PADRI della Pace

PADRI della Pace

(Compagnia della Pace, Filippini, Oratoriani, Padri Filippini, Preti riformatori, ecc.). Il nome deriva dall'appellativo di "il Padre della Pace" dato a p. Francesco Cabrini, di Alfianello, cappellano e confessore del monastero di S. Maria della Pace, che è riconosciuto come il fondatore. Tale nome fu poi esteso a tutti gli altri padri. Padre Cabrini fu conquistato dagli ideali di una radicale riforma religiosa e di un ritorno alle origini del cristianesimo ai quali lo avevano sollecitato la parola e l'esempio di p. Raffaele detto il Narborese. Questi, venuto a Brescia da Venezia nel 1539, predicava il Santo dei Santi, Gesù Cristo e una vita di completa riforma e in forma eremitica ed apostolica. Conquistando alla causa oltre che p. Cabrini, anche padre Francesco Santabona e il notaio Giulio Comini, P. Raffaele li raccolse sul Monte di S. Croce sui Ronchi della Maddalena, formando una piccola comunità. Accusata di eresia, fu perseguitata e presto si disperse per ricostituirsi dopo cinque anni nel 1550 attorno a p. Cabrini che nel 1545 era stato nominato confessore del monastero femminile benedettino di S. Maria. della Pace in Brescia. Là nacque la compagnia dei Padri della Pace, i quali, da principio, non avevano casa propria ma, addetti a varie chiese cittadine, si raccoglievano periodicamente attorno al Padre. Nel 1559 la Compagnia cominciò la vita comunitaria in una modesta abitazione, il "Monte di Dio", in Val Tavareda sui Ronchi di Brescia, mentre a Cisano, attorno a p. Francesco Santabona si formò un piccolo seminario per la formazione degli aspiranti ad entrare nella Compagnia. Dodici furono i primi Padri della Pace, cui se ne aggiunsero altri: p. Braga di Seniga, p. Corbellini di Ghedi, p. Porcelli di Tolentino, p. Landino di Bibbiena, i tre fratelli Usupini ed alcuni altri.


Le prime costituzioni vennero approvate dal vescovo Bollani nel 1563. Furono poi rivedute e rimaneggiate nel 1573 e nel 1580, e confermate nel 1587 dal vescovo card. Giovanni Francesco Morosini (1585-96). L'istituto ebbe l'approvazione pontificia col breve di Clemente VIII del 17 marzo 1598, in virtù del quale elaborò nuove costituzioni, che, approvate lo stesso anno dal vescovo Marino Giorgi (1596-1631), rimasero in vigore fino al 1619, quando vennero sostituite con quelle della Congregazione Oratoriana fondata a Roma da S. Filippo Neri. Come ha sottolineato Antonio Cistellini la Congregazione si identificò agli inizi nel tipo di vita comunitaria di chierici riformati, intesi a ridar prestigio alla figura del prete secolare, mediante la libera osservanza dei consigli evangelici «senza pregiudizio de' sacri canoni e senza obbligo di voti», sotto la diretta dipendenza del vescovo; tipo di vita espresso in due orientamenti diversi: la tendenza dei contemplativi inclini alla solitudine a guisa d'eremiti, e lo zelo dei più attivi nel servizio ministeriale. La Compagnia andò infoltendosi sempre più fino a essere formata da persone 36 tra sacerdoti e chierici. Alla Compagnia venne affidato nel 1568 il Seminario appena fondato dal vescovo Bollani. Grazie alla donazione del 7 luglio 1570 del medico nob. Nicola d'Asti (il cui figlio Tiburzio era entrato nella Congregazione) di ottanta tavole di terra, accanto al Seminario venne eretta la Casa della Congregazione della Pace. Il 25 febbraio 1572, per lascito dello stesso nobile d'Asti di tutto il suo patrimonio, i Padri ebbero casa e fondi anche a Carpenedolo dove diedero inizio ad opere di assistenza per la gioventù del luogo. Fabbricata la casa nel 1576 e la chiesa di S. Maria della Purificazione (poi S. Gaetano) la maggior parte dei Padri abbandonò il Monte di Dio per dedicarsi, oltre al seminario, all'assistenza religiosa e caritativa della popolazione cittadina. Ai Padri venne affidato il riordinamento della Dottrina cristiana in città, la direzione delle Dimesse fondate nel. 1535 da S. Angela Merici. Silenziosa ma fervida la Compagnia si conquistò la stima di S. Carlo Borromeo che offrì ai Padri la chiesa di S. Giovanni alle Case rotte, già offerta a S. Filippo Neri dal vescovo veronese Agostino Valier, che volle la Compagnia a Verona a S. Maria della Giara mentre veniva sempre più richiesta a Piacenza, Arezzo, Venezia ecc.


