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ODOLO (in dial. Ódol, in lat. Oduli)

Comunità di varie contrade al centro della valle di Odolo, tributaria di destra del Chiese a Sabbio. Si stende tra le quote m 369-321 s.l.m. È a 25 km. da Brescia. Ha una superficie comunale di kmq 6,49. Il territorio è percorso dal torrente «La Vrenda» che P. Guerrini deriva dal latino Verenda cioè temibile per disastri provocati. Sfocia nel Chiese, in esso a Sabbio si gettano vari rivi che nascono nel territorio di Agnosine. L'Olivieri cita una corte Audalvico nell'anno 905, nominata nel codice Longobardo. Nel sec. XII, Andulo, Otholo, nel sec. XIII, Odolo nel sec. XIV, Othulis, nel sec. XV, Odol, nel sec. XVII, Odolo. Geologicamente vi si manifesta il Miocene con affioramenti pliocenici nel tratto contrada Cadella e Cà del Bosco. Il terreno è di dolomia alquanto fratturata, evidenziata da una bella anticlinale che si può osservare a S di Cà di Odolo che poi più oltre assume colori policromi. Celestino Bonomini ha rilevato nella zona l'importanza del conglomerato della contrada Cadella e del Bosco, che egli ritiene messiniano o pontico. Conglomerati calcarei di netta prevalenza esiniana sono stati scoperti in località Forcher e lungo la carreggiabile per Mondarone. I nuclei abitati più rilevanti sono Forno (Furen) a 1 km. dal centro, Cagnatico (Cagnadec) a 0,700 km, Botteghe (dove ha sede il Municipio), Cereto (Seret), Vico, Brete, Colombaio, Cadella, Gnaola. Altre località sono Madonnina, Dossi, S. Gottardino, Rocca di Bernacco, Cà del Bosco, Ere di Odolo, Baione, Bredina.


