OLIVIERI Maffeo

OLIVIERI Maffeo

(Brescia, 1484-1544). Di Baldassare. Nacque e abitò a S. Cassiano nella quadra della città vecchia dove abitava con la moglie Barbara e due figli nel 1534-1548. Ereditò probabilmente la bottega dal padre. Forse sua opera giovanile è la preziosa arca «opus rarissimum» fatta eseguire dal collegio dei Notai e collocata in una cappella appositamente costruita nel 1510 e collocata in S. Pietro de Dom per raccogliere le reliquie di S. Apollonio.


Un documento del 22 luglio 1515 dà la presenza a Mondrone (oggi Preore) dei fratelli scultori, intenti forse all'altare di quella parrocchia. Bruno Passamani, collegando questo documento alle figure della Madonna col Bambino in trono e i SS. Rocco e Sebastiano della chiesa decanale di Tione, forse eseguite «con l'ancona durante o dopo la peste del 1512» giunge a credere che le opere divise oggi tra Preore-Ragoli e Giustino appartenessero alla antica pieve di Mondrone: così che verso il 1776 «all'atto della divisione in due della primitiva unica comunità, quelli di Preore ottennero la Madonna col Bambino in trono, mentre quelli di Ragoli i sei pezzi raffiguranti la Vergine Annunciata, l'angelo annunciatore, i SS. Faustino e Giovita e le altre due figure di Santi più l'ancona che li conteneva». Un accostamento questo, che lambisce anche la sontuosa ancona di Giustino, ricca di sante figure, e la bresciana arca di S. Apollonio.


Secondo il Passamani: «Che sia il più giovane Andrea a firmare il contratto per Stenico, ci suggerisce qualcosa anche circa l'organizzazione della bottega: Maffeo si occupa delle imprese importanti e faceva spola tra Brescia e le Giudicarie». Lo stesso Bruno Passamani ha rilevato come la sua attività sia attestata da tre complessi artistici scaglionati nel tempo: le tre statue lignee conservate nella chiesa decanale di Tione (per l'altare dei SS. Sebastiano e Rocco di cui rimangono le statue assieme a quella della Madonna), ricordate in un documento del 1515, i due candelabri bronzei conservati in S. Marco a Venezia, commessi a Maffeo dal cardinale Altobello Averoldi, firmati e datati 1527, infine la grande ancona lignea di Condino nelle Giudicarie, ordinata nel 1538 e terminata, dopo la morte di Maffeo, dal fratello Andrea. Il Passamani ha rilevato rapporti o accostamenti alla pittura del Foppa, nei quali egli individua non pochi modelli dell'Olivieri. Altri hanno individuato una ispirazione alla corrente «fonduliana» distinguendosi invece da Stefano Lamberti e ponendosi, secondo alcuni al disotto e secondo altri al disopra dello stesso.