Ma per disposizione di S. Carlo nella sua visita a Brescia nel 1580-81, venne riconfermato il carattere diocesano della Compagnia, con la conseguente chiusura delle case di Milano e di Verona. Dopo la peste del 1577, che decimò la piccola famiglia, e il superamento di altre crisi interne (per cui a lungo fu dibattuta la proposta di fusione con altri istituti: Teatini, Barnabiti, Somaschi), la Compagnia, per merito soprattutto del Landini, riaffermò la sua originale individualità, rafforzò le sue file e segnò presto un notevole accrescimento di soggetti. L'infaticabile rettore, che già nel 1573-74 aveva inutilmente brigato in Roma per avere un riconoscimento solenne dell'istituto, riuscì finalmente nell'intento nel 1598 (pur senza ottenere l'esenzione dal vescovo, che tanto gli stava a cuore), giovandosi dei cordiali rapporti da tempo esistenti con la Congregazione filippina della Vallicella, dove, nel 1594, aveva dimorato un p. della Pace. Il bresciano ven. Alessandro Luzzago (1551-1602), amico dei padri, era ben noto al p. Cesare Baronio come lo era stato allo stesso S. Filippo. Con breve del 17 marzo 1598 di Clemente VIII, veniva canonicamente eretta in Brescia la congregazione di preti e chierici secolari «sotto il titolo della Pace», «ad instar» di quella romana di S. Maria in Vallicella, con facoltà di redigere e riformare propri statuti, da sottoporre all'approvazione vescovile. La rinnovata comunità attraversò poi un'altra grave crisi al tempo dell'interdetto di Paolo V contro la Repubblica veneta (1606); ma, dopo la parentesi della dispersione, riprese a prosperare, dando vita (1608) all'Oratorio per la gioventù, esemplato sul vallicellano, e ad altre iniziative di apostolato culturale. I rapporti con la Congregazione romana si strinsero maggiormente in occasione della beatificazione di S. Filippo Neri (1615), il quale nel 1617 venne eletto a «padre e protettore» della congregazione bresciana. Fu poi per poter celebrare Messa e ufficiature del Beato che la comunità prese la decisione (5 novembre 1619) di chiedere le costituzioni romane, venendo così ad allinearsi fra le congregazioni dell'Oratorio di S. Filippo Neri.


