ORIANO

ORIANO (in dial. Orià, in lat. Oriani)

Borgata posta tra Borgo S. Giacomo e Barbariga, a m. 76 s.l.m. confinante con Scarpizzolo, Padernello, Cremezzano e Pedergnaga. Oggi fa parte della comunità di San Paolo e forma un'unica comunità parrocchiale con Pedergnaga, dalla quale era distinta fino al 20 ottobre 1964.




ABITANTI. (Orianesi). 500 nel 1565, 600 c. nel 1610 (famiglie 100), 490 nel 1714, 790 nel 1791, 672 nel 1813, 802 nel 1841, 802 nel 1849, 830 nel 1857, 953 nel 1872, 1000 c. nel 1876, 930 nel 1898, 1008 nel 1901, 1100 c. nel 1910, 1200 nel 1938, 1274 nel 1955, 1242 nel 1961; 960 nel 1964.


Il nome deriverebbe da un supposto Aurelianus, aggettivo del nome personale Aurelius che compare in lapidi bresciane. Vi è chi, invece, farebbe derivare il nome dal celtico "urus" nome di un bue selvaggio o bisonte preistorico. Toponimi analoghi si riscontrano nei territori di Cassago Brianza, Sesto Calende (Varese), Solignano (Parma) ecc. Nei sec. XII e XIII è Orianis, Oriano, nel sec. XV Orianum. In epoca romana Oriano era al centro di un vasto pago che comprendeva i territori di Cadignano, Scarpizzolo, Cremezzano, Padernello, con Mottella, e Gabiano o Gaviano (poi Borgo S. Giacomo) con Farfengo.


Nel 1824 si ebbe il ritrovamento di una lapide nei pressi della chiesa parrocchiale di Pedergnaga, nella quale Marco Pomponio figlio di Marco primo e Caio Pomponio figlio di Marco eressero a Giove nel Pago di Farratica sette are con il permesso del "governo" del pago. Paolo Guerrini ha supposto che il pagus sia appartenuto (donde il nome di Pedergnaga) alla gens Petronia o dei Petroni. Oriano come Pedergnaga si trovò in epoca romana ai confini cremonesi nell'ambito della centuriazione sul "limes" quarantaduesimo. Il toponimo con il suffisso in "ano" indica un fondo o fondi agrari per cui è verosimile la derivazione da un "Aurelianus".


el territorio del pago e poi della pieve nella frazione di Cremezzano si rinvenne un'ara votiva con iscrizione ad Ercole e in quella di Scarpizzolo un cippo funerario di Publius Mucius. Presso la chiesa plebana vennero trovate un'ara dedicata a Giove nella quale è menzionato il pagus farraticanus, un cippo funerario di Lucius Atilius e un'iscrizione frammentaria di Constan... Septunio. Materiali ceramici di epoca romana vennero rinvenuti nei pressi del Cimitero vecchio. Reperti romani (resti di pavimento e materiali ceramici relativi ad un edificio probabilmente di età romana) vennero trovati in un'area a nord della Cascina Fenil Rossi. Sono conservate presso i Musei Civici di Brescia due epigrafi (una dispersa l'altra di Cornelia) che sono state rinvenute in località imprecisata.


Il Cristianesimo sembra si sia insediato fin dal sec. V con la pieve, dedicata a S. Maria Assunta che abbracciava un territorio scarsamente abitato e ricco di selve e foreste. La distinzione, misteriosa fra Oriano e Pedergnaga che sono divisi da un rigagnolo è forse offerta dal fatto che mentre Oriano rimase sotto l'influenza vescovile, Pedergnaga passò nell'ambito del monastero di S. Faustino. Fatto è che, forse ingigantendo la realtà, l'antagonismo fra Oriano e Pedergnaga è diventato proverbiale.


