche il visitatore Cristoforo Pilati nel 1572. Aperta per ogni dove e disadorna la trovava anche S. Carlo nel 1580. È probabile che sia stata completata dalla Confraternita di S. Nicola da Tolentino, costituitasi nel 1606. Nel febbraio 1657, in occasio ne della visita pastorale, veniva concesso il permesso di aprire nel coro una porticina per costruire una sagrestia. Nel 1676 l'oratorio aveva un'entrata di circa venti scudi, che permettevano la celebrazione di 85 messe. Le messe, comode alla popolazione "per essere la Parrocchiale incomoda", furono mantenute col frutto di piccoli legati e "con limosine de particolari". La chiesa fu ben tenuta per parecchi decenni, ma nel 1890 il parroco scriveva che era sconsacrata da dodici anni "avendo servito più volte per elezioni politiche e per alloggi militari". In seguito (1904-1908) venne utilizzata come casa curaziale poi disabitata e per qualche tempo dal 1926 al 1947 come ospizio per anziani. Al Crocifisso è dedicata la cappella del cimitero.


ECONOMIA. Pesca, caccia, agricoltura e qua e là la pastorizia furono le prime attività della popolazione. L'economia, da sempre silvestre pastorale, nel sec. XV andò integrandosi con piccole ma efficienti fabbriche di panno "berettino", smerciato entro il territorio bresciano e fuori e apprezzato soprattutto per la resistenza. Sempre presenti altre attività artigianali. Anche il Da Lezze nel Catastico del 1609-1610 la dice terra di agricoltori e mercanti già nei sec. XV e XVI. A Sabbio erano attive nella Vrenda, presso il ponte che collega la strada con piazza della Rocca, alcune fucine. Di questi edifici la Vrenda ha spazzato poi via fin le rovine, ma dell'attività rimane un affresco votivo del sec. XV dedicato a S. Aio nell'oratorio della Rocca. Una località ancora oggi chiamata "Follo" ricorda l'esistenza di una cartiera della famiglia Raineri. Nel sec. XVII da Sabbio provenivano alla pianura laterizi e olio torchiati mentre diventavano sempre più attive cave per macina e altri prodotti marmiferi, provenienti dai filoni dei territori di Nuvolento, Nuvolera ecc. Annuari del 1853 attestavano che il territorio di Sabbio "è cinto da montagne ricche di pascoli, per cui vi si alleva molto bestiame: vi sono varie fucine ove si lavora il ferro o si fabricano chiodi ed altri ferramenti; sonvi altresì torchi ad olio e fornaci da tegole; ed è il centro del commercio del ferro che si lavora in tutta la valle". Tuttavia nel sec. XIX e agli inizi del XX l'attività agricola e dell'allevamento del bestiame rimaneva preponderante e Sabbio era particolarmente noto per le mostre bovine mentre i suoi boschi venivano sfruttati per alimentare i forni, grazie ad acquisti di vasti territori comunali da parte della Ferriera Italiana di Vobarno. Spiragli di progresso vennero aperti dalla costruzione della centrale della SEB nel 1907 con acque del Chiese incanalate subito a valle della centrale di Barghe, mediante un canale in trincea che si sviluppava con lieve pendenza per 1750 metri. Ma fu l'iniziativa di don Paolo Codignola ad allargare tali spiragli di vita economica. Il 2 luglio 1908 egli promosse la costituzione del "Cotonificio di Sabbio Chiese" che nel 1910 si fuse con la "Dominatore Mainetti" del Crocevia di Nave. Chiuso nel 1912, gli stabili del cotonificio venivano acquistati da Giovanni Moraschi che vi apriva il Calzificio Moraschi e C. Ma nel frattempo entrava in crisi la cartiera al "Follo", la cartiera Raineri. Ma era ancora l'emigrazione a portare un qualche sollievo sia fra le due guerre che nel secondo dopoguerra. Il decollo economico veniva infatti avvertito solo sulla fine degli anni '40. Nel 1948 Maria Bonomi e Battista Dainesi davano vita al Maglificio Damas mentre nel 1951 nasceva una filiale della Fra-MOL (fondata da G.B. Ghidini a Lumezzane) fonderia di articoli di arredamento, alla quale si aggiungerà nel 1973 la Florida s.p.a. Ancora nel 1951 Stefano Alberti e Giulio Tassi sull'esempio di Bortolo Baruzzi davano vita ad un'attività estrattiva di sabbia e ghiaia, pietrisco e granulati in località Paline, che poi si andò ampliando in numerose cave nella zona di Zoler sul Trinolo, a Vestone, Vobarno, ecc. Alla fine del 1952 i fratelli Aldo, Attilio, Adamo e Giuseppe Pasotti avviavano nello stabile dell'ex Calzificio Moraschi una fonderia di prodotti in leghe non ferrose, cui si aggiunse un reparto di meccanica sotto la guida di Aldo Pasotti che nel 1964 dava vita alle "Industrie Pasotti, s.p.a." (IPS) ampliando ad altri settori la produzione superando in tal modo crisi ed espandendosi altresì anche a Prevalle. Nel 1960 nasceva la "Repen Marmi" con scavi alla "Cava di Sopra" fondata da imprenditori veronesi e poi passata a Domenico Apostoli. Nel 1968 nasceva come piccola impresa artigianale di fonderia e lavorazione di maniglie di ottone la Pasini F.lli di Giuseppe e Florido Pasini trasferendosi nel 1974 in località Paline. Alla prima attività dei Pasini si aggiunse poi in campo edile la Edil Pasini s.n.c. e la Pasini Metals Productions (s.r.l.). La rapida industrializzazione del paese nel secondo dopoguerra ha visto passare gli agricoltori da 167 nel 1961 a 59 nel 1971 anche se il contadino diventato operaio non ha abbandonato del tutto la terra. Altre ditte artigianali o industriali nel territorio di Sabbio andarono al contempo moltiplicandosi: la Bertoli Costruzioni, specializzata in lavori civili, stradali e industriali (zona industriale Paline); F.B.A. (s.n.c.) di Luigi & Lamberto Benini che produce maniglie e oggetti di pressofusione (zona industriale Paline); Metal Stampi di Maccarinelli & Cucchi, stampi per materie plastiche (zona industriale Paline); Profiltubi di Giovanni Lazzari & C. (s.n.c.), con la produzione di tubi profilati (zona industriale Paline); Tecnoplastica (s.n.c.), stampaggio di materie plastiche (zona industriale Paline); Foriv (s.n.c.) di Vigevani e Rizzardi, macchine per il trattamento delle superfici; Ferriera Valsabbia S.p.A., sulla strada del bosco; F.RAI.D. di Giuseppe Raineri, dischi per la pulitura dei metalli; Francesco Ferremi, attività di carpenteria leggera in via Magno; I.TE.CO. di Luigi Milanesi, opera nel campo dell'edilizia; Dario Fusi, ditta impegnata nel campo edile; Riccardo Leonesio, autoriparazioni in via XX settembre. Ad esse venne incontro nel 1998 la realizzazione di una rilevante zona artigianale. Di ambito più vasto nel 1982 era la realizzazione a Mondalino tra Sabbio e Odolo del Caseificio Sociale Valsabbino. Singolare la nascita nel 1991 per iniziativa della società "Fonti Monte Magno", tra la salita dei Cler e il ponte della Fratte, delle Terme di Sabbio Chiese con acqua captata da una sorgente al confine con Vallio detta la "Fonte dei miracoli". Sempre in aumento anche l'attività marmifera specie nella varietà del marmo colorato chiamato "breccia damascata" o "marmo di Sabbio" estratto in località Preane esportato tra l'altro fino ad Hong Kong (dove è stato impiegato nel "Regal Hong Kong Hotel"), in Australia e in America.


