ODENO

ODENO (in dial. Ùden, in lat. Udeni)

Frazione della Pertica alta ad E di Navono e a NO di Livemmo. È a m 910 s.l.m. Si tratta di un piccolo abitato con dignitose ed antiche abitazioni costruito su un ripiano del monte. Odine nel 1797. L'Olivieri ha pensato che derivi da un supposto nome personale Audens. Altri come il Pieri hanno pensato addirittura ad una radice etrusca. Sottolineando come nei documenti antichi il nome del paesello è costantemente scritto Udine e anche in dialetto si pronuncia Ùden, malamente reso nell'italiano Odeno, propende a farlo derivare da l'"usen", cioè il noceto per l'abbondante coltivazione delle piante di noci che furono una caratteristica del territorio di Odeno. Il Bottazzi ha pensato ad una possibile origine germanica del nome, rilevando come «hutten» in tedesco indichi capanna e «hus» in svedese indichi la casa. Da notare anche che in inglese «Wood» (pronunciato «ud») indica selva, legno, bosco.


ABITANTI: (Odenesi detti «i gacc»), 400 nel 1856, 110 nel 1930, 120 nel 1938, 96 nel 1971. Vicinia molto antica fu comune a sé per entrare poi a far parte, con quelli di Lavino, Navono e di Noffo, del comune di Navono. Nel 1928 entrò poi a far parte del comune di Pertica Alta.


Il paese sorse sopra un piccolo altipiano, attorno ad una rocca o un castello che dominava la sottostante valle del Tovere, e il cui nome è ricordato oggi da una località spoglia di edifici presso casa Bresciani. Secondo Paolo Guerrini da questo castello ebbe cognome la famiglia locale «Castelli», che con le altre dei Boldini e Brescianini, da essa derivate, costituiva l'unico ceppo dei pochi abitanti di questa piccola località. La chiesa di s. Apollonio venne invece costruita, come si dice, fuori paese, isolata su un poggio all'imboccatura della valle dei Ronchi che sale verso il monte , perché i mandriani di Odeno, abitanti nella cascine di questa loro valle, potessero vederla e sentire il richiamo delle sue campane. Odeno venne beneficato dalle cosiddette Bonefemmine di Fusio (con testamento del 2 luglio 1002) che lasciarono alle piccole comunità delle Pertiche boschi, pascoli e monti con l'obbligo di conservare per sempre le specifiche finalità pubbliche così che tutti potessero usufruire di tali beni. Nel 1210 Odeno si accordò con Navono sull'uso comune dei boschi, e nel 1213 anche su quello delle malghe, avviando così anche il processo di ricomposizione di lunghe e aspre liti circa la delimitazione dei confini che sfociò in un accordo nel 1285. Il piccolo comune, con sentenza emessa da Antonio di Valcamonica nel cimitero di Marmentino il 29 agosto 1428, si impegnava, con quelli di Lavino, Navono e Noffo a cooperare alla ristrutturazione della chiesa plebanale di Mura, alla manutenzione del campanile e ad altre prestazioni. Pochi anni dopo, nel 1438, il paese veniva incendiato dalle truppe di Nicolò Piccinino. Nuovi dissensi sopraggiunti in seguito vennero ricomposti con una nuova delimitazione di confini con Navono e Lavino, nel 1464, salvo che per i pascoli. Odeno partecipò attivamente all'Amministrazione delle Pertiche con propri rappresentanti mentre ancora il 15 settembre 1611 si doveva ricorrere a sentenze arbitrali per determinare i confini dei pascoli sul monte Ario fra i comuni di Odeno, Navono e Marmentino.