Il nome Oriano compare fra le proprietà che nel falso diploma del 969 l'imperatore Ottone I avrebbe assegnato a Tebaldo Martinengo. Ma a parte la veridicità del diploma sappiamo che i Martinengo già nel sec. XII avevano nel territorio proprietà allodiali e diritti, grazie all'investitura di beni vescovili lungo l'Oglio ai Martinengo da parte del vescovo Raimondo assieme a quelli di Orzivecchi, Quinzano e di altre località. Più sicura, e del 2 maggio 1158, è l'investitura feudale di Pietro e Lanfranco Martinengo "de omni honore et districto et avocatia et decimaria, quae nunc est et vel pro tempore erit plebatus de Oriano praeter quartam plebis". Alla pieve di Oriano appartenevano probabilmente, prima di passare nell'ambito della parrocchia di Padernello, il monastero femminile e la chiesa di S. Vigilio in loco Caruca. A questo monastero Goizone Martinengo faceva dono il 12 maggio 1127 di una selva o bosco "in loco et fundo Maxerata" perchè si facesse preci per l'anima sua e per quella del defunto su padre e lo stesso giorno egli vendeva alla medesima chiesa, rappresentata dal prete Orico e dal converso Andrea, un'altra selva di sua proprietà al prezzo di soldi 45 di denari d'argento, e un'altra selva ancora veniva venduta dal suo congiunto Graziano qm. Guala de Martinengo al prezzo di soldi 16 di denari d'argento. Nel 1274 delle decime della pieve oltre che di quelle di Quinzano e Acqualunga veniva investito Ardesio da Scarpizzolo arciprete di Palazzolo e vicario generale dei vescovi Guala e Azzone di Torbiato (1235-1251) che Paolo Guerrini ipotizza essere un Martinengo. A favore della pieve, nell'anno 1300 il canonico Ottonello Martinengo costituiva, con i suoi beni fondiari di Oriano, Pedergnaga, Scarpizzolo e Faverzano, la dote di un collegio di quattro canonici presieduti da un prevosto che ufficiassero a Brescia la chiesa dei S.S. Nazaro e Celso. Beni, e certo non di poco conto, i Martinengo acquistarono da Giovanni di Casate. Da parte sua Gian Galeazzo Visconti in data 24 ottobre 1385 confermava i Martinengo per loro possedimenti, tra i quali Oriano, privilegi precedenti quali l'esenzione da qualsiasi taglia, imposizione, dazio, fodro, gabella ecc.


Accanto ai Martinengo acquistavano importanza su Oriano anche i nob. Sala. Questi però con la transazione di una vertenza conclusasi in Milano il 24 settembre 1391 circa intorno ai loro vantati diritti feudali su Oriano, su Castelletto de Silvolis, sive Castelleti territorio di Oriano, S. Vigilio in Caruca (oltre che in Padernello, Motella e Pedergnano) cedettero ai Martinengo tutti i loro beni per 1500 fiorini d'oro a sopimento di ogni controversia così che i Martinengo rimasero indisturbati e assoluti proprietari senza tuttavia una vera e propria investitura feudale anche se i Martinengo Cesaresco si appropriarono del titolo di Signori di Orzivecchi e di Oriano; titolo il secondo non più accordato dall'Austria nel 1818 che riconfermerà solo quello di Signori di Orzivecchi, concesso a Cesare I Martinengo dalla Repubblica Veneta. Fondi e case acquistava ancora nel sec. XIV Prevosto III Martinengo. Beni dei Martinengo vennero invece poi donati al Pio Luogo della Magnifica Pietà di Bergamo (fondato dal Colleoni, le cui figlie avevano sposato dei Martinengo). Nell'estimo civico di Oriano del 1430 compaiono come proprietari i fratelli Leonardo e Antonio Martinengo. Le concessioni fatte ai Martinengo su Oriano come su altre terre vennero dopo lunghe diatribe limitate con ducale del 25 gennaio 1453 che imponeva ai Martinengo di versare alla Camera di Brescia per i possedimenti di Oriano, Motella, Padernello e Ripalta un tributo annuo di lire trecento di moneta veneta.