ABITANTI: (Odolesi, detti «i gacc»), 1200 nel 1606; 900 nel 1716; 1055 nel 1881, 1137 nel 1921, 1112 nel 1934, 989 nel 1950, 1089 nel 1951, 1497 nel 1961 (popol. attiva 623, agr. 56, ind. 395, costr. 14, comm. 76, servizi 24, amm. 20), 1926 nel 1986. Il Guerrini ha pensato che il nome derivò dalla forma dialettale di Dossolo, piccolo dosso o altura; forse da quello sul quale sorge la chiesa parrocchiale. Natale Bottazzi l'ha messo in relazione con un nome di persona di origine longobarda o germanica come Odo, Odilo o forse Audo. Secondo il Tagliavini il germanico «audo» significherebbe ricchezza, possesso; una «curte Audalvico» è citata nel 905 fra i possessi del monastero di S. Giulia. Del tutto inverosimile l'opinione di chi lo fa derivare dall'esclamazione latina: «oh dolus!» pronunciata in occasione di un tradimento nel quale sarebbero incappati i romani. Particolare ruolo strategico ebbe la rocca o castello detto da qualcuno di S. Maria, ma poi più universalmente di S. Zeno, dominante le terre oltre che di Odolo di Preseglie, di Agnosine e di Bione. La rocca può forse risalire al dominio longobardo. Fu poi di proprietà della famiglia Belegni molto nota in luogo. Una tradizione locale narra che fu un giorno aggredita di sorpresa e distrutta dal signore di Bernacco, che non riuscì tuttavia a togliere di mezzo il rivale, fuggito per un andito segreto. Questi, raccolta una forte schiera di audaci, assediò la rocca di Bernacco, l'occupò di viva forza e, massacrato il presidio, la rase al suolo, soddisfacendo così il suo desiderio di sangue e di vendetta. Intorno alla rocca o castello sono fiorite alcune leggende fra le quali quella di una castellana che per sfuggire alle brame di un vizioso pretendente che le aveva soppresso l'amante si gettò da una torre del castello. Un'altra località denominata «Castello» («el Castel») in frazione Forno indica altre fortificazioni poi scomparse. Altre due località, in posizione elevata, vennero denominate Castello. La più nota ed importante è «El Castel del Furen» dove abitarono i Lance o Lanza o de Luche, e successivamente i Belegni. Elvira Cassetti Pasini vi ha trovato la data 1519 che indica il tempo di ristrutturazione dell'immobile. La «capella S. Zenoni in Otholo» è nominata in un documento del 1175. Un ruolo particolare giocò su Odolo la rocca di Bernacco che domina dall'alto parte del territorio di Odolo ma soprattutto Vallio e il Colle di S. Zeno e intorno alla quale don Pasinetti rievoca una leggenda che vede protagonisti due cugini signori della rocca di Bernacco e di quella di S. Maria o S. Zeno di Odolo. Avversari fra di loro, tanto irriducibili da essere sempre in zuffa, profittando dell'assenza del marito chiamato in pianura a liberare un parente assediato da una banda di briganti, la moglie del castellano di Odolo ideò di trattare una riconciliazione. Perciò tutta sola si recò a Bernacco e così bene seppe perorare la causa della pace, che quel signore fattosi d'un tratto da avversario amico, decise di correre tosto anche lui ad aiutare l'impresa del cugino lontano. Prolungandosi però un po' troppo l'assenza e la mancanza di notizie, la consorte del castellano di Bernacco, pensò senz'altro di essere stata giuocata da quella di S. Zeno. Quel sospetto fece di nuovo divampare le ire da ambo le parti, e le due fazioni stavano già per venire alle mani, se non fosse intervenuto l'eremita di S. Eusebio ad ottenere una tregua di tre giorni, in capo ai quali gli stendardi vittoriosi dei due cugini si videro infatti risalire per l'erta di Vallio. La leggenda però dice anche che la pace fra i due cugini durò poco, onde ricominciate le ostilità finirono i due contendenti ad abbattersi reciprocamente le loro rocche, e così fu radicalmente troncata la vertenza. Abbastanza documentata la presenza romana già segnalata dal Mommsen nella «basis magna Oduli» già precedentemente segnalata come esistente nel cimitero che si stendeva accanto alla chiesa parrocchiale e ai suoi tempi nel Museo romano. Porta l'iscrizione «Ponticus Ca(u) Gemelli I(ovi) O(ptimo) M(aximo)», cioè «Pontico liberto di Caio Gemello [pose] a Giove, Ottimo Massimo». Nel 1925 don Bortolo Pasinetti segnalava il ripetuto rinvenimento al Dosso di S. Zeno di «sepolcreti con medaglie e oggetti». In località Castello sopra la frazione Forno verso Pregastine, nella proprietà Moscardi, nel marzo 1969 riemerse una cippo in pietra di Botticino con l'iscrizione «M(arcus) U(lpius) Receptus vet(eranum) Leg(ionis) (tricesimae) U(lpiae) V(ictricis)...» e cioè: «A Marco Ulpio Recepto, veterano della trentesima Legione Ulpia, vincitrice...». In essa è testimoniata la presenza in luogo di un veterano dell'esercito romano della Legio XXX Ulpia Victrix, costituita da Traiano presumibilmente fra il 100 e il 104 d.C. reduce dalle guerre daciche. Uno studioso, Giancarlo Susini, anziché Ulpius ha letto «Virius» gentilizio molto noto anche nel Bresciano. Ottavio Rossi segnalava già nel sec. XVII un iscrizione rinvenuta a Cà di Odolo e che suona «Donatus Aug. lib. et Aunia primitiva hanc sedem fructum laboris sui sibi vivi posuerunt» e cioè «Donato, liberto di Augusto e Aunia Primitiva si stabilirono qui, costruendovi una casa, frutto della loro fatica». Secondo don Bortolo Pasinetti (1925) oggetti e medaglie di epoca romana «vennero più volte alla luce sul cosiddetto dosso di S. Zeno. Il Pasinetti sottolinea ancora che «il nome stesso di qualche contrada (ad es. Vico) denota chiaramente la sua origine latina. Probabilmente Odolo ebbe principio al tempo nel quale le miniere di galena argentifera del vicino monte Visello, si sfruttavano dai Romani valendosi, com'era loro costume, dell'opera degli schiavi o dei condannati. La località Pregastine tra il territorio di Odolo e quello di Preseglie si vuol derivata appunto da "prae ergastulinum"; e difatti lì presso, estraendosi della sabbia, si scoperse una gran pietra con due fori quadrati, atti precisamente a piantarvi le travi del patibolo proprio degli schiavi. Sepolture romane con muretti di mattoni vennero rinvenute nel 1952 sulla strada da Sabbio Chiese a Odolo in località Fienile del Merlo di fronte a Cà del Bosco. Una di esse, a cassetta, conteneva un vasetto e due monete. Altri scavi vennero compiuti nel 1955. Poco più in là nei confini con Sabbio un'altra tomba venne trovata nel dicembre 1960. Il territorio fece parte del pago e poi della pieve di Bione che a Odolo stabilì una sua diaconia di cui resta un ricordo nel culto e nella chiesa di S. Lorenzo sulla strada per Preseglie e probabilmente gli ospizi di S. Bartolomeo, situato sulla Vrenda, e di Cà de Odol. In tempi più bui, quali quelli alto medievali si ha testimonianza di una «Corte di Audalvico» citata nell'inventario delle proprietà fondiarie del Monastero di S. Giulia negli anni 879-906. Proprietà vi ebbe il monastero di S. Pietro in Monte Orsino. Secondo Paolo Guerrini, poi, il culto di S.Zeno è riconducibile alla influenza del monastero di S. Zeno di Verona che ebbe possedimenti nel bresciano e che, ancora veniva invocato contro i pericoli delle acque, e a Odolo contro quelli del torrente Vrenda. In effetti già nell'inventario delle chiese e cappelle che nel 1148 sono di giurisdizione del Capitolo della Cattedrale di Brescia vi è la cappella «S. Zenonis de Andulu» che qualcuno legge Audulo, corrispondente secondo il Guerrini a Othulo, e cioè a Odolo. Poco o nulla sappiamo del periodo di passaggio dall'economia curtense a quella più moderna. Preminenza con altre deve avere avuto una famiglia locale che prese il nome del paese e che poi presto si estinse. Il «Comune de Odolo» è ricordato in un documento del 1346 come debitore della «decima novalium» al vescovo di Brescia. Appartenente prima alla Quadra di Bagolino, sotto il dominio Visconteo, nel 1385, appartenne alla Quadra della Valsabbia, assumendo particolare importanza per il controllo della via per Brescia. Nell'estimo dello stesso anno il comune di Odolo compariva al quinto posto dopo Bagolino, Savallo, Pertiche, Preseglie. E al quarto posto lo era anche circa le proprietà comunali nel 1389. Entrato nel 1427 nell'ambito della Repubblica veneta, Odolo, continuando ad appartenere alla Quadra della Valsabbia grazie a sgravi di imposte e vantaggi per le industrie e i commerci, godette periodi di prosperità. Il 19 ottobre 1440 con il Savallese, Bione, Agnosine e Preseglie venne da Venezia assegnato ad Aldrighino di Nozza per i particolari meriti acquisiti dal padre suo Galvano da parte della Serenissima. Le cronache del 1512 ricordano un Leali detto Codurro di Odolo proscritto il 12 aprile dai francesi, dopo il sacco ordinato da Gastone di Foix, per la sua fedeltà alla Serenissima. In seguito, dal 1516, il paese visse tutte le vicende valsabbine e un Antonio Pasini qd. Zeno nel 1571 partecipava alla battaglia di Lepanto. Secondo il Pasinetti un documento di Sabbio Chiese del 1580 ricorda come famosi i fratelli de Lance ovvero de Luche, detti Lucchetti che furono per le loro prepotenze il terrore del paese. Il Pasinetti stesso sottolinea in proposito che non è il caso di pensare ad esagerazioni, perché demolendosi, nel 1870 circa, per l'allargamento della strada nazionale, una parte di quella che fu loro abitazione, furono scoperte molte ossa umane, ed uno scheletro intero di persona ivi murata serbante ancora le fibbie delle scarpe. Durante il sec. XVI furono ricorrenti le liti per i confini specialmente con Agnosine (1509), Bagolino. Il Comune si scontrò dal 1591 al 1642 con la famiglia Nazini per l'utilizzazione dell'acqua della Vrenda in località Arche. Nel 1604 il Comune acquistava i beni della famiglia Bonibelli già presente in Odolo fin nella prima metà del 400 con Bonibello de Badini. Momenti tragici Odolo affrontò in occasione della peste del 1630, che seminò centinaia di vittime, tanto da costringere a lasciare secondo la tradizione i cadaveri insepolti in località «Vergomas» a N della chiesa parrocchiale. Nonostante difficoltà gravi, la comunità odolese grazie alla industriosità degli abitanti e al trovarsi sulla strada reale e perciò in un intenso flusso commerciale, registrò un deciso progresso economico sociale dovuto a famiglie particolarmente attive quali quella dei Botelli, già registrati fra i nobili rurali nel XII secolo, dei Cottoni di Cagnatico, già preminente verso la metà del sec. XVI e che diede distinti sacerdoti, dei Leali, dei Belegni, dei Ghidoni, e poi dei Pasini, degli Zinelli, dei Cominotti, e infine degli Oliva, dei Rebughi, dei Ferliga. Nel 1756 venivano elencati 14 trafficanti di ferro, uno speziale, una bottega, un medico, tre notai, tre falegnami, due cerusici (o chirurghi). Una delle prime scuole viene istituita con un legato testamentario del 18 dicembre 1635 da Faustino Ghidoni, «notarius et causidicus», benefico anche verso la Casa di Dio e le Convertite di Brescia, e altre istituzioni. Il legato permise di mantenere la scuola a Odolo fino a tempi recenti. Tra gli insegnanti nel 1769 sono segnalati don Bortolo Cassetti e don Michele Oliva. Si tratta probabilmente della scuola esistente a Cereto, presso la chiesa di S. Bartolomeo cui accennano alcuni documenti. Nel 1694 viene segnalata anche una scuola di grammatica tenuta da don Baldassare Cassetti probabilmente a Cagnatico. Ad esse si aggiungerà agli inizi del sec. XIX anche una scuola per fanciulle. Odolo fu particolarmente coinvolto negli avvenimenti che videro la caduta della Repubblica di Venezia e l'epoca napoleonica. Sceso il 15 agosto 1796 con 400 dragoni della cavalleria dalle Coste di S. Eusebio Napoleone pernottò nell'osteria di Cà di Odolo per raggiungere il giorno dopo Lavenone. La tradizione popolare vuole che il generale passando per Odolo avesse requisito sei mucche da latte. Coinvolto nella controrivoluzione valsabbina contro giacobini e francesi, Odolo diede agli armati valsabbini uno dei capi in Faustino Zanolini. Nell'aprile 1797 all'avvicinarsi dalle coste di S. Eusebio delle truppe del Governo Provvisorio e francesi con a capo il generale Giuseppe Lechi inviate per reprimere la controrivoluzione valsabbina, don Giuseppe Belegni con altri riuscì a convincere i suoi valligiani e quelli di Preseglie a lasciare passare tali truppe risparmiando Odolo da saccheggi e incendi. Incaricato dal comune di Odolo, il medico Riccobelli il 31 aprile concordava il passaggio pacifico delle truppe in cambio di viveri e vino.


