NAVA Gabrio Maria

NAVA Gabrio Maria

(Barzanò, Milano, 17 aprile 1758 - Brescia, 2 novembre 1831). Quintogenito del nob. Nicolò Nava e Antonia Gemelli. Riceve la prima istruzione in famiglia e quindi è affidato ai Barnabiti, presso i quali apprende i rudimenti della grammatica. Vestito a dodici anni l'abito clericale, studia Umanità nel seminario di Monza e Retorica in quello di Milano, distinguendosi per diligenza, ingegno, amore alla poesia. A diciotto anni affronta gli studi filosofici presso gli Oblati e viene scelto per la pubblica difesa delle tesi. Si applica poi alle discipline teologiche nell'università di Brera. Deciso a farsi sacerdote, entra nella «congregazione dei chierici» di San Sepolcro a Milano dove è subito impegnato in sermoni alla gioventù. Nella congregazione rimane per due anni divenendone anche presidente. Ultimato il corso teologico e promosso al presbiterato nel 1782, entra nella congregazione dei sacerdoti di S. Filippo in S. Satiro, abbandonandola nell'autunno 1783 per l'università di Pavia, nella quale ha come docenti, tra gli altri, i due giansenisti bresciani Pietro Tamburini e Giuseppe Zola seguendo per qualche tempo indirizzi politici. Durante il soggiorno pavese si dedica soprattutto all'educazione della gioventù e al catechismo per i fanciulli. Nelle parentesi che gli concedono gli studi universitari, continua a frequentare la congregazione ed oratorio di S. Satiro, passando l'autunno a Barzanò. In questo periodo tiene anche due discorsi nel duomo di Milano e nel 1784 viene proposto canonico della cattedrale. Prima ancora di conseguire la nomina, è eletto prevosto di S. Stefano. Mentre è prevosto di S. Stefano salva dalla soppressione gli Oratori di «Camposanto» e della «S. Famiglia». Il Nava, che si è intanto laureato il 27 aprile 1786, dimostra nella azione pastorale un tale zelo da venire scelto nel 1795 quale nuovo prevosto di S. Ambrogio. In questa parrocchia egli intensifica la sua opera istituendo il fiorente oratorio della B. Vergine Addolorata per la gioventù alla quale si dedica personalmente. Segnalata la carità usata verso molti fra i quali Anselmo Ronchetti (1737-1833) un calzolaio storico molto noto a Milano. Alla calata di Napoleone in Italia, nel maggio 1796, è incaricato, insieme con l'arciprete del duomo di incontrare il Bonaparte; il fratello di Gabrio, Francesco, che, come vicario di provvisione ha consegnato al generale le chiavi della città, viene arrestato e portato come ostaggio a Nizza, mentre egli subisce perquisizioni e interrogatori. Può tuttavia sottrarre alle requisizioni ed alle richieste dello stesso Napoleone un pallio particolarmente prezioso. Pur accettando lo stato di fatto, il Nava reagisce alla politica laicistica ed antireligiosa dei francesi, mentre si mostra solerte nell'assistenza ai soldati feriti ed ai poveri. Durante il periodo del suo parrocchiato in S. Ambrogio fa costruire una cappella a S. Marcellina. Nel dicembre 1801 rappresenta il clero milanese ai comizi di Lione; iscritto, in seguito, al collegio dei Dotti, a Bologna viene nominato, nel 1804, dal viceré Eugenio di Beauharnais, grande elemosiniere del Regno Italico e decorato dell'ordine della Corona di Ferro. Ciò ha fatto pensare a qualcuno che si fosse iscritto alla Massoneria, mentre altri suppongono che abbia fatto parte, con i fratelli, delle «Amicizie Cattoliche». Del resto il Nava fu in rapporto con gli epigoni della Restaurazione quali il Baraldi e