Nel 1623, secondo la tradizione della Vallicella a Roma, si sviluppò alla Pace, nella casa di mons. Averoldi già vescovo di Castellaneta, una tradizione musicale che durò a lungo, attraverso accademie e funzioni liturgiche. Particolare favore godette l'Oratorio Sacro ed altre manifestazioni musicali. Fra i cultori di musica si deve segnalare p. Filippo Jacopo Romilli (m. nel 1742) che fu tra i primi ad introdurre in Brescia i testi francesi. Nel 1606, durante il famoso interdetto lanciato da Paolo V contro la Repubblica Veneta, i Padri della Pace opposero dignitosa protesta alle pretese del governo e la Congregazione fu dispersa. Durante la peste del 1630 i Padri nonostante la decimazione fatta dal morbo seppero distinguersi con abnegazione e sacrificio nella cura degli ammalati. Dopo l'espulsione della Compagnia di Gesù dal territorio della Repubblica Veneta nel 1606 si prospettò ai Padri della Pace la possibilità di ottenere il Collegio S. Antonio rimasto vacante, ma memori degli antichi rapporti con i Gesuiti, preferirono cavallerescamente rinunziarvi. A cambiar sede dovranno attendere sino al 1686, quando verranno in possesso dello antico palazzo di Bartolomeo Colleoni ove tuttora risiede la Comunità. Avendo i padri abbracciato le costituzioni dell'oratorio di S. Filippo Neri era sorta l'esigenza di un maggior contatto pastorale con la popolazione e specialmente con la gioventù, contatto reso difficile dalla lontananza dalle zone della città maggiormente popolate. Si fecero varie trattative per la permuta o vendita dell'antica casa della Pace; la prima fu con i padri Olivetani di Rodengo, che andò fallita per l'opposizione del vescovo di allora. Nel 1621 i padri ottennero la chiesa di S. Benedetto (più centrale) impegnandosi a renderla più funzionante celebrandovi ogni giorno la S. Messa ed istituendo, nella quaresima, l'Ora eucaristica con l'esposizione del Santissimo Sacramento, mezz'ora di preghiere, altra mezz'ora di predica, litanie, raccomandazioni a Gesù per le necessità del popolo e benedizione. Il concorso del popolo fu grande e, perciò, diventava ancora più urgente la necessità di un ambiente più centrale ed adatto. Si ventilò l'idea di assumere il servizio della chiesa di S. Zeno al Foro ma, non arrivando a conclusione, si pensò al collegio di S. Antonio rimasto vacante dopo la partenza dei Gesuiti durante l'interdetto del 1606, e che fino a quell'anno 1635 restava vacante, ma fu inutile, e nel 1657 a S. Antonio vi tornarono i Gesuiti. Rimanendo libero il celebre santuario delle Grazie, in seguito ad una Bolla di soppressione dei Padri Gerolamini di Papa Innocenzo X (1668), i padri della Pace optarono per questo, ma nonostante la perorazione del Nunzio di Brescia nel Pien Collegio di Venezia lodando a nome dei deputati pubblici la vita e lo zelo dei padri, che peraltro meritò l'accoglimento della proposta, il santuario non venne adottato come sede della Congregazione.


Dopo vari tentativi di trovare una sede più confacente, il 16 febbraio 1683 veniva acquistato il palazzo che già il condottiero Bartolomeo Colleoni aveva costruito nel 1450 poi passato per eredità ai Martinengo della Pallata, infine alla "Pietà" di Bergamo. La casa venne inaugurata il I novembre 1686 officiando per la prima volta la chiesa provvisoria, sostituita poi dalla nuova costruita dal 1720 al 1745 e consacrata nel 1746 (v. Maria S. della Pace, chiesa). La chiesa ebbe come grandi benefattori il card. Querini che la consacrò nel 1746, il p. Grotta, patrizio veneto e i padri Sciarra e Fortunato Martinengo Cesaresco. Altro grande benefattore fu il marchese di Pianezza, Pietro Emmanuele Martinengo Colleoni sepolto in chiesa con la moglie contessa Ludovica Gambara. Come ha affermato Antonio Masetti Zannini, «nessuna chiesa in Brescia è così ricca di paramenti, calici, pizzi ecc. come la Pace: si può dire che ogni Padre ha dato il suo contributo al ricchissimo patrimonio artistico della Chiesa». «La Pace, ha scritto ancora A. Masetti Zannini, nel '700 divenne il centro dell'alta cultura bresciana per la sua biblioteca ricca di incunaboli, manoscritti e libri rari raccolti con i sacrifici dei Padri e per la cultura più che rara di molti Padri». Accanto alla biblioteca fiorì una scuola superiore di Teologia filosofia e Diritto Canonico, della quale ci rimane una interessante memoria scritta da Padre Sebastiano Maggi. Fedele alla tradizione filippina, l'Oratorio della Pace esercitò una grande influenza sulla educazione del gusto musicale, grazie alla nascita agli inizi del sec. XVII di una Schola cantorum che raccolse notevoli successi e che fra ritorni ed abbandoni durò fino agli Anni '70 di questo secolo.