Il paese entrò poi a far parte del distretto delle Fusine nella Quadra di Montagna, nell'ambito della quale don Belegni venne chiamato a presiedere il Cantone di Preseglie e ne fu giudice di pace. Nel 1802 un altro sacerdote odolese, don Giambattista Pasini, buon conoscitore di diritto civile e canonico, si portò a Milano ed ottenne dal governo, come suggerisce l'iscrizione posta nella chiesa parrocchiale, «l'esenzione da importabili gravezze». Fieri della loro indipendenza nel giugno 1805, gli amministratori e gli esponenti odolesi cercarono in ogni modo di esimersi dal recarsi a Brescia per salutare il nuovo re d'Italia, cinti di sciarpe tricolori, acquistate controvoglia. Nel settembre 1808 un Pasini di Odolo auspicava con memoriali alla Prefettura di Brescia sulla necessità di migliorare le strade per il commercio, le fabbriche ecc. Era già presente nel 1810 la banda musicale. Segno della vitalità del paese sono le proteste avanzate dai revisori dei conti al consiglio comunale di Odolo nel giugno 1810. Il 6 febbraio 1817 veniva definita la integrale ultimazione della strada Barghe-Anfo, e il 6 agosto 1819 si prese atto dell'esecuzione, ad opera dell'impresa Gaetano Salvadori, su disegno dell'ing. Pietro Corbolani, del tronco della strada Odolo-S. Eusebio. Nel 1822 venne di nuovo ritoccato il tronco Nozza-Barghe. Sotto l'Austria Odolo fece parte del Distretto XVI di Preseglie. Nel 1833 venne costruito l'attuale cimitero. Non mancò da Odolo una viva partecipazione ai fatti risorgimentali come alle Dieci Giornate (1849) che videro Giovanni Maria Coppini di Odolo assieme a Bortolo Vassalini di Preseglie raccogliere uomini armati da spedire a Brescia. Nel 1855, per colera, morirono a Odolo 22 persone. Nel 1866 fra i garibaldini combatté Nicola Leali di Odolo. Qualcosa di nuovo segnarono gli anni dell'Unità d'Italia attraverso ad alcune, anche se molto limitate, opere pubbliche ed un certo qual sviluppo sociale. Un segno di apertura culturale venne dalla costituzione nel 1880 del corpo musicale di Odolo fondato da un Ferliga e poi diretto da Francesco Colotti (detto «El Cesco»), Angelo Ceresa, un Bertelli e Federico Oliva. Scomparso nel 1923 e ricostituito nel 1926, fu tra i migliori della provincia. Venne di nuovo ricostituito nel marzo 1967 per iniziativa di don Giulio Bazzoni e sotto la presidenza di Carlo Pasini. Gravi crisi economiche colpirono Odolo negli ultimi decenni dell'800. Depauperata l'agricoltura, entrò in crisi anche l'artigianato del ferro e si aprì la via ad una crescente emigrazione interna, ma anche verso l'America Settentrionale (New York, California, Pennsylvania), dove gli odolesi furono soprattutto addetti all'allevamento del bestiame. Le donne e le ragazze presero la via verso Milano, la Brianza come lavandaie, o verso Gavardo e la Svizzera per lavorare in filande e cotonifici. In un convitto operaio del cantone svizzero di S. Gallo nel 1910 su 180 ragazze italiane, 30 erano di Odolo. Chi rimase cercò di resistere alle durissime condizioni riunendosi nella Società Operaia di Mutuo Soccorso istituita nel 1876 e attraverso scioperi. Quello del 21 febbraio 1884 vide in agitazione per l'aumento del salario 200 operai di Odolo e di Casto. Una nuova agitazione si verificò nell'aprile 1896. Un altro sciopero proclamato il 20 maggio 1900 vide scendere in lotta 105 operai odolesi per 67 giorni e 7.035 ore di sciopero. Le agitazioni furono guidate dalla Camera del Lavoro, mentre a Odolo si trapiantavano la Società Archimede di Brescia e la Lega fra i lavoratori di metalli di Brescia che, specie, la prima, raccolsero dal novembre 1902, adesioni di operai locali. Si tennero negli anni seguenti in autunno riuscite feste dei fabbri che videro la partecipazione di parecchi cittadini, e che coinvolsero non solo operai, ma anche proprietari di fucine, interessati a commesse governative e a esenzioni o riduzioni fiscali. Commesse di badili ottenute per merito dell'on. Zanardelli fecero sì che con il suo nome venissero chiamati gli attrezzi agricoli prodotti in Odolo. Lento il progresso della comunità, la cui amministrazione riusciva nel 1894 a far compilare dal fiorentino Icilio Forti la mappa catastale del territorio. Si espanse la Cassa Cooperativa di credito valsabbino (poi Banca Cooperativa Valsabbina); grazie alla centralina di Levrange, fu introdotta l'illuminazione elettrica nel 1897; dal 1909 fu avviata la costruzione della strada Odolo-Preseglie attraverso la piana del Mondalino lungo il torrente Vrenda, caldeggiata dal deputato provinciale Flaviano Capretti. Nel 1915 veniva avviato l'Asilo infantile «Cesare Abba» istituito con i fondi stanziati (L. 5.000) in occasione del genetliaco del principe Umberto di Savoia ma ebbe vita breve per l'insufficienza dell'edificio e dei fondi. Fra le poche attività del tempo libero, permesse dal duro lavoro e dalle forti ristrettezze economiche, la banda musicale ricostituita nel 1880 diventò Filarmonica della Conca d'Oro. Durante la I guerra mondiale Odolo vide un intenso movimento di militari del 66°, 68°, 123° e 127° reggimenti di fanteria, reparti di cavalleria con il col. Bettoni e, dopo Caporetto, un reparto francese. Morirono in guerra per cause dirette di guerra 16 odolesi fra i quali il capitano Alfredo Giuseppe Rebughi (1892-1918), due volte medaglia d'argento, ucciso a Orowitz in Boemia, mentre tentava la fuga dal campo di concentramento. Una medaglia d'argento ebbe anche Francesco Bortolo Rossetti (1886-1917). Ai caduti, grazie a fondi raccolti da ragazze odolesi attraverso commedie, venne eretto un momento inaugurato nel 1924.