amico con l'ab. Morcelli, p. Luigi Mozzi ed altri. A Brescia poi dal 1824 avrà ripetuti incontri con Antonio Rosmini. Comunque le simpatie godute presso le autorità governative gli procurano il 15 aprile 1806 la nomina, da parte di Napoleone, a vescovo di Brescia. Riceve la consacrazione episcopale il primo novembre 1807 nel duomo di Milano insieme con altri sei ecclesiastici. Può fare il suo solenne ingresso in Brescia il 17 gennaio 1808. Il nuovo vescovo, salutato da plauso e componimenti poetici, trova una diocesi prostrata dagli anni della rivoluzione e dalla dominazione francese. La decadenza morale è grave; accentuato il disorientamento del clero, in notevole diminuzione; ventotto parrocchie risultano vacanti, mentre il seminario ospita solo sessantotto chierici interni. L'ossatura economica e, in parte, quella organizzativa della diocesi sono compromesse. Di buona lena, il vescovo si pone a riorganizzare la curia: istituisce adeguati protocolli, regolarizza i concorsi, riprende, fin dal settembre 1808 la «Congregazione dei casi», presiedendo personalmente quella che si tiene in duomo; riforma l'ufficiatura del coro della cattedrale prescrivendo, il primo dicembre, precise e minute norme; nuovi decreti sul riordino del capitolo saranno emanati il giorno 1 luglio 1825. Si prende cura subito anche del palazzo vescovile, restaurando una residenza episcopale che è stata trascurata per anni. Indice la visita pastorale, condotta dal 18 maggio 1808, con l'ispezione alla vicaria di Bagnolo, fino al 1824. Durante questa indagine diocesana, il vescovo si ferma per circa tre giorni in ogni parrocchia, ascoltando il maggior numero possibile di fedeli e confessando egli stesso gli uomini. Delle accoglienze ricevute nei vari paesi e delle sue sollecitudini pastorali rendono testimonianza gli atti della visita e le lettere che egli scrive al vicario generale. La formazione del clero e la riorganizzazione del seminario rappresentano per il presule una primaria preoccupazione: nel palazzo episcopale sono periodicamente convocati i teologi e gli esaminatori prosinodali per discutere i problemi più difficili ed urgenti. Per sopperire alla carenza di ambienti atti all'educazione dei seminaristi fa aprire il palazzo vescovile agli aspiranti al sacerdozio, apprestandovi tanto la formazione ascetico-morale e pastorale quanto quella culturale. La sua prima visita al convento di S. Pietro in Oliveto, dove è stato riaperto il seminario diocesano, si compie nel giorno stesso del suo ingresso in Brescia. Il vescovo detta per i chierici precise direttive richiamandosi alle regole stabilite da san Carlo. Vuole che dal seminario siano rigorosamente esclusi i secolari; cura con ogni scrupolo la disciplina interna, segue i seminaristi uno per uno, conoscendoli personalmente, fissando loro gli orari più minuti, curando la loro formazione alla pietà e alla cultura. Due corsi di esercizi spirituali all'anno e numerosi ritiri fanno da contorno alle abbondanti pratiche di pietà giornaliere e settimanali. Cure attente dedica ai numerosi "esterni". Li chiama presso di sé ogni giorno nel palazzo vescovile per le pratiche di pietà e persino per i divertimenti. Destina loro dei prefetti che li seguano in ogni circostanza, secondo orari fissati da lui stesso. Ogni giovedì i chierici spiegano il catechismo e tengono omelia, dando modo al vescovo di scoprire le qualità dei futuri sacerdoti. Il Nava si mostra severo anche nell'accertamento