AMMINISTRATIVAMENTE fece parte sotto la Repubblica Veneta della Quadra della Valsabbia, nel 1798-1799 del Distretto delle Miniere e gravitò poi su Vestone. Tradizioni locali vogliono che i monti circostanti fossero infestati di streghe del monte Blumone che nel 1438 avrebbero bruciato il paese e che sarebbero state vive e vegete ancora nel 1830, quando in val Scura, con un solo turbine avrebbero bruciato ben 18 mila abeti. Ma a parte tali leggende la minuscola borgata godette secoli di pace e tranquillità, riassunti dal parroco don Angelo Scassola (dal 1791 al 1836) che definì l'atmosfera del paese, dalla dominazione vecchia fino a quella austriaca, «O beata solitudo o sola beatitudo!». Importanza ebbe per alcuni secoli la famiglia Castelli che prese il nome dal castello e vi abitò a lungo e che nel sec. XVII animò in modo da essere chiamata «Casa nuova», come appare dall'atto della fondazione Castelli. Con atto di donazione di Francesco Castelli qd. Andrea del 6 giugno 1656, il piccolo comune ebbe un maestro grazie all'«Istituto Castelli» cioè una cappellania, per cui il sacerdote che la godeva doveva fare «bona scola» ed insegnare a «scrivere e grammatica». Fra le famiglie più ragguardevoli quella dei Boldini che con il ramo collaterale dei Brescianini annoverò notai, religiosi, uomini dediti al commercio e alla pubblica amministrazione. Secondo quanto informa Alfredo Bonomi, dal 1400 al 1800 non c'è avvenimento della vicinia che non veda coinvolta la famiglia Boldini. Nel 1798 il piccolo comune veniva incluso nel Distretto delle Miniere con capoluogo Bovegno. Nel 1805 veniva unito con Navono a Lavino, perdendo la sua indipendenza. Progressi veri e propri si verificarono nel sec. XIX. Nel 1827 veniva sistemata la strada da Livemmo, Odeno, Marmentino, ma una strada vera e propria veniva programmata solo nel 1921 e finita di realizzare nel 1942. Solo nel novembre 1924 arrivava la luce elettrica. Durante la Resistenza Odeno visse momenti difficili, causa i rastrellamenti nazi-fascisti. Particolarmente pesante quello del 7 febbraio 1945, che portò all'arresto della fiamma verde Emiliano Rinaldini.