Aggravandosi le condizioni economiche della Repubblica Veneta, l'1 dicembre 1477 si addivenne ad un nuovo accordo riconfermato definitivamente l'1 febbraio 1612 secondo il quale per i beni di Oriano come per quelli di parecchie altre terre contermini si riconfermavano gli antichi privilegi di immunità da tutte «le taglie, fochi, impositioni Datii, fodri, Gabelle et carichi reali, personali et misti potendo far condur ogni sorta di biava, vini, feni, legumi, carne, formaglio, lana et le altre cose nascenti sopra dette possessioni per ogni passo, porte, ponti et tranverso delle terre e territorio di Brescia senza pagamenti di alcun datio... dovendo esser servata la limitatione fatta... d'ordine dell'Ecc.mo Senato di I dicemb. 1477». Ma se ne imponeva una limitazione che per i beni di Oriano consisteva in some 623 di granaglie all'ingrosso, some 616 di granaglie al minuto, di 74 carri di vino e di pesi 165 di lino. Nella piccola corte dei Martinengo nel 1567 fece la sua comparsa a Oriano oltre che a Orzivecchi la famiglia dell'ebreo Giacobbe Soave che vi esercitò per alcuni anni l'attività bancaria a nome dei conti Martinengo Cesaresco. I Martinengo ancora nel 1610, ma anche in seguito furono incontrastati proprietari di terre, mentre tra i contadini comparivano i Bellegrandi, i Rossini, i Consolati, i Beretti ed altri. Ancora nel 1700 Oriano era "feudo onorabile" ossia direttamente dipendente dalla Serenissima, rappresentata dai Martinengo, ai quali venivano pagate le decime. Da Oriano presero il nome gli Oriani che furono probabilmente vassalli della pieve. Di questa famiglia vi furono alcuni illustri personaggi quali i giureconsulti Lanfranco Oriani (1398-1488) e Paolo (m. nel 1495). Beni (160 piò) in Oriano ebbero anche i Calini, gli Avogadro, che tuttavia nel 1682 vennero ceduti ai Martinengo. Con le divisioni succedute alla morte di Prevosto III e dei fratelli Gerardo e Antonio qd. Pietro, i beni di Oriano passarono ai discendenti di Gerardo. In particolare a Oriano ebbero proprietà i Martinengo Colleoni e specialmente i Martinengo Cesaresco. Vi lasciarono ricordi Girolamo qd. Cesare II abate di Leno e nunzio della S. Sede a Vienna che a 13 anni il 21 dicembre 1517 era stato nominato Arciprete della pieve di Oriano, senza mai comparirvi se non di passaggio. Di lui esisteva nella sagrestia di Oriano un ritratto che Paolo Guerrini dice essere di fantasia. A Oriano vennero sepolti Carlo qd. Camillo Antonio (1702-1765) e il figlio suo Giuseppe Camillo, deposto come la moglie, la contessa Teodora Olmo, in un sepolcro di famiglia (ora scomparso), davanti all'altare dell'Immacolata. Fra gli ultimi a possedere beni in Oriano fu Girolamo Silvio II Martinengo da Padernello, il quale morendo nel 1833 lasciò eredi i Salvadego.


Passato sotto la Repubblica di Venezia nel 1420 fece parte della Quadra di Quinzano. Il comune era andato assumendo una sua autonomia anche se i Martinengo lo controllarono sempre attraverso un proprio vicario che amministrava anche la giustizia più minuta. Anche se lontana dalle vie principali, Oriano conobbe i passaggi e le molestie delle truppe militari. Nel maggio 1427 giurava fedeltà a Venezia ma poco dopo accoglieva le truppe viscontee. Dopo la battaglia di Maclodio (12 ottobre 1427) si dava spontaneamente al Carmagnola e a Venezia. Nel 1453 subì il passaggio delle truppe di Francesco Sforza. Gravi danni fecero gli eserciti spagnoli, francesi, austriaci negli anni 1700-1705 con ripetute incursioni, distruzioni ed anche uccisioni. Ad essere colpita era la povera popolazione costituita, fino alla fine del '700, da "quasi tutti lavoranti e giornalieri di campagna, alle cui necessità emergenti sovveniva un monte di pietà". Non mancarono tuttavia segni di progresso. A metà del '700, infatti, erano bene avviate la scuola maschile e femminile. Nessun rilievo di merito ebbe Oriano durante l'800. Alla povertà sempre più diffusa (nell'800 i miserabili erano in numero di 100-150 su 950 abitanti circa) si dedicò soprattutto l'arciprete don Primo Cavalli che espletò la sua carità nell'epidemia di colera del 1836 e del 1855. Egli fu oltre che direttore delle scuole anche amministratore della beneficenza pubblica, in decenni di grave povertà. Diresse inoltre, dal 1871 lo stabilimento balneare "a beneficio dei poveri del paese" ammalati di pellagra.


