PALESTRO, Corso

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PALESTRO, Corso

Arteria del centro storico cittadino compresa, ora, ad E tra via Dieci Giornate e Corso Zanardelli e ad O tra via della Pace e Tresanda S. Nicola. Nel sec. XIX ebbe a incorporare da O a E vari tratti stradali come la contrada dei Prati, la contrada S. Francesco, la piazzetta S. Francesco, il corso degli Stoppini, il corso dei parolotti (parolòcc), il corso del Gambero. È stata poi ridotta al tratto oggi compreso fra l'incrocio con corso Martiri della Libertà, come prosecuzione di via S. Francesco e l'incrocio con via Dieci Giornate. Venne chiamata "Palestro" a ricordo della vittoria ivi ottenuta dai franco-piemontesi sugli austriaci del 30 maggio 1859. Come ha scritto Franco Robecchi: «La commissione nominata nel 1861 individuò il corso come uno dei primi sui quali calare le celebrazioni toponomastiche del Risorgimento. Il sindaco Diogene Valotti propose di intitolare a Palestro l'attuale corso Martiri della Libertà e di intitolare a Marsala l'attuale corso Palestro. Altrettanto scartata fu l'idea di intitolare il corso a S. Martino della Battaglia. Ebbe la meglio la soluzione che ancora oggi vige, ma solo per il tratto da Canton Stoppini (chiamato Montebello) a via Gramsci».


La via incrocia sul lato meridionale via Martiri della Libertà, il vicolo dell'Ombra (così battezzato forse perchè così stretto da impedire che vi penetri il sole), e vicolo del Carro, via del Cavalletto (così chiamato da un albergo ancora aperto agli inizi dell' 800 al quale successe l'albergo dei Tre Re) e via Gramsci.


In epoca longobarda nella zona più orientale era situato il quartiere militare del Serraglio che si trovava fuori le mura della città. Quando nel sec. XIII le mura cittadine vennero ampliate, accanto ai terrapieni abbattuti, venne aperto un viottolo che col tempo acquistò sempre più importanza per coloro che volevano raggiungere il centro cittadino. Quel viottolo è divenuto, col passar dei secoli, l'asse stradale della città. Di fronte alle fondamenta delle mura vennero poi costruite, con evidente dislivello, numerose abitazioni per le quali vennero utilizzate pietre del Cidneo e dei Ronchi. Nel 1500, poi, l'architetto Lodovico Beretta venne incaricato di vari interventi tra i quali la sistemazione del tratto di strada che, più o meno, oggi va da corso Zanardelli a via Gramsci. Fu in questo periodo che presumibilmente scomparve, perchè interrato per un lungo tratto il Vaso Dragone, canale irriguo che nasceva sotto l'attuale chiesa del Carmine dal fiume Bova, uno degli affluenti del Garza, e che proprio all'altezza dell'attuale corso Palestro si divideva in due rami per percorrere verso S, costeggiando, gli attuali lati di corso Martiri della Libertà. Nell'ottobre 1929 durante i lavori di fognatura emersero alla profondità di un metro dal suolo resti di muraglioni che secondo qualcuno inequivocabilmente accoglievano invece il più antico letto del Garza. I canali accennati furono poi inglobati nel sistema fognario della città e tuttora esistono e passano sotto il Garza all'altezza di piazza Repubblica. Sull'angolo di via Larga (oggi via Gramsci) e corso del Gambero (oggi corso Palestro), il Comune di Brescia incaricò il Romanino di dipingere le case dette del Gambero. Secondo qualcuno il grande pittore avrebbe iniziato l'opera che però, poi, passò al genero Lattanzio Gambara il quale dipinse, tra l'altro, episodi tolti dalla Bibbia e dalla Storia antica come: Dalila che taglia i capelli a Sansone, Giuditta che per far meglio taglia la testa del suo Oloferne, Lucrezia che si uccide, Quinto Curzio che cade nella voragine, Romolo che uccide Remo, Orazio che uccide le sorelle. Il nome di Gambero venne invece dato alle case e all'albergo allineati lungo il tratto orientale di corso Palestro con case costruite dal Comune di Brescia intorno al 1555 secondo il piano regolatore di Lodovico Beretta. Edifici tutti uguali: tutti a tre piani con linee architettoniche che si ripetono. Sulla destra una breve scalinata raggiunge il santuario di S. Maria del lino o del mercato o della Fontana costruita dal Bagnadore nel 1608.