Nel 1920 riprese il flusso emigratorio, prima verso l'America settentrionale e specialmente New York poi sempre più frequentemente verso l'Argentina: da 3 nel 1920 gli emigranti salirono a 7 nel 1922, a 14 nel 1923, a 7 nel 1924, 7 nel 1926. Nel frattempo la vita politica e amministrativa si svolgeva fra due poli quello socialista e zanardelliano e quello cattolico che nel marzo 1922 trovava consistenza anche nella sezione del Partito Popolare Italiano presieduta da Giorgio Leali. Scioperi si susseguirono nel 1922. Particolarmente contrastato dei fascisti lo sciopero dell'1 maggio 1922 che finì a botte per l'intervento da parte dei fascisti venuti da Barghe e da Sabbio. E da Sabbio capitarono quasi ogni domenica squadre nere minacciando a manca e a destra. Ma molte furono le spedizioni punitive specie domenicali a Odolo compiute da fascisti di Sabbio, Barghe, Vestone. Intanto attraverso crisi e riprese la produzione locale cercava di resistere alla grave crisi con la costituzione nel 1929 (ma era già stato proposto nel 1927) di un Consorzio agricolo e industriale per far fronte alla disoccupazione, mentre decine e decine di persone venivano costrette all'emigrazione. La solidarietà degli odolesi permise di superare, oltre le crisi economiche, anche momenti di emergenza come il nubifragio del luglio 1932 che distrusse strade, fucine e case. Il fascismo, se ebbe tenaci assertori, non ottenne significative adesioni. Nel novembre 1934 in occasione della prima visita di un federale a Odolo si registravano su 1112 abitanti solo 38 fascisti tesserati, 30 giovani fascisti, 18 donne fasciste, mentre il solo gruppo alpini raggruppava 32 soci. Intanto nel 1929 era nato, per impulso del parroco don Giovanni Recaldini, il Circolo della Gioventù Cattolica, che promosse non solo un vivo risveglio religioso, ma anche culturale e sociale. Memorabile fu il 30 settembre 1940 la visita del principe Umberto di Savoia. Notizie raccolte da Elvira Cassetti Pasini dicono che il principe passò in ricognizione i reparti del 78° Reggimento Fanteria e del 30° Reggimento Artiglieria. Inaspettato ospite venne accolto in casa Ferliga, che scambiò per la canonica, essendo accorso subito il parroco don Ziletti con i bambini dell'asilo. Visitò l'officina di Giovanni Oliva, accolto come un ufficiale qualsiasi, fino a quando non se ne scoprì l'identità. Fin dall'8 settembre 1943 e specie sulla fine di settembre e ai primi di ottobre a Odolo venne organizzato un gruppo che partecipò ad azioni di recupero di armi. Ad una prima spedizione sulla Rocca d'Anfo, ai primi di ottobre, furono presenti gli odolesi Dante Oliva, Andrea Peroni, Giuseppe Pasini e Dario Leali. Ad una seconda spedizione, Dante Oliva. L' odolese Giorgio Oliva fece della sua officina di Vestone un centro attivo di resistenza. L'attività del gruppo odolese continuò poi con alterne vicende, rese difficili dalla presenza in paese dall'estate 1944 di un reparto della Wermacht e da un rastrellamento compiuto dai tedeschi il 2 novembre 1944. Attiva fu la partecipazione del gruppo odolese alle azioni compiute nei giorni della liberazione. Il 26 aprile un gruppo formato da Dante Oliva, Dino Carli, Nicola Leali, Giuseppe Pasini, Ciro Zinelli, Antonio Zola, Giuseppe Savoldi, Carlo Pasini, Dario Leali, Carletto Leali, Umberto Zane cercò di fermare contingenti di forze tedesche in ritirata catturando 4 mitragliatrici Breda, un mortaio Brixia, mitra e fucili. Scontri si ripeterono nei giorni seguenti. Gli odolesi parteciparono anche ad azioni in altre località. A ponte del Re, tra Barghe e Nozza, cadde ucciso Dino Carli.


La ripresa democratica, che ha visto per decenni protagonista la D.C., ha registrato un insperato progresso del paese, solo rallentato intorno al 1948-1950 da nuovo flusso emigratorio, poi superato. Venne restaurato il cimitero, la strada del Bosco, l'acquedotto, le fognature, costruite le case Fanfani, le scuole elementari, la strada per la parrocchiale, la sistemazione del monumento ai caduti. Ma soprattutto le difficoltà e le remore del passato vennero superate grazie ad un irresistibile processo di industrializzazione, che vide nascere l'industria del tondino e sempre più importanti complessi industriali che fecero scrivere a giornali internazionali di un miracolo bresciano. Nel 1959 per iniziativa del sindaco Alessio Pasini venne istituita una Scuola di avviamento professionale, sede staccata di Vobarno. Divenne poi scuola media e nell'ottobre 1967 trovò sede in un nuovo edificio progettato dal geom. Mario Leali. Nel 1960 veniva istituito un triennio dell'Istituto professionale di Stato per l'industria e l'artigianato (I.P.S.I.A.) di Gardone V.T. con sezione di qualifica per congegnatori meccanici. Nel novembre 1967 veniva rinnovato il monumento ai caduti con una statua dello scultore Luigi Bertoli e trasferito al termine del rettilineo che dal centro del Paese porta agli edifici scolastici. Nello stesso anno si costituiva un nuovo corpo bandistico. Fin dagli anni '70 si pose in modo sempre drammatico il problema dell'inquinamento. Nel 1973 vennero installati in tutte le ferriere depuratori di fumo che tuttavia non servirono a molto, tanto che nel 1989 dovettero essere installate tre centraline di monitoraggio. Dal 1974 veniva migliorata la statale 39, abbattuto il caffé Valsabbia, coperto il torrente Vrenda e in seguito, dal 1979, realizzata la circonvallazione grazie all'insistenza del sindaco Roberto Bonomi. Per iniziativa del parroco don Giovanni Recaldini e di un apposito comitato costituito nel 1927, il 23 marzo 1928 veniva aperto l'asilo infantile. Ospitato in locali affittati al Colombaio da Giovanni Rebughi trovò nel 1931 ospitalità in locali in contrada Vico donati dalle sorelle Cleonice, Anita e Palmira Leali e dedicato «Ai Caduti», subendo poi numerose trasformazioni. Nel 1967 riprese vita, per impulso del parroco don Giulio Bazzani, il Corpo musicale che nel 1972 accorperà quello di Agnosine. Ad esso si aggiunse poi la «Filarmonica Conca d'Oro» comprendente anche Agnosine, Bione e Preseglie. Nel novembre 1976 veniva inaugurato il monumento ai caduti sul lavoro. Nel settembre 1986 veniva completato l'impianto del metano. Sempre più attiva era la Biblioteca che, dal 1983, pubblica un bollettino di novità librarie e notizie culturali e del tempo libero. Nel 1982 vi svolsero attività i Nuclei armati comunisti contro industriali e dirigenti industriali. Nell'ultimo ventennio sono sorte numerose associazioni che si sono accompagnate a quelle già esistenti come l'Associazione Combattenti, quella dei Fanti e il gruppo Alpini. Nel 1967 è stata lanciata l'Operazione Mato Grosso. Sono nate l'AVIS (nel 1969)e l'AIDO. Nel novembre 1986 è sorto il Circolo Arci. Su iniziativa di Alessio Pasini è sorto nel 1989 il Circolo ricreativo privato «La fusina» per pensionati e anziani. L'8 marzo 1988 veniva fondata la Polisportiva Odolo formata dall'Associazione Calcio, dal G.S.O. Ciclistico, dalla sezione Pattinaggio Artistico, dalla Bocciofila Conca d'Oro, dalla sezione della Federcaccia e dalla sottosezione C.A.I. e presieduta da Giampietro Cassetti. Attiva la sottosezione del CAI che a ricordo del socio Valerio Fontana il 27 gennaio 1974 erigeva su Cima Roma, nel gruppo delle Dolomiti del Brenta, una croce. Nel 1987 la sottosezione contava 77 soci. Dall'ottobre 1989 si gioca il «Palio delle contrade» con il coinvolgimento di sette contrade e di nove branche sportive. Tra le attrezzature sportive: il Centro sportivo «Nicola Leali» in via Praes, il Bocciodromo. Le manifestazioni folcloristiche più importanti sono il concerto di Capodanno e il carnevale. Fra le principali famiglie si distinsero quelle dei Cottoni, di Cagnatico già preminente verso la metà del sec. XVI e che diede sacerdoti e musicisti, dei Belegni, che compaiono nel sec. XVII e che dopo un periodo di splendore andarono declinando (tanto da far dire al popolino, alludendo al cognome, che il bel legno era bello fuori ma aveva marcia la radice) e spegnendosi negli anni Venti, i Lanza o da Lauche, ancora abitanti la casa che era stata dei Belegni, gli Zinelli poi Zanelli probabilmente di origine veneta, i Pasini, i Cassetti, i Leali, i Conotti, gli Oliva, i Ghidoni, i Ferliga, i Rebughi. Personaggio di spicco fu lo storiografo don Bernardino Faino.