A partire dal 1856 don Primo Cavalli diresse l'Amministrazione di Beneficenza, opera pia che assunse il nome di Congregazione di Carità sei anni più tardi, in seguito alla legge sulle Opere Pie. La Congregazione di Carità gestiva anche il Monte del Grano. A don Primo Cavalli l'Amministrazione intitolò una strada.


Sul piano politico ed amministrativo si equilibrarono i moderati (rappresentati dal conte Salvadego) e gli zanardelliani (capitanati da Carlo Gorio). Il comune da parte sua provvide alle emergenti necessità. La viabilità venne migliorata soprattutto a partire dal 1912 quando fu istituito un Consorzio per la manutenzione delle strade di Verolanuova, Cadignano, Oriano, Pedergnaga e Orzinuovi. La I guerra mondiale costò a Oriano numerose vittime. A loro ricordo venne edificato un monumento e nel giugno 1923 realizzato il Parco della Rimembranza. In alternativa al predominio liberale nei primi anni del sec. XX dopo una vampata socialista si impose specie in campo sindacale il movimento cattolico il cui capolega fu Faustino Monteverdi. Nel novembre 1922 subì le percosse dei fascisti. Con R.D. del 17 novembre 1927 il Comune di Oriano con quelli di Cremezzano e Scarpizzolo veniva unito al comune di Pedergnaga che con nuovo R.D. del 12 febbraio 1928 prendeva il nome di Pedergnaga-Oriano (v. Pedergnaga Oriano). L'aggregazione fu sofferta soprattutto ad Oriano, dove gli abitanti non volevano rassegnarsi alla perdita dell'antica autonomia e soprattutto perchè ciò avveniva proprio nei riguardi dei vicini di Pedergnaga. Il vicolo che separava da secoli i due comuni venne chiamato via Unione e da questo momento la vita civile ed economica si identifica nel comune Pedergnaga Oriano che con il 2 ottobre 1964 diventerà S. Paolo, in onore di papa Paolo VI (v. S. Paolo, Comune e Parrocchia).


DALLA PIEVE ALLA PARROCCHIA. La pieve andò decadendo a partire dal sec. XIV quando via via le chiese unite (Pedergnaga, Borgo S. Giacomo, ecc.) incominciarono a rendersi autonome da essa. Come ha scritto Paolo Guerrini «La storia medioevale di queste località, la loro trasformazione agraria, passaggio delle proprietà, attraverso le eredità, ecc., resta sempre oscura. Anche la vasta pieve di Oriano va in frantumi, si formano le parrocchie sussidiarie, ma indipendenti. Il beneficio arcipresbiterale assorbe le varie Cappellanie o Canonicati e si sciolgono nel secolo XV i vincoli di sudditanza che i vari paesi avevano verso la pieve, formando così le parrocchie autonome». Da parte sua don Calimero Cristoni nel "Regesto di Documenti Antichi", compilato nel 1805 e conservato nell'Archivio Parrocchiale di San Paolo, attestava: "la Pieve di Oriano è antichissima ed aveva sopra di sè moltissimi benefici, ossia curazie e chiericati per ogni intorno di miglia ed a poco a poco si smembrarono e l'anno 1451 fu smembrata la chiesa di Padernello e altre chiese, decadute le antiche investiture della decima". Tuttavia nel 1583 la chiesa di Pedergnaga risulta ancora succursale e inizia proprio in quell'anno la disputa con la chiesa pievana di Oriano che consegnava a Pedergnaga l'olio santo e l'acqua battesimale il sabato santo in cambio dei ceri pasquali. Dopo anni di controversie nel 1597 la Chiesa pievana vide riconosciuti i propri diritti, derivati da "antiqua et antiquissima consuetudo".