Come ha scritto L.F. Fè d'Ostiani: «Tutte le case che stanno fra le due ultime ascese di Piazza Nuova (o del Mercato) furono fabbricate da privati sulla fossa e appoggiate sul rialzo delle distrutte mura della seconda cerchia. Esse hanno ingresso su questo corso e più in alto sulla piazza, sostenute da portici. Queste case come quelle che stanno al lato meridionale della via non ci ricordano notizie nè storiche nè artistiche». Le case del primo tratto del lato settentrionale subirono una nuova radicale trasformazione dal 1797, quando passarono dalla pubblica amministrazione alla proprietà di privati e il municipio di allora, come sottolinea Fausto Lechi ne «Le dimore bresciane», non ebbe l'accortezza di imporre la conservazione della bella sistemazione. Il corso fu poi un tratto di quella via dichiarata "via Nazionale" che da E (porta S. Giovanni) a O (porta Torrelunga) attraversa corso Garibaldi, via Pace, corso Palestro, corso Zanardelli, corso Magenta e che vide spesso l'entrata di vescovi e di autorità, compresi Vittorio Emanuele II, Napoleone III, Garibaldi nel 1859. Nel 1816, in clima di forte fermento urbanistico, vennero eseguiti nuovi lavori: gli artigiani, che vi si trovavano ormai da tempi immemorabili, furono spinti a trasferirsi altrove e trovarono spazio vitale per le loro botteghe nella zona del Carmine o presso la piazza del Mercato del lino. Il corso subì una sostanziale trasformazione (così come molte altre zone della città, nello stesso periodo) nel diciannovesimo secolo: nel 1825, il suo fondo stradale venne completamente livellato (prima era un alti-e-bassi dovuto a successivi insediamenti urbanistici ed al difficile rapporto architettonico con la vicina piazza del Mercato, allora piazza del lino), venne ricoperto di selciato, ampliato (venne tolta la scala addossata al lato S di S. Maria del lino) e allineate le case del lato N fra questa chiesa e il Canton Stoppini. Si sa che nel 1835 vi erano ancora aperte 14 botteghe di calderai (parolòcc) poco dopo in gran parte trasferite altrove. Palazzi e case vennero costruiti anche nell'800, nel primo '900 e anche negli ultimi anni '60. Particolarmente noti ai bresciani sono il Cantone degli Stoppini ("Cantù dei Stupì") (v. canton Stoppini) e il tratto chiamato dei "parolòcc" (costruttori di pentole e oggetti da cucina) (v. Parolòcc corso, via). Sul corso, sull'angolo della Tresanda del Sale, si affacciava il notissimo Caffè della Rossa (v. Rossa, caffè della) mentre tra via Porcellaga e via S. Francesco si apriva uno dei primi cinema bresciani il "Roi Soleil" che più tardi si chiamò semplicemente Sole.


Anche recentemente vennero compiute numerose opere, fra le quali una. selciatura nell'ottobre 1923. Una sistemazione del corso con pavimentazione a cubetti di porfido fino a corso Vittorio Emanuele II. L'arredo attuale che ha praticamente chiuso il corso ai mezzi di trasporto venne progettato nel 1983 dall'arch. Alberto Ferruzzi, con una pavimentazione in granito, lampioni e panchine uscite dalle Officine Rivadossi. Nell'ottobre 1992 sono stati restaurati, da Romeo Seccamani, sei dei quarantotto affreschi dipinti dal Gambara nel Cinquecento in corso Palestro.