ECCLESIASTICAMENTE Odolo fece parte della pieve di Bione (e prima del sec. X forse di quella di Nave), che ebbe la sua diaconia a S. Lorenzo, sulla strada verso Preseglie e probabilmente due ospizi sulla Vrenda dove sorge la chiesa di S. Bartolomeo, l'altro a Cà de Odolo, al bivio della strada che conduce ad Agnosine ed a Bione. La cappella S. Zenonis de Andulo o Audulo è nominata in un elenco delle chiese e cappelle «divenute di giurisdizione» del Capitolo della Cattedrale di Brescia e citate nelle due bolle di Eugenio III (9 settembre 1148) e di Alessandro III (10 agosto 1175), «che ripetono l'elenco dato precedentemente nella perduta bolla di Onorio II», papa dal 1125 al 1130. La «prebenda sacerdotalis in ecclesia de Odolo» del valore di sette fiorini è citata nel 1349 tra i benefici vacanti al tempo di mons. Tiberio Della Torre, vescovo di Brescia dal 1325, morto il 29 dicembre 1332. Un beneficio di S. Zeno di Odolo è citato in cataloghi del 1410, del 1478 e del 1490. Nel 1532 il beneficio era valutato di 40 ducati. Già registrata negli atti della Visita del vescovo Bollani la confraternita del SS. Sacramento che, nel 1574, aveva 100 iscritti con compiti anche assistenziali. Ad essa si accompagna la confraternita del S. Rosario costituita subito dopo la battaglia di Lepanto e di «recente costituzione» nel 1578, anno nel quale il vescovo Bollani concede di erigere un proprio altare. Nella stessa epoca esiste un «Monte biade». Probabilmente in seguito alla terribile peste del 1585-1586 si costituisce la confraternità di S. Nicola di Tolentino, patrono degli appestati e che trova sede nella chiesa di S. Bartolomeo che viene all'uopo allargata. La confraternita viene beneficata durante la peste del 1630 da Marcantonio Codurri (Leali). Attiva anche una confraternita di S. Carlo. Le due confraternite sono ricordate in lapidi mortuarie poste dinanzi al sagrato e sul fianco della chiesa. La prima suona. «sepulcrum confratrum /sancti Nicolai de Tolentino celestem portum / tangenti hoc sydere duce»; la seconda: «sepulcrum confratrum / s. Caroli anno MDCCLXIII». Il 25 giugno 1624 giunse a Odolo accolta con gran festa una reliquia di S. Zenone, trasportata con grandissima processione dalla chiesa di S. Lorenzo alla parrocchiale. Singolare la tradizione secondo la quale l'immagine della Madonna del Frassino o dei «osèi» che si venera nella chiesa superiore di Sabbio sia comparsa nei pressi di Odolo e che contrariata dalla freddezza manifestata dalla popolazione si sia trasferita misteriosamente su un frassino esistente sulla sommità della Rocca di Sabbio. Riportata dal popolo di Odolo con solenne processione nel luogo ove era comparsa, venne poi ritrovata sul frassino della Rocca dove rimase. Dopo un periodo di prevalenza liberale ed anche anticlericale ed un accentuato isolamento della parrocchia animata da confraternite, della Compagnia di S. Luigi, nel 1929, per impulso del giovane parroco don Giovanni Recaldini prese forma un vero e proprio movimento popolare cattolico intorno al Circolo della Gioventù Cattolica fondato nel 1929, seguito dal Gruppo Uomini di A.C. che rianimarono la vita parrocchiale attraverso la "Schola cantorum", la fanfara, il movimento catechistico, la filodrammatica. Nel secondo dopoguerra nacquero il circolo e le Cooperative e il bar ACLI, il salone parrocchiale, un piccolo oratorio, un campo sportivo. Con il parrocchiato di don Giulio Bazzani, la parrocchia si attrezzava di opere per la gioventù, inaugurando l'8 giugno 1963 su progetto dell'ing. Franco Cremaschini, e su terreno donato da Francesco Ferliga il cinema parrocchiale «Splendor», a cui si aggiunse poi l'Oratorio inaugurato il 4 dicembre 1971. Con l'1 giugno 1967 Odolo veniva eretto in vicaria foranea. In parrocchia esistono le Terziarie Francescane Elisabettine aggregate ai Minori Francescani. 


CHIESA PARROCCHIALE: venne eretta all'interno di un'antica rocca detta di S. Maria, distrutta nel sec. XIV e che compare in carte militari. Vi accenna una Bolla di Eugenio III del 1148 che la dice dipendente dal Capitolo della cattedrale. La chiesa doveva essere cadente al tempo della visita di S. Carlo (1580) tanto che il visitatore ne prescriveva il rifacimento, avviato dopo qualche tempo e non ancora finito nel 1668. Compiuta negli anni immediatamente seguenti, la chiesa veniva consacrata nell'ottobre 1676 dal vescovo Giorgi. La facciata è a due ordini con cornici leggere e con timpano molto ribassato, mentre l'interno aveva cinque altari. Restauri vennero compiuti ai primi del '900. Altri ne vennero eseguiti nel 1967 dall'arch. Fabio Odorizzi di Riva del Garda, per munificenza dei fratelli Leali fu Luigi: la facciata venne ricondotta alle linee originarie ed ornata con basi di marmo. L'interno è ad una sola navata a botte. Particolarmente decorata con stucchi e affreschi. Ricco è l'altare maggiore con una pala raffigurante S. Zeno. Ai lati del presbiterio Vittorio Trainini dipinse nel 1942 in grandi affreschi il Sacrificio di Abramo e la Cena di Emmaus. Lo stesso pittore raffigurò ai lati dell'arco centrale i S.S. Pietro e Paolo. L'altare di destra è dedicato alla Madonna del Rosario con il Bambino che domina in una bella statua lignea firmata Zamaria Rosi 1641 e raccolta in una bella soasa del sec. XVII. Venne eretto nel 1578 circa. Sul lato sinistro sorge l'altare del S.S. Sacramento bello ed elegante; la pala raffigura la Deposizione dalla Croce attribuita dai più alla scuola di Palma il Giovane e più precisamente ad Antonio Balestra, ma dal Vaglia è assegnata a Giovanni Battista Bonomino. La sagrestia è adorna nel soffitto di un affresco di Angelo Paglia raffigurante S. Zeno che obbliga il demonio a portare un recipiente, datato 1738. Contiene notevoli suppellettili fra le quali pezzi di argenteria del sec. XVIII e una croce astile donata nel 1767 da Giuseppe Leali. Notevole un tronetto in legno scolpito ricco di fiori e putti con l'iscrizione «Federico di Nicola Zinelli fece fare per sua devozione, Venezia 1767» con stemma degli Zinelli. Un bel turibolo venne esposto nel 1904 in Duomo vecchio a Brescia. Sul muro settentrionale della chiesa era stato ricavato un ossario detto «el Camarì dei morcc» con al centro, fra moltissimi teschi, uno scheletro sotto il quale si leggeva: «Io ero come tu sei / tu sarai come sono io / pensa a questo e va con Dio». Venne abolito negli anni Sessanta. Nel 1978 veniva installato un nuovo organo costruito dalla ditta «Fratelli Ruffatti».