della vocazione. Non accetta candidati al sacerdozio se non dopo un esame preliminare e particolare sul catechismo romano. Aiuta i più poveri, vuole essere informato d' ogni cosa, esige che si compili un registro in cui deve essere annotato ogni particolare nel comportamento dei chierici. Predispone ogni anno una solenne Accademia per la quale i migliori possano dar prova delle loro capacità letterarie. Contrariato dal fatto che i chierici siano tenuti a prestare il servizio militare, lotta a lungo per ottenere il più alto numero possibile di esenzioni. Fin dal 1812 provvede a migliorare gli ambienti del seminario costruendo, per una spesa di 13.000 lire, due nuovi dormitori, capaci di una settantina di persone. Compie ogni sforzo anche presso l'imperatore per acquistare il convento di S. Cristo, concesso dal governo gratuitamente il 24 dicembre 1821. Qui egli sistema il seminario minore facendo congiungere i due conventi con un'ampia gradinata ed un androne coperto. Tenta inoltre di accaparrarsi l'ex monastero di S. Giulia e l'ex convento di S. Domenico. Una cura tutta particolare egli pone anche nell'organizzazione dei quadri direzionali del seminario. Riforma gli studi chiamando ad insegnare nuovi professori tra i quali, per la liturgia Paolo Carli, per la retorica il notissimo Luigi Grossi. Si possono ancora ricordare Giuseppe Silvestri, pratese, ed Alberto Bozzoni. Istituisce anche nuove cattedre come quella di ermeneutica, creando per essa nel palazzo vescovile un'apposita Accademia di studi. Il greco, l'ebraico, la storia ecclesiastica, il diritto canonico, la teologia pastorale sono tra le più importanti discipline. Gran fatica deve patire il vescovo per adeguare gli studi ginnasiali e filosofici ai programmi delle scuole pubbliche così come è prescritto dal governo austriaco. Di spirito culturalmente aperto, il Nava fa dell'episcopio una vera e propria Accademia che accolga gli uomini più colti di Brescia; fra i più assidui frequentatori del palazzo episcopale è Cesare Arici; nella sua residenza il vescovo ospita anche l'Ateneo cittadino del quale è nominato socio onorario nel 1814. Grande sollecitudine dimostra il presule per l'evangelizzazione dei fedeli: l'insegnamento del catechismo è meglio organizzato e reso più razionale. Mentre s'adopera a diffondere le verità della fede in tutte le categorie, appena entrato in sede l'anno 1808 attende anche alla cultura religiosa del popolo, facendo pubblicare i Catechismi della seconda e terza classe: «Sommario delle cose che si contengono nel libretto dell'Istituzione Cristiana per la seconda classe, per ordine di Monsignor Gabrio Maria Nava vescovo di Brescia (Brescia, per Angelo Valotti tip. vescovile, s. a., pp. 32, in 32°); «Istituzione Cristiana per ordine di monsignor illustriss. Gabrio Maria Nava vescovo di Brescia nuovamente incontrata coll'originale autentico che si ritrova nell'archivio episcopale» (Brescia, per N. Bettoni e soci, M.DCCC.XXI, pp. 96, in 16°). Inoltre introduce il catechismo milanese dal titolo: «Esposizione della Dottrina Cristiana». Gabrio Maria Nava, instancabile predicatore e oratore che non disdegna le espressioni del dialetto bresciano o milanese quando parla ai fedeli, attribuisce grande importanza all'annuncio della parola biblica nelle forme ordinarie e straordinarie, specialmente durante il periodo quaresimale. In questo contesto si collocano le Missioni al popolo che egli stima efficacissime; la prima