PERSONAGGI: fra i personaggi più illustri il cappuccino fra Giovanni Battista Carampelli (1621-1699), p. Giovanni Battista da Sabbio (sec. XVIII), procuratore generale dell'ordine dei Minori Cappuccini. Sacerdoti esimi furono don Giacomo Zerneri, p. Francesco Leali, don Primo Leali, don Dario Franzoni. Celebri gli stampatori sabbiesi fra i quali Ottavio Rossi comprende Giovanni Paolo o Paoli che fu incontrovertibilmente il primo tipografo delle Americhe. La tradizione tipografica venne interpretata dai da Sabbio (Nicolini), dai Comini, dai Ventura. Singolare la figura di Pietro Felter (v.). Educatori di rilievo furono Pietro e Antonio Zani; il pittore e scrittore Luciano Pelizzari; Valeriano Comincioli, ordinario di Analisi Numerica all'Università di Pavia, ecc. Attivi industriali e amministratori pubblici furono i Belli specialmente Andrea, fondatore dell'AVE di Vestone, Alessandro a lungo sindaco di Salò, don Giovanni Battista fondatore della Banca S. Isidoro di Vobarno. Attivo in diversi campi il rag. Guido Bollani.


ARCIPRETI E PARROCI: Manfredus, chierico (1193); Pietro, prete (1328); Bartolomeo Grazioli (1538); Francesco Baruzzi (1538-1592); Giovanni Maria Baruzzi (1593-1625); Giovanni Maria Vigo, di Preseglie (1625-1631); Giovanni Battista Vigo, di Preseglie (m. nel 1631); Giovanni Poli di Sabbio Chiese (1631-1677); mons. Giovanni Pietro Erculiani di Monte Maderno (1677-1684); Antonio Pasini di Odolo (1684-1698); Andrea Passera di Gazzane di Preseglie (1698-1732); Giovanni Battista Antonio (1733-1743); Andrea Raineri di Sabbio Chiese (1774-1797); Giovanni Odorici di Trobiolo di Volciano (1797-1804); Giovanni Battista Gabusi di Prato (1804-1832); Giammaria Gazzaroli di Provaglio Sotto (1832-1872); Filippo Cantoni di Goglione Sopra (1872-1884); Benedetto Bartoli della Degagna (m. 1884); Celso Rossi di Brescia (1885-1923); Angelo Galotti di Quinzano d'Oglio (1924-1946); Francesco Pizziani di Jeannette (Usa), (1946-1980); Innocente Baresi di Gavardo (dal 1980).


SINDACI: Francesco Raineri (1861-1866); Michele Zani (1866-1868); Giuseppe Rivaldi (1868-1870); Alessandro Belli (1870-1872); Michele Zani (1872-1882); Giuseppe Raineri (1882-1883); Pietro Belli (1883-1891); Alessandro Belli (1891-1902); Andrea Belli (1903-1919); Battista Leonesio (1919-1920); Vittorio Crescini (1920-1926).


PODESTÀ: Vittorio Crescini (1926-1934); Giorgio Di Rosa (1934-1936); Cesare Guerra (1936); Alessandro Belli (1936-1939); Lorenzo Salazar (1939); Lorenzo Zorzi (1939); Luigi Cesare Sartori (1939-1940); Carlo Renzo Soardi (1940-1941); Mario Cascini (1941-1942); Carlo Moraschi (1942-1945); Battista Guerra (1945); Bindo Mezzabotta (1945-1946).


SINDACI: Giuseppe Raineri (1946-1947); Guido Bollani (1947-1960); Giovanni Vecchia (1960-1974); Arrigo Morettini (1974-1985); Fausto Pelizzari (in carica dal 1985).