S. MARIA DI CAGNATICO: è quattrocentesca, ad una sola navata, con soffitto a travatura. La chiesa è dedicata alla Natività di Maria, venerata in una bella tela sull'altare maggiore al quale fanno corona altri due altari, uno, a sinistra, dedicato a S. Carlo Borromeo, con una bella tela seicentesca opera di G. Cossali, secondo altri del Geppe detto il Cavretta, l'altro dedicato a S. Antonio di Padova. Una degna cornice alla Madonna sono gli affreschi di un bellissimo ciclo biblico da Mosè a Cristo, che continuano poi negli episodi della vita di S. Antonio e di S. Carlo. La fortuna di questa chiesa ha avuto i suoi inevitabili alti e bassi. Lo «Status et jura» della Diocesi del 1678 la dice consacrata. Nel 1658 il card. Ortoboni doveva decretare che vi venissero tolte le immondizie e che la chiesa fosse pulita sospendendo la celebrazione della Messa fino a quando ciò non fosse stato fatto. Il cardinale proibiva, pena l'interdetto della chiesa, che si giocasse a palla sul sagrato durante le funzioni. Nel 1667 la chiesa aveva un'entrata di 65 scudi con l'obbligo di 120 messe annuali. Vi era un cappellano e le elemosine erano bene amministrate dai reggenti della chiesa ad essa preposti dal consorzio. Nel 1703 vi era eretta anche una compagnia di S. Carlo. Il vescovo Barbarigo nel 1716 trovava la chiesa in buon ordine e decente. Ai primi dell'Ottocento vi si celebrava la Messa «prima» in tutte le feste dell'anno «a comodo delli abitanti» e altre Messe venivano celebrate nei giorni feriali.


S. BARTOLOMEO: nel centro del paese, più comoda di qualunque altra chiesa odolese, è stata segno di viva devozione. Situata sulla Vrenda in mezzo al paese fu probabilmente nell'antichità un ospizio. Sappiamo che la prima chiesetta dedicata al santo venne edificata probabilmente sullo stesso luogo, o poco distante, nel 1449 da Comino Leali. Venne poi ricostruita per iniziativa del Comune, di Girolamo e Tommaso Leali, di Girolamo Zinelli e Bonobello Bonibelli. Il 16 luglio 1531, infatti, costoro commissionavano a nome della Comunità, ai «maestri» Giovanni Fraini di Levrange, a Francesco Dusina di Ono e a Giovanni Rasega di Vestone «la costruzione della chiesa di S. Bartolomeo la quale sarà da compiersi nello spazio di solo un anno». Il vescovo Bollani, il 22 ottobre 1566, registrava, negli Atti della sua visita, che vi si celebrava il venerdì. Ordinava che si ornasse l'altare di croce, candelabri, pallio; si togliesse l'altare piccolo, la porta del campanile la si tenesse chiusa in ore debite. Nel 1646 la chiesa aveva già un altare dedicato a S. Nicola da Tolentino e fin dal 1580 era sede della Compagnia, come conferma il testo della regola stampata a Brescia nel 1584 col titolo: «Regola della Compagnia del glorioso Santo Nicolao di Tolentino posta nell'Oratorio intitolato ad esso glorioso santo in Odolo, approvata e confermata dall'Ill.mo e Rev.mo Cardinale Domino Carlo Borromeo, visitatore Apostolico Generale in Brescia e sua Diocesi, l'anno MDLXXX addì 12 dicembre». Nel 1863, certo perché più comoda, un decreto vescovile permetteva che vi si conservasse il Sacramento. Vi si celebrava inoltre la messa festiva, oltre che feriale, vi si recitava il Rosario il mese di maggio e vi si tenevano le domeniche di S. Luigi. Fungeva, insomma da succursale della parrocchiale. La chiesa è a una sola navata ed ha una bella tela secentesca raffigurante la Madonna col Bambino, S. Bartolomeo e S. Rocco. Negli anni Sessanta la chiesa venne restaurata su progetto dell'ing. Vittorio Montini.


S. LORENZO A FORNO: chiesa con tutta probabilità diaconale della pieve di Bione, sulla strada che porta a Preseglie nella contrada Forno. Appoggiata al pendio della collina a settentrione del paese, spicca sulle abitazioni e sulle antiche fucine. Vi accennano gli Atti della visita Bollani (1566) che registrano che vi si celebra per antica tradizione il venerdì. Il visitatore intimò che venisse restaurata. Gli "Status et jura" del 1578 la dicono non consacrata e senza beni propri. Gli Atti della visita di S. Carlo aggiungono che il parroco vi celebrava il mercoledì per antica tradizione. Aveva un solo altare. Nel 1619, data che si legge sull'architrave, fu collocato il portale. Segno di venerazione sono alcuni legati sia per il culto che in favore dei poveri. La chiesetta deve essere stata restaurata verso la metà del 600. La pala dell'altare maggiore sotto uno stemma porta «loanne Camoz 1645». Del resto, visitandola nel 1646, il vescovo Morosini ordinava che venisse costruita la sagrestia e posti vetri o tele alle finestre. Ma più probante sembra il fatto che il vescovo stesso la consacrasse il 28 settembre 1650. L'interno stesso, almeno la navata, è chiaramente secentesco. Nel 1646 aveva comunque un suo cappellano. La chiesa aveva un solo altare. Nel 1717 vi si celebrava messa la festa e nei giorni feriali, grazie a legati. La chiesa venne restaurata nel 1985, per la munificenza della famiglia Pasini con il recupero di importanti affreschi.


S. APOLLONIA A CERETO: piccolissima, vicina alla chiesa parrocchiale, è segnalata negli Atti della visita pastorale del 1646. Con un solo altare, vi si poteva celebrare solo nei giorni di festa. Nel 1668 si celebrava invece ogni giorno. Nel 1676 si solennizzava la festa in onore della santa martire, ma il parroco supplicava il vescovo di potervi celebrare nei tempi cattivi. Mantenuta dalle sole elemosine, poi venne arricchita di qualche legato.


S. GAETANO: a s. Gaetano da Thiene era dedicato un Oratorio privato. Chiedeva il permesso di costruirlo presso la sua casa alle Fucine, il 24 luglio 1717, Federico Zinelli qd. Nicola di Odolo, che assegnava come dote un pezzo di terra in contrada Strada. La curia dava il suo benestare il 4 agosto 1717. Una devota santella molto antica è quella del Madonnino che si trovava sulla strada principale e che, nonostante questa abbia cambiato tracciato è ancora circondata di devozione.


Ricca è l'architettura contadina e artigianale di Odolo che vede case, cortili, volti specie lungo la via Pernella (nel sec. XVII «Pirnella») e via Cete.