La vita religiosa di Oriano fu quasi sempre di buon tono. In occasione della visita del vescovo Bollani nel 1565 risultano non esservi adulteri, concubini, eretici, usurai, bestemmiatori, e nemmeno matrimoni irregolari. Esisteva la Confraternita o Scuola del SS. Sacramento e la Disciplina cui si aggiunse la Confraternita del S. Rosario. S. Carlo al suo passaggio sulla fine del giugno 1580 richiamando al dovere della residenza il parroco nob. Girolamo Ippoliti o Arrivabene di Mantova, negò al conte Girolamo Porcia, al nob. Camillo Secco d'Aragona e al Collegio dei Gesuiti i loro vantati diritti sul ricco beneficio parrocchiale. Alla disordinata amministrazione parrocchiale riscontrata nel 1595 per l'occupazione abusiva di terre di un fittavolo, tale Domenico de Cozzettis, corrisposero nel 1596 ripetute contestazioni dei parroci di Pedergnaga e Cremezzano, obbligati il Sabato Santo a partecipare alle funzioni nella pieve di Oriano, questione che si risolverà con l'accomodamento dell'11 settembre 1691 che sanzionò l'esenzione a tale partecipazione in cambio di corresponsione di cera. Un inventario di beni stabili del beneficio che nel 1609 dava 500 ducati portò nel 1621 ad una regolamentazione di affitti, ore d'acqua ed irrigazione ecc. Quest'inventario del 1621 è opera di don Bartolomeo Bigolotti de' Vaccheri, arciprete di Oriano; vi sono rigorosamente registrate le ore d'acqua, vi si attesta che la forma d'affitto predominante era costituita dal "livello", pagato dall'affittuario tanto in denaro quanto in natura. Il documento è firmato da tre notabili di Oriano - le cui firme sono praticamente illeggibili - definiti "antiqui habitanti in dicta terra Oriani et qui bene cognoscunt bonas stabilia dictae terrae"; spesso i livellari cedevano le terre in subaffitto. Pezze di terra venivano condotte direttamente dall'arciprete attraverso tre massari ed un malghese. L'inventario registrava arredi sacri di valore e due quadri dipinti su legno raffiguranti la Crocifissione e un Crocifisso su tela. Per decenni si succedettero diversi parroci senza che la parrocchia avesse una regolare direzione, per cui nel 1714 l'inventario della Pieve di S. Maria Assunta d'Oriano denunciava un non molto ricco patrimonio di paramenti, suppellettili e vari accessori. Il beneficio dava, nel 1759, 50 carri di fieno, 40 some di frumento, 10 di segale, 15 di linosa e 90 pesi di lino. La consistenza del beneficio permise nel primo decennio del '700 la costruzione di una nuova bella chiesa parrocchiale. Ma se furono alterne le vicende economiche della comunità, persistente invece fu il suo patrimonio religioso anche se vi furono ricorrenti richiami da parte dei vescovi in visita pastorale contro "il vizio dell'ostaria". Anche il parroco a sua volta lamentava come "il più grave e comune disordine di questa parrocchia" fosse lo sperpero di denaro nelle taverne l'unico svago, in verità, per una popolazione composta quasi tutta di contadini dipendenti. Comunque era comune a tutti la pratica dei sacramenti sebbene si registrasse "qualche infrequenza agli uffici divini".