ECCLESIASTICAMENTE il territorio fece parte della Pieve di Savallo. Non si può sapere quando sia stata costruita la prima chiesetta dedicata a S. Apollonio vescovo. Odeno ebbe obblighi anche con la chiesa di Barbaine, riconfermati con sentenza arbitrale del 20 aprile 1384, ma, secondo Alfredo Bonomi, si sarebbe trattato di rapporti più economici che altro, dato che Odeno ha sempre gravitato religiosamente prima sulla Pieve di Savallo, poi sulla chiesa di S. Michele di Livemmo. Il comune di Odeno era obbligato a mantenere un curato, per ospitare il quale comperava nel 1539 un fondo. Il 22 maggio 1568, il vescovo Bollani dichiarava che il comune di Odeno era obbligato, per antichi legati, a distribuire una soma di frumento in tanto pane ai fedeli di Livemmo, Avenone e Prato "tempore rogationum". Nel terzo giorno delle rogazioni, vigilia dell'Ascensione, i fedeli di Livemmo si recavano ancora in processione alla chiesa di S. Apollonio di Odeno. In seguito con decreto del vescovo Bollani del 27 aprile 1574, la chiesa di S. Apollonio veniva sottoposta alla nuova parrocchia di Lavino con l'obbligo del comune di Odeno di contribuire con 15 lire annue e l'obbligo del rettore di Lavino a provvedere alla cura delle anime di Odeno. Tuttavia già vive erano le tendenze verso un autonomia ecclesiastica. Il 9 giugno 1604 infatti il comune di Odeno stipulava con quello di Prato una convenzione riguardante le rogazioni con la quale Odeno versava 60 lire e si liberava da ogni onere, e Prato a sua volta, si liberava dall'obbligo di intervenire a Odeno alla terza processione. A distanza di pochi anni la vicinia di Odeno si affrettava a costituire un beneficio per una curazia mercenaria di patronato dei comizi dei capifamiglia, cui si aggiunsero nel 1631 lasciti di Lucia e Maria Quistini, e di Giovanni Roffini, così che gli abitanti di Odeno potevano, il 22 dicembre 1684, ottenere il decreto vescovile di erezione di una parrocchia autonoma confermata con decreto vescovile del 23 gennaio 1689, che conferiva al curato parroco il titolo di rettore e riconosceva ai comizi il diritto di nominare il proprio parroco. La vita della parrocchia fu arricchita dall'erezione del la Confraternita della Madonna del Rosario (1657) e di quelle di S. Brigida protettrice dei mandriani. La parrocchia rimase sempre nell'ambito della vicaria del Savallese fino al 1955, quando viene inclusa in quella di Vestone. Una nuova chiesa venne costruita nella prima metà del sec. XVII e consacrata l'11 ottobre 1673 dal vescovo mons. Marino Giorgi come ricorda una iscrizione posta sulla facciata. L'anniversario della Consacrazione viene celebrato la seconda domenica di ottobre con la sagra della «Madona dei osèi». L'altare maggiore è dominato da una pala raccolta da una elegante anche se semplice soasa, raffigurante la S.S. Trinità e S. Apollonio tra i S.S. Cosma e Damiano firmata «Io. Bapta Bonomino» (1672). Sull'altare maggiore la piccola elegantissima tribuna marmorea è stata attribuita da P. Guerrini, sia pure dubitativamente, ai Callegari. Sull'altare di destra è venerata la Madonna contornata dai Misteri del Rosario e raccolta in una bella soasa attribuita a Francesco Pialorsi (Bosca) (1705 circa) con l'aiuto dei Bertoli e degli Obertini. Allo stesso Pialorsi è attribuita la soasa dell'altare di sinistra che accoglie una tela raffigurante S. Giuseppe in gloria tra i S.S. Francesco di Assisi, Antonio di Padova, Rocco e Antonio Abate. La statua di S. Luigi è dell'intagliatore Enrico Righetti. Bello il tabernacolo concepito, scrive il Vezzoli, come tempio di pianta esagonale con cupola embriciata e portali con timpano, di eguale misura su tutti i lati... L'organo con bella cassa è opera della «Fabbrica d'organi Bianchetti e Facchetti». Severi i bei bancali che adornano la sagrestia simili a quelli della sagrestia di Livemmo e certo opera di bravi artisti locali. Contengono pregevoli paramenti che, come scrisse il Guerrini, «denotano la generosa pietà degli antichi odenesi...». Sotto il pronao il benedettino Lorenzo Salice, già parroco di Odeno, ha dipinto la SS. Trinità con la dedica: «Sempre ricordando dom. Lorenzo Salice O.S.B. 1975».


Fra i curati di Odeno sono ricordati Pietro Brescianini di Odeno (scomparso nei primi anni del sec. XVII), Giovanni Francesco Baldini di Odeno primo curato mercenario (1632-1682), Felice Costanzo Pilotti di Savallo (1682-1689).


RETTORI-PARROCI: Felice Costanzo Pilotti di Savallo (1689- rin. 7 nov. 1692); Giuseppe Pilotti di Savallo, economo (1693), Giovanni Petronio (1693, passa a Vestone); Francesco Brescianini de Baldinis economo (1743); Antonio Caggioli di Savallo (1743-1759); G.B. Saleri di Cimmo, economo (1760-1763), Francesco Filippini di Levrange (1763), Paolo Tiri di Agnosine (1764-1774), Carlo Carè di Agnosine (1774-1779), Giovanni Paolo Bonetti di Vestone, economo (1780), rettore (1781-1786), Giuseppe Redolfi di Livemmo (1787-1788), Giuseppe Antonio Boldini de Brescianinis economo (1789), Stefano Dagani di Bagolino (1790-1799, passa arciprete a Bovegno), Giuseppe Brescianini di Odeno, economo (1800-1802), Domenico Morelli di Belprato (1803-1812).


L'economia del piccolo centro fu sempre agricola tanto che nel 1756 la popolazione veniva indicata solo di contadini e montanari «oppressi di lavorar di campagna».