ECONOMICAMENTE il paese si è basato fino a non molti decenni fa sull'agricoltura e particolarmente su granoturco, legname, castagne, noci. Secondo un documento del 12 novembre 1716 la popolazione per la maggior parte si alimentava circa otto mesi «di castagne, noci, formentone nero detto sarazino, (saraceno), fasoli grossi, rape, con altre misure di herbe». Viti e gelsi segnalava nel 1850 un Dizionario corografico. Apprezzata ancora agli inzii del sec. XX la coltivazione di mele particolarmente lavorate in una fabbrica di mostarda di Preseglie. Ancora nel 1930 si tenevano a Odolo corsi di albericoltura con ben 139 iscritti. L'agricoltura ha resistito nonostante l'espansione industriale tanto che tra Odolo e Sabbio veniva costruito nel 1984 sotto l'egida della Comunità montana della Valsabbia un caseificio sociale. In auge a Odolo (fino ad alcuni decenni fa) la lavorazione della canapa, coltivata un po' ovunque. Veniva macerata in buche ricavate a Vergomas, Cà dè Odolo, e Botteghe e poi filata nelle singole case tessuta su telai esistenti soprattutto a Cagnatico, Cadella, Cà de Odolo e Pamparane. Folli per fabbricare panni rozzi (detti panine) esistevano specie a Casale. Negli anni '30 del sec. XX vi erano ancora due commercianti di lana e lanerie: Francesco Recher e Giulietta Recher provenienti da Tolmezzo. Nei territori di Preseglie, Odolo e Agnosine, esistevano nel sec. XIII miniere d'argento di proprietà vescovile ma infeudate alla nob. famiglia Sala. Secoli dopo nel 1857 Carlo Cocchetti segnalava l'esistenza di «ampelite» utilizzata in Francia per la fertilizzazione delle campagne. Molto antica è a Odolo la lavorazione del ferro. Anche se non sembra provata l'esistenza di fucine nel sec. XI, è accertata l'esistenza fin dal sec. XV di una fucina a basso fuoco che utilizzava ferro importato dalle miniere di Collio e più tardi da Bagolino. Nel 1494 in un documento è ricordato Bartolomeo Leali, sindaco e procuratore del Comune di Odolo e abitante in «villa della fusina»; un documento del 20 gennaio 1498 ricorda Tonino qd. Zinelli dei «ferari de la fusina», Dominicus Furno de Odulo e altri. A Odolo rimase famoso «el fer de Bagulì» ferro di scadente qualità e che perciò veniva battuto e ribattuto per ricavarne masselli. Quattordici fusine «grosse» e «minute» situate sul torrente Letume (o Vrenda) venivano segnalate dal Catastico del Da Lezze nel 1606 «nelle quali si lavorano li badilli, che in altri parti del Bresciano non se ne fabbricano et li vendono L. 30 de planete ogni centener ma perfetti». Una relazione del 1695 dell'archivio comunale segnala sei fucine e precisamente quelle del mulino, dopo il ponte della Vrenda, di Mezzo (poi del Dante), di Ciana, Pasini (poco più a N della chiesa di S. Bartolomeo), del Bettino (tra S. Bartolomeo e l'attuale Municipio), di Sofrogne. Un maglio a Botteghe porta su una pietra la data 1748. Esistevano a Odolo nel 1756 numerosi negozianti del ferro quali gli eredi G.B. Masini, eredi Pietro Pasini e Angelo Pasini, eredi Bortolo e G.B. Belegni, Pietro Belegni, eredi Andrea, Giuseppe e Teodoro Leali, Nicola qd. Alessio Leali, eredi G.B. Zanolini. Una relazione della Cancelleria Prefettizia Inferiore del 1766 registra: «molti fuochi per ferro crudo che si riduce in quadri che, con quelli, delle altre fucine della valle, vengono ridotti in vanghe, rangoni, zappe e badili di molte sorti, venduti in ogni paese del Bresciano, nel Veneto, Milano, Genova, Lombardia, Toscana, Romagna e Regno di Napoli. Tra le officine aveva preminenza quella di Giuseppe Pasini «privilegiata per la facitura de' vomeri o sian guarnieri d'Avano». Tuttavia, man mano che Venezia declinava la produzione del ferro, andò subendo sempre più la concorrenza austriaca avvantaggiata da nuove tecniche ed incoraggiata da premi concessi ai produttori. Nel 1789 oltre a 3 mulini a ruote esistevano «14 tubi sia da terra che da acqua» 16 magli a ruote, 3 mole a ruote. Nel 1802 le fucine erano ridotte a sei. Al contempo si svilupparono anche alcune filande che Elvira Cassetti Pasini ha individuato al Forno, contigua a casa Belegni detta «el Castel», a Vico nella casa appartenuta fino al 1890 a Francesco e Alceste Rebughi, poi passata alle suore, al Colombaio nelle case Giovanni Rebughi fu Bortolo e Ugo Rebughi fu Giacomo; nel «palazzo» Ferliga già della famiglia Zinelli e poi di Antonio Belegni. «Pareggiano le inglesi», scriveva Carlo Cocchetti nel 1857, le forbici costruite dai fratelli Leali di Odolo. Favoriti da commesse governative nella seconda metà dell'800 trovarono particolare spazio le fucine di Bortolo Rebughi che si imponeva già nel 1884 all'Esposizione di Torino. I Rebughi fabbricarono particolarmente vanghe, badili e attrezzi per l'esercito. Una grave crisi colpiva l'artigianato odolese negli anni Ottanta del sec. XIX. Nel 1889 non solo alcune fucine erano deserte ma si contavano ben cento emigranti in America. Per far fronte alla grave crisi si formò ad Odolo un consorzio di produttori di vanghe, zappe e striglie che rilanciò la produzione locale tanto che già nel 1904 raggruppava 13 officine. Nel 1921 esistevano con 145 operai 11 fucine (Pagher, Senna, Mez, Moli de sot, Gnarche, Butighe, Pamparane, Sant Lorenz, Carle, Camilese e Sol). Nel 1930 salivano a 14 con 23 magli, azionate con 4-5 cavalli per ciascuno. Vi trovavano lavoro circa 150 operai. Nel 1933 e nel 1938 l'Annuario Apollonio registrava le seguenti fucine di strumenti agricoli: Rebughi Fratelli, Oliva Francesco di Giov., Leali Paolo fu Nicola, Pasini Nicola, Pasini Pasino fu Nicola, Rebughi Giovanni fu Bortolo, Oliva Federico, Pasini fratelli fu Alessio, Oliva Giorgio fu Michele, Leali Luigi fu Nicola. Tale sviluppo venne accelerato dall'utilizzo dei pezzi di rotaia tagliati in blocchi di circa un chilo, scaldati e forgiati sotto il maglio. Come si è ricordato, nel 1940 Odolo meritava per la produzione di badili e vanghe destinate all'esercito la visita del principe Umberto di Savoia. L'attività manifatturiera continuò anche durante la seconda guerra mondiale. Una grave crisi colpì la produzione industriale nel secondo dopoguerra riaprendo la via all'emigrazione che si arrestò a partire dal 1950 quando Alessio Pasini lasciò la piccola officina del Forno e introdusse per primo la produzione di tondino, fabbricò su terreno di Carlo Ferliga i primi laminatoi, costituendo il 29 marzo 1950 la I.L.F.O. fondata da una trentina di soci con amministratore delegato Alessio Pasini. Nel 1955 veniva arricchendosi di un reparto di fonderia, con l'aggiunta nel 1959 e nel 1964 di un secondo e di un terzo forno fusorio. L'esempio dell'I.L.F.O. veniva seguito per iniziativa di Attilio Pasini e Desiderio Leali con altri nel 1952 dalla società I.R.O. (Industrie Riunite Odolesi) raggruppando quattro piccole aziende in località Forno, e poi in via Brescia, presso la Ca' de Odol con sempre più potenti impianti di laminazione e sulla fine del 1965 di una acciaieria. Del 1954 fu la messa in opera di un nuovo impianto di laminazione da parte delle Acciaierie «Leali Luigi s.p.a.» che si arricchirà nel 1961 di un primo e nel 1965 di un secondo forno fusorio. Fu il trionfo del tondino in verghe utilizzato nell'edilizia ottenuto attraverso rotaie ed altro materiale ferroso fucinato al maglio e che ha procurato a Odolo un primato in Europa. In seguito, dal 1954 alle aziende pilota facevano corona altri impianti di laminazione quali le società: Valsabbia, Bredina, Prolafer, Ferriera di Odolo, Olifer, Vittoria, Pregastine, Fratelli Pasini di Alessio. Questi sono entrati come soci nella ferriera di Barghe, nella Valchiese di Vestone, nella Ferriera di Calvisano, nell'agroittica di Calvisano, nella Acciaieria di Cividate al Piano (Bergamo) e nella grande Acciaieria di Portonogaro (Udine). Alessio Pasini inoltre agli inizi degli anni '70 ha acquistato, per conto della ILFO, una fattoria in Toscana nella zona del Chianti di 700 ettari. Nel 1973 per iniziativa di Alessio Pasini e del genero prendeva vita la Mini Acciaieria Odolese s.r.l. Grazie a questa intensissima attività giornali finanziari di grande prestigio come il «The Financial Time» nel marzo 1978 intitolavano con «The Brescia Miracle», resoconti sulla attività siderurgica bresciana specialmente odolese. L'articolo registrava 13 forni elettrici e più di 13 impianti per la produzione di laminati, con una capacità produttiva di un circa un milione di tonnellate l'anno. La produzione riuscì a superare le difficoltà imposte dall'omologazione alla situazione europea imposta dalla CECA. La IRO di Odolo è considerata la prima azienda siderurgica italiana in cui fecero la loro comparsa i Cobas. Con l'espandersi dell'industria l'artigianato è andato sempre più restringendo la sua attività a servizio delle industrie siderurgiche, non mancando tuttavia ad un suo importante ruolo. Il piano comprensoriale ha recente mente individuato in Pregastine e dintorni gli insediamenti artigianali. Restano monumenti dell'attività artigianale odolese il maglio di Francesco Oliva in via Ere 1, del sec. XVIII, che sorge sulla sponda sinistra del torrente Vrenda. Rimane l'unico maglio funzionante in Valsabbia. È chiamato il «maglio delle botteghe» trovandosi al centro del paese vicino a botteghe e case. Il locale consta di un unico grande stanzone rettangolare nel quale sono alloggiati tutti gli attrezzi necessari per le varie lavorazioni. Talune operazioni di finitura sono eseguite in vani ricavati nella zona che congiunge il fabbricato alla strada di accesso. Nel 1989 produsse ancora 800 quintali di badili. In località Forno (via Garibaldi, 63), ha cessato la sua attività nei primi anni Cinquanta di questo secolo il maglio con laminatoio per metalli ferrosi di Camillo, Beppe e Attilio Pasini che conserva ancora le sue interessanti strutture. In via di diventare museo è il maglio per metalli ferrosi, costruito nella prima metà dell'800, di proprietà di Pier Luigi Leali che ha cessato la sua attività nella fine degli anni '70 di questo secolo. È ubicato poco distante dal torrente Vrenda, dal quale un canale sotterraneo deriva l'acqua necessaria al suo funzionamento. Si tratta di ampio edificio rettangolare, all'interno del quale vi è una suddivisione degli spazi mediante un possente muro, con aperture ad archi,che corre per tutta la lunghezza dell'edificio. I magli in sito sono due, completi di ruote idrauliche. Pressoché complete anche le attrezzature usate per le varie lavorazioni. Rilievo particolare per Odolo ebbe, assieme a quelli di Nozza, Vobarno, il mercato di Pregastine che fu anche occasione di contrasti fra la Repubblica Veneta e l'Impero asburgico. Per il risarcimento dei danni subiti in seguito al contrabbando del bestiame anche a Odolo come in altri centri della valle vennero nel 1783 confiscate case. Da tempo si continua il mercato del martedì. La banca che per prima aprì lo sportello a Odolo fu quella Cooperativa Valsabbina, a cui seguì più tardi l'Unione bancaria assorbita poi dalla Banca San Paolo di Brescia.