predicazione di questo genere tenuta sotto il suo episcopato risale al gennaio 1809. Per promuovere una simile forma di evangelizzazione egli si giova dell'opera di sacerdoti diocesani particolarmente valenti quali Angelo Arrigo, Antonio Bettiga, Faustino Pinzoni, Giuseppe Zani e di presbiteri forestieri come Gian Battista Muttoni del quale si ricorda l'intenso apostolato condotto nel Bresciano tra il 1818 e il 1819. Ad edificazione dei fedeli il Nava permette altresì che si mettano in scena drammi sacri, chiama a recitare versi i più rinomati poeti del tempo, vuole che i migliori siano premiati con medaglie appositamente coniate che raffigurano S. Carlo, desidera che si tengano numerose esercitazioni e pubbliche discussioni intorno a tesi teologiche o filosofiche e non manca mai di partecipare a simili dibattiti. Al suo attivo è anche la pubblicazione nel 1823 di un «Kalendarium ad usum Sanctae Brixiensis Ecclesiae...» ( Brescia, Valotti, 1823, 72p.). Gravi ansie procura al prelato la situazione del clero regolare diocesano poiché il decreto napoleonico del 23 aprile 1810 ha soppresso gli ordini e le congregazioni religiose, salvo pochissime eccezioni. Avvalendosi del suo ascendente il Nava cerca di arginare le conseguenze del provvedimento, ma riesce soltanto a mantenere aperte, officiate da due o tre religiosi, soltanto le chiese monastiche di S. Bernardino a Chiari, di S. Maria in Pralboino, dell'Annunciata in Borno. In città sfuggono all'ordine governativo le chiese di S. Giuseppe, S. Cristo e quelle delle Cappuccine e delle monache di S. Giacomo come succursali delle parrocchie di S. Faustino e di S. Giovanni per la dottrina delle donne. Nel giugno 1811 il vescovo è a Parigi per partecipare al Concilio voluto da Napoleone; il giorno 11, nella sua qualità di elemosiniere dell'Imperatore, è presente al battesimo del re di Roma. Il 17 si apre l'assemblea dei vescovi che hanno aderito ai voleri del Bonaparte; il vescovo di Brescia è nominato segretario dell'assise, ma quando Napoleone avanza pesanti accuse contro il papa, Gabrio Maria Nava presenta una sua "Memoria" e ciò gli costa la destituzione dall'incarico. In quell'occasione il presule si oppone alla pretesa avanzata da Napoleone che intende nominare personalmente i vescovi. Tornato dalla Francia nell'autunno, riprende attivamente la sua attività pastorale. Cadute nel 1814 le fortune napoleoniche, Brescia viene occupata dagli austriaci: egli si affretta il 26 giugno 1814, nella basilica di S. Faustino, a celebrare un solenne Te Deum. L'omelia verrà poi pubblicata da Spinelli e Valotti. Ma le origini cortigiane dell'episcopato del Nava, i suoi atteggiamenti di larga e liberale ospitalità verso i più qualificati esponenti delle lettere, delle scienze, delle arti, della beneficienza e della politica non garbano affatto: il presule comunque sa superare le ostilità subdole o aperte del sospettoso governo cercando un buon accordo con le nuove autorità civili. Ci riesce abbastanza bene perché oltre ad ottenere ambienti per il seminario, aiutato da alcuni laici quali Manziana, Di Rosa, Valotti ecc. riesce anche a ripristinare ordini e congregazioni religiose: nel 1817 si riapre il monastero delle clarisse a Lovere, nel 1818 quello delle Salesiane in città; nel 1821, dopo ripetute trasmigrazioni, l'istituto fondato dal canonico Ludovico Pavoni trova una sistemazione nell'ex convento di S. Barnaba; nel 1822 riprende vita l'oratorio filippino