OCCUPAZIONE delle Fabbriche

OCCUPAZIONE delle Fabbriche

Momento culminante delle lotte sindacali della C.G.L. nel primo dopoguerra che ne segnò anche il declino. Venne decisa dopo mesi di trattative fra FIOM e l'Associazione degli industriali metalmeccanici (A.M.M.A.) e dopo che il 28 agosto 1920 un Comitato d'agitazione composto da delegati della C.G.L. e del P.S.I., di fronte alla resistenza padronale a concedere aumenti e miglioramenti dei contratti, decise l'estensione dell'ostruzionismo già in atto in alcune aziende così da rallentare al massimo il ritmo produttivo. Preparato da due comizi tenuti il 19 agosto dalla Camera del lavoro, in via Grazie (con 1500 partecipanti) e dall'Unione Sindacale Italiana in piazza Garibaldi con 500 presenti, l'ostruzionismo nelle fabbriche bresciane partì il 21 agosto dalla ditta Danieli e si estese alla Togni e alla Radiatori, si accentuò poi dal 24 agosto, assumendo alla O.M., dove prevalsero elementi anarco-sindacalisti, toni di particolare durezza. Di fronte a ciò il 30 agosto gli industriali risposero con la serrata dell'Alfa Romeo di Milano, mentre il giorno stesso il Comitato di agitazione esortava gli operai all'occupazione delle fabbriche. A Brescia l'operazione iniziò il 2 settembre con il suono delle sirene alle 10,30. Vennero occupate in giornata le Acciaierie Danieli e C., la Fabbrica d'armi da caccia Franchi Luigi in via Calatafimi, le Officine Riunite Italiane, la Società Elettrotecnica Palazzoli; le Officine Meccaniche Miani e Sivestri e C., lo stabilimento ex Züst, la Tubi Togni; le Società Siderurgica Togni; le Officine Metallurgiche Togni; la Società Nazionale Radiatori; la Fabbrica d'armi Lorenzotti Pietro in via Rodolfo Vantini e lo Stabilimento meccanico Luzzini in via Milano. A mezzogiorno sugli stabilimenti venne innalzata la bandiera rossa. Accanto ad essa alla Togni, alla Züst, alla Radiatori, comparve lo stemma dei Soviet russi assieme ai ritratti di Lenin. Alla Züst sventolava anche la bandiera nera anarchica listata con «Né Dio, né padrone». Vennero create trincee e camminamenti per sbarrare incursioni di guardie regie. Sempre alla Züst alcuni operai portavano il bracciale delle guardie rosse, armate, come alla Danieli, di bastone, ma anche di moschetto e bombe a mano. All'Elettrotecnica Palazzoli di via Cremona, vennero tagliati i fili del telefono. Alla Togni una «guardia rossa» morì cadendo dal muro di cinta. Pochi gli spari e le azioni violente da tutte le parti. Sempre il 2 settembre vennero occupati: lo stabilimento Marzoli di Palazzolo S.O., le Trafilerie e Laminatoi di Villa Carcina, la Redaelli di Gardone V.T. Il 4 settembre furono occupate le Ferriere Voltri di Darfo. Intanto negli stabilimenti quasi ovunque si lavorava, mentre vivande vennero raccolte nei quartieri popolari; furono organizzate collette a sostegno degli occupanti. Vennero emessi a sostegno anche buoni moneta che però furono respinti da tutti i bottegai e commercianti. Poi specie a partire dal 9 settembre il fronte operaio, anche là dove si presentava unito, si venne sfaldando, rimanendo saldo un po' più lungo alla Danieli, alla Marzoli e alla Radiatori. Un compromesso fu raggiunto il 7 settembre alle Ferriere di Darfo. In genere, giorno per giorno, il numero degli occupanti diminuì, mentre nelle vie della città comparvero manifesti degli industriali a spiegare le loro posizioni. Il 13 settembre per solidarietà furono occupate le Officine della Società Elettrica. Intanto dal 17 settembre si fece più pesante la pressione di soldati, carabinieri e guardie regie con alcuni scambi di colpi alla Danieli e alla Togni con il ferimento di un operaio e di due carabinieri. Il 18 agosto venne messo all'erta il 78° fanteria con sette cannoni. In seguito all'accordo firmato il 20 settembre, grazie alla mediazione governativa, l'occupazione rientrò con una grave debacle della classe operaia, che si manifesterà nei mesi seguenti e che sfocerà nella vittoria del fascismo. Una coda all'avvenimento è costituita il 21 settembre con l'occupazione della Franchi-Gregorini di S. Eustacchio (finita poi il 27 settembre) e il 22 con l'occupazione della Lithos di Virle Treponti. Un referendum operaio chiudeva il 27 settembre definitivamente la vertenza, mentre nelle fabbriche liberate vennero trovate numerose armi (28 mitragliatori alla sola Tempini) per fortuna mai usate. L'occupazione ebbe come strascico il processo tenuto il 25-26 febbraio 1921 contro sedici sindacalisti e socialisti, imputati di detenzione di esplosivi, di armi e di munizioni e che finì con lievi condanne di pochi mesi e ammende in lire per Felice Moscatelli, Renzo Rappoldi, Emilio Falappi, Giovanni Parigi, Vittorio Tabeni, Giacomo Filippini, Pietro Pioselli, Giacomo Masneri e Domenico Forlini.