Ancora nel 1791 non si riscontravano nè inconfessati nè matrimoni disuniti. Anzi il vescovo mons. Nani non potè fare a meno di lodare la preparazione degli adulti nella catechesi e di congratularsi per aver trovato ogni casa in ordine. A mantenere viva la religiosità popolare oltre ai buoni sacerdoti locali che nel '700 salirono anche a cinque, collaborarono i cappuccini del Convento di Verolanuova al quale, per riconoscenza, la Confraternita del S. Rosario di Oriano si impegnava a corrispondere in perpetuo, una volta l'anno, un peso d'olio d'oliva. Attive furono sempre le Confraternite del SS. Sacramento, del S. Rosario e la Disciplina di S. Rocco che nel 1621 erigeva nella chiesa plebanale una sua tomba. Segno di devozione furono le reliquie che arricchirono la chiesa parrocchiale fra le quali quelle di S. Artemio, donate alla parrocchia in una preziosa ampolla dal cappuccino Giambattista Romano, il 28 maggio 1650, alle quali si aggiunsero quelle dei SS. Magno, Tranquillo e Demetrio martiri, donate nel 1675 e 1678 da un frate agostiniano. Nel 1744, dono del vescovo F.M. de Allegris, dei Servi di Maria, furono le reliquie dei S.S. Ignazio di Loyola, Francesco Saverio e Luigi Gonzaga. La religiosità fu vivace anche durante l'800 e i primi decenni del '900 per la quale, nel 1898, il parroco poteva benedire il Signore per la frequenza dei parrocchiani ai SS. Sacramenti e all'ascolto della parola di Dio. Anche la pastorale andava aggiornandosi ai tempi. Oltre alla continua attiva presenza delle Confraternite esistenti da secoli si andavano formando la Compagnia di S. Angela, quella di S. Luigi e delle Figlie di Maria. Un passo avanti verso una pastorale più aggiornata venne compiuto verso gli anni '80 del sec. XIX quando un Podestani donò un edificio nel quale vennero ospitate le Madri Canossiane, che aprirono l'oratorio femminile, organizzarono esercizi spirituali, l'attività missionaria e iniziative per il tempo libero, fra le quali la filodrammatica, la schola cantorum ecc. Con il 5 agosto 1921 la vita religiosa si arricchiva della Congregazione del Terz'Ordine Francescano. Il merito va all'arciprete don Francesco Zentili che si ripromette "un risveglio efficace di fede e di bontà cristiana". La Congregazione raccoglie subito circa 90 aderenti che nel 1934 sono ridotti a 30. Ma già attiva era l'Azione cattolica, fiorente l'Associazione delle Figlie di Maria, organizzata la Scuola di magistero catechistico che riuscì a reclutare 90 ragazzi. Successi riscosse la Schola Cantorum animata da Pierino Vescovi. L'oratorio maschile prima ospitato per iniziativa dell'arciprete don Antonio Bonali in locali di fortuna ebbe una sua sistemazione definitiva in seguito al dono di Caterina Apollonio, di un cascinale in data 3 maggio 1954, il quale dopo essere stato ristrutturato, il 20 settembre 1958 venne inaugurato dal vescovo mons. Tredici. In esso furono ricavati: la Casa del giovane, aule catechistiche, il campo sportivo, locali per ricreazione e per numerose altre attività, religiose. Nel 1964 Oriano entrava nell'ambito della nuova parrocchia di S. Paolo (v. S. Paolo, Comune e Parrocchia).