della Pace; nel 1824 sollecitava da S. Maddalena di Canossa l'apertura di una casa a Rovato; nel 1827 rinasce l'istituto delle Orsoline, dovuto allo zelo di Erminia Passerini, Alessandra Gambara e del prevosto del duomo Faustino Pinzoni: in breve tempo questa istituzione si estende a Gavardo, Capriolo, Salò. Inutili si rivelano i tentativi, compiuti soprattutto a partire dal 1827, di ripristinare i conventi dei Cappuccini, dei Francescani Riformati e dei Minori Osservanti. Attenzioni specifiche sono dedicate dal vescovo ai problemi scolastici, poiché il governo austriaco ha affidato ai sacerdoti, ed in special modo ai parroci, la direzione delle scuole; l'opera che sta maggiormente a cuore al vescovo continua ad essere l'oratorio. In tutto l'arco del suo episcopato ne sorgono numerosi e in vari luoghi della diocesi: in Brescia, per merito del padre Pietro Stefano nasce l'oratorio di S. Tommaso nella parrocchia di S. Faustino, seguito da quello di S. Maria della Passione, fondato dal filippino Antonio Cuzzetti nel 1807; istituzioni analoghe sono promosse in Zanano e Gardone V.T. ad opera del barnabita Fortunato Redolfi. Nel 1815 si apre un oratorio a Salò, nel 1820 a Bagnolo Mella e successivamente a Palazzolo, Iseo e in altri centri. Si moltiplicano in questi anni anche le Compagnie laicali come quelle di S. Luigi, del Rosario, del SS. Sacramento, mentre i giubilei rappresentano pur sempre un'occasione per richiamare il popolo ad una più intensa pratica cristiana. I rapporti di polizia stesi dalle autorità governative sono una prova che permette di rilevare accanto alla continua flessione dei casi di immoralità e di situazioni familiari irregolari, il sensibile progresso spirituale che si registra tra i fedeli. Ormai inconsistenti anche le tracce del giansenismo che ha lasciato l'ultimo strascico in Valcamonica. Proprio per cancellare definitivamente questo estremo residuo del condannato movimento rigorista il prelato promuove nel 1828, nella terra camuna, corsi speciali di missione al popolo che s'accompagnano a quelli promossi in città e al corso di esercizi spirituali tenuto alla Grazie per le celebrazioni in onore di Sant'Ignazio. La sollecitudine pastorale induce il presule ad essere particolarmente vicino anche ai bisogni materiali dei suoi diocesani: sia nelle circostanze ordinarie sia in occasione di tremende calamità che affliggono le popolazioni, la sua carità è senza risparmio. Durante la carestia che imperversa ne gli anni che corrono tra il 1815 e il 1817 si dedica con ogni mezzo ad alleviare le sofferenze dei poveri, donando ad essi, secondo la testimonianza dell' Odorici, la croce pettorale e l'anello episcopale, ultime risorse delle quali dispone. Nei primi mesi del 1816 aveva inviato in Valcamonica l'ingentissima somma di 100.000 lire. Avendo infine esaurito ogni suo mezzo, ricorre a parenti, amici, benefattori anche milanesi, perché sovvengano alle urgenze del momento. Favorisce sempre in ogni modo le istituzioni e le opere caritative e di assistenza con speciale riguardo per la Congrega della Carità Apostolica; per riscattare dalla strada i fanciulli abbandonati e per dare ai giovani un mestiere sostiene costantemente le iniziative del ricordato Ludovico Pavoni mentre, in pari tempo, incoraggia lo zelo del prevosto Faustino Rossini, il quale, aiutato da alcune nobili signore, apre nel 1820 in S. Maria degli Angeli un istituto che raccoglie le orfane e le giovani "pericolanti".