Centro vivo di spiritualità (p. G.B. Averoldi, tradusse l' "Imitazione di Cristo") la Congregazione fu crocevia di esperienze spirituali ed ascetiche. Predicazione, direzione spirituale, cultura si accompagnavano ad una grande carità esercitata, soprattutto, nell'assistenza all'Ospedale maggiore e durante le epidemie. Questo rigoglio di vita spirituale caritativa e culturale attirò alla Congregazione i più bei nomi del patriziato bresciano, cremonese, veronese, vicentino, trevisano e veneto quali i nob. Arici, Federici, Maggi, Da Persico, Griffi, Grillo, Pavoni, Luzzago, Coradelli, Fenaroli, Boccaccio, Barbera, Brunelli, Serego, Penna, Bonfadio, Ducco, Richiedei, co. Maggi di Gradella, Calini, Martinengo Cesaresco, Mazzucchelli, Besozzi, nob. Della Corte, Stella, Galante, Fisogni, Di Rosa, Zanucca Scaglia, Caprioli Averoldi, Avogadro, Loredan, Grimani (del ramo di San Luca), Crotta, Bargnani, Macchi, Cazzago, Romilli, Barbisoni, Albrizzi, Lucchi de Windegg, Lantieri de Paratico, Lioni, Occhi, Adelasio, Bornati, ecc. Vi furono nobili anche fra i Fratelli Laici: Camillo Federici, Fabrizio de' Terzi Lana, Francesco Mazzola, Bernardino Palazzi, Simone Longhena.


Soppressa il 2 novembre 1797 con la spoliazione di ingenti beni, la Congregazione continuò a vivere nella attività nascosta ma fervida di alcuni padri sotto la guida di p. Carlo Besozzi. Negli ambulacri della chiesa, nel 1800 p. Cuzzetti faceva rinascere l'Oratorio che presto si diffuse in città. La rinascita dell'Oratorio venne favorita dal nobile don Francesco Canipari che aveva riscattato la casa dei Padri. Dopo un tentativo del vescovo Gabrio Maria Nava di rendere la Congregazione una istituzione diocesana, il 16 febbraio 1827 la congregazione, con Breve di Leone XII «Sanctus Philippus Nerius», veniva riconfermata nei diritti e privilegi della Congregazione Filippina Romana. Difensori delle caratteristiche filippine della Pace furono i padri Vincenzo e Sebastiano Maggi e p. Francesco Lucchini.