CHIESA PLEBANALE E PARROCCHIALE. Non esistono notizie circa la prima chiesa plebanale che probabilmente venne riedificata nel sec. XV e consacrata il 25 ottobre 1498. Visitandola nel 1565 il vescovo Bollani la trova ben tenuta ed ordina solo la rimozione di un altare che si trova fuori della chiesa. Dalla visita di S. Carlo sappiamo che l'altare esterno della chiesa era quello sul quale esisteva una veneratissima immagine della B.V. Nel '600 la pieve aveva quattro altari: di S. Carlo B., della Madonna del Rosario, del SS. Sacramento e dell'Immacolata Concezione, anticamente intitolata alla Madonna di Valverde. Gli altari erano accompagnati da benefici e legati con pezze di terre a Faverzano, Gabbiano, Verolanuova, Quinzano e Castrezzato. Nel 1898 nè la chiesa parrocchiale di Oriano nè tantomeno gli altari risultano ancora consacrati, ma semplicemente benedetti. Lo attesta la relazione fatta da don Carlo Nicolini al vescovo mons. G. Corna Pellegrini in occasione della visita pastorale. La chiesa era adorna di un'Ultima Cena di Antonio Gandino (che don Ivo Panteghini riteneva non del Gandino, ma trattarsi di una pessima copia) eseguita nel 1593 su commissione di Gabriele Uberti. Il Paglia, da parte sua registra l'esistenza anche di un'Annunciazione "fatta per eccellenza" da Antonio Gandino il vecchio. Più antica ancora era una Crocifissione di intonazione lombarda con influssi nordici, e secondo G. Panazza, con qualche influsso bembesco. Il Battistero della Pieve era adorno di una bella tela oggi molto rovinata, posta nella sagrestia della parrocchia. La chiesa vantava agli inizi del '700 insigni reliquie fra le quali il parroco del tempo elencava: «principalmente l'Insigne di S. Artemio, il suo corpo con un'ampolla del suo Sangue; altre tre insigni dei S.S. Magno, Tranquillo e Demetrio con i suoi documenti autentici di identitade. Del primo, cioè S. Artemio, quale venera il popolo come suo avvocato, si fa festa alli 6 giugno d'ogni anno, delle tre altri la seconda domenica d'ottobre, per Decreto di Mons. Ill.mo Rev.mo Bartolomeo Gradenigo, Vescovo di Brescia il di 4 maggio 1684 in occasione di visita». Fra le suppellettili più preziose vi è una croce astile della chiesa plebanale assegnata alla fine del sec. XV o più probabilmente agli inizi del sec. XVI, di forma tardo-gotica e di disegno tracciato con estrema libertà e leggerezza. Sui quattro bracci della croce e al centro di essa, inserite in placche di forma mistilinea sono disseminate cinque piccole sculture ad alto rilievo. Partendo da sinistra procedendo in senso orario si possono identificare: S. Paolo, la Vergine Maria, S. Antonio abate e l'Angelo, simbolo dell'evangelista S. Marco e al centro S. Maria Maddalena. Il programma illustrativo di queste sculture è assai disordinato e discontinuo. I Santi Pietro, Antonio e Maria Maddalena sembrano, per grandezza e stile, del medesimo autore e probabilmente parte della decorazione originale. La presenza del simbolo evangelico di Marco suggerisce una riutilizzazione del pezzo forse in origine parte della decorazione del resto. Le figure ricordano assai da vicino le opere di manifattura lombarda del '500 o largamente ispirate allo stile milanese tardo '400.


NUOVA PARROCCHIALE. La chiesa parrocchiale venne riedificata ai primi del '700 probabilmente entro il 1710 su disegno del bergamasco Bernardo Fedrighini (Predore 1646 - Brescia 1733 e non del Turbino come in passato si è creduto). Era già completata nel 1714. Vi vennero eretti cinque altari: il maggiore, quello del SS. Sacramento e quelli dell'Immacolata Concezione, del S. Rosario e di S. Carlo. Nella chiesetta di S. Giuseppe attigua alla parrocchiale esistevano quattro tombe: per gli uomini, per le donne, per gli infanti, ed una quarta comune. Su quello del SS. Sacramento venne posta la tela di Antonio Gandino raffigurante l'Ultima Cena firmata e datata 1593. La chiesa venne dotata di organo costruito dal Bolognini e poi rifatto dai Serassi di Bergamo. Alla ricostruzione della muraglia che separa il sagrato dal canale "Fiume" allude probabilmente l'iscrizione ritrovata di recente che accenna ad una riedificazione nel 1773 dovuta al lavoro e al danaro del popolo. Abbandonata nel 1967 con la costruzione della nuova chiesa comune a Pedergnaga e dedicata a S. Paolo nella nuova parrocchia la chiesa è stata restaurata nel 1987-1988.


CHIESA DI S. ROCCO. Edificata probabilmente dopo la peste del 1577 (non è infatti segnalata negli atti della visita del Bollani) nel 1609 era sede di una Disciplina che contava 20 confratelli che vestivano di bianco. Nel 1686 il notaio Uberto Uberti lasciava un legato di 76 piò di terra. Riparazioni alla chiesa vennero apportate nel 1730 circa. Alla sua scomparsa avvenuta dopo il 1791 la Disciplina venne sostituita dalla Confraternita del SS. Sacramento, che nel 1813 aveva 40 confratelli. Esiste inoltre ad Oriano una cappella della casa delle Canossiane.