La generosità del presule vale altresì a salvare i cospiratori del 1821 caduti nelle mani dell'Austria: tra costoro sono il sacerdote Domenico Zamboni di Passirano, Antonio Solera e l'ex prete Silvio Moretti e in genere diciotto condannati e in modo talmente fermo da far scrivere a Federico Odorici: «In quello sgomento degli animi nostri, una voce fu intesa a pro degli infelici: la voce d'un vescovo di Brescia, di quell'anima santa e generosa del vescovo Nava. La sua lettera del 3 aprile 1824, pubblicata da Cesare Cantù, è forse fra gli atti più coraggiosi che fra tanto sdegno di nemici e di terrore di popoli potea compiersi da un prete, nel silenzio degli altri tutti». Accuse di «indifferenza» e di mancanza di attenzione verso le autorità austriache vennero dal delegato provinciale conte Brebbia, che non mancò il 12 febbraio 1820 di lasciare il Duomo prima ancora del vescovo, durante la solenne cerimonia per il genetliaco dell'imperatore Francesco I. Di rilievo alcuni momenti dell'attività edilizia svoltasi sotto il suo episcopato: il 9 novembre 1816 il Nava pone la prima pietra della chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo eretta su progetto di Rodolfo Vantini cui si deve anche l'imponente annesso cimitero cittadino. Nel tempio vantiniano il presule celebra la prima Messa il 29 dicembre 1824. Proseguono in questi anni e con particolare intensità dal 1818, i lavori che devono portare al completamento della cupola del duomo nuovo. Il disegno dell'opera preparato da Gian Battista Lantana è riveduto e modificato da Luigi Cagnola, mentre Rodolfo Vantini è incaricato di seguire il procedere delle costruzioni. La cupola è terminata nel 1825; il 21 dicembre con una solennissima cerimonia il vescovo benedice la croce che deve costituirne il coronamento. Superata una grave malattia nel 1827, il prelato cade nuovamente infermo nel 1831. Muore il 2 novembre di quel medesimo anno lasciando una diocesi in linea di massima riassestata, dopo il forte scossone della rivoluzione. Viene sepolto nella nuova cattedrale. Sulla sua tomba viene eretto un monumento, opera dello scultore Gaetano Matteo Monti. Il complesso marmoreo presenta, in figura allegorica, la Carità. Un altro monumento gli viene eretto nel 1837 nel ricreatorio dell'oratorio di Maria Vergine Addolorata, fondato dal Nava, nella parrocchia di S. Ambrogio in Milano. Il pittore Gabriele Rottini lo ritrae in una bella litografia. Viene inoltre ricordato con una medaglia, opera dello Zapparelli, nella quale a diritto è riprodotto il busto del vescovo e nel retro il mausoleo eretto in Duomo Nuovo. Stemma: «Troncato d'oro, all'aquila di nero, e di rosso, all'aquila d'oro». Di lui abbiamo a stampa: «Omelia Da Monsignor Gabrio Maria Nava per grazia di Dio e della Santa Sede Apostolica Vescovo di Brescia Duca Marchese Conte ecc. recitata al suo popolo al vangelo della santa messa pontificale in solenne e pubblico ringraziamento a Dio la domenica 26 giugno nella basilica dei santi protettori Faustino e Giovita (Brescia, 1814 presso Spinelli e Valotti, Tipografi Vescovili, in 8°, (20 cm.), 12 [1] p.); «Ragionamento di sua signoria illustrissima e reverendissima monsignor Gabrio Maria Nava detto il giorno XXV maggio pel ristabilimento de R.R.P.P. dell'oratorio in S. Maria della Pace» (Brescia, Per Nicolò Bettoni e soci, M.DCCC.XXIII., in 8°, (21 cm.), X[I]p.), p. [XI]: iscrizione; «Ragionamento dell'illustriss. e reverendiss. Monsignor Gabrio Maria Nava Vescovo di Brescia avuto nel giorno 29 settembre 1824 in occasione della benedizione ed aprimento del nuovo tempio nel campo santo di questa R. Città». (Brescia, presso Angelo Valotti ,tip. Vescovile, 8°, (18 cm.) 12p.); «Rito Sacro compiuto nel Duomo di Brescia per la benedizione ed innalzamento della Croce sulla cupola della Nuova Cattedrale allocuzione di Monsignor Vescovo fatta in tale occasione coll'aggiunta di alcuni componimenti analoghi alla funzione» (Brescia, nel Pio Istituto in San Barnaba, Tip. Pasini, M.DCCC.XXVI, 8°, (20 cm.), XXXI p.); «Istruzioni per l'acquisto del santo Giubileo coll'aggiunta di Meditazioni ed analoghe Preghiere proposte dall'Ill.mo e R.mo Monsignor Gabrio Maria Nava Vescovo di Brescia ad uso della sua Diocesi» (Brescia, per Valotti tip. Vescovile, 1826).