Dopo la ricostituzione la Congregazione rifiorì a vita nuova, moltiplicando le sue attività di assistenza spirituale e animazione culturale del clero e del laicato oltre che della gioventù. Alla Pace sostò più volte Antonio Rosmini ed altre personalità. La Pace fu per decenni, specie con p. Marino Rodolfi, un centro dell'attività missionaria diocesana. La Congregazione si distinse presto per l'attività degli Esercizi Spirituali per sacerdoti, per i quali ricuperò nel 1838 l'ex convento francescano di S. Antonino che per essi fu aperto nel 1853 e per i laici nel 1879. Divenuto, questo, durante la I guerra mondiale ospedale per infettivi, nel 1921 la Congregazione acquistò per lo stesso scopo la Casa S. Filippo, già degli eredi Cuzzetti. Sostegno spirituale alla nascente congregazione delle Ancelle della Carità fu dato da p. Vincenzo Maggi della Pace (1767-1849). Lo stesso diede un appoggio anche materiale alle Orsoline di Gavardo, le Suore di carità di Lovere, le Salesiane di Brescia, le Dimesse di Castegnato. I padri sostennero opere di prestigio quali quelle missionarie attraverso, come già detto, p. Rodolfi, quelle di beneficenza e di apostolato p. Di Rosa. P. Clementi sostenne dal 1854 l'opera di Caterina Rossi per le ragazze "discole e traviate", p. Antonio Cottinelli diede il proprio contributo per il trasferimento a Brescia dei Fatebenefratelli, acquistando e donando l'area per edificare l'Ospedale dei Pilastroni. Già nel 1848 la Congregazione, unica fra quelle bresciane, offrì la propria casa per i soldati ammalati e feriti durante le guerre risorgimentali del 1848-49 e del 1859. Un nuovo impulso oratoriano che ebbe riflessi anche sulla vita diocesana avvenne nel 1895 in occasione del centenario di S. Filippo Neri (v. Oratorio della Pace). L'attività della Congregazione si allargò poi da quelle oratoriane a quelle catechistiche e formative (come lo scoutismo), del tempo libero (teatro, cinema, sport), al Patronato scolastico, per abbracciare organizzazioni culturali (Movimento laureati, FUCI). Gran parte della classe culturale, sociale, politica cattolica della città è passata dalla Pace. Tra le molte personalità basta citare quella di Giovanni Battista Montini il futuro papa Paolo VI.


La Congregazione e l'Oratorio furono, grazie a p. Bevilacqua e ad altri padri, un vero centro di promozione liturgica che ebbe il suo culmine nella settimana liturgica promossa nel maggio 1922 ma che trovò riscontro in cerimonie liturgiche curatissime, nel Collegium Tarsicii, per il servizio liturgico, nella cura degli arredi e dei paramenti e nella cura particolare dell'arte sacra come testimoniano S. Maria della Pace, la cappella dell'oratorio e quella di Casa S. Filippo curata direttamente da p. Bevilacqua nel 1926 e decorata dal pittore V. Trainini e altri. Durante la I guerra mondiale e più precisamente dal giugno 1915 i Padri misero a disposizione la Casa della Pace e quella di S. Antonino per l'assistenza come ospedale della Croce Rossa ai militari feriti e ammalati la prima, e contagiosi la seconda. La Casa della Pace fu la prima casa religiosa ad innalzare a Brescia il tricolore. Anche nel dopoguerra la Pace fu centro d'opposizione al fascismo, subendo rappresaglie e invasioni da parte delle squadre fasciste e l'esilio da Brescia di p. Bevilacqua e di p. Caresana, superiore della Congregazione. Pur non cedendo al regime i Padri si dedicarono con passione e competenza all'insegnamento religioso soprattutto nelle scuole superiori.


Quando scoppiò la seconda guerra mondiale la grande maggioranza dei padri si offrì a svolgere il servizio di cappellani militari dando esempio di zelo e di grande generosità umana e cristiana. Chi restò (p. Manziana) e i più giovani (come p. Rinaldini) collaborò con grandi sacrifici alla Resistenza. Nel secondo dopoguerra dalla Casa della Pace partì l'esperienza straordinaria dei villaggi ideati e realizzati per impulso di p. Marcolini, ed altre esperienze di apostolato intense e proficue quali l'assunzione della parrocchia di S. Antonio da parte di p. Bevilacqua e della Congregazione. La crisi degli anni '60 che colpì la famiglia religiosa con la riduzione di vocazioni non ha impedito la ristrutturazione della Casa della Pace, i cui lavori vennero inaugurati il I ottobre 1968. Dal 1993 Casa S. Filippo, pur continuando l'attività degli Esercizi spirituali, ospita il pensionato universitario "Tovini".