ECONOMICAMENTE. Oriano si è fondato soprattutto sull'agricoltura e principalmente sulla produzione di cereali. Il terreno molto fertile e ben irrigato ha offerto cereali, foraggi e gelsi ed intensi allevamenti di bestiame. Per l'irrigazione oltre alle rogge nel 1486 veniva costruito il Chiavicone per l'invaso dello Stronello (oggi Stornello) di proprietà di Gerolamo e Aimo Maggi. Di esso divennero proprietari molti contadini. Nel sec. XVI le contesse Dorotea e Alda Gambara introdussero nei territori vicini la coltivazione del lino subito importato anche in quello di Oriano. Il Da Lezze nel suo "Catastico" (1609) poteva scrivere: «Li terreni sono perfetti da biade et lino, ma non ha vino per esservi, se non poche vigne, vagliono li migliori 200 ducati il campo. Piò nel territorio 2500». Dei 2 mulini di proprietà dei Martinengo nel 1609, ne rimaneva nel sec. XVIII uno solo con due ruote di proprietà del Comune. Nel 1750 Venezia incamerava 760 lire da pochi contribuenti quali uno speziale, un tintore di filo, il falegname, il maniscalco. Esistevano inoltre un notaio ed un agrimensore. Buon sviluppo ebbe l'agricoltura nella seconda metà dell'800 e nei primi decenni del '900 sia sul piano della produzione cerealicola che dell'allevamento dei bovini. In questo si segnalarono particolarmente all'Esposizione bresciana i fratelli Apollonio. Un vero impulso al progresso economico fu nel 1919 l'apertura del Calzificio Ciocca a Quinzano che assorbì un buon numero di manodopera femminile proveniente anche da Oriano. Da qualche tempo sono nate imprese artigiane e piccole industrie (v. Pedergnaga-Oriano, v. S. Paolo, Comune e Parrocchia).


Da Oriano vennero giureconsulti come Lanfranco (1398-1488) e suo figlio Paolo (m. nel 1495) ambedue professori dell'Università di Pavia, podestà a Cremona (Riccardo 1270), a Trento (Lanfranco nel 1455 e Paolo nel 1485 e 1492), il francescano Comino da Oriano, professore di teologia e nel 1360 guardiano del convento di Iseo. Più recentemente vennero da Oriano il prof. Mario Apollonio letterato, e l'ing. Egidio Dabbeni.


ARCIPRETI: fra Bianco da Quinzano, morto 1379; Antonio de' Capitani, di Mozzo, nominato 16 giugno 1379 (Reg. Iacobino d'Ostiano); Domenico de' Calvelli, dott. dei Decreti, 1453. Nel 1455-57 fu Vicario gen. del Vescovo Pietro Del Monte; Gerolamo conte Martinengo Cesaresco, nom. 21 dicembre 1517 a 14 anni Abate commendatario di Leno, morto a Roma 1569; Arrivabene o Ippolito Lodovico, di Mantova, nob. bresciano, 1570-1574, entrò nella Compagnia di Gesù; Arrivabene o Ippolito Girolamo, di Mantova, 1475-1590; Bigolotti de' Vaccheri Bartolomeo, di Oriano, 1590-1631; Zenti Ludovico, di Montichiari, 1631, rin. subito; Ghissolo Pietro, di Nave, 1631-1645; Bigolotti de' Vaccheri Vincenzo, di Oriano, 1645-1682; Lantieri de' Paratico nob. Francesco, di Capriolo, I.U. Doctor, 1682-1684, passò prevosto di Capriolo; Foccagni Ercole, di Quinzano, I.U. Doctor, 1684-1702; Margherita Piero, di Brescia, n. 1654, parroco di Soiano indi Cancelliere Vescovile; 1702-1709, rinunciò; Sambrini Stefano, di Verolanuova, n. 1681, eletto 1710, rin. 1735; Bordonali Carlo, Borgo S. Giacomo, 1735-1759; Bonomi Benedetto, di Brescia, 1759-1791; Cavagnola Francesco, di Brescia 1792-1830; Cavalli Primo, di Lograto, 1830-1873; Mosconi Antonio, di Goglione, 1873-1877; Nicolini Carlo, di Brescia, 1877-1898; Tadini Giulio, di Verolanuova, 1898-1909; Zentili Francesco, di Oriano 1910 - 9 marzo 1941; Bonali Antonio, di Gambara, 1941 - m. 10 aprile 1955; Verzeletti Emilio, 1955-1965.