Secondo il Rasmo: «Le sculture di Preore e di Ragoli hanno una bellezza di esecuzione che in seguito non sarà più raggiunta. Alludiamo in particolare all'altare maggiore di S. Lucia a Giustino, l'unico ancora completamente conservato anche nella parte architettonica e decorativa, malgrado certe minori lacune e spostamenti, rispettivamente scambi di statue con un altro altare, probabilmente in origine appartenente alla stessa chiesa e risalente alla stessa bottega. Esso, oltre alla statua, dominante nella nicchia mediana, della Madonna in trono col Bambino, aveva ai lati quelle di S. Lucia, la titolare della chiesa e di un'altra santa al cui posto stanno attualmente due statue dei SS. Vigilio e Antonio Abate che riteniamo provenienti da un altro altare. Similmente ci sembrano non pertinenti le statue dei SS. Rocco e Sebastiano inserite nell'ordine superiore dell'altare stesso ed infine il gruppo d Cristo deposto retto da due angeli e di Maria e Giovanna dolenti appoggiati sopra l'altare stesso; mentre dovrebbero provenire dall'ordine superiore dell'altare i SS. Pietro e Paolo già nella chiesa di Giustino ed ora nel Museo Diocesano di Trento. Probabilmente in gran parte queste statue risalgono ad un distrutto "altare della Scola" simile a quello del Lamberti a Condino», per le quali il Rasmo propone gli anni fra il 1520 e il 1530. Lo stesso Rasmo annota che l'opera degli Olivieri nelle Giudicarie, ai quali forse doveva risalire anche l'altare di Brione, ora scomparso, che si sa fatto fare a Brescia nel 1534, si conclude col colossale altare maggiore della parrocchiale di Condino iniziato nel 1538, interrotto per la morte di Maffeo Olivieri nel 1544 e compiuto dal fratello Andrea nel 1546. «Nel grandioso complesso, ha scritto il Rasmo, l'Olivieri tentava arditamente di trasferire una composizione squisitamente pittorica, come quella dell'Assunzione di Maria, in un complesso plastico con figure di notevoli dimensioni e di grande impegno per il necessari raggruppamento e per l'illusione di una profondità spaziale che doveva essere anche suggerita dallo sfondo dipinto; esso è inserito in una cornice con strutture architettoniche che, per quanto coperte da fittissime decorazioni a rilievo, hanno valore ed imponenza ormai pienamente cinquecentesche». L'ancona che ancora si conserva si presenta come un grande arco a guisa di porta, nella cui nicchia è rappresentata con figure di grandezza naturale l'Assunzione della Vergine. Nella stessa chiesa vengono attribuiti all'Olivieri i due angeli ceroferari in legno dorato (cm 84) che ornavano lo stesso altare maggiore. Nel frattempo l'Olivieri aveva operato intensamente anche in patria. Sandro Guerini ha indicato, datandolo nel 1517-1518, in un Crocifisso nella parrocchiale di Botticino Sera la prima opera di Maffeo Olivieri in territorio bresciano. Del 1521 sarebbe la cornice della pala dell'altare Rovati della chiesa di S. Francesco in Brescia. Nella stessa chiesa è attribuito allo scultore l'altare di S. Girolamo (primo a destra). Lo stesso Sandro Guerini attribuisce all'Olivieri e data intorno al 1535 la statua della Madonna con Bambino della canonica di Gottolengo, da lui stesso antecedentemente attribuita a Stefano Lamberti. In essa il Guerini vede una «non trascurabile influenza che dovette avere sull'Olivieri la scultura tedesca, conosciuta direttamente in Trentino; soprattutto ai modi di Sisto Frei si deve imputare certa esasperazione delle notazioni anatomiche principali (occhi, zigomi, mento), tale da creare effetti di grande "manierismo"». E ancora, attribuisce allo stesso Olivieri le statue di S. Orsola (o forse meglio S. Caterina d'Alessandria) e di S. Antonio di P. della sagrestia della parrocchiale di Coccaglio datandole tra il 1525-1530. All'Olivieri ancora il Guerini attribuisce un «S. Francesco inginocchiato nell'atto di ricevere le stigmate» di Ghedi e ancora un crocifisso di Rezzato, dal Guerini stesso ritrovato. Gli era attribuito il sarcofago Martinengo di S. Cristo (ora in S. Giulia) che Camillo Boselli ha dimostrato opera di Bernardino della Croce. Secondo S. Guerini non è sua l'arca di S. Apollonio del Duomo Nuovo (1504-1510). Tale attribuzione è impedita, oltre che dai caratteri stilistici che l'avvicinano ai lapicidi di S. Maria dei Miracoli, dalle date, molto anteriori all'attività dell'artista.


L' Olivieri fu anche eccellente bronzista. Nel 1527 eseguiva e firmava su ordinazione del vescovo Altobello Averoldi magnifici candelabri bronzei per la basilica di S. Marco a Venezia. Uno di essi venne esposto alla Mostra «The genius of Venice» tenuta a Londra nel novembre 1983. Come ha scoperto Sandro Guerini, mentre l'Olivieri stava iniziando la grande ancona della chiesa di Condino, nel 1538 gli «homini del comune» di Sarezzo, probabilmente dopo aver visto l'altare del Corpus Domini di Gardone gli commissionarono un Crocifisso, della cappella del cimitero, alto tre braccia e mezzo (cm 175 c.) «ben fatto et ben lavorato». Scrive S. Guerini: «Il viso reclinato verso destra è incorniciato dalla tipica barba a ricciolini che vediamo negli Apostoli della pala di Condino; il corpo è ben proporzionato, ma un po' tozzo ed il capo si inserisce rigidamente sul tronco. Sono poco marcati i particolari anatomici del petto, mentre è molto accurata la resa delle ginocchia e dei piedi». Suo è il tondo bronzeo con la «Fuga in Egitto» del Victoria and Albert Museum di Londra. In lui gli studiosi individuano il «maestro del 1523 che eseguì le medaglie dedicate, tra gli altri, ad Altobello Averoldi, Jacopo Loredano e Roberto Maggi». All'Olivieri sono state attribuite le Storie di Cristo, il Fregio dei Trionfi e due tondi con una battaglia e una scena di sacrificio del Mausoleo Martinengo di cui costituirebbero il capolavoro assoluto. Francesco Rossi propende a credere dell'Olivieri i soli due tondi.