PARROCI: Bartolomeo Cottoni (rinuncia nel settembre 1559), Lorenzo Pasini di Odolo (rinuncia il 6 dicembre 1566), Giangiacomo De Clericis (3 giugno 1567), Baldassare Cottoni di Cagnatico (nom. gennaio 1576), Giovanni Zurlera (7 marzo 1582, m. nel 1621), Matteo Girelli di Barghe (18 marzo 1624 - settembre 1625), Giovanni Poli di Sabbio Chiese (febbraio 1626 - nel 1631 passa parroco di Sabbio Chiese), Simone Maffei (1639-21 luglio 1649), Stefano Cassetti di Odolo (economo spirit. dal 1649 al 1650), Andrea Cassetti (8 nov. 1650- m. 29 luglio 1665), Bartolomeo Bonardi (4 novembre 1665 - m. il 26 maggio 1682), Giovanni Ferdinando Bazzini di Bione (9 agosto 1682 - m. il 14 settembre 1733), Giovanni Maria Zini di Gavardo (1734-1735), Giovanni Paolo Vitali di Provaglio V.S. (9 dic. 1735-20 apr. 1776), Angelo Leali di Raffa (6 dicembre 1776- m. il 25 febbraio 1801), Paolo Nembrini di Trescore (Bergamo), 4 gennaio 1804 - 4 maggio 1831), Giacomo Rebughi di Odolo (31 gennaio 1832 - rin. 15 dicembre 1843), Antonio Braga di Nuvolento (20 luglio 1845 - passa parroco a Rudiano il 6 aprile 1857), Carlo Apostoli di Botticino Sera (10 luglio 1857 - promosso arc. a Orzinuovi il 9 agosto 1863), Daniele Porta di Nave (7 febbraio 1864 - m. il 30 marzo 1864), Tommaso Pasini di Provaglio Sotto (28 ottobre 1864 - rin. il 16 ottobre 1870), Paolo Pasqua di Gargnano (2 luglio 1871 - trasf. canonico a Calcinato il 2 maggio 1873), Francesco Bona di Rovato (29 maggio 1873 - promosso arciprete a Mura Savallo il 9 maggio 1880), Maurizio Quartaroli di Brescia (5 ottobre 1884), Giov. Maria Bresciani di Odolo (26 aprile 1885, rinuncia l'1 gennaio 1898), Basilio Pasinetti di Barghe (1 dicembre 1898 - rin. 1 settembre 1911), Giov. Batt. Soardi di Preseglie (12 novembre 1911 - m. il 28 febbraio 1926), Giovanni Recaldini di Cimbergo (23 gennaio 1927 - promosso arciprete di Pisogne il 30 aprile 1937), Luigi Ziletti di Pontevico (11 nov. 1937 - promosso arcipr. di Barbariga nel 1948), Antonio Siracusa di Bagnolo M. (1948 - nel 1958 promosso arcipr. a Sarezzo), Giuseppe Montini di Leno (9 giugno 1958 - trasf. curato a S. Agata in Brescia il 15 marzo 1961), Giulio Bazzani di Bagolino (6 giugno 1961-1977); Giuseppe Chiodi (1977-1986); Gustavo Pezzi (1986).